Vedi CARTAGINE dell'anno: 1959 - 1973 - 1994
CARTAGINE (v. vol. II, p. 373 e S 1970, p. 186)
Nel corso degli ultimi anni gli scavi a C. hanno conosciuto un eccezionale incremento di attività, tanto sul piano nazionale che su scala internazionale, da quando lo stato tunisino ha voluto reagire di fronte al rischio della scomparsa, sotto l’onda della nuova urbanizzazione, della città antica. Il governo ha lanciato, tramite l’UNESCO, un formale appello all’opinione pubblica internazionale, richiedendo l’aiuto degli studiosi di vari paesi nell’opera di salvaguardia del sito e nell’approfondimento della conoscenza della sua storia.
Come risultato di tale azione, una quindicina di missioni archeologiche, in rappresentanza di dieci paesi, hanno partecipato non soltanto a operazioni di prospezione e di scavo, ma anche agli interventi di restauro e di valorizzazione del patrimonio archeologico già riportato alla luce. A ciascuna équipe, a seconda dei suoi interessi scientifici e dei mezzi a sua disposizione, è stato affidato un settore d’intervento nell’ambito della città, scelto sia in base all’importanza storica o archeologica sia all’urgenza determinata dall’incombere del moderno sviluppo edilizio.
Pur senza aver potuto coprire l’intero sito o tutti i periodi della sua storia e averne esaurito la problematica, il risultato complessivo di queste ricerche ha contribuito sensibilmente a rinnovare la storia di Cartagine. Interi brani di tale storia sono stati approfonditi per quanto riguarda il periodo punico della città, dall’epoca arcaica al momento della sua distruzione nel 146 a.C. Lo stesso si verifica per ciò che riguarda la città romana, che ha inizio con la fondazione augustea, rifiorisce in età antonina sino a meritare il titolo di «splendidissima» e conosce una nuova fase di sviluppo nel IV sec., prima di un lungo declino che continuerà sino all’VIlI secolo.
Dopo essere stato conquistato dagli Arabi e abbandonato a vantaggio di Tunisi, il centro venne utilizzato come cava per la capitale della nuova provincia dell’impero arabo- islamico. L’abbandono della città comportò il saccheggio sistematico dei suoi resti, che condusse alla progressiva scomparsa, nel corso dei secoli, dei suoi monumenti. Già prima del XIX sec., il sito, ormai spianato, era ritornato a essere zona agricola. L’urbanizzazione dilagante del XX sec., dopo averlo fortemente intaccato, minacciava di farlo scomparire, totalmente e per sempre.
Periodo punico. - La campagna internazionale di salvataggio del sito di C., promossa nel 1973 dall’UNESCO, ha contribuito a definire l’origine e l’evoluzione della città punica. La prima fase di C., dall’VIII al VI sec. a.C., è documentata dalle necropoli e dal tofet. Lo scavo rinnovato del tofet condotto dall’Oriental Institute di Chicago con la direzione di L. Stager ha fissato la più antica frequenza dell’area sacrificale all’ultimo quarto dell’VIII sec. a.C.
Le analisi tipologiche delle urne e delle stele, queste ultime dovute a un’edizione italiana del 1976, confermano in buona sostanza le distinzioni in fasi già definite da D. Harden nel 1937. I dati emersi dall’analisi dei contenuti delle urne sono risultati di estrema importanza e suscettibili di modificare, insieme alle analoghe ricerche condotte negli anni ‘70 a Tharros (Sardegna), la stessa conoscenza della natura del tofet. A smentita dei precedenti assunti secondo i quali i resti umani cedevano il posto in epoca tarda a resti animali, nella generalizzata evoluzione verso riti di sostituzione, le analisi hanno rilevato la presenza cospicua anche nel IV sec. a.C, di ossa umane. La notizia di sacrifici collettivi riportata da Diodoro (XX, 14, 4-7) alla fine del IV sec. a.C. e l’ipotesi del tofet adibito anche a sepoltura di bambini morti in tenera età potrebbero concorrere in parte a spiegare il fenomeno.
Le necropoli arcaiche che si aprono nelle colline di Byrsa, di Giunone, Dermeš e Douimès sono state fatte oggetto di una rilettura globale che ha chiarito e recuperato gli interventi spesso occasionali dei primi decenni del secolo. Si deve alla missione francese diretta da S. Lancel e J. P. Morel l’apertura di un nuovo settore sui versanti S e SO della collina di Byrsa. Si tratta di una trentina di tombe datate intorno alla metà del VII sec. a.C. con documenti di un precoce rapporto fra C. e l’etrusca Cerveteri. Ricerche della missione tedesca e sondaggi di archeologi tunisini hanno per la prima volta individuato resti del più antico impianto cittadino (VII-VI sec. a.C.), posto ai piedi della collina di Byrsa e a qualche decina di metri dall’attuale linea di costa.
