DOINO, Catarino
Incisore ed editore di libri e stampe, documentato secondo lo Zani (1821) fino dal 1596, iniziò probabilmente la sua attività nella bottega che Francesco Valesio teneva a Venezia in Spadaria.
È del 1606 la prima opera nota firmata insieme a Francesco Valesio ("Franc. Vallegio / et Catar. Doino"): una pianta di Padova inclusa nell'opopra manoscritta di Andrea Cittadella, Descrittione di Padova, licenziata in quell'anno, e in seguito nel libro di G. Rosaccio, Descrittione della Geografia universale.
Il suo nome compare poi nel frontespizio figurato del Commentarius super Psalmos di Thomas Jorz (detto Giorgio Anglico, cardinale morto nel 1310), edito a Venezia nel 1611, frontespizio firmato "Franc.s Valegius ed Caterin.s Doinus sculp"; la pagina (mm 275 × 175) è incorniciata da medaglioni con i ritratti del papa Paolo V in alto al centro e di sei cardinali, fra cui l'autore, alla destra del pontefice; in basso tre stemmi. La collaborazione del D. con il Valesio a Venezia nella prima fase della sua attività è testimoniata anche da una pianta di Venezia e da un ritratto del Doge Marc'Antonio Memo firmato "Valegio et Doino forma", da un'incisione con uno stemma sorretto da due angeli firmato "Valesio et Doino. f." (ambedue citati in Thieme-Becker) e da un esemplare di terzo stato della stampa di Aegidius Sadeler tratta dall'Ultima Cena del Tintoretto nella chiesa di S.Trovaso a Venezia: la firma "Valegio et Doino forma Venetia", insieme col nome del pittore e dell'incisore, li qualifica come editori.
Con una dizione simile è contrassegnato anche un esemplare di quarto stato della Madonna di San Girolamo di Agostino Carracci da Correggio ("Venetiis Doino et Valegio formis"); e ancora un'incisione con la Passione di Cristo ("Valaegio et Doino f."), che insieme a una Natività è conservata all'Istituto nazionale della grafica di Roma, incisioni queste (mm 220 × 155) trattate in modo fortemente chiaroscurato e incorniciate da un bordo a grottesche.
Nel 1618 appare ancora una volta come editore (firma la dedica) dell'opera dello scrittore pavese Rocco Gieronimi, Vagheet varie inventioni di caratteri di lettere cancellarie pubblicato a Venezia; la dedica appare anche su un'incisione tratta dalla Madonna della Seggiola di Raffaello, conservata nella Bibliothèque nationale di Parigi.
Nel 1621 eseguì il frontespizio figurato degli Statuta criminalia et civilia Riperiae, edito a Salò da Lantoni, apponendovi la firma "Doino F." in basso a sinistra; vi è rappresentata una pala d'altare con La Trinità, la Madonna, s. Ercolano e s. Carlo e in basso l'allegoria della Giustizia (mm 233 × 150). Il D. lavorava a contatto con il gruppo di editori di area veneto-trentina attivo a Brescia, fra cui si citano anche Ruffoni, Dalla Via, Giacomo e Isabella Piccini.
Nel 1640 era attivo a Ferrara, dove sembra risiedesse già da lungo tempo. In quell'anno pubblicò le Imagini de'prencipi d'Este signori di Ferrara, opera dedicata al conte Fulvio Testi, segretario del duca di Modena; la prefazione è firmata dal D. il 20 ag. 1640 e non aggiunge alcuna notizia biografica utile.
Nel frontespizio è incisa l'aquila coronata che tiene negli artigli un quadro con la veduta della città; seguono le incisioni numerate da 'a' a 'n' con lettere minuscole. La stirpe degli Estensi è effigiata in tredici tavole, ciascuna delle quali (mm 175 × 140; 180 × 145 la lastra) raffigura una coppia di personaggi: Almerico I e Tedaldo I, Bonifacio III e Matilda, Guglielmo Adelardi e Marchesella, Azzo VIII e Aldovrandino, Azzo IX e Obizo VI, Azzo X e Francesco I, Azzo XI e Rinaldo III, Obizo VII e Aldovrandino IV, Niccolò Zoppo II eAlberto V, Miccolò III e Lionello I, Borso I ed Ercole I, Alfonso I e Ercole II, Alfonso II e Cesare I.
