CATALOGAZIONE
Pubblicazioni a stampa o di altro genere. − Centrale nell'elaborazione di una teoria della c. resta la riflessione sugli obiettivi propri del catalogo di biblioteca, al di là della sua funzione tradizionale di repertorio per l'accertamento della consistenza di una raccolta libraria (v. catalogo, IX, p. 424; App. I, p. 386). Quella funzione si è arricchita, in questo secolo e mezzo, del riconoscimento dell'unità letteraria, che fa del libro, in quanto oggetto della localizzazione per mezzo del catalogo, qualcosa che va identificato nei suoi contenuti intellettuali perché la ricerca abbia successo; recente è tuttavia la tendenza ad affidare il compito di far riconoscere − e quindi ricuperare − unità letterarie così intese, e non semplicemente oggetti di una raccolta, non più, in definitiva, ai soli meccanismi di organizzazione del catalogo, con la possibilità di predisporre più accessi a una medesima pubblicazione, ma anche e soprattutto alla verifica immediata dell'informazione data dal catalogo, nei termini in cui la descrizione dell'oggetto identificato è capace di restituire in modo efficace quell'unità.
Alla base di questa riformulazione della natura complessiva del catalogo è facile riconoscere certi apporti alla teoria della c. da settori di ricerca e di esperienza che in origine apparivano diversi, ma poi hanno finito per confluire in essa. Concetti come archiviazione e ricupero dell'informazione, con le relative tecniche, si usano ormai comunemente per descrivere in efficace sintesi in che consiste il processo di catalogazione. Una più suggestiva definizione, tuttavia, se ne può ottenere quando si descriva la biblioteca in termini di sistema. Le informazioni utilizzate nella biblioteca sono quelle registrate nei materiali in essa ordinatamente raccolti e resi disponibili con tecniche appropriate; il catalogo, in un tale contesto, è il risultato di una di quelle tecniche, necessaria al funzionamento del sistema, e al tempo stesso, in un certo senso, una proiezione della raccolta. In questo secondo aspetto il catalogo si presenta come un insieme strutturato di rappresentazioni di documenti (le ''schede'' in cui sono descritti), che hanno lo scopo di facilitarne l'identificazione e la scelta. Il catalogo di biblioteca, allora, può essere visto, oltre che come strumento di ricupero delle informazioni registrate nei documenti di una raccolta, e in pratica dei documenti in cui sono registrate, anche come un insieme esso stesso di informazioni registrate; si tratta sempre, ovviamente, di informazioni sui documenti, che servono al loro ricupero, ma in quanto rappresentazioni vicarie dei documenti stessi; esse non si limitano, cioè, a fornire i necessari riferimenti per la localizzazione dei documenti rilevanti, in risposta alle domande poste al sistema, ma di regola permettono di valutare le risposte del sistema prima di decidere se esaminare direttamente i documenti segnalati.
Perché le informazioni siano produttive in rapporto alle funzioni complessive del catalogo è necessario che la descrizione dei documenti, per la loro identificazione e per valutarne la rispondenza a determinati requisiti e a specifici interessi, avvenga tenendo conto dei modi e dei termini in cui i documenti destinati alla diffusione in pubblico, di cui propriamente si occupa la c. di biblioteca, sono comunemente identificati, seguendo uno schema convenuto che, oltre a renderne di per sé chiara e ordinata l'interpretazione, faciliti anche il confronto fra descrizioni di pubblicazioni diverse. Le descrizioni catalografiche così strutturate sono peraltro raggruppate sia, in generale, sulla base dei diversi metodi di approccio all'informazione, sia, in particolare, secondo percorsi di ricupero appropriati. Una stessa descrizione può così trovarsi ripetuta in cataloghi diversi (per autori e titoli e per soggetti), e anche in punti diversi di un medesimo catalogo. Per esprimere in modo efficace questa situazione oggi si parla preferibilmente di punti di accesso all'informazione catalografica. In tal modo si sottolinea la funzione strumentale delle intestazioni delle schede di catalogo, che, insieme ai titoli quando non sono attribuite intestazioni, segnano altrettanti punti di accesso alle descrizioni. Se consideriamo il contenuto proprio dell'informazione catalografica, il suo oggetto, va osservato che il catalogo descrive pubblicazioni e non opere, nel senso che non può non descrivere oggetti fisici, in quanto supporti intenzionali di messaggi tendenzialmente specifici e unitari.
