CATALOGNA (IX, p. 414)
Storia (p. 416). - L'avvento della repubblica spagnola (14 aprile 1931) aveva favorito, per un complesso di ragioni e di circostanze più contingenti che storiche, il coronamento delle aspirazioni regionalistiche. Prima ancora che giungesse da Madrid la notizia dell'abdicazione del re, la "Repubblica catalana" fu proclamata a Barcellona dall'esponente più reppresentativo dell'Azione catalana, Francesco Macià (v. XXI, p. 790). Le denominazioni di "Repubblica catalana" e di "Stato catalano", volute dal Macià, sembrarono però eccessive alla maggioranza degli stessi catalanisti, i quali accettarono di elaborare, in buon accordo col governo di Madrid, uno statuto approvato dalle Cortes il 10 settembre 1932 ed acconsentirono di mutare la primitiva qualifica in quella di "Generalità di Catalogna". Comunque l'autonomia concessa da Madrid era abbastanza ampia e il governo catalano, presieduto dal Macià, riuscì in breve a creare un forte potere ed una salda struttura amministrativa e poliziesca. Morto il 2s dicembre 1933 il presidente Macià, fu eletto alla presidenza Luis Company, capo dell'Esquerra catalana, che aveva l'appoggio di tutti i partiti di sinistra e in particolar modo dei sindacati anarchici.
Il 1934 fu l'anno delle prove generali rivoluzionarie, che dovevano portare due anni dopo alla guerra civile. I moti scoppiarono ai primi di ottobre, contemporaneamente nelle Asturie e in Catalogna: il giorno 6 il Company proclamò l'indipendenza dello stato catalano nel quadro della repubblica federale spagnola; ma, per ordine di Madrid, il comandante della guarnigione di Barcellona, generale Batet, si oppose con la forza al tentativo separatista; dopo poche ore di combattimento, all'alba del 7, gl'insorti dovettero capitolare; il Company fu arrestato insieme con Manuel Azaña e Francisco Largo Caballero. In conseguenza, fu sciolto il parlamento e revocata l'autonomia. Il Company ed altri pochi esponenti dell'Esquerra rimasero rinchiusi nelle prigioni di Cadice fino alle elezioni del 14 febbraio 1936, che diedero la vittoria al Fronte popolare. Appena salito al potere Manuel Azaña, furono tutti scarcerati e il Company ritornò trionfalmente a Barcellona, riassunse la presidenza ed ottenne per la Catalogna gli stessi privilegi di prima.
Allo scoppio della insurrezione del 18 luglio 1936, i militari insorti e i falangisti, guidati dal generale Goded, tentarono d'impadronirsi della città, ma le forze popolari ebbero ben presto ragione del loro esiguo numero e, dopo due giorni di combattimenti nel cuore della città, il Goded dovette arrendersi e due giorni dopo venne fucilato. Durante la guerra civile, la Catalogna ebbe una sua politica, un suo esercito, una sua bandiera (gialla con tre strisce rosse). Ai primi del 1938 Barcellona divenne sede del governo di Madrid che vi si trasferì da Valencia; nel mese di luglio l'esercito catalano, o dell'est, guidato dal generale Vicente Rojo, si lanciò nella grande battaglia dell'Ebro che fu l'ultima offensiva delle forze governative; ma dopo tre mesi di sanguinosi combattimenti, ai quali parteciparono anche legionarî italiani, fu costretto a ripiegare in disordine; le divisioni di Franco passarono alla controffensiva; fra novembre e dicembre fu occupata tutta la Catalogna e il 26 gennaio 1939 Barcellona cadde quasi senza resistenza. Le sorti della guerra erano ormai decise. Il Company fu fatto prigioniero e giustiziato (novembre 1939).
Dopo la vittoria delle armi di Franco, la Catalogna perdette ogni autonomia e dal 1939 ad oggi non si è più avuta nessuna manifestazione pubblica di catalanismo: soppressi tutti i giornali e le riviste che si pubblicavano in catalano, tolti i nomi alle vie, proibite le recite in catalano, ecc. D'altra parte, dopo tanti anni di dure e tragiche lotte, si avverte anche una certa stanchezza dell'autonomismo.
Resta, specie fra gl'intellettuali, lo stesso spirito romantico che aveva creato tra la fine del secolo scorso e i primi anni del '900 un vivo risveglio di attività culturali catalane. Le conseguenze della guerra civile hanno tuttavia imposto a tutti una severa disciplina per la ricostruzione del molto ch'è andato distrutto; si può dire anzi che la Catalogna è stata la regione dove più si è sentito il dopoguerra spagnolo. Soltanto in questi ultimi anni, infatti, le già fiorenti industrie catalane hanno ripreso, in parte, la loro attività.
Quantunque non si possa più parlare ora di letteratura catalana, in quanto da una diecina d'anni a questa parte tutto quel che si scrive e si pubblica in Catalogna dev'essere in castigliano, alcune importanti iniziative culturali sono state recentemente riprese; per es., la collezione dei classici greci e latini con traduzione catalana a fronte della Fondazione Bernat Metge, ideata e sostenuta dal capo del partito regionalista, Francesco Cambó (1876-1948); la stampa delle opere complete di Joan Maragall, Jacinto Verdaguer e Sntiago Rusiñol, la pubblicazione completa delle poesie di Josep M. de Sagarra, uno dei maggiori poeti catalani contemporanei.
Bibl.: E. Prat de la Riba, La Nacionalitat Catalana, Barcellona 1910; J. Esterlich, Catalunya endins, Barcellona 1930; J. Aiguader i Miró, Catalunya i la revolucció, Barcellona 1931; E. Gimenez Caballero, Amor de Cataluna, Madrid 1942.