Per quanto riguarda la C. dal V alla metà del III sec. a.C., significativi progressi sono stati fatti sia per l’impianto dei porti e delle mura a mare sia per l’evoluzione delle strutture urbane nel loro complesso. Le vere novità della ricerca urbana sono il recupero e la nuova localizzazione di zone industriali e artigianali. Botteghe metallurgiche, attive tra la fine, del V e la fine del III sec. sono state individuate a O, sulle medie e basse pendici della collina di Byrsa, e a S, nella zona che sarà poi occupata dal più tardo impianto portuale. Le missioni americana e inglese, attive in queste aree, hanno recuperato dati utili che escludono per il V e il IV sec. a.C. la posa di qualsiasi impianto portuale attrezzato paragonabile alle strutture che C. si diede negli ultimi decenni della propria vita. Alla missione tedesca diretta da F. Rakob si deve l’individuazione del primo impianto (fine del V sec. a.C.) di un quartiere di abitazioni ubicato sul litorale, che avrà ampio sviluppo nei secoli successivi, e di mura marittime con una porta monumentale.
In sintesi, le diverse ricerche condotte nell’area indicano che, mentre alla fine del IV sec. a.C. l’urbanizzazione si estende progressivamente a E della collina di Byrsa sino al litorale, le installazioni portuali sono ancora lontane dall’aver assunto l’aspetto che avranno all’epoca delle guerre puniche. Alla fine del IV sec. a.C. acquista consistenza a N delle necropoli un nuovo quartiere suburbano, la nèapòlis ricordata da Diodoro (XX, 44).
La città di C. dalla metà del III sec. a.C. fino alla distruzione del 146 a.C. ha reso l’immagine di un centro urbano in piena espansione. I porti prendono l’aspetto che gli attuali bacini hanno in parte restituito: il porto mercantile ha invaso rettangolare (inizi-prima metà del III sec. a.C.), che nella seconda metà del III sec. a.C. assume pianta esagonale. Ai primi anni del Il sec. a.C. risale la sistemazione del porto circolare con l’isolotto centrale e la costruzione di un edificio a pianta esagonale allungata che accoglie in fitta sequenza a raggiera rampe per il tiraggio a secco delle navi di linea. Per il quartiere e le strutture pertinenti alle mura che seguono il litorale, la seconda metà del III sec. a.C. segna rifacimenti delle unità di abitazioni e una decisa ristrutturazione della porta a mare con opere murarie che vi si aggiungono come avancorpi. Con gli inizi del II sec. a.C. si ha un progressivo avanzamento delle mura verso il mare e l’ulteriore ampliamento del quartiere delle abitazioni, con ambienti più vasti in pianta e in servizi. L’orientamento delle costruzioni segue la linea di costa. Per quanto riguarda i quattro isolati rinvenuti a Byrsa dalla missione francese, il c.d. quartier Hannibal datato ai primissimi anni del Il sec. a.C., si registrano invece orientamenti diversi secondo i versanti della collina.
Il recupero di nuovi corredi funerari cronologicamente affidabili e la nuova massa di materiale mobile rinvenuto, hanno determinato una generale riflessione sul ruolo e l’incidenza dell’artigianato cartaginese nel mondo punico. La linea di tendenza che ne emerge è quella di restituire a C., in parallelo al suo mai discusso ruolo di protagonista politico, anche i caratteri di un centro di produzione artigianale che dalla fine del VII sec. a.C. in poi, difficilmente e solo in casi di evidente specificità o in determinati momenti politici cede il passo alle altre colonie d’Occidente.
