SAVOIA, Caterina Francesca
di. – Nacque a Torino il 6 ottobre 1595, sestogenita del duca di Savoia Carlo Emanuele I e dell’infanta Caterina d’Austria.
Sin dall’infanzia risultò solidissimo il rapporto con la sorella Maria Francesca Apollonia (v. la voce in questo Dizionario), con la quale condivise un’educazione impartita secondo la rigida etichetta spagnola. L’orgoglio di essere figlie di un’infanta e nipoti di un re di Spagna (il nonno materno era infatti Filippo II) plasmò indelebilmente il carattere delle due principesse e rimase radicato anche dopo la prematura morte della madre (novembre 1597). A occuparsi delle due bambine venne allora chiamata la loro nutrice (già dama d’onore della duchessa Caterina) Mariana de Tassis y Acuña, mentre l’istruzione religiosa e la direzione spirituale, inizialmente assegnate ai gesuiti, furono successivamente affidate ai barnabiti Amatore Ruga, Juste Guérin, Maurizio Maria Forno e Maurice Arpaud (quest’ultimo avrebbe dedicato a Caterina una biografia di carattere agiografico). Cresciuta a stretto contatto con Maria e con i fratelli Maurizio e Tommaso Francesco, Caterina ebbe rapporti meno intensi con le due sorelle maggiori (Margherita e Isabella, che nel 1608 avevano lasciato Torino per stabilirsi a Mantova e a Modena a seguito delle nozze con Francesco Gonzaga e Alfonso d’Este) e con i fratelli Filippo Emanuele, Vittorio Amedeo ed Emanuele Filiberto (che nel 1603 si erano trasferiti in Spagna per un soggiorno presso la corte dello zio Filippo III, durante il quale l’erede al trono Filippo Emanuele trovò la morte).
Come la sorella Maria, Caterina divenne oggetto di trattative volte a consolidare, attraverso la politica matrimoniale, il prestigio del ducato sabaudo sul piano internazionale. Il fallimento dei progetti nuziali (dapprima quello con Enrico di Nemours, poi quelli con Filippo III, con l’imperatore Ferdinando II, con Vincenzo Gonzaga e persino con un nipote del papa Urbano VIII) corroborò nella principessa l’anelito alla vita religiosa. Tale propensione, condivisa con la sorella (anch’essa rimasta esclusa dal gioco delle trattative matrimoniali), venne perfezionata e resa pubblica nel 1629, quando Caterina e Maria emisero solennemente la professione religiosa nel terz’ordine di S. Francesco. Questa condizione, che non imponeva né la clausura né la vita comune, consentiva alle infante (nelle quali rimase inalterato, nonostante l’abito monacale, l’orgoglio familiare e la fierezza del rango principesco) di continuare a disporre di due piccole corti. In esse si andò consolidando la resistenza agli orientamenti filofrancesi che la politica sabauda aveva assunto dopo la guerra del Monferrato e che aveva condotto al matrimonio di Vittorio Amedeo con Cristina di Borbone (1619) e di Tommaso Francesco con Maria di Borbone-Soissons (1624).
Nel 1630 le infante, i cui rapporti con le cognate francesi si erano vistosamente deteriorati, lasciarono Torino e raggiunsero Asti per sfuggire alla peste. Nonostante il trasferimento, Caterina venne colpita dall’epidemia: pur riuscendo a sopravvivere il suo fisico ne restò segnato e la salute della principessa risultò da quel momento assai precaria. Tornata a Torino, Caterina, che insieme alla sorella si era affiliata al pio sodalizio femminile della Compagnia dell’Umiltà, si dedicò alle pratiche devozionali e alle opere caritative; fra le sue incombenze vi fu anche quella di allevare uno dei figli della sorella Isabella (defunta nel 1626), mandato dalla corte estense a quella di Torino. Al pari dell’infanta Maria, Caterina fu inoltre attiva propugnatrice delle riforme di alcuni Ordini religiosi (maschili e femminili) presenti in Piemonte, come i minori conventuali, i carmelitani e le clarisse.
Nel 1637 la morte del duca Vittorio Amedeo (che era succeduto al padre nel 1630) accentuò il contrasto fra la fazione filospagnola (rappresentata, oltreché dalle infante, dal principe Tommaso Francesco e dal cardinale Maurizio) e quella filofrancese, che rivendicava il diritto della duchessa vedova, Cristina, di esercitare la reggenza stante la minore età del figlio Francesco Giacinto. Quando, nel 1638, anche quest’ultimo scomparve, Tommaso Francesco e Maurizio, sostenuti dalle due infante, si proposero come legittimi reggenti in attesa che il loro nipote Carlo Emanuele (secondogenito di Vittorio Amedeo) divenisse maggiorenne. Lo scontro fra i ‘madamisti’ filofrancesi e i ‘principisti’ filospagnoli degenerò in una guerra civile, per sfuggire alla quale Caterina (sempre in compagnia della sorella) all’inizio del 1640 si recò dapprima a Ivrea, quindi a Oropa (presso Biella) sede di un veneratissimo santuario mariano. Qui, oltre a coltivare il culto della Vergine, si era da tempo impegnata nella fondazione di un pio sodalizio femminile, l’istituto delle Figlie di Maria (le ‘zitelle di Oropa’).
Le sue condizioni di salute peggiorarono notevolmente durante il soggiorno nel santuario; condotta a Biella (nel palazzo Ferrero della Marmora) per essere curata, vi morì il 20 ottobre 1640.
Attorno alla sua salma, tumulata nella chiesa di Oropa, crebbe una fama di santità, che dopo la Restaurazione il re di Sardegna Carlo Alberto tentò di utilizzare come argomento valido per promuovere la causa di beatificazione dell’antenata, che tuttavia non ebbe seguito.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Corte, Materie politiche per rapporto all’interno, Lettere diverse Real Casa, Lettere principi diversi, m. 7; Torino, Biblioteca reale, ms St.P.771: G.A. Morra, Vita dell’Infante Caterina di Savoia (1839).
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