CASSETTONE o lacunare (fr. caisson; sp. cuadrícula del artesonado; ted. Deckenfeld, Kassette; ingl. panel, coffer)
Incavi di forma geometrica che si lasciano per ornamento nei soffitti e nelle vòlte, separati gli uni dagli altri per mezzo di costole sporgenti piane o sagomate. In origine il cassettone non fu ornamentazione ispirata dall'arte, ma semplicemente il risultato dell'incrociarsi dei travi; quasi contemporaneamente però nacque il bisoqno di predisporre i travi di copertura dell'ambiente in modo da ottenere una forma regolare di cassettone e una giusta proporzione fra le sue dimensioni in rapporto con la vastità, altezza e luminosità dell'ambiente. È questa la prima forma usata nell'architettura greca dove gli ambienti avevano sempre coperture in piano e il cassettone quadrato col fondo sagomato e dipinto era formato dai travi stessi che lo sostenevano. Questo avveniva sia nei soffitti costruiti con elementi di pietra come nei peristilî dei templi (interessanti esempî ad Atene, nel Theseion, nel Partenone, nell'Eretteo, e a Ramnunte, ad Eleusi, ecc.), sia in quelli di legname disposti sul più ampio spazio del naos, dei quali, naturalmente, non rimangono esempî. Plinio riferisce che il pittore Pausia di Sicione (sec. VII a. C.) fu il primo a dipingere questi cassettoni, ma è da supporre che Pausia fosse solo un innovatore che diede a questo genere di decorazione un concetto meno severo, poiché già prima in Grecia si dipingevano cassettoni, la policromia prodigandosi nell'arte arcaica. Gli Etruschi usarono anch'essi di questo elemento, dipingendolo semplicemente quando non potevano ricavarlo nel soffitto dell'ambiente; ne rimangono esempî nei monumenti funebri. A Pompei il cassettone fu pure largamente usato specialmente come decorazione pittorica. Anche l'architettura romana come quella greca usò frequentemente nelle sue decorazioni cassettoni di forma quadrata, con la differenza che di solito il motivo ornamentale del fondo non era dipinto, ma plastico e con un rosone molto sporgente che aggiungeva nuova varietà di volumi e di piani. L'architettura romana con l'uso frequente della vòlta nei suoi complessi e ricchi edifici, trovò presto altre soluzioni più varie ed eleganti di cassettoni, trasportando i motivi dalla struttura lignea alla muraria. Dapprima fu l'incavo lasciato nella concrezione della vòlta per abbellirla e per alleggerirne il peso senza diminuire la solidità; poi con il progredire della tecnica costruttiva le grandi vòlte a concrezione furono gettate su tutto un sistema di nervature eseguite in materiale laterizio rivestite per la necessaria rifinitura di finissimo stucco, e disposte in modo da formare le costole del cassettone, il cui fondo era pure rivestito di stucco e riccamente decorato. La rispondenza fra costruzione e decorazione è però spesso appartente come nella cupola del Pantheon, dove le nervature sembrano indicare un ritmo costruttivo che non esiste. La forma che il cassettone assunse nell'architettura romana fu svariatissima; secondo le superficie che doveva decorare, esso divenne rettangolare, romboidale, trapezoidale, ottagonale, ovale, circolare, poligonale. Belli esempî di cassettoni romani sono quelli del tempio di Venere a Roma presso il Colosseo, e quelli della basilica di Massenzio e dell'arco di Tito; a Tivoli il cassettonato nel portico circolare del cosiddetto tempio della Sibilla o di Vesta.
Il cassettone disparve quasi completamente dalle costruzioni del Medioevo per riapparire poi nel '400 nei primi edifici del Rinascimento fiorentino, assumendo un aspetto delicato che si accorda con l'architettura del tempo. Esempî sono nelle opere del Brunelleschi e particolarmente nel portico della Cappella dei Pazzi in S. Croce a Firenze, specie nella cupoletta centrale in cui col Brunelleschi collaborò Luca della Robbia; in S. Spirito, pure a Firenze, la vòlta del vestibolo della sacrestia di Simone del Pollaiolo, e di questo stesso periodo a Castel Nuovo a Napoli il cassettonato della vòlta dell'arco di Alfonso d'Aragona. Man mano che l'arte del Rinascimento si evolve, si moltiplicano le felici invenzioni di architetti e artisti. Esempî di questo periodo i cassettonati del Palazzo della Cancelleria, quelli del Palazzo Massimo di Baldassare Peruzzi, quelli di A. da Sangallo nel Palazzo Farnese a Roma e nella Villa di Poggio a Caiano presso Firenze, il magnifico soffitto dorato della Madonna della Quercia presso Viterbo, dovuto forse ad Antonio da Sangallo il giovine e quelli ben più complessi nella vòlta della cappella Paolina nel Vaticano a Roma.
Dopo questo periodo medio del Rinascimento il tipo del soffitto muta con l'evolversi e complicarsi dell'arte. Non basta allora più il regolare scomparto a figure geometriche semplici o quadrate o poligonali; e il soffitto si distacca materialmente dall'effettiva costruzione del solaio divenendo elemento a sé, soltanto decorativo. I lacunari allora non più legati dallo schema costruttivo assumono le forme più varie e strane e si popolano di figure e di ornati, come nei fastosi esempî del Palazzo Ducale di Venezia e del Palazzo Pitti di Firenze.
Nelle costruzioni moderne, col prevalere del cemento armato e anche con la tendenza a un nuovo senso di semplicità architettonica, talvolta il cassettonato ritorna a un carattere aderente alla costruzione, costituendo un reticolato i cui elementi rispondono alle nervature della copertura; e spesso allora il fondo dei lacunari si lascia vuoto o chiuso da vetri in modo da assicurare l'illuminazione dall'alto (v. anche soffitto).
Bibl.: Choisy, L'art de bâtir chez les Romains, Parigi 1873; A. Colasanti, Volte e soffitti italiani, Milano 1915; C. Ricci, L'architettura del '400, del '500 e del '600 in Italia, Milano-Roma s. a.