CASALI BENTIVOGLIO PALEOTTI, Gregorio Filippo Maria
Nacque a Bologna il 1° marzo 1721 dal senatore conte Mario Casali e dalla contessa Caterina Berò.
Trascorsa l'adolescenza e la prima giovinezza presso la corte di Parma, tornò a Bologna verso i vent'anni, dedicandosi agli studi giuridici per compiacere il padre; ma prima di ultimarli, per l'esempio e il suggerimento di Francesco Maria Zanotti, da lui sempre riguardato come suo vero maestro - secondo quanto racconta lo stesso C. in Alcuni pensieri e detti filosofici scherzosi e diversi di F. M. Zanotti, raccolti, notati e descritti da un suo discepolo, Venezia 1799 -, si volse a quelli filosofici, scientifici e letterari, giovandosi dell'insegnamento (per gli ultimi due corsi) dell'astronomo Petronio Matteucci e del dotto Flaminio Scarselli.
A ventitré anni il C. pubblicò la sua prima opera, L'Atteone, favola boschereccia (Bologna 1744) sul collaudato modello dell'Aminta del Tasso e del Pastor Fido del Guarini, che aveva composto alcuni anni prima destinandola alla recitazione con l'amica contessa Maria Manchetti. Per quest'ultima aveva tenuto nel 1743 l'orazione funebre in una riunione d'Arcadia, commemorandola quindi anche nel poemetto in versi sciolti, in forma di visione, La simpatia, introdotto da S. Corticelli nella sua antologia Della toscana eloquenza, Bologna 1752. Al nuovo amore per una Chiara alludono successive rime di consueta impronta stilnovistica e petrarcheggiante.
All'esordio letterario, tutto convenzionale e scolastico, il C. fece seguire una seria attività di studioso. Nominato coadiutore alla cattedra di architettura militare nello Studio bolognese tenuta allora da Francesco Vandelli, al quale succedette nel 1750, pubblicò una Dissertazione sopra una pietra di nuovo genere, Bologna 1747 (dedicandola a Scipione Maffei), occasionata dal ritrovamento, nella campagna bolognese, di una pietra con forma di fungo, la cui origine e composizione vengono dal C. discusse con cospicuo apparato di citazioni, facenti capo ai principi newtoniani; un'altra dissertazione accademica, Sopra alcune nuove proprietà delle figure quadrilatere, venne a titolo di merito inserita da Anton Francesco Gori nella sua raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, con elaborati dello Zanotti, del Balassi, del Riccati e di altri (Symbola litteraria, I, 10, Firenze 1753); altre ancora, di geometria e di meccanica - che cominciò a insegnare ufficialmente a partire dal 1754 -, trattano di planimetria, dei solidi e delle fratture dei vetri, discutendo le teorie del Robervalle, del De la Hire, di Galileo, accolte anch'esse in pubblicazioni collettive: De figuris quibusdam solidis in sphaera inscribendis, De cochlea, De quorundam vitrorum fracturis, De conicarum sectionum focis, in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia commentarii, III e IV, Bologna 1755 e 1757.
L'enciclopedismo, tipico dei suoi tempi, portò il C. a interessarsi altresì di indagini sulla polvere pirica (De vi pulveris pyrii per machinas dimetienda, De ictu pulveris pyrii), a costruire uno strumento balistico (De machinula quadam ad proiectilium theorias per experimenta probandas, nei medesimi Atti dell'Istituto, V, 2, Bologna 1767), e a prender parte alla dibattuta questione della "sensibilità" e "irritabilità" nervosa, nella Lettera sopra la sensibilità, e l'irritabilità halleriana (nel Supplimento agli opuscoli di vari autori sulla sensibilità ed irritabilità halleriana, Bologna 1759), schierandosi contro le teorie del fisiologo svizzero.
Tale copiosa attività scientifica (numerose altre relazioni si trovano negli atti manoscritti dell'Accademia Clementina di Bologna) occupa senz'altro il posto maggiore nella vita del C., il quale non mancò tuttavia di coltivare la letteratura in versi con la quale. aveva esordito, ma aggregando, nella maturità, alle convenzioni erotiche e platonizzanti il gusto concreto dell'Arcadia "scientifica", estremo tentativo di rivitalizzare schemi retorici ormai logorati. La volontà di accoppiare scienza e poesia - caratteristica di certa civiltà settecentesca e dell'ambiente bolognese in particolare, dove operarono Eustachio Manfredi e Francesco Maria Zanotti - è affermata ecletticamente dal C. nella sua premessa, indirizzata al gesuita e poeta Giambattista Roberti, alla seconda edizione delle Poesie volgari dello Zanotti (Bologna 1757), dove naturalmente il concetto di "scienza" è ancora di accezione "filosofica", onnicomprensiva. Frutto della seconda stagione letteraria del C. è il libro Alcune poesie, Bassano 1787, ivi ristampato, con aggiunte e il suo ritratto, nel 1794.
