CASTRACANI DEGLI ANTELMINELLI, Arrigo, detto il Duchino
Primogenito di Castruccio di Gerio e di Pina di Iacopo Streghi da Monteggiori, nacque probabilmente nel 1304. Diciannovenne, il 20 sett. 1323, acquistò a Pontremoli la metà di un palazzo e nel 1324 fece edificare in Pietrasanta la rocca Arrighina e la rocca Ghibellina. Durante la rischiosa contesa con i Fiorentini per l'occupazione di Pistoia il C. fu associato al padre nel dominio, e fu nominato dagli Anziani di Lucca capitano generale e rettore a vita (18 giugno 1325); in seguito, quando Castruccio fu creato da Ludovico il Bavaro duca di Lucca, Pistoia, Volterra e Luni (17 nov. 1327), il C. si venne a trovare in una posizione di primo piano come erede e successore designato del padre. Il 17 gennaio del 1328, il giorno medesimo dell'incoronazione di Ludovico il Bavaro a Roma, Castruccio stipulò il contratto di nozze, che poi non furono celebrate, del C. con Alasia, figlia di Sciarra Colonna capo dei ghibellini romani; l'annunzio del fidanzamento segnò il culmine delle fortune del signore di Lucca. Proprio in quei giorni il C. e il fratello Vallerano, rimasti in Toscana, non riuscirono a difendere Pistoia dall'assalto dei Fiorentini guidati da Filippo di Sangineto, vicario del duca di Calabria, e ne furono scacciati (27 genn. 1328). Lo sfortunato episodio mise in evidenza fra quanti nemici e quali insidie si sarebbe dovuto destreggiare il giovane C. per mantenere un dominio la cui costruzione si reggeva unicamente, come dimostreranno i fatti, sul genio politico e militare di suo padre. Quest'ultimo, rientrato prontamente a Pisa, riusciva a bloccare ogni ulteriore azione fiorentina, e ad organizzare la riconquista di Pistoia, che cadde nelle sue mani il 3 ag. 1328. Scomparso prematuramente il padre, morto di febbri il 3 settembre di quello stesso anno, il C., designato per testamento dal padre come suo successore, si trovò improvvisamente di fronte a problemi gravissimi.
L'eredità si presentava difficile: lo stesso Castruccio, prima di morire, aveva suggerito che si mantenesse il riserbo sulla sua scomparsa, per consentire ai figli di impadronirsi saldamente del potere ducale e, soprattutto, di conservare Pisa, che, seppure già assegnata al Castracani come vicariato imperiale, mal si era acconciata al dominio del lucchese. Il ritardato annuncio della morte di Castruccio non fu tuttavia di sostanziale utilità per i suoi eredi: Ludovico il Bavaro, che si trovava in Maremma all'assedio di Grosseto, quando seppe della scomparsa del duca di Lucca, occupò Pisa il 21 settembre, esautorando di fatto il C.; passato a Lucca, il 7 ottobre "fece levare romore" e "riformò la terra a sua signoria",lasciando come suo vicario il burgravio Federico di Norimberga; quindi, contrariato dall'amicizia che il suo rappresentante dimostrava per i Castracani, confinò questi ultimi e la loro madre a Pontremoli e creò vicario Federico di Ottingen (nov. 1328). Una sedizione di cavalieri tedeschi, già fedeli di Castruccio, costrinse il Bavaro a più miti consigli: egli concesse a Pina degli Streghi ed ai suoi figli più giovani le rendite di Monteggiori (17 dicembre) e consenttì, a quanto sembra, che il C. partecipasse al governo. Tuttavia, poiché il C. non riuscì a imporre la sua autorità in Lucca né fu in grado di dominare l'opposizione dei di Poggio - tanto che nella città scoppiarono tafferugli sanguinosi tra i sostenitori delle opposte fazioni -, l'imperatore si liberò della città cedendola per 22.000 fiorini a Francesco Castracani (16 marzo 1329), e confinò a Monteggiori il primogenito di Castruccio. In quei medesimi giorni fallì, per l'opposizione dei Panciatichi, dei Muli, dei Gualfreducci e dei Vergellesi, un tentativo dei Castruccini e dei figli di Filippo de' Tedici, loro cognato, di occupare Pistoia.