Posto così il problema, è chiaro che l'accesso all'informazione relativa a una data pubblicazione sarà organizzato sulla base dell'opera, unitariamente intesa, che ne è il principale contenuto e oggetto. Principale sarà allora l'accesso che meglio di altre possibilità realizzi tale condizione, secondo principi funzionali. Altri eventuali accessi, secondari, andrebbero in primo luogo stabiliti nella misura in cui concorrono direttamente a soddisfare le funzioni del catalogo, cioè come alternative ragionevoli di ricupero della pubblicazione, identificata con il suo contenuto complessivo, non come vie per accedere separatamente a informazioni su parti o aspetti di essa o del suo contenuto. Il messaggio trasmesso da una pubblicazione di contenuto composito è in realtà una combinazione originale e inseparabile di ''contributi'' diversi, di diversi materiali di pensiero. La definizione del concetto di opera principale come oggetto principale della pubblicazione, in quanto capace di caratterizzarla efficacemente sul piano della comunicazione, consente anche di collocare in modo più concreto il problema dell'oggetto della descrizione all'interno delle funzioni del catalogo, che la caratterizzano nei confronti di altre forme di ricognizione bibliografica.
Bibl.: K. Löffler, Einführung in die Katalogkunde, Lipsia 1935 (Stoccarda 19562); E. Verona, Literary unit versus bibliographical unit, in Libri, 9 (1959), pp. 79-104; L. J. Jolley, The principles of cataloguing, Londra 1960; J. R. Sharp, Some fundamentals of information retrieval, ivi 1965; J. H. Shera, Libraries and the organization of knowledge, ed. and with an introd. by D. J. Foskett, ivi 1965; D. J. Lehnus, Milestones in cataloguing. Famous catalogers and their writings, 1835-1969, Littleton 1974; Á Domanovszky, Functions and objects of author and title cataloguing, Budapest 1974; G. Salton, A theory of indexing, Philadelphia 1975; N. J. Williamson, Cataloguing and bibliography, Ann Arbor 1977; S. M. Malinconico, P. J. Fasana, The future of catalog, White Plains 1979; D. Maltese, Introduzione critica alla descrizione catalografica, Milano 1988.
Libri manoscritti. - Il Medioevo conobbe forme d'inventariazione dei libri assai sommarie e prive di ogni intento critico; le prime descrizioni di natura scientifica compaiono tra la fine del 16° secolo (A. Augustin) e l'inizio del secolo seguente, ma è solo con la grande erudizione storico-filologica della fine del Seicento e del primo Settecento, corrispondente alla nascita delle discipline paleografiche, che si può parlare di descrizione scientifica dei manoscritti.
Il primo vero e proprio esempio di catalogo critico è la Bibliotheca Coisliniana (Parigi 1715) di B. De Montfaucon, sul cui modello operarono poi i più accorti catalogatori settecenteschi, da A. M. Biscioni e soprattutto A. M. Bandini nella Firenze lorenese a J. Iriarte in Spagna. Nella prima metà del 19° sec., sulla scia e in funzione della nuova filologia formale, in Germania si venne elaborando il metodo della descrizione totale del codice, visto in tutti i suoi aspetti, materiali e storici, ma soprattutto testuali; ivi già nel 1825 F. A. Ebert fondava la nuova codicologia e nel 1829 I. C. Irmischer pubblicava un accuratissimo catalogo dei manoscritti della biblioteca universitaria di Erlangen. Nel medesimo periodo i bibliotecari inglesi elaboravano, con grande senso pratico, un modello completamente opposto: quello della descrizione sommaria, adottata sia per i manoscritti del British Museum (dal 1830), sia, da H. O. Coxe, per quelli di Oxford, dal 1852 in avanti. Questi due opposti modelli trovarono una più precisa codificazione negli ultimi decenni del secolo scorso; in Germania con gli esempi illustri del catalogo dei codici della grande biblioteca di Berlino, promosso da T. Mommsen e diretto da V. Rose (dal 1890), e di quello dei codici di Bamberg (dal 1887); in Inghilterra con il geniale Summary Catalogue dei codici della Bodleian Library di Oxford di F. Madan (dal 1895); mentre nel volume curato da Rose in 464 pagine erano descritti 221 codici, in quello di Madan in 651 pagine ne erano descritti ben 8000. Contemporaneamente iniziava la sua straordinaria carriera di descrittore a Cambridge M. R. James, proponendo un modello sommario, ma originalissimo nella sua ricchezza.
