catafora
Il termine catafora si applica ai sintagmi la cui interpretazione è mediata dall’interpretazione di un altro specifico costituente che compare nel co-testo successivo (➔ contesto). Nel brano seguente – l’incipit di un volume storico-divulgativo – sono per es. catafore gli elementi sottolineati (il soggetto sottinteso, il pronome tonico lei, il pronome atono lo), in quanto il loro referente viene fissato in modo esplicito solo a posteriori, attraverso il sintagma sottolineato e in corsivo Anna Maria Luisa de’ Medici:
(1) Dalle finestre di Palazzo Pitti [soggetto sottinteso] aveva visto gente in maschera che s’avviava verso il ponte Vecchio. Era accaduto la domenica prima; era piovuto da poco e le strade erano bagnate, ma i fiorentini, pur di fare festa, sfidano le intemperie. D’altra parte, ora lei lo ricordava, anche a Düsseldorf non bastava che piovesse [...] per impedire a lei e al marito di invitare gli amici per un ballo o per uno spettacolo che si dessero a palazzo. Ma è che a venticinque anni si prende la vita in modo diverso, ed Anna Maria Luisa de’ Medici, allora appena sposata a Giovanni Guglielmo di Sassonia, amava la vita (Marcello Vannucci, I Medici. Una famiglia al potere, Roma, Newton Compton Editori, 2005, p. 11)
L’elemento da cui dipende l’interpretazione della catafora è chiamato sorgente, o anche elemento susseguente: nel testo (1), il sintagma Anna Maria Luisa de’ Medici. Con il termine catafora si indica anche la relazione che vige tra espressione cataforica (➔ cataforiche, espressioni) e sorgente, che verrà precisata qui di seguito.
Dal punto di vista del rinvio testuale, la catafora funziona in modo inverso rispetto all’➔anafora: mentre quest’ultima rimanda a un elemento del co-testo precedente, la prima rinvia a un elemento susseguente. Le due relazioni non sono tuttavia esattamente speculari. Anzitutto, mentre l’anafora è un fenomeno normale e universale della costruzione testuale, la catafora, dato che porta con sé la sospensione dell’interpretazione, è più marcata. Ciò spiega perché, diversamente dall’anafora, la catafora sia nettamente meno diffusa, sia legata a particolari posizioni nel testo (l’incipit assoluto del testo o di sue sottosezioni autonome) e comporti tipicamente una distanza breve o media rispetto alla sorgente. L’esempio (1) è un caso di distanza media; l’esempio seguente, invece, un caso di distanza breve:
(2) Lo ricordava bene: anche a Düsseldorf non bastava che piovesse [...] per impedire a lei e al marito di invitare gli amici per un ballo o per uno spettacolo che si dessero a palazzo
In secondo luogo, tra espressioni anaforiche ed espressioni cataforiche non c’è coincidenza totale: per es., la ripetizione lessicale, procedimento tipico dell’anafora, non è ovviamente un meccanismo che possa rientrare nella catafora.
La catafora può essere concepita in senso stretto o in un senso più ampio (Kesik 1989).
2.1 Nella prima concezione – che è la più diffusa, e quella qui adottata – la catafora individua tutte le espressioni per le quali il passaggio attraverso il co-testo successivo è necessario affinché il testo possa esser sentito come completo dal punto di vista interpretativo. Per es., il seguente testo sarebbe incompleto, e dunque comunicativamente inadeguato, se nelle righe successive non venisse proposto il nome proprio del pittore, cioè Jean Clouet; il soggetto sottinteso e il pronome gli sono dunque catafore in senso stretto:
(3) Pittore di origini fiamminghe, [soggetto sottinteso] si afferma alla corte di Francesco I come ritrattista. Esiguo è il numero di opere pittoriche che possono attribuirglisi con certezza (Stefano Zuffi, Grande dizionario dei pittori, Milano, Mondadori, 2004, p. 99)
Si noti che la sospensione interpretativa che definisce la catafora in senso stretto può essere sfruttata per ottenere effetti retorici particolari. È così nel caso di alcuni tipi di indovinello (➔ indovinelli ed enigmi), che lasciano all’interlocutore il compito di individuare la sorgente della catafora. Basti pensare al noto enigma della sfinge della mitologia greca, qui proposto in una formulazione vicina alla traduzione di Le fenicie di Euripide di Enrico Medda:
(4) Può avere quattro, due o anche tre gambe ed è sempre chiamato con lo stesso nome. È il solo tra gli esseri viventi che si muovono in terra, in cielo e in mare, che muti natura. Quando egli cammina appoggiato a un maggior numero di piedi, la velocità delle sue estremità è minore
