CASINI
Famiglia di artisti fiorentini la cui attività si svolge dalla seconda metà del sec. XVI ai primi decenni del secolo successivo.
Dei due figli di Giovanni Battista di Matteo, Vittore, probabilmente il maggiore, risulta immatricolato nell'arte dei medici e speziali il 24 genn. 1567 (st. com.). Nominato console il 19 ag. 1572, entrò nell'Accademia delle arti del disegno il 13 dicembre dello stesso anno.
Nel 1571 aveva dipinto Lafucina di Vulcano per uno degli sportelli dello studiolo di Francesco I nel Palazzo Vecchio di Firenze, unica sua opera sicura, firmata e datata, nella quale egli ci appare come esponente minore e incerto, soprattutto nel disegno, dei gruppo dei cosiddetti "pittori dello Studiolo" che gravitavano intorno a Giorgio Vasari e rappresentavano la seconda generazione dei manieristi fiorentini. Sulla base di un confronto stilistico, il Berti attribuisce al C. un ritratto muliebre conservato nella casa del Vasari ad Arezzo: ipotesi che consideriamo convincente.
Giovanni Maria, suo fratello, risulta immatricolato nell'Accademia delle arti del disegno di Firenze nel settembre 1576; ne fu provveditore negli anni 1580, 1581, 1582, e console nel 1582, 1588, 1594 e 1604. Secondo il Fineschi aveva studiato a Roffia, a spese della famiglia de' Comi. Eseguì molti quadri, perduti, per committenti privati, tra cui, secondo il Colnaghi, il ritratto di un tale Giovanni, fornaio di via S. Gallo a Firenze. Nel 1594 dipinse una Deposizione (perduta) per l'altar maggiore della chiesa di S. Salvatore a Pistoia.
Il Fioravanti riferisce che la composizione derivava da un'opera di Andrea del Sarto (ma non si sa da quale delle quattro Pietà conosciute, tre delle quali sono conservate rispettivamente nella Galleria Palatina di Firenze, nella Galleria Borghese di Roma e nel Kunsthistorisches Muscum di Vienna, mentre la quarta ci è nota attraverso una incisione di Agostino Veneziano). Il quadro di Pistoia fu pagato complessivamente, comprese tela e doratura, 62 scudi.
È di Giovanni Maria l'Ambasceria di s. Antonino a papa Pio II, lunetta affrescata nel chiostro grande del convento di S. Maria Novella a Firenze; ed è l'unica sua opera pittorica sicura che sia giunta fino a noi.
Giovanni Maria fu pure commediografo e poeta. Di lui è rimasta una commedia, La Padovana, in un prologo, cinque atti e sei intermezzi; la Biblioteca Vaticana ne conserva il manoscritto (Barb. lat. 3752), codice cartaceo di go facce, con lettera dedicatoria, datata 21 genn. 1583, a Federico Zuccari, chiamato "patron mio oss.mo". Essa fu recitata in casa di Sigismondo de' Rossi conte di Sansecondo il 6 febbraio dello stesso anno.
È un testo piacevole nell'intreccio, che si rifà ai temi consueti dei travestimenti e relativi riconoscimenti finali, ripresi dal teatro antico, inserendovi però gustosi "caratteri" che si esprimono in un vernacolo colorito; il frequente riferimento a località del contado toscano contribuisce a conferire vivezza all'insieme, il quale, poi, si rivela chiaramente opera di un pittore, non fosse altro per il prologo, che è tutta un'esaltazione della pittura: l'arte per eccellenza, che include in sé tutte le altre.
Morì il 25 nov. 1617, l'anno in cui la Padovana veniva data alle stampe a Firenze, presso Cosimo Giunti con presentazione dei figli Valore e Domenico.