In Italia, dopo i tentativi pionieristici di A. Peyron (1820) e di E. Narducci (dal 1862 in poi), si ebbero nel 1885 l'avvio della collana ufficiale di Indici e Cataloghi e quindi l'inizio di una fervida opera di c. secondo il modello tedesco, destinata peraltro a esaurirsi assai presto; mentre la Biblioteca apostolica vaticana, per impulso di F. Ehrle, iniziava nel 1897 una c. scientifica dei propri imponenti fondi manoscritti, adottando la lingua latina e il modello di descrizione esauriente, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto testuale.
La descrizione sommaria e il catalogo totale rimasero due modelli contrapposti fino alla metà di questo secolo, quando ci si rese conto che in molti paesi (fra cui la Germania, la Spagna e l'Italia) la maggior parte del patrimonio manoscritto, malgrado gli sforzi compiuti, era rimasta non descritta, con grave danno per ogni tipo di ricerca scientifica. Preso atto della crisi, si proposero i rimedi; fra cui di particolare rilievo appare il modello elaborato dal francese G. Ouy (1958 e 1978), che propose di sostituire al catalogo stampato in forma di libro un repertorio a schede mobili, i cui dati dovrebbero essere computerizzati e posti in tal modo a disposizione degli studiosi; a questo modello negli ultimi anni si sono ispirati altri tentativi, promossi da vari studiosi e istituzioni (A. Gruijs, J. P. Gumbert, P. Canart, IRHT di Parigi).
Quale che sia il modello che si voglia scegliere, e il mezzo attraverso il quale si vogliono comunicare alla generalità degli studiosi i dati dei codici descritti, resta il fatto che la c. dei manoscritti deve comunque riguardare gli aspetti essenziali di ciascun pezzo, sia per quanto attiene alla sua natura di manufatto prodotto secondo determinate tecniche, e con determinate materie, sia per quanto attiene ai testi contenuti, sia, infine, per quanto attiene alla sua storia nel tempo, dal momento in cui è stato completato sino a oggi. Da ciò deriva lo schema, oggi quasi universalmente adottato, di una descrizione articolata essenzialmente in cinque parti: identificazione del pezzo, mediante la collocazione attuale e le precedenti segnature; descrizione esterna, contenente i dati relativi alla materia, alle misure, alla struttura in fascicoli, alle tecniche di fattura, alla scrittura, all'ornamentazione, alla legatura, alla datazione e localizzazione; descrizione interna, contenente i dati relativi ai testi (tutti) contenuti, con l'esatta identificazione degli autori, delle opere e delle eventuali mancanze; dati storici, cioè note di possesso, passaggi di proprietà, eventuali restauri; e infine bibliografia diretta, cioè citazione di tutti gli studi direttamente riguardanti il pezzo descritto.
Bibl.: W. J. Wilson, Manuscript cataloguing, in Traditio, 12 (1956), pp. 457-555; E. Casamassima, Note sul metodo della descrizione dei codici, in Rassegna degli Archivi di Stato, 23 (1963), pp. 181-205; Zur Katalogisierung mittelalterlicher und neuerer Handschriften, a cura di C. Köttelwesch, Francoforte sul Meno 1963; G. Ouy, Comment rendre les manuscrits médiévaux accessibles aux chercheurs ?, in Codicologica, 4 (1978), pp. 9-58; A. Petrucci, La descrizione del manoscritto. Storia, problemi, modelli, Roma 1984.
Norme di catalogazione. - La c. risulta articolata in due momenti fondamentali: a) la descrizione, che offre il contenuto alla c. (l'informazione catalografica); b) l'indicizzazione, che fornisce gli accessi all'informazione catalografica.
Quando, nel secondo dopoguerra, si cominciò a riconoscere la necessità di creare un circuito più ampio di informazioni tra biblioteche, si avvertì anche l'esigenza di stabilire regole più ferme, principi per la descrizione catalografica e, prima ancora, gli obiettivi che si volevano perseguire con quei principi.
