Casablanca
(USA 1942, bianco e nero, 102m); regia: Michael Curtiz; produzione: Hal B. Wallis per Warner Bros.; soggetto: dal testo teatrale Everybody Comes to Rick's di Murray Burnett e Joan Allison; sceneggiatura: Julius J. Epstein, Philip G. Epstein, Howard Koch; fotografia: Arthur Edeson; montaggio: Owen Marks; scenografia: Carl Weyl; costumi: Orry-Kelly; musica: Max Steiner.
Del passato dell'americano Rick Blaine si sa poco. Attualmente gestisce un bar a Casablanca mentre l'Europa è sconvolta dalla guerra e l'America, al momento, sta a guardare. Nel suo locale passano tutti, il capitano francese Renault, il maggiore tedesco Strasser, quelli che giocano alla roulette per trovare i soldi per un lasciapassare, quelli che di nascosto lavorano per la Resistenza. Rick sembra impermeabile a tutto questo, ma quando arriva Ilse assieme al marito Laszlo, un capo della Resistenza in fuga, le cose cambiano. Lui e Ilse avevano avuto una storia anni prima a Parigi. Rick ha due lasciapassare per abbandonare Casablanca. Ilse, pur di averli, finge di essere ancora innamorata di lui. O finge di fingere. Rick finge di crederci o ci crede. Nel momento cruciale, però, Rick lascia partire Ilse assieme a Laszlo. Rick resta a terra, uccide Strasser, va via con Renault. Forse è l'inizio di una splendida amicizia.
Per chi studia la genesi dei cult movie, Casablanca è un cruccio e un caso esemplare. Tutto comincia da un lavoro teatrale, peraltro mai andato in scena. Poi l'America che entra in guerra, Vincent Sherman che si candida senza successo alla regia. Hedy Lamarr che non è disponibile. La sceneggiatura che è pronta giusto tre giorni prima dell'inizio delle riprese. Con metà cast non ancora scritturato e l'altra metà che non sapeva con chi sarebbe rimasta Ilse nel finale. Anche se questa forse è una leggenda. Tuttavia Casablanca è il prodotto dei "migliori istinti di un gruppo disparato di persone di talento" (R. Haver). Hollywood all'epoca è davvero una macchina che alimenta se stessa. Le scene del mercato sono girate sul set che era servito per The Desert Song (Il canto del deserto, Robert Florey 1942), ma non sono solo gli attrezzi del mestiere a persistere sulla scena. È l'ingegno e il sapere delle persone che vi hanno preso parte che fa crescere il film in un processo di accumulazione e cernita. È l'inconscio del cinema che parla attraverso tutti loro. Da Michael Curtiz fino all'ultimo macchinista. Ci sono film che vengono ricordati per il regista e altri che restano famosi per gli attori o per il genere (H. Dienstfrey). Casablanca è di più, è una partenogenesi del cinema stesso.
Il risultato è un cumulo di cose messe assieme. Casablanca è l'America isolazionista che non sa o non vuole prendere parte a quella strana guerra d'oltreoceano. E Rick è l'americano isolato (ancora Dienstfrey) che in qualunque posto sperduto del mondo porta con sé i principi più sani della nazione. Ma che, messo di fronte al bivio, sa a chi deve portare le armi in Spagna. In questo senso Rick è l'eroe riluttante, il cavaliere della valle solitaria, il pistolero errante che viene convinto a prendere le armi e che, una volta risolta la situazione, schiva l'eroina e parte verso nuove avventure (P.F. Parshall). In ogni caso il suo è il ruolo nodale della vicenda. Perché tutti vengono da Rick (come diceva il titolo del lavoro teatrale) a chiedere un po' d'amore, una speaking part, un numero alla roulette, un lasciapassare. Mostruoso apparato narcisistico, il Rick's Café è un luogo mentale in cui gli altri sono tutte marionette guidate dall'io di Humphrey Bogart. È come un interminabile gioco di specchi (B. Day). Con Laszlo che è l'eroe che Rick avrebbe voluto essere, Renault l'uomo corrotto che ha rischiato di essere, Ugarte la vittima sacrificale che potrebbe diventare a ogni istante. Tutti vanno da Rick, ma è come se Rick li chiamasse all'appello, li facesse uscire dall'oscurità dell'incoscio per illuminarli alla luce del cinema. A tratti sembra che la stessa Seconda guerra mondiale non sia altro che un colossale gioco di teatro messo in scena per poter rivedere Ilse.
Tanto che non sarebbe difficile prendere un'altra angolazione, far appello al principio di realtà (P. Hogue). Ad esempio deridere Laszlo che col suo panama bianco, più che un eroe della Resistenza in fuga, sembra un turista americano a Bora Bora. Ma è un'opzione ingrata oltre che gratuita. Come ogni ricognizione dell'inconscio Casablanca è pateticamente ingenuo. Troppo ingenuo per non apparire sofisticato. E viceversa. Come si fa sulla Terra a pronunciare la battuta "Ricordo tutto di Parigi, i tedeschi erano in grigio, tu eri in blu"? Come si fa in un solo film ad avere due personaggi che si chiamano Ferrari e Renault? A Casablanca si può. E oltre a ciò, si può tacitare un canto nazista con le parole della Marsigliese. O gettare con nonchalance una bottiglia di Vichy per cestinare un governo collaborazionista. Qui è sempre tutto troppo per essere vero. Dunque è verissimo. O almeno è verissimo cinema. Distillato perfetto di anni di esperienza, di prove ed errori. È come quando il puzzle si ricompone, un po' per ingegno, un po' per tentativi ciechi e disperati, e mostra finalmente la figura nascosta.
"Variety" riconosce subito il film come un blockbuster. L'Academy gli consegna tre Oscar (miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura). In Europa esce a guerra finita e l'accoglienza è tiepida. I ricordi sono ancora troppo freschi per permettere di apprezzare quel nazista da operetta di Strasser. Ci sono voluti degli anni, ma soprattutto Play It Again, Sam (Provaci ancora Sam, Herbert Ross 1972) per farlo riemergere. Per far sì che tutti noi (maschi) ci sentissimo un po' Bogart. E così Sam ha ricominciato imperterrito a suonare il tempo che passa. Anche se quella battuta non la pronuncia mai nessuno nel film. Le leggende sono fatte così.
Interpreti e personaggi: Humphrey Bogart (Rick Blaine), Ingrid Bergman (Ilse Lund), Paul Henreid (Victor Laszlo), Claude Rains (capitano Louis Renault), Sydney Greenstreet (Ferrari), Peter Lorre (Ugarte), S.Z. Sakall (Carl), Conrad Veidt (maggiore Heinrich Strasser), Dooley Wilson (Sam), Marcel Dalio (croupier).
Anonimo, Casablanca, in "Variety", December 8, 1942.
H. Robillot, Mélo et propagande, in "L'écran français", n. 101, 3 juin 1947.
H. Dienstfrey, Hitch Your Genre to a Star, in "Film Culture", n. 34, fall 1964.
B. Day, Casablanca, in "Films and Filming", n. 239, August 1974.
R. Haver, Finally, the Truth about 'Casablanca', in "American Film", n. 8, June 1976.
P.F. Parshall, East Meets West: 'Casablanca' vs 'The Seven Samurai', in "Literature/ Film Quarterly", n. 4, October 1989.
P. Brion, Casablanca, Crisnée 1990.
P. Hogue, 'I Bet They're Asleep All Over America'. A Heretical View of 'Casablanca', in "Film Comment", n. 3, May-June 1991.
F. Miller, 'Casablanca'. As Time Goes by, Atlanta 1992.