castelli
Dimore da signori con villaggio fortificato
Quando nelle fiabe si parla di un castello, si pensa a un unico edificio in pietra, con torri, torrette e ponti levatoi. In origine, però, non fu così. Intorno al Mille, in Europa, castello significava un'area fortificata, vasta e ben difesa da palizzate o da mura, dentro la quale sorgeva un villaggio con al centro l'abitazione del potente
Verso il Mille aree fortificate vennero costruite su un colle oppure in una posizione difesa da un corso d'acqua o circondata da un fossato; inoltre erano chiuse da palizzate di legno o meglio ancora da mura in pietra. All'interno si trovavano case e capanne, la chiesa e il campanile, che svolgeva la medesima funzione difensiva di una torre: era infatti di solito in pietra, difficile da incendiare. Al centro sorgeva l'austero edificio del potente, circondato dai suoi armati.
Finestre e porte degli edifici, in particolare della casa-torre del signore, erano molto piccole. Le finestre erano grandi quanto bastava per tirare le frecce e diminuire la probabilità di venire colpiti. Ugualmente minuscole erano le porte, che oggi ci sembrano spesso poste ad altezze impossibili da raggiungere: infatti, per salire, occorreva una scala di legno a pioli che veniva ritirata all'interno, una volta entrati. Dentro al castello, cioè dentro al villaggio fortificato, vivevano gli armati e i contadini che, invece di stare sparsi nelle campagne, avevano preferito riunirsi e abitare sotto la protezione permanente del padrone del castello.
Era però difficile difendere un'area tanto vasta. Con l'andare del tempo si preferì proteggere una zona più piccola con una cinta di mura in pietra. Il castello non coincideva più con il villaggio fortificato ma era diventato un singolo edificio (o un complesso di edifici) cinto da mura. A partire dall'11° secolo, inoltre, forse per un miglioramento del clima, si era verificato un aumento della popolazione; gli abitanti che un tempo vivevano all'interno del villaggio fortificato erano diventati troppi. Furono perciò spinti ad abitare al di fuori delle mura, anche se le loro case erano costruite il più possibile vicine al castello. Quei poveretti speravano di essere riaccolti dentro le mura (insieme con le bestie) all'arrivo del nemico!
All'interno del breve giro di mura sorgeva ora una robusta torre chiamata maschio o, con parola di origine francese, dongione, per l'estrema difesa nel caso in cui il nemico fosse riuscito a scavalcare le mura; il signore invece, con la sua famiglia e gli armati, viveva in un'altra costruzione più grande, posta accanto.
Era quasi impossibile penetrare in un castello, a meno che all'interno qualcuno tradisse, perché nel Medioevo l'arte difensiva era molto superiore a quella offensiva. Gli scontri in battaglia occupavano un tempo breve, se confrontati invece ai lunghi tempi necessari alle mirabili imprese dell'assedio.
Spesso erano gli assediati a trovarsi in posizione di vantaggio. Bastava riuscire a resistere dentro il castello con viveri e acqua finché l'avversario fosse stato costretto ad abbandonare la lotta, dato l'andamento stagionale della guerra: con il sopraggiungere dell'inverno infatti tutti tornavano a casa. Contro i castelli quasi imprendibili si inventarono rozze macchine, arieti e torri mobili; si intrapresero pazientissimi lavori di mina, cioè di scavo di cunicoli sotterranei, puntellati di armature di legno; a scavo ultimato si dava fuoco e il crollo dei puntelli travolgeva tutto ciò che stava al di sopra.
I sistemi di difesa del castello prevedevano per prima cosa un fossato, di solito riempito d'acqua. Chi stava all'interno aveva la facoltà di ritirare il ponte levatoio e fare calare, a ulteriore difesa della porta d'ingresso, una serie di saracinesche di ferro, fra le quali si ammassavano le truppe, pronte per un attacco all'esterno; ma le saracinesche potevano anche servire a intrappolare eventuali assalitori.
