catari
. Eretici dei secoli XII-XIV, documentati sicuramente dalla metà del secolo XII in Renania, nel territorio di Tolosa e, come molti indizi inducono a ritenere, anche in Italia; raggiunsero una notevole diffusione negli ultimi decenni dello stesso secolo XII e per la più gran parte del Duecento, estinguendosi poi assai lentamente agl'inizi del Trecento.
Base della loro fede era il dualismo; o radicale (tutta la realtà era il risultato di uno scontro tra due principi coeterni e di pari potenza, l'uno buono e spirituale, l'altro maligno e materiale) o più vicino alle posizioni della teologia cattolica (un unico principio divino aveva dovuto affrontare la ribellione del più caro dei suoi angeli, che, espulso dal cielo, aveva dato origine al mondo materiale). Da questo dualismo traeva le sue origini, sul piano dell'azione morale, una decisa opposizione alla materia, che veniva considerata creazione o, comunque, realtà diabolica, e ritenuta quindi prigione degli spiriti celesti. Si condannava quindi la sessualità come inganno demoniaco per perpetuare la vita come esistenza della materia; l'astensione da ogni rapporto con la materialità e l'imposizione delle mani, unico sacramento dei c., assicuravano perciò la salvezza, fatta conoscere agli uomini da Cristo. Questi era però creduto non Figlio di Dio, ma soltanto un angelo mandato da Dio in un'apparenza di corpo umano e nato da un altro angelo, Maria, sua madre.
Distribuiti in Italia in più Chiese, a Concorezzo, presso Milano, a Desenzano sul Garda, a Vicenza, a Mantova, nella valle Spoletana, i c. ebbero un notevole rilievo a Firenze specialmente verso la metà del Duecento, quando si fecero notare per il loro appoggio alla Parte ghibellina: si venne allora stabilendo quella coincidenza fra patarini (così furono chiamati, in Italia e a Firenze, i c.) e ghibellini, che più volte troviamo testimoniata dai cronisti coevi.
Si spiega così il fatto che dopo la battaglia di Benevento e quella di Tagliacozzo, nella repressione del ghibellinismo vennero travolti anche i c., cominciando così il loro declino; ma ancora nel 1296 si rivelava eretico un canonico di Santa Reparata a Firenze e prevosto di Prato, Alcampo, che pur era stato celebrato, alla sua morte, in un panegirico di Remigio de' Girolami, il ben noto domenicano, discepolo di s. Tommaso.
D. non ricorda mai i c., neppure sotto il più consueto nome di patarini, né fa cenno alcuno a loro idee o tesi. Né è silenzio casuale, anche se non è facile intenderne le ragioni, quando si pensi al fatto che certamente c. (o favorevole ai c.) fu Farinata degli Uberti, di cui abbiamo ancora il dispositivo della condanna postuma, e che sospetti d'eresia s'addensavano anche su Guido Cavalcanti. Si può allora persino pensare che tra i seguaci di Epicuro nel canto X dell'Inferno si debbano includere, coi ghibellini, appunto i c., come intende, ad esempio, il Del Lungo nel suo commento a lf X 13-16.
Bibl. - Sui c. ci limitiamo a ricordare R. Morghen, L'eresia nel Medioevo, in Medioevo cristiano, Bari 19623, 204-281; A. Borst, Die Katharer, Stoccarda 1953; R. Manselli, L'eresia del male, Napoli 1953. Per l'eresia nella Firenze di D. e in D. stesso si vedano F. Tocco, D. e l'eresia o quel che non c'è nella D. C., Bologna 1899; R. Manselli, Per la storia dell'eresia catara nella Firenze del tempo di D. Il processo contro Saraceno Paganelli, in " Boll. Ist. Stor. Medio Evo " LXII (1950) 123-138; Id., L'eresia del male, cit., 313-318.