Da questo momento il C. - deluso e risentito - tentò ogni via per riconquistare i domini che aveva perduto quasi nell'atto stesso di succedere al padre, sfruttando la precarietà della situazione politica lucchese e l'instabilità dei vari governi che si succedettero alla guida della città.
Il Bavaro mosse quindi alla volta della Lombardia, dove i Visconti "non gli rispondeano come volea, per la quistione già mossa contra a Messer Marco" e perché egli "mostrava d'abbattere lo stato de' figliuoli di Castruccio, i quali erano a setta coi detti Visconti" (G. Villani). In effetti Marco Visconti, senza curarsi dell'imperatore, alla testa di 600 cavalieri tedeschi, che si erano ammutinati e che si trovavano al Cerruglio, presso Vivinaia, si accordò con altre "masnade vecchie di tedeschi",lasciate di guardia all'Augusta, ed occupò agevolmente Lucca (15 apr. 1329). I nuovi padroni della città "mandorono per Arrigo e gli suoi fratelli... e loro giunti vollono correre la terra". Vennero anche avviate trattative per la cessione di Lucca alla Repubblica di Firenze: condizione pregiudiziale per l'accordo era l'impegno, da parte dei Fiorentini, di "perdonare e di lasciare i figliuoli di Castruccio in alcuno stato cittadinesco e non signori",impegno che parve tuttavia inaccettabile all'orgoglio fiorentino.
I Castracani in realtà non rinunziavano alla politica tradizionale di inimicizia verso Firenze: di lì a poco si accordarono con altri esponenti della fazione ghibellina per far sollevare Montecatini (17 luglio).
Dopo che Lucca fu venduta a Gherardino Spinola, ghibellino genovese in esilio (2 sett.), il C., con l'appoggio di alcuni cavalieri teutonici, tentò un colpo di mano, che però fallì (27 dicembre). Nel 1331 la città, assediata dai Fiorentini e ridotta a mal partito, piuttosto che arrendersi, si offrì al re di Boemia Giovanni di Lussemburgo, figlio di Arrigo VII, venuto in Italia per sostenere Brescia. Due anni dopo, volendo approfittare dello scontento dei Lucchesi delusi per la venalità del re, il C., che viveva a Parma, rientrò in Toscana e la notte del 25 sett. 1331 attaccata la sua città natale, ebbe la meglio sulle guarnigioni che la difendevano. Aderenti alla sua fazione irruppero negli archivi del Comune e distrussero i bandi successivi alla caduta di Castruccio, dando fuoco agli atti pubblici. Il trionfo fu breve. Il re Giovanni, dopo due giorni, passò agevolmente per l'Augusta, che non era stata espugnata, e, riaffermato il suo dominio sulla città, bandì come traditori il C. ed i suoi sostenitori, che riuscirono a mantenere tuttavia fino all'anno seguente, l'occupazione di Barga.
Durante la signoria di Marsilio, di Pietro e di Rolando Rossi di Parma,che avevano comprato Lucca per 35.000 fiorini, il 3 ott. 1333, i Castracani degli Antelminelli riebbero i beni posseduti prima della sedizione, a patto che il loro capo, il C., si impegnasse a restare in esilio e cedesse i luoghi fortificati che controllava (31 ott. 1333). La convenzione fu suggellata dalle nozze del C. con Costanza di Rolando Rossi, che furono solennemente celebrate il "die dominico" 23 ott. 1334 in Parma.
