CATENA (fr. chaîne; sp. cadena; ted. Kette; ingl. chain)
Quando, per la sospensione d'un carico o per esercitare un rilevante sforzo di trazione, le funi metalliche riuscirebbero troppo rigide, si ricorre alle catene, che sono del resto anche meno costose.
Catene per trasmissione. - Le catene a rulli sono formate da pia-strine (lamelle) collegate da perni rivestiti nella loro lunghezza interna da bussole (viere); ogni bussola è attraversata da un forellino da cui si introduce il lubrificante. Per trasmissioni allo scoperto (biciclette, camion) si usano catene a rulli senza fori di lubrificazione. Le catene a ganci si costruiscono in filo metallico ripiegato (Vaucanson) o in ghisa malleabile (Stotz); si prestano solo per piccole velocità e potenze, ma hanno il pregio d'una grande facilità per la sostituzione delle maglie. Le catene dentate sono costituite da lastrine collegate da perni e che presentano alle estremità due prolungamenti a guisa di denti che possono imboccare coi denti di una ruota dentata. La marcia di una catena dentata può raggiungere velocità molto superiori a quelle d'una catena a rulli.
Catene per sollevamento. - Per il sollevamento di carichi si usano catene in acciaio, talvolta ad anelli rinforzati da traverse; si calcolano in base ad un carico di sicurezza di 300÷600 kg./cmq. Le catene Galle, convenienti per esercitare grandi sforzi, sono costituite da lamelle in acciaio collegate da perni. A causa del loro forte peso sono convenienti solo per piccole alzate; per la forte pressione a cui sono assoggettati i perni, sono adoperate solo per piccole velocità e hanno bisogno d'una buona lubrificazione.
Per la catene delle ancore, v. ancora.
In architettura catena ha diversi significati: si hanno catene in pietra, cioè quegli elementi costruttivi che si adottano durante la costruzione per assicurare una maggiore resistenza ad alcune parti dell'edificio. Le pietre sono disposte col lato maggiore nella profondità del muro e talvolta ne sporgono con le loro testate. Le parti lunghe che eccedono le altre si chiamano morse; e catene semplici quelle che formano morse da una sola parte, doppie quelle che formano morse da ambedue le parti. Talvolta le catene di pietra o altro materiale sono nascoste con funzione di legame nell'interno del muro (cfr. i diatoni nelle costruzioni greche e romane), talaltra sporgenti con profilo a spigolo vivo, sagomato, o arrotondato.
Il Rinascimento italiano e il Barocco hanno molto usato di questi elementì non più nella loro funzione costruttiva, ma nella espressione decorativa, traducendoli talvolta in stucco. Dette catene hanno talvolta avuto un impiego speciale quando s'è trattato di rivestimenti formati da conci di pietra o di marmo nelle costruzioni d'una certa ricchezza, nel qual caso occorre con siffatti legamenti ovviare all'ineguale ripartizione pressoché inevitabile dei carichi, dovuta alla diversa resistenza del nucleo e del rivestimento, e occorre impedire il distacco tra i materiali eterogenei.
Ma più comunemente il termine di catena si adotta in architettura e in costruzione a designare elementi di materiale elastico (legno, ferro o cemento armato), disposti a funzionare da tiranti e ad elidere le spinte portate dalle varie strutture. Così, per esempio, nelle capriate, in cui siffatti elementi sono indispensabili per ottenere che le coperture esercitino sui muri soltanto azioni orizzontali. Così anche nei vecchi edifici in cui si siano prodotti perturbamenti statici per ristabilire una solidarietà costruttiva, assicurando a una parte stabile un'altra parte che siasi distaccata e tenda a ruotare o a spostarsi con andamento progressivo. Ma forse la maggiore applicazione in questo campo si riferisce alle vòlte e agli archi, ove spesso le catene si pongono per reprimere la spinta in fuori.
Nelle costruzioni bizantine o musulmane tali catene erano frequentemente in legno, e avevano carattere massiccio quasi distaccando dalla zona dei supporti la superiore continuazione arcuata. Frequenti catene in ferro si sono avute anche nell'architettura gotica, quasi a frenare il soverchio ardimento delle costruzioni a vòlta; e anche nei porticati così diffusi in Italia nel Quattrocento, nei quali il motivo del diretto appoggio delle arcate sulle colonne sottili recava inevitabilmente uno squilibrio, specialmente nelle colonne disposte in angolo, sicché doveva contrapporvisi un tirante. Questo poteva trovarsi nascosto al disopra dell'estradosso dell'arco o della vòlta, ovvero, con ben maggiore efficacia (ma con non felice effetto), veniva disposto nella linea di imposta, pienamente apparente. Nei portici di Bologna, in quelli di Firenze o di Arezzo gli esempî ne sono frequentissimi.
Varie modalità tecniche rispondono a questa varia funzione. Quando si vuole la catena nascosta, cioè collocata al disopra dell'estradosso, occorre riportare il meglio possibile l'azione nel punto di applicazione della forza, cioè sulle reni dell'arco, mediante la disposizione della cosiddetta catena a briglia. La sbarra orizzontale si colloca tangente allo estradosso della vòlta; agli estremi ha degli occhi per infilarvi dei paletti, e a conveniente distanza, un tallone per parte. A ciascuno di questi talloni sono raccomandati gli attacchi di una sbarra obliqua che si colloca tangente ai reni della vòlta, e si prolunga fino ad incontrare il paletto, che è lungo abbastanza da infilare l'occhio della catena. Si formano così due triangoli, uno per parte, con l'ipotenusa tangente alla vòlta.
Per assicurare l'azione del tirante è inoltre molto usata la disposizione della catena a fibbia. I due pezzi della catena sono a vite con estremità una contraria all'altra, e sono riuniti da una specie di manicotto, che nei capi opposti è forato a vite in senso opposto. Al girare del manicotto i due pezzi si avvicinano o si allontanano a volontà.
Talvolta al paletto o al bolzone, che costituisce l'attacco esterno di tali catene, si è dato un voluto carattere di evidenza e un ricco aspetto decorativo, specialmente nell'architettura medievale francese (v. collana).
Bibl.: E. Viollet-le-Duc, Diction raisonné de l'architecture franç., Parigi 1875-89; L. Cloquet, Traité d'architecture, Liegi 1901.
Metrologia. - Antica misura italiana di lunghezza, usata: a Napoli, m. 18,456 (fino al 1840); a Roma (agrimensoria, m. 12,847; architettonica, m. 11,171, fino al 1870); a Palermo, m. 8,25.
La catena (chain) si usa anche in Inghilterra come misura di lunghezza: è eguale a 22 yards, o a m. 20,117.