Le formulazioni più antiche di tali esigenze possono essere fatte risalire a un documento elaborato in seno alla Library of Congress di Washington nel 1946: il cosiddetto Rapporto Henkle. Tale documento stabilisce un primo momento di rottura rispetto alle vecchie tradizioni catalografiche. Si afferma un principio di uniformità (presentare per ogni libro schede omogenee). Quindi non possono esserci due diverse pubblicazioni descritte allo stesso modo. Per la prima volta si parla di organizzazione della descrizione, individuando l'ordine degli elementi come fattore di omogeneità. Contemporaneamente viene abbandonata la filosofia della trascrizione fedele del frontespizio per affermare il principio della scelta e dell'ordine fisso degli elementi. Qualche residuo dell'ideologia della trascrizione rimane sia nel Rapporto Henkle che nei Principi elaborati dalla Conferenza di Parigi (1961), che stabiliscono criteri fondamentali per la scelta e la forma delle intestazioni nel catalogo alfabetico per autore e titolo.
Il vero salto qualitativo avviene con l'avvio del programma ISBD (International Standard Bibliographic Description), seguito all'incontro di Copenaghen del 1969. Il concetto di organizzazione della descrizione viene sostituito da quello di struttura; scompare qualunque residuo dell'ideologia della trascrizione del frontespizio e anche il concetto di corpo della scheda. Altre cose molto importanti vengono stabilite: si attribuisce anzitutto per la prima volta valore convenzionale alla punteggiatura, poi si afferma il concetto dell'autonomia della descrizione bibliografica non solo dall'organizzazione del catalogo, ma anche dal documento, o meglio dalla sua rappresentazione secondo le tecniche della bibliografia descrittiva.
Nasce con ciò una nuova concezione del catalogo e quindi della stessa c., fortemente influenzata peraltro dall'avvento del computer. L'impiego del computer sposta il processo di c. dalla scheda al terminale. La memoria elettronica è la vera depositaria del catalogo, e nei cataloghi on-line (non sequenziali) c'è un nucleo descrittivo che può essere richiamato da vari punti di accesso. I problemi d'intestazione e parola d'ordine, che hanno a lungo impegnato le problematiche della c., sono destinati progressivamente a essere ridimensionati. Per contro la descrizione bibliografica cessa di essere una fase secondaria della c., divenendo viceversa una componente essenziale di tutte le strutture del controllo bibliografico.
Va rilevato comunque che l'ISBD, data la sua impostazione eminentemente pragmatica, non chiarisce a fondo il rapporto tra principi, standard, regole e applicazioni, tanto da essere considerato una mescolanza tra uno standard internazionale e uno strumento di lavoro del catalogatore. Anzi, mentre le sue varie ramificazioni − ricordiamo la M per le monografie, la S per i periodici, la CM per le carte geografiche, la PM per la musica, la A per i libri d'interesse antiquario e la NBM per il materiale non librario, la CP per le parti componenti (quali citazioni di articoli, spogli, ecc.) − sono spesso usate come manuali per la descrizione, solo la G (=generale) può essere considerata uno standard puro.
Altra importante acquisizione del secondo dopoguerra è la distinzione fondamentale tra opera ed edizione (Lubetzky), che comporta come conseguenza la presa di coscienza che il catalogo descrive edizioni di opere.
Quanto al problema dell'indicizzazione, le normative che sono seguite alla Conferenza di Parigi mettono l'accento sulla necessità dell'analisi delle pubblicazioni, sia nella c. per autore sia in quella per soggetto.
Nella c. per autore i livelli dell'analisi possono essere ricondotti a tre: a) individuazione delle pubblicazioni; b) individuazione delle opere e dei contributi che esse presentano; c) individuazione della paternità e delle partecipazioni ai contributi stessi.
In Italia i Principi di Parigi sono stati recepiti dalle Regole Italiane di Catalogazione per Autori, meglio note con l'acronimo RICA, pubblicate nel 1979 dall'Istituto centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni bibliografiche; nei paesi di lingua inglese dalla seconda edizione delle Anglo-American Cataloguing Rules (Londra 19782), note con l'acronimo AACR2, in quelli di lingua tedesca dalle RAK, Regeln für die Alphabetische Katalogisierung (Wiesbaden 1977).