Passata Lucca dal dominio dei Rossi a quello di Mastino Della Scala per 30.000 fiorini (novembre 1335), il C. mantenne col nuovo signore rapporti amichevoli, almeno fino a quando lo Scaligero non avviò trattative per cedere al Comune di Firenze la città. Secondo quanto afferma il Sercambi, il C., d'accordo con Francesco Castracani, avrebbe allora sollecitato segretamente i Pisani ad intervenire nella questione lucchese, e - sempre stando al cronista - sembra che da questo fosse stato lusingato con ben precise promesse. Il C. tuttavia riscosse fino a tutto il giugno del 1341 la provvigione di 3.600 fiorini annui che gli veniva pagata da Mastino; quindi, si staccò apertamente da lui e passò ai suoi avversari. Perciò fu dichiarato ribelle, privato degli onori e dei possedimenti, che passarono, come quelli dei suoi, a Chello, Giovanni, Lando e Lemmo da Poggio (8 ag. 1341).
Sebbene avesse collaborato validamente alla conquista della città di Lucca da parte dei Pisani - si era tra l'altro eroicamente esposto nella "ritenuta ed aspra battaglia" dell'ottobre del 1341 in cui venne catturato dai Fiorentini -, il C. non riuscì neanche questa volta ad insignorirsi della sua città. Occupata Lucca, i Pisani ne affidarono infatti il governo non al figlio di Castruccio, ma ad un nipote di questo, il signore stesso di Pisa, Ranieri Novello della Gherardesca, conte di Donoratico (6 luglio 1342). Irritato contro i suoi antichi alleati, il C. ordì, con l'appoggio di Luchino Visconti, una congiura per togliere di mezzo il signore di Pisa, ma fu scoperto e riparò in Garfagnana, mentre il fratello Vallerano venne fatto prigioniero. Ne seguì un nuovo conflitto, nel corso del quale il C. perdette fra l'altro il castello di Corsena (1343) che fu assegnato, con le gabelle, a Francesco Castracani. Inferiore di forze rispetto agli avversari, il C., su consiglio di Spinetta Malaspina, tornò a rivolgersi per aiuti a Luchino Visconti, allora piuttosto risentito verso i Pisani.
La richiesta del C. cadeva quanto mai opportuna perché offriva al Visconti una nuova occasione per proseguire la sua politica di penetrazione in Toscana, che tanto pensiero dava ai Fiorentini. A conclusione di laboriose trattative, durante le quali i Pisani ebbero il tempo di occupare anche Lucchio e Monteggiori, il C. ricevette dal Visconti l'incarico di difendere i Malaspina e Pietrasanta, e poté dare inizio al nuovo ciclo di operazioni militari, che videro impegnate accanto a lui anche milizie viscontee. Si combatté nel contado pisano, in Lunigiana, in Val di Serchio, in Versilia; ma neppure con questa guerra il figlio di Castruccio riuscì ad essere reintegrato nei possessi che erano stati del padre. Con la pace, che i Pisani avevano ricercato quasi fin dall'inizio ma che divenne possibile soltanto dopo la morte - si disse per avvelenamento - del vescovo di Luni, e che venne stipulata a Pietrasanta, con la mediazione di Filippino Gonzaga il 17 maggio 1345,il Visconti si impegnava a lasciare Pietrasanta, Massa, Carrara e quanto teneva della Lunigiana, in cambio di 80.000 fiorini; per gli eredi di Castruccio ottenne la restituzione dei beni di famiglia ed un appannaggio di 250fiorini mensili, "non stando ellino in Lucca né nel contado". Deluso dalle clausole della pace, il C. con il fratello naturale Altino espresse il suo disappunto permettendo alle sue genti di mettere a sacco Pietrasanta ed altre località che dovevano essere cedute ai Pisani. Negli armi seguenti egli non tralasciò di intervenire nelle lotte tra le fazioni pisane, come sostenitore di Andrea Gambacorta, capo dei Bergolini, contro i Raspanti.
Costretto alla vita dell'esule, il C. risiedeva abitualmente a Milano: la sua figura doveva apparire ancora molto influente, anche per la protezione che gli accordavano i Visconti, se nel 1349 il conte Gherardo della Gherardesca, recatosi a parlare con lui "in certo designato luogo",fu per questa sola ragione dichiarato dai magistrati pisani ribelle alla Repubblica.
Disceso in Italia nel 1354il nuovo imperatore, Carlo IV di Lussemburgo, il C. riuscì ad entrare nelle grazie del sovrano, che lo creò cavaliere nel 1355. I Lucchesi, per liberarsi dal dominio dei Pisani, si rivolsero all'imperatore, offrendogli la città. Carlo IV, giunto a Pisa il 18 genn. 1355,non volle o non poté prendere una decisione in merito. In questo clima di tensione e di incertezza si inserì un nuovo tentativo del C., di suo fratello Vallerano, e di Francesco Castracani, allo scopo di ricostituire un dominio di famiglia. Lucca sarebbe spettata ai due fratelli, mentre la Garfagnana sarebbe stata data al loro cugino e ai suoi discendenti. Anche questo tentativo, però, era destinato a fallire. Ritenendo che Francesco Castracani si fosse accordato a loro danno con l'imperatore, il C. e suo fratello lo uccisero nel palazzo ducale di Massa Pisana (19 maggio 1355)e presero la fuga, riparando prima a Pietrasanta, e poi in Lombardia.
Il fratello naturale del C., Altino, fece ribellare Monteggiori e la fortezza dell'Argentiera; quindi, catturato dai Pisani, che avevano sollecitato l'imperatore a cingere d'assedio Monteggiori, venne decapitato. Il C., comunque, non depose le armi e, dopo la partenza dell'imperatore, conquistò Verrucchio e Capraia; ma risulta che già nel febbraio del 1356 sitrovava a Bologna dove nello stesso anno faceva testamento, affidando suo figlio alla protezione dei Visconti e di Cangrande II Della Scala.
A Bologna, l'11 febbr. 1357,concluse sul patibolo la sua animosa esistenza, riconosciuto colpevole di aver congiurato contro Giovanni da Oleggio in favore dei Visconti. Con la sua scomparsa veniva a cessare il pericolo della dominazione dei Castracani su Lucca e si aveva un rallentamento della penetrazione viscontea in Toscana.
Orlando, figlio del C., mise particolare cura nel restaurare le finanze della famiglia; si sa che diede in affitto il palazzo di Pontremoli e altre proprietà. Ebbe dal Comune di Pisa nel 1361una provvigione di 100 fiorini d'oro mensili "stando dove gli piace fuori della provincia di Toscana... né avvicinandosi alla terra di Pisa in Lunigiana e Garfagnana per 100 miglia". Nel 1369appoggiò il tentativo del cugino Alderigo Antelminelli di impadronirsi di Lucca. Nel 1373-75servì Gregorio XI come capitano di cavalieri, in seguito fu al servizio della stessa Lucca, con cui giunse a una composizione ricevendo una provvigione annua per sé ed i discendenti. Fu podestà di Genova nel 1377.
Dopo aver sposato nel 1380 Simona de' Fensi del conte Francesco da Prato, prestò i suoi servigi ai Genovesi e nel 1383 divenne governatore di Brescia. Sempre nel 1383 fece procura per vendere una casa a Sarzana; nel 1384 fece procura con il cugino Giovanni (detto Vallerano) di Vallerano, per affittare alcuni beni; in questi stessi anni comprò una parte del castello Aghinolfi e di Montignoso ed ottenne a titolo di restituzione dei beni dal marchese di Massa. Ai figli Castruccio, Arrigo e Francesco, Orlando lasciò, con testamento del 25 ott. 1391, un buon patrimonio, accresciuto anche dalla cospicua eredità della zia Caterina, marchesa di Mulazzo. Con la morte dei figli di Orlando e con la morte dei figli di Vallerano di Vallerano, avvenuta per peste nel 1399, si estinse la discendenza maschile di Castruccio Castracani.
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