L'anno seguente (1641) il D. dedicò al "Ser.mo, Alfonso IV principe di Modona" l'opera sua più famosa, i Ritratti de' Ser.mi Principi d'Este Sig.ri di Ferrara con l'aggiunta de' loro fatti più memorabili ridotti in sommario dal s.r Antonio Cariola. L'opera (un esemplare era conservato nella biblioteca del Cicognara), considerata di estrema rarità negli Analecta litteraria, stampati a Lipsia nel 1750 (p. 214), ha il frontespizio inciso con l'aquila che regge un cartiglio con il titolo e con il nome dell'editore, mentre nel colophon si legge: "Per Francesco Suzzi stampator camerale".
Le incisioni sono identiche a quelle apparse nell'edizione precedente e si distinguono solo come un secondo stato per l'aggiunta di una nuova numerazione a lettere capitali in basso a destra e alcuni tratteggi (nell'incisione con Borso I ed Ercole I la lettera capitale è rifatta sulla minuscola a sinistra).
Nella dedica, firmata in Ferrara il 10 marzo 1641, il D., che si dichiara in età senile, è prodigo di informazioni che chiariscono in parte la confusione attributiva sorta intorno a queste immagini: one trovando dove più lodatamente impiegare le mie fatiche, che nel delineare l'Effigi di quei Grandi ... mi mossi prima ad esporre le presenti immagini, e m'impiegai poscia tra le Memorie del Sig. Berni co' miei intagli". Il D. allude qui all'opera del poeta ferrarese Francesco Berni, morto il 13 ott. 1673, principe dell'Accademia degli Intrepidi, Degli Eroi della Serenissima Casa d'Este ch'ebbero il dominio in Ferrara, edita a Ferrara nel 1640 per Francesco Suzzi, che firma la dedica al duca Francesco d'Este il 22 sett. 1640. Dalle parole di introduzione del Berni si capisce che queste opere dedicate alla genealogia estense nascevano in clima di concorrenza, visto che lo scrittore rivendica la precedenza della propria opera, data velocemente alle stampe incompleta, essendo rimasta ferma ai primi cinque membri della casata. Nel volume (in 40 di pp. 124 numerate) appaiono anche le incisioni con i ritratti dei cinque personaggi e precisamente di Almerico, Tedaldo I, Bonifacio III, Matelda e Azzo VIII.
Queste incisioni (mm 175 × 110; 180 × 115 la lastra) rispetto a quelle dei due volumi citati sono diverse e in controparte e appaiono notevolmente più deboli. Rimane quindi da chiarire quali di queste serie spettino al Doino. Le incisioni pubblicate nel 1640 (Imagini ... ) e nel 1641 (Ritratti ... ) sono eseguite nello stile dell'artista locale Giuseppe Caletti, la cui personalità è stata ricostruita solo di recente (cfr. Diz. biogr. d. It., XVI, s.v.), in effetti esse furono catalogate da A. Bartsch (Le peintre graveur, XX, Wien 1820, pp. 135 ss. nn. 11-24) fra le opere del Caletti e ancora oggi sono inserite nel corpus dell'artista (E. Riccomini, Il Seicento ferrarese, Milano 1969, pp. 46 s.). I ritratti sono per lo più immaginari ma l'atteggiamento e l'abbigliamento dei personaggi ricalca la tipologia dei ritratti di Stato.
A rendere più complicata la questione, F. H. A. von Rumohr e J. M. Thiele nella Geschichte der Rgl. Kupferstichsammlung zu Kopenhagen (Leipzig 1835, pp. 88 ss.) citano diverse altre stampe del D.: un David con la testa di Golia firmato "Catarin Doino D. D. D." (riconoscibile però nell'incisione citata dal Bartsch, cit., XX, p. 131 n. 3, fra le opere del Caletti e presente nel Gabinetto delle stampe della Pinacoteca nazionale di Bologna e nell'Istituto nazionale della grafica di Roma), una Giovane donna a mezza figura sullo sfondo di un paesaggio (anchessa inserita dal Bartsch, XX., p. 134 n. 8, nel catalogo del Caletti), un Profilo femminile, una Veduta di piazza S. Marco a Venezia con il Bucintoro e altre navi, non rintracciate, e una Diana cacciatrice, che però sembra contrassegnata "F. Doino" (cfr. Thieme-Becker).
In realtà le incisioni delle Imagini... (1640) replicate nei Ritratti dei Ser.mi Principi... (1641) appaiono di altra mano rispetto alla serie di qualità inferiore pubblicata nel libro del Berni, illustrato con gli "intagli" del D., come lui stesso afferma nell'introduzione. Del resto il frontespizio figurato del già citato volume degli Statuta criminalia et civilia Riperiae, che porta la firma "Doino" è molto più vicino alle incisioni del libro del Berni piuttosto che all'altra serie più cospicua e nota. Il fatto che lo Spike (1985) e gli estensori del British Library general catalogue ... to 1975 (LXXXV, 1981, p. 174) abbiano ritenuto la serie dei ritratti estensi opera del D., togliendola al corpus del Caletti, è dovuto probabilmente all'ambiguità palese nella dedica. Per accettare l'attribuzione al D. si dovrebbe inoltre ipotizzare una repentina evoluzione del suo stile fino ad immedesimarsi in quello del Caletti, cosa che allo stato attuale delle conoscenze appare difficile sostenere.
Fonti e Bibl.: F. Le Comte, Cabinet des singularités d'architecture, peinture, sculpture et gravure, Paris 1699, III, p. 86 (rist., Genève 1972, p. 360); L. Cicognara, Catalogo ragionato dei libri d'arte e d'antichità posseduti dal conte Cicognara, Pisa 1821, I, pp. 345 s.; P. Zani, Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti, I, 7, Parma 1821, pp. 346, 400 s.; J. Heller, Geschichte der Holzschneidekunst, Bamberg 1823, p. 240; G. K. Nagler, Neues allgemeines Künstler-Lexikon, III, München 1836, pp. 430 s.; Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, II, Paris 1856, p. 134; G. Marinelli, Saggio di cartografia della Regione veneta, in Monumenti storici della R. Deputazione veneta di storia patria, IV (1881), p. 138, n. 657; G. Campori, Gl'intagliatori di stampe e gli Estensi, in Atti e mem. delle Rr. Deput. di storia patria per le provv. dell'Emilia, n. s., VII (1882), pp. 76 ss.; J. Schultz, The printed plans and panoramic views of Venice (1486-1797), in Saggi e memorie di storia dell'arte, VII (1970), nn. 60-61; G. Gaeta Bertelà, Incisori bolognesi ed emiliani del secolo XVII, Bologna 1973, n. 63; F. W. H. Hollstein, Dutch and Flemish etchings, engravings and woodcuts, 1450-1700, XXI, Amsterdam 1980, p. 16, n. 43; G. Mazzi, Iconografia della città di Padova ai tempi del Cornaro, in Alvise Cornaro e il suo tempo, Padova 1980, pp. 178-184; G. Mazzi, Cartografia, in L. Puppi-M. Universo, Le città nella storia d'Italia, Padova-Bari 1982, p. 270; U. Spini, Alcune note sull'editoria e i libri figurati bresciani nel XVII secolo, in Brixia sacra, 1982, 5-6, pp. 299, 301; P. Ticozzi, Immagini dal Tintoretto. Stampe dal XVI al XIX secolo (catal.), Roma 1982, p. 26, n. 11 b; J. T. Spike, Baroque portraiture in Italy: works from North American collections (catal.), s.n.t. [ma Sarasota 1984], p. 84, n. 21; D. Degrasoia, Le stampe dei Carracci (catal.), Bologna 1984, pp. 149 s., n. 142; S. Ghironi, Padova. Piante e vedute (1449-1865), con un saggio di G. Mozzi, Padova 1985, n. 15; J. T. Spike, The impassioned soul: Baroque portraiture in Italy, in Apollo, CXXI (1985), n. 278, pp. 266 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 381; Diz. enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori, IV, pp. 161 ss.