BLANDOLISI, Cassio
Nato a Narni il 10 ott. 1683, da una nobile e agiata famiglia, entrò nell'Ordine degli scolopi il 20 febbr. 1698. Molto dotto nelle lettere e nella filosofia, insegnò in vari collegi e scuole dell'Ordine, meritandosi una vasta fama, tanto da essere scelto dal cardinal Tommasi, su suggerimento dello stesso pontefice Clemente XI, quale precettore del nipote Ferdinando Maria Tommasi, barone della Torretta, duca di Palma e principe di Lampedusa. Per assolvere tale compito il B. partì per Palermo nel luglio 1712, ricevendo segretamente da Clemente XI l'incarico di consegnare al vescovo di Catania una bolla di scomunica contro alcuni magistrati dell'isola, che, violando l'immunità ecclesiastica, avevano imposto tributi sopra gli ortaggi delle tenute vescovili dell'isola di Lipari.
Nel clima di contrasto, creatosi fra le autorità civili e religiose della Sicilia, il B. approfittò dell'elezione del principe di Scordia Branciforte, patrigno del suo alunno, a pretore di Palermo per tentare un'opera di difesa dei molti privilegi e interessi ecclesiastici; e la sua azione, in verità, fu spesso efficace.
In Sicilia il B. rimase alcuni anni: passò, quindi, a reggere la casa degli scolopi di Ancona, ove si trovava nel 1718, allorché fu scelto da monsignor Carafa, segretario di Propaganda Fide, su segnalazione del preposito generale degli scolopi, a far parte del gruppo di missionari che avrebbero dovuto accompagnare nella visita apostolica in Cina monsignor C. A. Mezzabarba, patriarca di Alessandria.
La spedizione, preparata con ogni cura, aveva lo scopo di procurare la scrupolosa osservanza da parte dei missionari e dei neofiti cinesi della bolla papale Ex illa die, emanata da Clemente XI il 19 marzo 1715, che condannava i riti cinesi (cioè la coesistenza, accanto ai riti cattolici, del culto di Confucio e degli antenati). La resistenza alle decisioni papali proveniva, in special modo, dai missionari gesuiti, i quali giustificavano la loro tolleranza nei confronti di tali riti dichiarandoli funzioni civili esenti da ogni contenuto religioso; infine, costretti a giurare la costituzione, i gesuiti si erano sospesi volontariamente dalla missione, ritenendo impossibile e pericolosa la continuazione della loro opera in tali condizioni.
La scelta del B. come compagno del Mezzabarba era giustificata, oltre che dalla sua profonda dottrina teologica, dalle notevoli cognizioni di matematica e chimica, che si ritenevano utili per conquistare la simpatia dell'imperatore cinese (altri missionari del gruppo erano pittori e musici). Dopo aver invano cercato di declinare l'incarico, il B. partì alla volta di Lisbona con i suoi compagni il 30 ott. 1719. Qui il Mezzabarba fu ricevuto dal re, Giovanni V, per esporgli i motivi della visita apostolica in una terra che era sottoposta all'influenza portoghese, ed averne ogni appoggio; quindi il 25 marzo 1720 salparono alla volta della Cina, giungendo a Macao il 23 settembre, accolti con ogni onore da dignitari cinesi e da missionari, e proseguendo poi per Pechino, ove arrivarono il 29 ottobre. Mentre il Mezzabarba tentava di ottenere, nei colloqui avuti con l'imperatore, qualche concessione per condurre a buon fine la sua missione, il B. si stabiliva nello stesso palazzo imperiale, accolto tra i filosofi e i matematici di corte. L'imperatore, che lo stimava molto, avrebbe voluto che egli si trattenesse anche dopo la partenza del Mezzabarba (e ciò era gradito anche alla Congregazione di Propaganda Fide, affinché proseguisse a svolgere un'opera di pressione), ma il B., accusando una totale insofferenza al clima, non volle accettare la proposta e lasciò Pechino insieme con gli altri compagni nel marzo 1721. Dovendo egli passare per il Brasile e il Portogallo, il Mezzabarba lo incaricò di partire direttamente alla volta di Roma, per portare la relazione della missione a Propaganda Fide.
Lasciata la Cina nel gennaio 1722, dopo sei mesi di navigazione, il B. sbarcò in Francia nel luglio, attraversando poi la Germania. Da Strasburgo scrisse nel settembre al segretario di Propaganda Fide, annunciando il suo prossimo arrivo e muovendo gravi accuse ai gesuiti: dava notizia infatti dell'arrivo in Francia del gesuita Fouquet, richiamato in Europa dal generale della Compagnia, perché accusato di giansenismo e contrario ai suoi confratelli a proposito dei riti cinesi: egli, secondo il B., avrebbe potuto provare la natura superstiziosa dei riti stessi per mezzo di alcuni scritti che gli erano stati tolti da altri gesuiti prima della sua partenza dalla Cina.
Toccata Venezia, il B. giunse a Roma il 1º ottobre, ove fu ricevuto dal pontefice Innocenzo XIII e dal prefetto di Propaganda Fide, Sacripante, il quale lo incaricò di sunteggiare la voluminosa relazione del Mezzabarba.
Ritiratosi per un breve periodo di riposo nella città natale, fu richiamato a Roma il 4 novembre, per essere interrogato dal Sacripante sulla veridicità di alcune accuse di parzialità mosse da parte gesuitica al Mezzabarba: il B. discolpò energicamente il suo operato.
Per dodici anni prestò, quindi, la sua opera a Propaganda Fide, intervenendo alle riunioni della Congregazione per le Indie orientali; nel 1737 fu nominato consultore dell'Inquisizione. Nell'Ordine scolopico fu prima assistente generale, poi procuratore generale per nove anni, durante i quali ottenne la beatificazione del fondatore, Giuseppe Calasanzio.
Il B. morì a Roma il 1º dic. 1751.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Propaganda Fide, Congregatio de rebus Sinarum et Indiarum Orientalium,Acta, vol. IV(1722-1728), f. 5; Viani, Istoria delle cose operate nella China da Monsignor G. A. Mezzabarba, Parigi 1739, pp. 93, 212, 233, 235, 239, 242, 251; G. Eroli, Biografia di C. B., in Misc. stor. narnese, I, Narni 1858, pp. 149-164; T. Vióas, Index bio-bibliographicus CC. RR. PP. Matris Dei Scholarum Piarum, II, Romae 1909, pp. 119-123; L. Picanyol, Scholae Piae ac Infidelium missiones, in Ephemerides calasanctianae, I (1932), pp. 72-73.