2.2 Adottando una concezione più ampia, si parla di catafora ogniqualvolta il referente di un’espressione linguistica di carattere generale viene precisato e arricchito nel co-testo successivo senza che però vi sia un vero e proprio fenomeno di incompletezza interpretativa del testo. È per esempio una catafora in senso ampio il sintagma con articolo indeterminativo una critica in (5):
(5) Vi seguo spesso, ma questa volta devo farvi una critica. Perché dare spazio ai figli di...? Mi riferisco all’intervista sulla figlia di Red Canzian che, guarda un po’, ha deciso di dedicarsi alla musica. Sarà anche dotata ma sicuramente non sarebbe famosa a 19 anni se non fosse imparentata con i Pooh («Natural style» gennaio 2009)
Lo stesso vale per l’indefinito qualcosa in (6):
(6) A questo punto mi trafigge come un crampo l’idea di aver dimenticato qualcosa. Panico. Di andare all’Elba sulla barca dei Friedel? Di chiudere la porta di casa? O c’è mia madre venuta da Losanna che mi sta aspettando da due ore alla stazione di Orbetello? Panico (Carlo Fruttero, Ti trovo un po’ pallida, Milano, Longanesi, 1981, p. 13)
o ancora, per il sintagma nominale definito in rilievo in (7):
(7) Sono preoccupata perché Francesca mi ha ricordato il fatto che avevo dimenticato. Il conferenziere che abbiamo invitato è stato trattenuto in Cile
Nel distinguere una catafora in senso stretto da una catafora in senso ampio, il criterio discriminante è l’incompletezza del testo: quando non è accompagnata dalla sua sorgente, una catafora in senso stretto sfocia in una vera e propria incoerenza testuale (➔ coerenza, procedure di). Così, vanno senz’altro considerati cataforici in senso stretto i rinvii in avanti realizzati con i pronomi personali, gli avverbi pronominali e i pronomi dimostrativi, illustrati dagli esempi (1-4). Nel caso di sintagmi con al centro un nome, la situazione è più complessa, ma è possibile definire alcune regolarità. Sono certamente catafore in senso stretto i sintagmi che contengono aggettivi come seguente; cfr. la riformulazione (8) dell’esempio (6) visto qui sopra:
(8) Vi seguo spesso, ma questa volta devo farvi la critica seguente. Perché dare spazio ai figli di ...?
Lo stesso si può dire dei casi in cui un sintagma con contenuto generico è accompagnato dai due punti, come in:
(9) Nell’intervista, che procede a fuoco lento, Violante Placido rifiuta tutti gli argomenti di gossip e vuole raccontarsi attraverso temi più profondi: la difesa dell’ambiente, l’aiuto ai bambini sofferenti, la sua fede negli insegnamenti dell’antico maestro indiano Yogananda e l’amore («Natural style» gennaio 2009)
Sia nel caso di (8) che di (9), la cancellazione della prosecuzione linguistica renderebbe infatti il testo incompleto, e dunque sprovvisto di coerenza.
Nella sua realizzazione più caratteristica, la catafora ha la forma di un soggetto sottinteso, di un pronome o di un sintagma nominale con contenuto generico. Come l’anafora, essa può collegarsi con aspetti diversi del significato dell’elemento sorgente.
3.1 Anzitutto, il legame può riguardare il referente, come nel seguente incipit giornalistico (proposto in Sabatini 19904: 259), in cui i due soggetti sottintesi e il pronome lo rinviano al sintagma il frustone:
(10) [soggetto sottinteso] Ha fatto capolino dal cofano di una 128. Qualcuno lo ha visto mentre [soggetto sottinteso] scivolava sotto una portiera, ha urlato [...]. E il frustone, almeno di questo tipo di biscia dovrebbe trattarsi, si è spaventato e si è rifugiato nel motore della macchina («Corriere della sera» 22 luglio 1983)
Nello scritto questo tipo di catafora, cioè quella referenziale, è caratteristico delle parti iniziali dei testi e si presenta come una strategia informativa volta a mettere in scena un effetto di attesa interpretativa. Si manifesta soprattutto nella narrazione, negli articoli giornalistici e nei testi informativi di natura divulgativa. In special modo nella prosa dei giornali e dei testi informativi, queste catafore co-occorrono spesso con titoli che nominano il referente da esse evocato nel corpo del testo: per esempio, il brano (10) si intitola Serpente in un’auto. Panico nel quartiere. Tale co-occorrenza incide naturalmente sull’effettiva conoscenza del referente da parte del lettore: egli sa di che cosa si sta parlando prima della prima occorrenza dell’espressione cataforica (effetto cognitivo). Essa non annulla tuttavia il fenomeno testuale della catafora (effetto testuale). Questa è dunque una relazione che opera e si definisce all’interno del corpo del testo, ed è insensibile alle informazioni offerte dai titoli o dalle eventuali immagini che accompagnano la scrittura.