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(E. Acquaro)
Periodo romano. - Gli scavi hanno confermato l’esistenza e la sostanziale validità della pianta catastale individuata nel 1924 da Ch. Saumagne nell’ambito della città, correggendone però nel contempo i limiti perimetrali che non erano così sistematici e rettilinei come nel progetto teorico della fondazione augustea e nella ricostruzione dello storico del XX secolo. In realtà il processo di urbanizzazione non riempì in modo uniforme e simultaneo tutte le unità previste dalla forma del reticolo, né si contenne entro i limiti prefissati in sede teorica. Come ogni organismo vivente, la nuova città conobbe un avvio lento, un’ascesa e uno sviluppo fatto di un’alternanza di declini e riprese in sintonia con i momenti di grandezza e con le vicissitudini dell’impero di cui costituiva uno dei centri più importanti. Essa non si inserì subito nella rigida forma che il suo fondatore le aveva imposto, bensì la modificò di continuo in funzione delle sue possibilità ed esigenze. Si è potuto stabilire, p.es., che la città si è espansa al di là del limite teorico costituito dal VI decumano S, oltre il quale si è rinvenuta un’ulteriore fila di insulae, come si è verificato anche a N, al di là del decumano VI corrispondente. Al contrario, l’espansione urbana non è mai giunta a occupare la trama teorica nel settore NO della città. Infine la cinta teodosiana del V sec., costruita precipitosamente, non segue un andamento rettilineo, ma, col suo tracciato irregolare, rivela di essersi adattata alle necessità del centro e alle soluzioni imposte dalla situazione del terreno.
Un’altra importante scoperta è costituita dalla localizzazione del foro al centro della città, in cima alla collina di Byrsa. Tale ipotesi, già formulata da tempo, era tuttavia oggetto di contestazioni. E merito di P. Gros, direttore con J. Deneuve dell’équipe francese, l’aver provato, sulla base dei pur scarsi resti superstiti, l’inoppugnabile esistenza del foro nel quadrato centrale determinato dall’incrociarsi del cardine e del decumano massimi, dimostrando contemporaneamente la grandezza e la magnificenza della fase di Il sec.: nel corso dei regni di Adriano e di Antonino Pio vennero infatti intrapresi giganteschi lavori per la costruzione di una piattaforma destinata a ospitare il foro e i grandi edifici religiosi, civili, culturali e commerciali che lo circondavano. Di questi monumenti, che in antico dominavano la città, non restano oggi che scarse tracce nei massicci muri e nell’allineamento di grossi piloni di fondazione, profondamente piantati nello spesso terrazzamento creato sul versante meridionale della collina.
All’estremità orientale del pianoro, alla base della piattaforma e delle absidi che ne costituivano la sostruzione, è stato possibile identificare e ricostruire la pianta della grande basilica civile: lunga 83,28 m e larga 43,36 m all’interno, essa era costituita da tre navate, scandite da due file parallele di diciotto colonne che determinavano una navata centrale di 21,86 m, per una superficie complessiva di 3611 m2. Tali dimensioni permettono di classificare la basilica di C. tra le più importanti del mondo romano.
L’équipe britannica che ha lavorato all’interno del porto circolare ha potuto dimostrare l’esistenza dell’arsenale militare della C. punica nell’isola centrale dell’ammiragliato, proprio come riportato da Appiano, riprendendo lo storico Polibio. In età romana il porto mantiene la sua forma generale, ma perde la sua funzione militare, trasformandosi in porto commerciale, con banchine destinate all’attracco delle navi. L’isolotto centrale viene circondato da un muro di cinta con un doppio colonnato, l’uno esterno che si affaccia sulle banchine, l’altro interno che racchiude una piazza circolare, di circa un centinaio di metri di diametro, al cui centro sorge un piccolo tempio con una rotonda. Una porta con arco monumentale assicurava il passaggio dalla piazza alla città mediante un ponte che collegava l’isola alla terraferma. Resti archeologici e frammenti architettonici databili alla fine del II sec. hanno consentito la ricostruzione del complesso, che viene in genere attribuito all’imperatore Commodo, il quale nel 186 creò la Classis Commodia Herculea, una nuova flotta frumentaria destinata a sostituirsi a quella egiziana. Il porto di C. ne avrebbe dovuto costituire l’ormeggio.
Davanti al mare, all’estremità della piana litoranea che si stende ai piedi della collina di Byrsa, l’équipe tedesca, diretta da F. Rakob, ha scavato un vasto appezzamento nel quale si è riportato alla luce un quartiere di età punica di cui si sono ricostruite le fasi principali sino al momento della sua distruzione, nel 146 a.C. Una constatazione (che pone però numerosi problemi) riguarda l’impianto della nuova colonia augustea che, in questa parte della città, risulta aver utilizzato il medesimo orientamento della precedente città punica. Si è notato, peraltro, che il limite costiero originario della città coincideva con le tracce delle mura di cinta puniche (XVIII cardine E) e che solamente nel II sec. esso guadagnò sulla riva lo spazio di un’insula, chiusa dal XIX cardine E, sul quale si allineava un lungo colonnato di cui si scorgono i resti, attualmente sommersi dall’acqua. In questo settore sbocca il I decumano N, con la sua pavimentazione e i suoi canali di scolo. Insieme ad alcune cisterne, questi sono i resti più notevoli dell’età romana, i cui livelli, rasi al suolo, sono in genere scomparsi. Altri resti sono quelli di un modesto quartiere artigianale databile al momento iniziale della fondazione augustea, disposto ai lati di una piccola strada.
Sempre nella piana litoranea, ai piedi di Byrsa, verso SE in direzione del porto, una lunga striscia di terreno compresa tra la strada e il punto di passaggio del fuso orario ha costituito l’oggetto degli scavi sistematici, anche se parziali, dell’équipe americana diretta da J. Humphrey. Sono stati portati alla luce due complessi. Il primo è una casa con peristilio e triclinio, della cui lunga vita si sono potute stabilire diverse fasi: quella del IV sec. è caratterizzata da un grande mosaico pavimentale nel triclinium, successivamente scomparso (a eccezione di un riquadro in cui si vedono quattro ritratti di auriga con nomi iscritti in greco) per essere sostituito da una pavimentazione in opus sectile. Di fianco a questa, sull’altro lato della strada, tra il IX e il X cardine E, c’è un allineamento di ambienti, di cui l’elemento più notevole è costituito da un battistero con ciborio ottagonale. Tale complesso sembra essere in connessione con una basilica che, nella prima fase databile al IV sec., era formata da una sala centrale a tre navate e con pavimenti a mosaico geometrico; questa venne distrutta per far posto a un edificio dello stesso tipo, ma più grande, a cinque navate, nel corso della seconda metà del VI secolo.
Immediatamente ai piedi del versante settentrionale di Byrsa, l’équipe svedese, coordinata da G. A. Styrenius, ha scavato una serie di strutture che facevano parte di una casa situata al punto d’incontro tra il I decumano N e il I cardine E. La casa era dotata di un sistema idraulico e termale con un’installazione balneare riscaldata; al suo interno sono stati scavati un pozzo, sette cisterne e due serbatoi, in gran parte collegati tra loro. In un’altra casa, che ha subito molteplici trasformazioni dal punto di vista architettonico, un elemento di datazione è costituito da un pavimento a mosaico databile al IV-V secolo. Un poco più a N di questo punto due équipes canadesi, dirette rispettivamente da P. Senay e C. Wells, hanno operato in terreni contigui. Quella diretta da P. Senay ha scavato un grande edificio situato a O del teatro, caratterizzato da una pianta centrale, che ha subito numerose trasformazioni: esso è forse identificabile con la Aedes Memoriae. Accanto sono i resti di una grande basilica tricora, non ancora scavata. Poco più lontano, sul fianco della scarpata che costituiva il limite della città, all’interno della ripartizione catastale si sviluppa un intero quartiere di abitazioni (VI decumano N - cardini E II-VI) che sarà attraversato nel V sec. dalla cinta teodosiana che seguiva la curva di livello del pianoro.
I membri dell’équipe danese diretta da S. Dietz hanno scavato sulla riva del mare, ai piedi della scogliera di Santa Monica-Saida, nella parte N della città, le strutture di una casa databile al I secolo. Essa ebbe una lunga occupazione, e di conseguenza subì numerose trasformazioni, la più importante delle quali è un notevole ingrandimento nel corso del V secolo. In età vandalica alcune sale servirono come aree di inumazione collettiva.
L’équipe italiana condotta da A. Carandini è intervenuta nella periferia NE della città allo scopo di verificare l’impianto urbanistico di questa zona. Una prospezione seguita da sondaggi ha permesso di stabilire che l’occupazione urbana è stata qui piuttosto tarda. Lo scavo all’incrocio tra il cardine massimo e il V decumano N, nella località chiamata Bab er-Rih, ha rivelato l’esistenza di una porta, fiancheggiata da due torri, appartenente al muro difensivo di età teodosiana. Questi sono i principali interventi archeologici operati dalle équipes internazionali nel quadro della grande campagna di salvataggio di Cartagine. L’americana N. Norman ha inoltre condotto uno scavo nel circo. Dobbiamo infine segnalare gli apporti dei ricercatori polacchi per l’utilizzazione di moderne tecniche di prospezione del sottosuolo; dei bulgari che hanno raccolto un dossier documentario sulla basilica di Damus el-Karita, e quello degli olandesi che hanno collaborato alle analisi paleobotaniche dei sedimenti archeologici raccolti nei porti di età punica. Altri lavori di scavo, di consolidamento e di valorizzazione sono stati condotti dal Servizio Tunisino di Conservazione del sito di C., che ha effettuato il coordinamento dell’intero programma.
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