casistica
Parte della teologia morale che applica i principi a casi concreti – o talora anche solo ipotetici (‘casi di coscienza’) e vari secondo le circostanze – al fine di trovare la regola valida per ciascuno. Non mancano esempi di c. nell’età patristica e nel primo Medioevo, ma il suo iniziale sviluppo è da mettere in relazione con le modificazioni della disciplina penitenziale, l’avvento della filosofia scolastica e l’affermarsi del diritto canonico nel corso del sec. 13°. Di una vera e propria c. si può parlare solo a partire dalla Summa de casibus di Raimondo di Pennaforte (1238 ca.). Attraverso i commenti a quest’opera e altre del genere (di Bartolomeo da Pisa, Giovanni de Burgo, beato Angelo Carletti da Chivasso, Silvestro Prierias, ecc.), specialmente destinate ai confessori, la c. si affermò nei secc. 14°, 15° e nella prima metà del 16°, parallelamente all’individualizzarsi delle preoccupazioni religiose nel clima culturale e spirituale del Rinascimento. Ma la c. fiorì soprattutto con la Controriforma, dalla metà del 16° al 17° sec., a opera soprattutto di gesuiti (quali L. de Molina, L. Lessio, E. Bauny, V. Filiucci, J. de Lugo, A. Escobar, H. Busembaum, e molti altri), ma anche di domenicani (quali Tommaso De Vio, Bartolomeo di Ledesma, P. Bianchi), francescani (per es., Enrico de Villalobos e P. Marchant), chierici regolari (per es., A. Giana e T. Hurtado), e altri religiosi e sacerdoti secolari. Senonché la moltiplicazione dei casi, spesso ipotetici o con scarso riflesso nella realtà, e la tendenza al molinismo, cui s’accompagnava il desiderio di giustificare la prassi di un’età ormai lontana dagli ideali e dalla vita medievale, sollevarono contro la c. l’opposizione dei giansenisti; le accuse di lassismo lanciate contro di essa trovavano invece, non di rado, conferma nelle condanne ecclesiastiche di libri e autori, e nelle polemiche intorno al probabilismo, fino al rinnovamento della c. per opera di Alfonso de’ Liguori. La c. è tuttora molto diffusa nelle scuole ecclesiastiche. Ma il generale discredito in cui la c. cadde per effetto delle celeberrime pagine di Pascal nelle Lettere provinciali, e che si rafforzò ancora per influsso delle nuove correnti filosofiche, fu a lungo di ostacolo all’intelligenza storica della c., come espressione di esigenze e preoccupazioni spirituali di un’epoca, in cui essa ebbe cultori notevoli anche nelle Chiese riformate; e altresì quanto al contributo che essa recò alla formazione e determinazione di concetti giuridici, come quello della buona fede.