Aggiunte in pietra e in legno permettevano di sporgersi dalle mura, rimanendo abbastanza protetti per tirare dall'alto pietre e frecce contro chi si avvicinava. La porta d'ingresso venne raddoppiata. Un soffitto, opportunamente forato e munito di sporgenze bucate, collegava le due porte in modo che, anche da qui, gli abitanti fossero in grado di scagliare pietre sugli assalitori. Ma non fu mai lanciato olio bollente, al massimo fu rovesciata acqua bollente: l'olio era un bene prezioso, ce n'era poco, ed era meglio usarlo come condimento o per le lampade in chiesa!
Lungo le mura del castello furono poste delle torrette e, a intervalli regolari, dei piccoli ripari rettangolari, i merli, a volte muniti di fessure per tirare con maggiore tranquillità, esponendosi il meno possibile. I merli erano detti 'guelfi', se costruiti a rettangolo, 'ghibellini', se a coda di rondine. Il loro nome deriva dal fatto che in Germania, nel 12° secolo, due grandi casate feudali, quella di Baviera e quella di Svevia, erano da tempo in lotta per eleggere imperatore uno dei loro. I sostenitori della casa di Baviera si chiamarono 'guelfi' dal nome di Guelfo, duca di Baviera; gli altri si chiamarono 'ghibellini' da Waibling, il nome di un castello dei duchi di Svevia. La lotta si concluse nel 1152 con l'elezione in Germania di un re imparentato con tutte e due le casate: Federico I Barbarossa. In Italia nelle lotte fra Comuni, papa e imperatore, furono detti 'guelfi' i sostenitori del papa, 'ghibellini' quelli dell'imperatore.
Sul bordo interno delle mura del castello fu costruito un lungo corridoio in legno o in pietra: il cammino di ronda; lì stavano le sentinelle di guardia e gli uomini pronti con archi e spade. Queste passerelle, che si trovavano all'incirca all'altezza dei merli, servivano alle guardie per vigilare, continuando a fare il giro delle mura, cioè per l'appunto la ronda. Oggi nei castelli di pietra tutte le parti originariamente in legname sono scomparse; rimangono solo i buchi nei quali erano infissi pali e cardini. Le miniature però ci aiutano a capire come funzionavano gli apparati difensivi.
La vita all'interno del castello, vista con gli occhi di oggi, era una vita disagiata. Le finestre, senza vetri (almeno fino agli inizi del 15° secolo), erano chiuse da imposte di legno. Nelle stanze, in generale piuttosto buie, d'inverno ardeva un fuoco nel braciere, ma solo dal 13° secolo la legna scoppiettava dentro un camino (sconosciuto ai Romani, il camino fu inventato infatti nel Medioevo). I mobili erano pochi, per non sprecare spazio. Il tavolo era formato da due cavalletti sui quali si posava una larga asse; finito il pasto, asse e cavalletti venivano addossati alla parete. Da qui il modo di dire, quando qualcosa è concluso: "Leviamo le mense". Nel letto, molto largo, si dormiva in tanti, sempre per non sprecare spazio, e quando occorreva, per scaldarsi l'un l'altro.
Nel Medioevo si può dire che su ogni altura sorgesse un torrione isolato o un castello. Si aveva così una rete di punti di guardia molto fitta. Per segnalare l'avvicinarsi del nemico, i castelli e le torri comunicavano fra loro di giorno con segnali di vario tipo: di fumo o sonori; di notte, con torce accese. Ancora oggi, passando col treno lungo la costa tirrenica dell'Italia meridionale si vedono molte torri d'avvistamento. Molto vicine le une alle altre, in buono stato o in rovina, sono un monumento al terrore: quante grida si sono levate, quanto sangue è scorso fra quei muri!
Il restauro della parete della Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico a Siena ha portato nel 1980-81 alla scoperta, al di sotto dell'affresco di Guidoriccio da Fogliano, di un altro più antico, che porta le tracce del 'mappamondo' girevole che gli era stato sovrapposto, dipinto da Ambrogio Lorenzetti nel 1345. Da questo affresco si nota che ancora all'inizio del Trecento si adoperava il sistema dell'incastellamento: al centro del villaggio sta la fortezza in muratura con torre, il vero e proprio castello, dove si radunano gli armati per l'ultima difesa. Il villaggio, in mancanza di mura, è stato circondato da una palizzata di legno, con pali aguzzi, e altre palizzate sono state erette all'interno, con il compito di ostacolare e rallentare l'assalto degli invasori.