3.2 Oltre che a un referente, l’espressione cataforica può rinviare a una proposizione semantica, cioè all’attribuzione da parte del locutore di una proprietà semplice o complessa a una o più entità. È così nel caso seguente, estratto con modifiche da (1):
(11) Anna Maria Luisa de’ Medici lo sapeva: la pioggia non impedisce alle persone di andare alle feste
3.3 Il legame con la sorgente può riguardare anche l’atto illocutivo compiuto attraverso la lingua (richiesta, domanda, promessa ecc.; ➔ illocutivi, tipi). L’annuncio cataforico può riguardare la narrazione di un atto svolto in precedenza dallo stesso locutore o da un’altra persona, come in (12):
(12) Nixon, allora presidente degli Stati Uniti, nel 1972 con una visita in Cina mise fine al reciproco isolamento che durava da ben vent’anni, e così giudicò Mao: «Quasi una leggenda vivente, ma pieno di umanità e di vita» (Enzo Biagi, Quello che non si doveva dire, Milano, Rizzoli, 2006, p. 154)
oppure può introdurre un atto che si sta effettivamente per compiere:
(13) Ve lo dico per l’ultima volta: smettete di chiacchierare.
3.4 Come nel caso dell’anafora, vi sono catafore sui generis che rinviano a una forma linguistica susseguente senza passare attraverso la mediazione del significato; è così nell’esempio (14):
(14) Alcuni elementi vanno invece considerati geosinonimi: i sostantivi omino, gruccia, appendiabiti designano infatti lo stesso oggetto ma sono caratteristici di regioni geografiche diverse
Se si escludono i casi, spesso ambigui, di discorso riportato discussi qui sopra, questo tipo di catafora non è molto diffuso nella scrittura ordinaria. Esso trova posto soprattutto in testi specialistici – puri, divulgativi o didattici – che fanno della lingua il loro oggetto di riflessione.
Come tutti gli elementi coesivi (➔ coesione, procedure di), anche le catafore possono avere una manifestazione transfrastica, in cui cioè espressione cataforica e sorgente si trovano in frasi sintatticamente autonome l’una rispetto all’altra (cfr. tutti gli esempi precedenti), e una manifestazione interna alla frase.
Questa si concretizza tipicamente in due casi. Il termine catafora viene applicato anzitutto al soggetto sottinteso, ai pronomi, agli aggettivi possessivi che si trovano nelle subordinate o nei sintagmi circostanziali e che anticipano un referente evocato nella reggente, come nel seguente incipit testuale:
(15) Nel corso del suo studio sul sogno, dal quale non finiremo mai di imparare, Freud aveva scoperto che l’inconscio ignora la negazione e che di conseguenza nel sogno non è dato rinvenire una rappresentazione del “no” (Aldo Carotenuto, Amare tradire, Milano, Bompiani, 1991, p. 9, con adattamenti)
Si parla spesso di catafora anche per quanto riguarda la dislocazione a destra (➔ dislocazioni), per es. nel caso del pronome lo in (16) e del soggetto sottinteso dell’incipit (17) (da Ferrari 1999: 121):
(16) lo vuoi, un caffè?
(17) [soggetto sottinteso] avrà un addio da regina, Lady D
La dislocazione a destra non esprime però sempre un movimento testuale di tipo cataforico. Ci sono casi in cui il referente del soggetto sottinteso o del pronome è in realtà già stato introdotto nel co-testo precedente; è così nel brano
(18), che si colloca all’interno di un capitolo imperniato proprio su Nadia:
(18) Io me l’abbraccio bella stretta e penso che ci sono stati dei giorni che [soggetto sottinteso] era veramente la mia amica del cuore, la Nadia, e anche se non ci vediamo quasi più penso che forse lo è ancora (Rossana Campo, Mai sentita così bene, Milano, Feltrinelli, 2004, p. 47)
Anche se vi è in un certo senso un rinvio in avanti, non vanno considerate catafore le espressioni che entrano in una costruzione sintattica che costituisce il nucleo sintattico della frase, come quella che si manifesta in costruzioni che identificano il soggetto, come:
(19) Il primo a gettare benzina sul fuoco è stato José Mourinho, da sempre incapace di metabolizzare le sconfitte, che a Bergamo se l’è presa in pubblico con i giocatori e pure con la società («Corriere della sera» 21 gennaio 2009)
(20) Lui è José Mourinho.
Ferrari, Angela (1999), L’extra-posizione a destra in italiano, con osservazioni sul francese, in Linguistica testuale comparativa. In memoriam Maria-Elisabeth Conte. Atti del Convegno interannuale della Società di Linguistica Italiana (Copenhagen 5-7 febbraio 1998), a cura di G. Skytte & F. Sabatini, København, Museum Tusculanum Press, pp. 111-140.
Halliday, Michael A.K. & Hasan, Ruqaiya (1976), Cohesion in English, London - New York, Longman.
Kesik, Marak (1989), La cataphore, Paris, Presses Universitaires de France.
Sabatini, Francesco (19904), La comunicazione e gli usi della lingua. Pratica dei testi, analisi logica, storia della lingua. Scuole secondarie superiori, Torino, Loescher (1a ed. La comunicazione e gli usi della lingua. Pratica, analisi e storia della lingua italiana. Scuole secondarie superiori, 1984).