Per quanto riguarda l'indicizzazione per soggetto non sembrano più utilizzabili strumenti quali il Subject headings della Library of Congress e il Soggettario pubblicato nel 1956 dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, con le relative Liste di aggiornamento, 1956-1976, impostati in sostanza secondo una visione non dissimile da quella di Ch. A. Cutter. A ogni modo, anche grazie a questi strumenti, si è affermata la consapevolezza che soggettazione e classificazione non sono contrapposte, ma sono aspetti distinti, sebbene correlati, della c. per materie. Negli ultimi anni si è fatta strada l'idea della superiorità dei cataloghi alfabetici per soggetti rispetto ai cataloghi classificati, in quanto i primi sarebbero più 'ospitali', consentirebbero cioè di formulare i soggetti anche in base ad approcci diversi.
Tale maggiore ospitalità dell'ordinamento alfabetico richiede che venga effettuato un controllo sul lessico documentario. Di qui, anche in seguito all'espansione informatica, si è resa necessaria la creazione di thesauri (lessici strutturati formati da un insieme di parole, il vocabolario, e da un insieme di relazioni che fissano i rapporti tra singole parole e gruppi di parole, la sintassi). L'indicizzazione che utilizza un thesaurus muove da un'analisi che ha lo scopo di evidenziare i diversi elementi del contenuto e di presentarli sotto forma di una stringa di termini significativi (parole chiave). Il thesaurus è lo strumento che trasforma queste parole chiave in descrittori, mettendo in relazione il linguaggio naturale con i termini standardizzati di un linguaggio documentario normalizzato. Un esempio moderno è costituito dal PRECIS (Preserved Context Index System) della British Library.
Un tipo particolare di pubblicazioni è rappresentato dagli incunaboli, i quali, pur rientrando per la c. nell'area dell'ISBD(A), hanno avuto già un codice di regole di c. che può essere considerato di livello internazionale: quello stabilito nell'ambito della realizzazione del Gesamtkatalog der Wiegendrucke, repertorio mondiale la cui realizzazione incontra negli ultimi anni qualche difficoltà, tanto che si avvia a essere affiancato, se non sostituito, dalla base dati internazionale della British Library (Incunable Short Title Catalogue, ISTC). Tale descrizione, che rientra nel modello della bibliografia analitica, risulta articolata in: a) notizie bibliografiche; b) collazione; c) descrizione nel significato stretto della parola: trascrizione del frontespizio (occhio, intitolazione o altra fonte che comprenda il titolo) e del colophon, indicazione della misura e della classificazione del carattere, incisioni ecc.; d) indicazione delle fonti ed elenco degli esemplari.
Bibl.: Library of Congress. Processing departement, Studies of descriptive cataloguing. A report to the Librarian of Congress, Washington 1946; Library of congress. Descriptive cataloguing division, Rules for descriptive cataloguing in the Library of Congress (adopted by the American library association), ivi 1949; D. Maltese, Principi di catalogazione e regole italiane, Firenze 1965; Statement of principles adopted at the International conference on cataloguing principles, Paris, October 1961, definitive ed. Londra 1971; A. Domanovszky, Functions and objects of author and title cataloguing. A contribution to cataloguing theory, Budapest 1974; A. Serrai, Del catalogo alfabetico per soggetti. Semantica del rapporto indicale, Roma 1979; Id., Sistemi bibliotecari e meccanismi catalografici, ivi 1980; D. Maltese, Elementi di indicizzazione per soggetto, Milano 1982; D. Austin, PRECIS, a manual of concept analysis and subject indexing, Londra 19842; A. Petrucciani, Funzione e struttura del catalogo per autore, Firenze 1984; R. Dini, Il parente povero della catalogazione. La descrizione bibliografica dal Rapporto Henkle all'Incontro di Copenaghen, Milano 1985; R. Caffo, Analisi e indicizzazione dei documenti, ivi 1988; Il futuro della descrizione bibliografica. Atti della giornata di studio, Firenze, 13 novembre 1987, a cura di M. Guerrini, Roma 1988; D. Maltese, Introduzione critica alla descrizione catalografica, Milano 1988.
Le ISBD sono pubblicate in lingua originale dall'International Office for UBC e in traduzione italiana dall'Istituto centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane.