cartesianismo
Termine con il quale si indica la riflessione di filosofi che si ispirano alle teorie di Descartes nello sviluppo del c. sono significativi sia l’ampliarsi del corpus degli scritti cartesiani, mediante la pubblicazione postuma degli inediti e della corrispondenza, sia la riflessione di pensatori che perseguono l’indirizzo cartesiano o che, muovendo dal nuovo contesto di problemi che vi sono posti, pervengono a sviluppi originali. In quest’ultimo senso si collocano entro il nuovo ambito di problemi scaturiti dalla riflessione cartesiana anche le filosofie di Pascal, di Spinoza o di Leibniz. Negli anni Quaranta del Seicento l’interpretazione materialista delle teorie che Descartes viene elaborando in ambito fisico e fisiologico, esposte nel Discorso sul metodo (➔) (1637), proposta dal discepolo Henri de Roy (Regius), prof. a Utrecht, costringe Descartes a precisare l’autentica ispirazione della propria filosofia, al di là della molteplicità di impulsi che essa veicola. In Olanda e nei Paesi Bassi il c. trova adesioni e diffusione nelle accademie, pur assimilato, principalmente per favorirne l’accettazione, all’aristotelismo; ciò avviene, per es., nelle opere di Adrianus Heereboord e Johannes de Raey. L’insegnamento universitario impartito a Lovanio, dove è attivo Geulincx (successivamente prof. a Leida), è invece all’origine della denuncia che avvia la censura e la messa all’Indice delle opere di Descartes (1663). La condanna fa da contraltare a una diffusione sempre maggiore del pensiero e delle opere. Clerselier pubblica i tre tomi delle Lettres de M. Descartes (1657-67); Florentino Schuyl cura l’edizione latina de L’uomo (De homine, 1662), e la medesima opera è pubblicata in francese con l’aggiunta del Trattato sulla formazione del feto nel 1664, con la prefazione di Clerselier e le osse rvaz ioni di Louis de La Forge. Nel 1664 è pubblicato anche Il mondo (Le monde), e, nel 1668, Nicolas J. Poisson pubblica il Trattato di meccanica (Traité de méchanique) e il Compendio di musica (Abrégé de musique). Nel 1701, in edizione latina, vengono pubblicati per la prima volta le Regole per la direzione dell’intelligenza (Regulae ad directionem ingenii) e La ricerca della verità (pubblicate in olandese da Jan H. Glazemaker nel 1684). Un’importanza notevole, seppur ristretta a un pubblico di matematici competenti, riveste la traduzione latina della Geometria, annotata da Frans van Schooten, pubblicata a partire dal 1649, in cui l’unificazione fra geometria e algebra viene presentata come l’autentica logica cartesiana. Negli anni della prima diffusione del c. le discussioni si incentrano intorno alla definizione dei due tipi di sostanza, estesa e pensante, che pone il problema del ‘dualismo cartesiano’, ossia l’esigenza di spiegare come sia possibile l’interazione fra i due ordini di sostanze eterogenee, quale si riscontra nell’uomo ove il pensiero (cogito) agisce sull’estensione (extensio), ossia sul corpo, e viceversa. Secondo Descartes tale unione (unio sostantialis) è attestata in maniera tale da non poter essere revocata in dubbio; nel c. invece si propone la soluzione occasionalista, che trae spunto da due brevi accenni contenuti in L’uomo ove si afferma che l’anima «sente» il dolore o il solletico «in occasione» dei movimenti del corpo. Adottato con diversi esiti, l’occasionalismo considera unica vera causa dell’interazione fra le due sostanze Dio, che, «in occasione» dei singoli eventi, fa in modo che a ciò che avviene in un ordine di sostanze (per es., l’estensione) corrisponda ciò che avviene nell’altro (per es., il pensiero). La tesi occasionalista viene adottata da Geulincx, da La Forge nel Trattato sullo spirito dell’uomo (1666) e da Gerand de Cordemoy in La distinzione dell’anima e del corpo (1666), ove l’impossibilità della causalità reciproca viene estesa all’intero ambito della res extensa. Approfondendo tale tema in senso agostiniano, Malebranche nega che vi possa essere un rapporto di causalità all’interno di ciascun ordine di sostanze, riconducendo ciascuna modificazione (delle cose come delle idee) a Dio. Anche quando si pensa è Dio stesso, mediante l’illuminazione, a provocare la presenza e il susseguirsi delle idee nella mente: in tal senso si può parlare di una visione delle cose in Dio. La teoria malebranchista delle idee provoca un dissidio fra i filosofi di ispirazione cartesiana che induce Arnauld e Pierre-Sylvain Régis a una polemica, nel corso della quale il primo pubblica l’opera Sulle vere e false idee (1684). Un ruolo centrale nella diffusione del c. riveste l’attività dei religiosi giansenisti di Port-Royal, ove mediante la celebre Logica, pubblicata da Arnauld e Nicole (nel 1662, poi, con importanti modifiche, negli anni successivi), la logica cartesiana viene esposta in modo compatibile con l’insegnamento (e dunque guardando al grande modello della logica aristotelica) e con importanti elaborazioni relative all’applicazione della logica alle materie di fatto; al tempo stesso viene elaborata una riflessione sulla probabilità che ne avvia gli esiti sia verso le discipline morali, sia verso le applicazioni alla conoscenza storica. Se negli scritti del benedettino Robert Desgabets troverà ampia trattazione il problema legato alla possibilità di conciliare il c. con la spiegazione del dogma eucaristico, legato al problema del dualismo delle sostanze è anche l’ampio dibattito sull’animale-macchina, presente fin dalle Seste obiezioni alle Meditazioni metafisiche (➔) (1641). Nel periodo di diffusione del c. si fronteggiano posizioni riconducibili da un lato alla critica all’antropocentrismo presente in Montaigne e nella tradizione scettico-libertina come anche le tesi di scolastici quali il gesuita Ignace-Gaston Pardies, e, dall’altro, le tesi di cartesiani quali Schuyl, La Forge, Cordemoy, Clerselier che propongono la soluzione cartesiana anche come nuova arma apologetica. Si tratta di una riflessione di cui l’articolo Rorarius del Dizionario storico critico (➔) (1695) di Bayle costituisce un documento esemplare ed esaustivo. Se con l’imporsi dell’interpretazione voltairiana esposta nelle Lettere filosofiche (➔) (1734) nel sec. 18° si tenderà a evidenziare i limiti del c., privilegiando la scienza newtoniana e la filosofia di Locke, la filosofia di Descartes non cesserà comunque di influenzare le riflessioni, improntate a un naturalismo monista, di Diderot e d’Holbach, né di conoscere una diffusione orientata verso modelli psicofisiologici unificanti principalmente a opera dei medici attivi presso l’univ. di Montpellier, fin dalla seconda metà del sec. 17.