In esso si rinvengono ancora le cose più trite dell'Arcadia petrarcheggiante e anacreontica, ma è pure presente un nutrito gruppo di componimenti ispirati ai contenuti dei corsi accademici tenuti dal C., con speciale inclinazione verso la nuova visione newtoniana del mondo, dello spazio e della luce (fu noto un sonetto al "padre Newton" sui principî della luce goffamente collegati a un omaggio galante), insieme con la confidenza all'amico poeta Ludovico Savioli, dal quale era stato superato in una gara di traduzione dell'Ars amatoria di Ovidio, di un mutamento di temi: "In altra parte me chiamano Euclide, / Apollonio, Pitagora, Archimede / ... / me chiaman indi a i metodi, e alle cifre / ... / Queste son le mie Muse ed il mio plettro", che include l'adeguazione alle nuove conoscenze delle lodi religiose e profane, come in un sonetto alla Madonna in cui il mistero della concezione si celebra nel fenomeno della luce zodiacale, e un altro in cui mette in campo la teoria leibniziana della armonia prestabilita per "temprare un'ingrata". Dove il C. riesce meglio è nella descrittiva fisica didascalica, sul genere di Lorenzo Mascheroni, ma sono pochi tratti della sua linea ancora sostanzialmente leggera e leziosa.
Un ultimo documento della sua versatilità (o sperimentalismo, non di rado dilettantesco) è un poemetto storico nel nativo vernacolo, pubblicato postumo: Bulògna travajâ dal guérr zivil di Lambertazz e di Geremi. Poemètt scherzèvol fatt da G.C.C. [Gregorio conte Casali] in-t-la-so lèingua bulgnèisa, Bologna 1827.
Le molteplici iniziative, la vasta rete di amicizie, anche fuori della città nativa, e il seguito di cui godettero i corsi del C. nelle varie istituzioni culturali bolognesi anche durante il periodo repubblicano, nell'università rinnovata (nel 1800-1801 lo si trova in classe di filosofia, per matematica elementare), lo portarono a numerose cariche e onorificenze: oltre le civili, fra le quali il grado di senatore concessogli da Clemente XIII nel 1764, e di gonfaloniere della città nel 1766, e le letterarie nell'Arcadia (col nome di Aminta Orviano che appare nel suo libro poetico), nella Accademia degli Aborigeni (col nome di Sesto Empirico), negli Agiati di Rovereto e nella Cortonese di antichità, fu dei membri ordinari delle locali accademie Benedettina e Clementina, diventando di questa segretario nel 1759 e a lungo incaricato di redigere i nuovi statuti, sanzionati dal Senato il 28 giugno 1786. Nel 1776, per conseguite eredità, aggiunse al suo nome e cognome quelli di Filippo Maria Bentivoglio Paleotti; due anni dopo fece erigere al maestro e collega Zanotti un monumento nella chiesa di S. Domenico, dettandone l'epigrafe. Fu per qualche tempo presidente dell'Istituto delle scienze e, dal 1800 alla morte, rettore dell'università, il primo nominato dal ministero dell'Interno della Repubblica cisalpina, benché aspri contrasti con il commissario governativo gli amareggiassero l'ultima fase della sua esistenza, giunta a termine a Bologna il 31 luglio 1802.
Fonti e Bibl.: Novelle letterarie di Firenze, XVI (1755), coll. 790-792; n.s. IX (1778), coll. 758 s.; P. Pozzetti, Della vita e degli scritti di F.M.C.B.P., Carpi 1791; F. Tognetti, Vita del conte G.F.M.B.P., Bologna 1827; E. De Tipaldo, Biografie degli Italiani illustri, I, Venezia 1834, pp. 180-183; Mem. dell'I.R. Accad. di scienze, lettere ed arti degli Agiati in Rovereto pubblicate per commemorare il suo centocinquantesimo anno di vita..., Rovereto 1901-1905, I, p. 330; E. Bertana, In Arcadia. Saggi e profili, Napoli 1909, pp. 47 ss., 56 s.; L. Simeoni, Storia della università di Bologna, II, L'età moderna, Bologna 1940, pp. 149-52, 164.