Anche Valore e Domenico, figli di Giovanni Maria, furono pittori e si dedicarono in particolare ai ritratti, eseguiti in collaborazione; a detta del Baldinucci, che ne è finora la fonte principale, Valore nservo per sé l'esecuzione delle teste e delle mani, affidando al fratello Domenico la resa dell'abbigliamento. Tale pratica artistica, tutt'altro che infrequente nella pittura seicentesca, è di per sé testimonianza del prolifico ritmo produttivo della bottega dei due artisti. Secondo il Baldinucci, Valore "sapeva effigiare le persone già morte in modo tale che parevan ritratte dal vivo". Sempre secondo le fonti, suo maestro sarebbe stato D. Passignano, ma ben presto Valore, "franco pennello e fedel copista d'ogni lineamento" (Lanzi), si guadagnò i favori di una clientela facoltosa, e non solo della corte medicea, dato che il Lanzi scrive che "de' suoi ritratti ha riempiuta la Dominante". L'attività dei due fratelli dovette esercitarsi anche nel genere dei ritratti in miniatura, in voga crescente nel corso del Seicento, dal momento che alcuni "aovatini" di loro pertinenza sono registrati nelle Entrate e uscite del Guardaroba mediceo (Meloni Trkulija). La destinazione per lo più privata dei dipinti di Valore e Domenico, nonché il favore commerciale goduto dal genere ritrattistico, hanno determinato la dispersione della loro vasta produzione, attualmente nota solo per pochi pezzi: a Firenze i ritratti afflescati del vescovo di Fiesole Lorenzo della Robbia, della madre di questo, Ginevra Popoleschi, e dei canonico A. Berti, in S. Maria del Campo (Paatz e Thieme-Becker), a San Gimignano il ritratto di Nicola Pesciolini, già di proprietà della famiglia Nomi-Pesciolini, esposto alla Mostra del ritratto italiano del 1911 (p. 193 del catal. [1 ediz.] Firenze 1911).
Fonti e Bibl.: Oltre a U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. Iis, 116, ad voces, si veda, per Vittore: L. Lanzi, Storia pittor. della Italia, a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 156; H. R. Füssli, Aligemeines Künstlerlex., Zürich 1806, II, p. 172; H. Voss, Die Malerei der Spatrenaissance in Rom und Florenz, Berlin 1920, p. 358; D. E. Colnaghi, A Dict. of Florentine Painters, London 1928, p. 67, n. 81; A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, 6, Milano 1933, pp. 451 s.; Catal. della Mostra del Cinquecento toscano, Firenze 1940, p. 185; L. Berti, La casa del Vasari in Arezzo e il suo museo, Firenze 1955, p. 22 n. 17, tav. VIII, 2; M. Bucci, Lo Studiolo di Francesco I, Firenze 1965, pp. s s. n. 36.
Per Giovanni Maria vedi Pistoia, Archivio del seminario, C. Fioravanti, Notizie della chiesa di S. Salvatore, ms. [1579-1597], 22 ott. 1594 (attrib. la Deposizione di Giov. Maria ad A. Fontebuoni); L. Allacci, Drammat., Roma 1666, pp. 239, 417, 504, 545; G. Negri, Ist. degli. scritt. fiorentini, Ferrara 1722, p. 256; V. Fineschi, Il Forestiero istruito in S. Maria Novella, Firenze 1790, p. 71; G. Tigri, Pistoia e il suo territ., Pistoia 1854, p. 166; G. Beani, Di alcune Chiese, Oratori, e Conipagnie soppresse in Pistoia nel 1783, Pistoia 1909, pp. 12., 13; D. E. Colnaghi,.4 Dict. of Florentine Painters, London 1928, p. 67 n. 82; W. e E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, III, Frankfurt am Main 1952, p. 729. Per Valore e per Domenico, si veda infine F. Baldinucci, Notizie dei Professori del disegno..., III, Firenze 1846, p. 451; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia..., a cura di M. Capucci, I, Firenze 1968, p. 188; W. e E. Paatz, Die Kirchen von Florenz, III, Frankfurt a. M. 1952, pp. 172, 174, 176 s.; S. Meloni Trkulja, Omaggio a Leopoldo dei Medici (catal.), II, Firenze 1976, p. 14.
*