GINNASI, Caterina
Nacque a Roma nel 1590 da Dionisio, avvocato di casa Colonna, e da Faustina Gottardi.
Discendente da un'illustre famiglia romagnola, abitò nel palazzo Ginnasi in via delle Botteghe Oscure, insieme con la madre, morta nel 1646, e con lo zio, il cardinale Domenico Ginnasi. Figlia unica, rimasta orfana del padre in giovane età, fu educata dallo zio che aveva deciso di darla in moglie al cugino di primo grado Francesco, ottenendo a tale scopo una licenza particolare da Paolo V. La G. rifiutò le nozze con il consanguineo per dedicarsi alla pittura e a una vita di contemplazione. Vista l'inclinazione della nipote lo zio, come riferisce Passeri (1772), primo e unico biografo della G., decise di porla sotto la guida del pittore romano Gaspare Celio, probabilmente all'inizio degli anni Venti, cioè qualche tempo prima dei lavori di questo artista per la cappella del Battesimo in S. Pietro ottenuti grazie all'appoggio del cardinale. Non si conosce per quale motivo, probabilmente intorno alla fine del secondo decennio del secolo, il cardinale decise di cambiare maestro alla giovane preferendo a Celio il parmense G. Lanfranco autore, in quegli anni, di un'altra importante pala vaticana, quella ad affresco per l'altare della Navicella (1627-28). Sicuramente errata è dunque l'informazione fornita da Passeri, secondo il quale tale cambiamento sarebbe dipeso dalla morte di Celio, poiché questo pittore morì un anno dopo il cardinale.
Lanfranco fu anche impiegato nella decorazione del soffitto della galleria di palazzo Ginnasi in cui dipinse, a olio su muro, la Pentecoste (1629-32), ora trasferita su tela nella volta della nuova cappella di palazzo Ginnasi. Gli interventi di Lanfranco durarono, probabilmente, fino alla primavera del 1634, quando il pittore partì per Napoli.
Le prime opere note realizzate dalla G. sono alcuni dipinti per l'antica chiesa di S. Lucia delle Botteghe Oscure (o dei Ginnasi), completamente ricostruita tra il 1629 e il 1630, per ordine del cardinale, dall'architetto O. Torriani, e inglobata all'interno del palazzo; secondo il Theatrum Romanae Urbis… di G.A. Bruzio, la G. avrebbe anche collaborato con Torriani alla stesura del progetto. La chiesa venne distrutta a partire dal 1936 per l'ampliamento di via delle Botteghe Oscure e ricostruita, in minori dimensioni, all'interno del palazzo. Stando alla testimonianza di Passeri, la G. dipinse almeno quattro opere: per l'altare maggiore, una pala raffigurante il Martirio di s. Lucia con al di sopra un'Ultima Cena, realizzata, secondo Schleier, per ornare l'altare della chiesa anteriore alla riedificazione di Torriani e successivamente modificata in forma di lunetta; per il vano absidale, un piccolo ovale con una Madonna; e, per la seconda cappella a destra, una tela con S. Biagio vescovo nel quale probabilmente la G. aveva riprodotto le sembianze dello zio (Passeri). Come documenta una campagna di schedatura promossa dalla soprintendenza alle Belle Arti di Roma nel 1925 (G. Rossi Doria, 30 nov. 1925), tranne l'ovale con la Madonna, a quest'epoca le opere si trovavano ancora in situ; durante tale schedatura fu attribuito alla G. anche un olio su tela con S. Giuseppe, collocato nella cappella di sinistra e ancora visibile in una foto d'epoca (Parisi). Dopo i lavori degli anni Trenta, le uniche opere conservate della G. sono la pala con il Martirio di s. Lucia, sull'altare dell'attuale cappella, e la lunetta con l'Ultima Cena, collocata nell'odierna sagrestia; di quest'ultima opera tuttavia non esistono riproduzioni né è possibile accedere all'interno della cappella.
Sulla base dello scarsissimo numero di opere analizzabili è difficile focalizzare lo stile pittorico della G. giudicato dalla critica, sulle orme di Passeri, una pedante e impersonale applicazione degli insegnamenti di Lanfranco, quando non si tratti di una diretta traduzione di disegni del maestro, o, addirittura, di un personale intervento di questo sulle opere dell'allieva come è stato ipotizzato per il Martirio di s. Lucia (Schleier). Tuttavia proprio nelle ingenuità presenti in questa composizione, soprattutto nei volti dei personaggi, si può leggere il contributo personale della pittrice, cui si unisce la ricchezza cromatica e chiaroscurale di evidente ascendenza lanfranchiana.
Nel 1632 la G. si occupò dell'intera decorazione, con tele e affreschi, della cappella Ginnasi (o dei Santi Protettori) fatta edificare dal cardinale Domenico all'interno della cattedrale di Velletri; anche tali opere sono andate perdute a causa della totale ridipintura di questo ambiente nel 1824, quando anche le tele vennero rimosse. Alcune fonti (Trinchieri Camiz, p. 283) ricordano sull'altar maggiore una grande pala con la Madonna e i quattro santi protettori di Velletri, e, ai lati, S. Eleuterio e S. Ponziano. Non si conosce il soggetto del dipinto della cupola, ai cui angoli erano i Quattro Evangelisti. Da Passeri sappiamo ancora che la G. dipinse la pala d'altare per la chiesa dei Ss. Angeli Custodi a Roma, anch'essa demolita, tra il 1928 e il 1929, per l'allargamento di via del Tritone (G. Matthiae, Notizie e commenti. Due chiesette romane del Seicento, in Palladio, V [1941], pp. 41-45). Il dipinto, raffigurante "un Angelo, che incamina un fanciullo per la via del Paradiso tenendolo lontano dall'Inferno" (Passeri), venne forse realizzato intorno al 1637, quando l'Arciconfraternita degli Angeli Custodi si trasferì dalla chiesetta di S. Valentino ai Cesarini, poi demolita, nell'oratorio appositamente edificato sulla strada che collegava la fontana di Trevi a piazza Barberini. Di tale dipinto, tuttavia, si sono perse le tracce poiché fu sostituito, nel 1681, con un quadro di soggetto analogo opera di G. Brandi.
Nel 1638 la G. risulta essere iscritta all'Accademia di S. Luca (il 18 ottobre di questo anno dava 60 baiocchi di elemosina per la tradizionale festa dei Ss. Luca e Martina: Trinchieri Camiz, p. 283) e, ancora, nel 1651, viene ricordata insieme con altre quattro pittrici: Anna Maria Vaiani, Giovanna Garzoni, Felice Orlandi e Giustiniana Guidotti (Roma, Archivio dell'Accademia di S. Luca, vol. 166, n. 87).
Nell'inventario, stilato il 17 marzo 1639, pochi giorni dopo la morte del cardinale Ginnasi (12 marzo), sono menzionati alcuni quadri della nipote, conservati nella galleria del palazzo, raffiguranti S. Caterina d'Alessandria, l'Assunzione della Vergine, S. Michele Arcangelo e una Madonna con i quattro santi protettori di Velletri; quest'ultimo dipinto, in particolare, è definito "grande" ed era probabilmente una copia della pala per la cattedrale di Velletri, a quell'epoca già in loco. Nessuna di queste opere è stata rintracciata.
Della pittrice si ricordano anche due oli su tela, dispersi, raffiguranti una Natività con la Madonna che "stà infasciando il Bambino" e una Pietà "con un Putto che sostiene una mano di Christo", presenti nella famosa collezione settecentesca dei Pio di Savoia (Guarino). A lei è stato inoltre attribuito un Ritratto del cardinale Ginnasi conservato agli inizi del Novecento nella collezione del conte Carlo Del Medico a Carrara, ora disperso (Cantalamessa).
Dopo la morte dello zio la G. si dedicò a due iniziative religiose da lui avviate pochi anni prima: il monastero del Corpus Domini fondato, nel 1637, all'interno di palazzo Ginnasi, ove, seguendo la regola carmelitana, potevano prendere il voto non più di ventitré monache, conosciute a Roma "come monache ginnasie", e la Confraternita di S. Maria Costantinopolitana del Suffragio, insediata dal cardinale nella cappella di famiglia della cattedrale di Velletri. Entrambe le istituzioni erano state dotate personalmente dal cardinale di un sicuro patrimonio con cui sostentarsi, oculatamente amministrato dalla nipote, il cui ruolo non fu certamente passivo (Bonadonna Russo). Nella bolla di edificazione del monastero (19 giugno 1635) la G. ne risulta infatti ispiratrice, per esser quello nato "a suo intuito e contemplatione", così come sue furono le regole della vita monastica, ufficialmente dettate dallo zio. Di sua iniziativa fu anche l'idea di ripristinare a Velletri l'antico Monte di pietà che, dal 10 luglio 1640 venne chiamato il Sacro Monte di pietà Ginnasi. Anche in questo caso la G. dettò in prima persona, con intuito imprenditoriale, gli statuti della rinata istituzione.
La G., "caduta in una grave e lunga infirmità contratta per aver patito troppo freddo di notte nella sua chiesa" (Passeri), morì a Roma il 30 nov. 1660. Un probabile ritratto della pittrice è stato riconosciuto in un busto in marmo consevato al Victoria and Albert Museum di Londra (Pope-Hennessy).
Nel testamento, steso il 6 genn. 1657 (Trinchieri Camiz, p. 282), la G. chiese di essere seppellita "privatamente e senza pompa alcuna funebre" all'interno della cappella di S. Biagio nella chiesa di famiglia, ai piedi dei sontuosi sepolcri dello zio e della madre (entrambi i monumenti, in seguito ricostruiti nella moderna cappella di palazzo Ginnasi, erano stati commissionati dalla G. rispettivamente, nel 1639, a Giuliano Finelli, e, nel 1646, ai fratelli Jacopo Antonio e Cosimo Fancelli).
La G. lasciò in eredità una serie di quadri a ecclesiastici o a esponenti di illustri famiglie romane e, laddove non se ne specifichi con precisione l'autore, è probabile si tratti di opere di sua mano. Al cardinale G.B. Pallotta lasciò il quadro "grande" con S. Michele, presumibilmente lo stesso menzionato nell'inventario dei beni del cardinale Domenico, insieme con un Ecce Homo di Tiziano, già appartenuto allo zio; a Tersilia Pallotta un quadro su rame con S. Alessio; a monsignore Altieri un Crocifisso; a suor Lucrezia Altieri Ricci un Ecce Homo "di mia mano" (forse per distinguerlo dal quadro di Tiziano); a Laura Caterina Altieri una S. Caterina, presumibilmente la stessa presente nell'inventario dello zio; a suor Maria Virginia Altieri un quadro "grande" di S. Caterina da Siena; a suor Maria Maddalena Altieri una S. Maria Egiziaca; a suor Felice Maddalena Santacroce una S. Anna; a suor Prudenza Ranucci "il quadro del Anima con le parole"; a Porzia Pallavicini una Madonna; al convento di S. Maria della Scala, infine, un quadro "grande" con S. Teresa. Nell'inventario post mortem del 7 dic. 1660 sono ricordati, di mano dell'artista, un Angelo Custode non finito e, nel viridario di S. Sabina, una Madonna con s. Teresa (Trinchieri Camiz, p. 282).
In un elenco del 1661 all'Accademia di S. Luca, la G. è ricordata con le stesse artiste già menzionate nell'elenco del 1651 e, in più, Plautilla Bricci (moglie dello scultore Pompeo Ferrucci), Ippolita de Biagi e Maddalena Corvini (Roma, Archivio dell'Accademia di S. Luca, vol. 69, c. 296).
Fonti e Bibl.: G. Gigli, Diario romano 1608-1670, a cura di G. Ricciotti, Roma 1958, p. 171; Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 11884, cc. 241v-247v; G.A. Bruzio, Theatrum Romanae Urbis… (1655/61-1680 circa); G.B. Passeri, Die Künstlerbiographien… nach den Handschriften des Autor (1772), a cura di J. Hess, Leipzig-Wien 1934, pp. 257-259; G. Cantalamessa, Una scultura ignota del Bernini, in Bollettino d'arte, V (1911), pp. 81-88; A. Tersenghi, Il Monte di pietà di Velletri, in Archivio della Società romana di storia patria, XLI (1918), pp. 263-288; F.S. Parisi, Chiese di Roma che scompaiono: S. Lucia de' Ginnasi, in L'Illustrazione vaticana, VIII (1937), 5, pp. 202 s.; E. Schleier, Charles Mellin and the marchese Muti, in The Burlington Magazine, CXVIII (1976), pp. 837-844; C. Pietrangeli, Guide rionali di Roma. Rione IX. Pigna, I, Roma 1980, pp. 26-32; M.T. Bonadonna Russo, Figure minori del Seicento romano: C. G., in Strenna dei romanisti, LII (1991), pp. 451-468; S. Guarino, L'inventario Pio di Savoia del 1724, in J. Bentini, Quadri rinomatissimi. Il collezionismo dei Pio di Savoia, Modena 1994, pp. 117-129; F. Trinchieri Camiz, "Virgo-non sterilis…": nuns as artists in seventeenth-century Rome, in Picturing women in Renaissance and Baroque Italy, a cura di G.A. Johnson - S.F. Matthews Grieco, Cambridge 1997, pp. 159-164, 282 s.; Id., in Dictionary of woman artists, a cura di D. Gaze, I, Chicago 1997, pp. 584 s.; A. Marchionne Gunter, Cappella di palazzo Ginnasi - Cappella dell'Immacolata nell'Istituto Maestre pie "Filippini", in Roma sacra, IV (1998), pp. 17-21; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 62; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisoriitaliani…, V, p. 442.