Castità
Il termine, dal latino castus, "casto" - connesso probabilmente al verbo carere, "essere privo (di colpa)" - indica l'astensione dall'esercizio della sessualità. Generalmente si tende a collegare al concetto di castità una concezione negativa del piacere e della passione sessuale, concezione che deriva, almeno in parte, dal fraintendimento, operato dalla cultura occidentale, del pensiero platonico, e in particolare dall'accentuazione del dualismo conflittuale tra spirito e corpo. L'approccio offerto da Freud e poi dalla ricerca psicoanalitica ha permesso di superare la visione della sessualità come spinta puramente istintuale e quindi legata in modo esclusivo alla 'carnalità', aprendo la strada alla comprensione della sessualità stessa come linguaggio e, specificamente, alla rivalutazione degli aspetti psicodinamici della castità.
La castità è la condizione caratterizzata da comportamenti che escludono l'intimità sessuale (v. sessualità). Nell'etimologia del termine è implicita l'associazione tra sessualità e colpa, che è presente in modo transculturale anche in civiltà non confessionali (si pensi, per es., all'importanza attribuita alla castità delle vestali nell'antica Roma). Nell'accezione più ampia, essa indica l'assenza non soltanto di comportamenti sessuali, ma anche di pensieri e fantasie inerenti al sesso.
La castità in senso fisico è particolarmente valorizzata nella cultura cattolica, in cui è tuttora presente la dicotomia tra corpo, ricettacolo del mostro policefalo delle passioni, e spirito, sede delle qualità più elevate dell'Io. In epoca medievale, la mortificazione della carne era condizione necessaria per l'elevazione e la salvezza dello spirito e la prescrizione della castità arrivava a esigere il dominio delle pulsioni istintuali e, quindi, anche delle fantasie e dell'immaginario erotico, notturno e onirico: persino la polluzione, ossia l'emissione involontaria di sperma nel sonno a causa di sogni di contenuto erotico, era considerata espressione di una violazione mentale del precetto di castità.
Nelle culture occidentali, il valore religioso della castità si è variamente intrecciato con il suo significato sociale di strumento di controllo della sessualità femminile, in un chiaro 'dimorfismo' nella valutazione laica della castità, il rispetto della quale, infatti, era preteso dalla donna 'perbene', mentre all'uomo era consentito di avere esperienze sessuali con donne di bassa estrazione sociale, spesso direttamente o indirettamente prezzolate (si pensi all'abuso di cameriere e fantesche in molte famiglie borghesi, anche da parte dei figli adolescenti). Il senso antropologico di questo differente atteggiamento nei confronti della castità maschile e femminile è da ricercarsi nell'esigenza maschile di controllare la paternità personale, evitando che comportamenti sessualmente promiscui delle partner potessero introdurre geni (e quindi figli) estranei nella propria famiglia, con tutti gli obblighi e le implicazioni economiche e sociali conseguenti.
L'introduzione della contraccezione femminile (v. contraccezione) nel secondo dopoguerra ha rappresentato un'importante rivoluzione sociale e ha avuto come conseguenza, tra le altre, anche l'attenuazione delle aspettative laiche di una castità declinata quasi esclusivamente al femminile.
Attualmente, si assiste a un diverso vissuto della castità, della quale si vanno rivalutando aspetti e implicazioni che soltanto una decina di anni fa erano considerati obsoleti, in quanto interpretati esclusivamente nella loro accezione di privazione e negazione. In sessuologia, viene oggi riconsiderato con grande attenzione il senso della castità come 'custode dialettica' della libido, usurata dalla liberalizzazione dei costumi sessuali e dalla banalizzazione dell'esperienza erotica.
La castità può essere scelta, imposta o subita. È scelta quando la persona decide di sublimare le proprie energie sessuali, trasformandole in impegno religioso, come accade negli ordini monastici e sacerdotali, o in ricerca interiore, anche in senso laico, libera dai condizionamenti della carne. È imposta quando è conseguenza di divieti sociali e, più spesso, religiosi e viene consapevolmente accettata per necessità o coerenza con il contesto sociale di appartenenza. È passivamente subita quando è contraria ai desideri personali, come accade nel matrimonio o nelle relazioni di coppia stabili in cui un partner eviti l'intimità sessuale, imponendo di fatto all'altro una castità forzosa. Anche la paura di contrarre malattie trasmesse sessualmente può indurre a una scelta di castità, in cui possono intrecciarsi in modo variabile le tre dinamiche appena descritte.
Dal punto di vista psicologico, la castità può rappresentare un momento evolutivo, di crescita psicosessuale, quando la scelta di sublimare le proprie energie sessuali porta a un'espansione, a una crescita dell'Io, allo sviluppo di potenzialità spirituali, emotive o intellettuali; oppure un momento di regressione, una perdita di energia libidica e vitale, quando è frutto di paure, inibizioni, difficoltà emotive o sessuali a vivere l'intimità fisica. Nel secondo caso, si configura una vera e propria deprivazione degli aspetti comunicativi e di sviluppo della personalità legati all'intimità fisica sessuale; tale deprivazione può arrivare a un vero e proprio analfabetismo erotico, da cui possono originare molteplici disfunzioni sessuali. Disturbi del desiderio, difficoltà orgasmiche, dolore o impossibilità di rapporti, nella donna, e disfunzioni libidiche, erettive ed eiaculatorie, nell'uomo, sono talvolta epifenomeno della mancanza di educazione graduale all'intimità erotica, dovuta appunto a un malinteso senso della castità.
Il significato della castità, dunque, va sempre approfondito nel singolo individuo, con una riflessione attenta a comprenderne il potenziale di crescita o, viceversa, di fuga all'indietro.
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