Caterina II
Imperatrice di Russia (Stettino 1729-Carskoe Selo, presso San Pietroburgo, 1796). Tedesca di nascita, Sofia-Federica-Amalia, figlia del principe di Anhalt-Zerbst, nel 1745 andò sposa al granduca Pietro Fëdorovič, erede al trono russo (lo zar Pietro III, 1728-1762). Intelligente, colta e sensibile, era inevitabile che con il marito rozzo e ignorante avvenisse una rottura che divenne definitiva con l’allontanamento del figlio Paolo (futuro Paolo I), nato nel 1754. Salito Pietro al trono (1762), come primo atto fece la pace con la Prussia, rinunziando ai territori conquistati nella guerra dei Sette anni. Questa politica estera, poco sollecita degli interessi russi, le riforme in senso prussiano compiute nell’esercito, e soprattutto il suo carattere, gli inimicarono la guardia imperiale, sul cui favore si appoggiava Caterina. In seguito a una congiura ordita dagli Orlov, lo zar venne costretto ad abdicare e quindi assassinato dopo pochi giorni: C., il 20 giugno 1762, salì al trono. Le ambizioni della nuova imperatrice erano enormi: da un lato intendeva rifarsi all’esempio dello zar di Russia Pietro I il Grande, dall’altro rivelò la sua educazione illuministica in un dispotismo paternalistico, ispirata dalla cultura riformatrice di intellettuali occidentali come Montesquieu, Voltaire, D’Alembert, Diderot e Beccaria. La zarina si dimostrò subito quanto mai attiva nell’opera di governo, attuando numerose riforme amministrative, pur senza rinunciare alla tradizione autocratica russa. Nel 1764 fece confiscare a beneficio dello Stato un gran numero di monasteri e quindi promosse una riforma del governo locale. Postasi l’obiettivo di dare leggi più certe e stabili al Paese, procedendo alla codificazione del diritto russo ispirato a Montesquieu e a Beccaria, convocò nel 1767 una commissione legislativa al fine di inaugurare una nuova era che avrebbe dovuto condurre al riconoscimento di diritti quali la libertà di parola, la tolleranza religiosa, la soppressione della tortura, l’accesso dei contadini alla proprietà privata della terra; ma in realtà tali propositi non furono mai attuati. Soprattutto C., nei fatti, si dimostrò sorda alle rivendicazioni dei contadini, i quali rimasero in una condizione servile di enorme miseria sotto il dominio dei grandi proprietari, i cui poteri furono persino rafforzati. Così una delle necessarie premesse del progresso sociale ed economico non ebbe in Russia alcuna attuazione. In seguito l’imperatrice procedette a una riorganizzazione centralistica e burocratica della vita amministrativa del Paese. I privilegi della nobiltà vennero ribaditi e aumentati con l’introduzione di una Carta della nobiltà, emanata nel 1785, che esentò i nobili da obblighi di servizio nello Stato e nell’esercito. La grave situazione di sfruttamento nei confronti dei contadini provocò una serie di rivolte. La più importante fu quella scoppiata nel 1773 e guidata da Emel‛jan I. Pugačëv, un cosacco del Don, il quale, spacciandosi per lo zar Pietro III scampato alla morte, si mise alla testa degli insorti contro la zarina traditrice e usurpatrice. La rivolta, repressa nel sangue con grandi difficoltà e conclusasi con l’uccisione di Pugačëv (1775), provocò un ulteriore peggioramento delle condizioni dei contadini. C. in seguito prese misure atte a favorire, con l’aiuto dello Stato, lo sviluppo delle manifatture, assai deboli e arretrate; limitati miglioramenti furono ottenuti nel campo dell’istruzione primaria e secondaria; venne sostenuta l’Accademia delle scienze fondata da Pietro il Grande e furono migliorati i contatti culturali con l’Europa; restaurò le finanze e riformò il governo locale con l’istituzione dei governatori, mentre al centro attuava il principio del potere ministeriale unitario. Il che significava anche un irrigidimento e un ritorno a posizioni più autocratiche e reazionarie, com’è testimoniato dalla questione dei servi della gleba che, nonostante i lunghi lavori preliminari di riforma, di fatto aumentarono di numero; dal 1783 fu persino proibito ai contadini di passare da un proprietario all’altro. L’irrigidimento era destinato a inasprirsi dopo gli avvenimenti francesi del 1789. Lo scoppio della Rivoluzione francese spaventò fortemente C., che ne temeva le possibili ripercussioni in Russia, inducendola ad abbandonare decisamente ogni politica riformatrice e a inasprire la repressione in campo politico e culturale. In politica estera, sulle orme di Pietro il Grande, C. si propose di risolvere durevolmente il problema turco e quello polacco. Dalla Turchia, dopo la guerra del 1768-1774, ottenne, nella Pace di Küciük-Qainarge (1774), il confine al fiume Bug, il diritto di protezione sui cristiani ortodossi dei Balcani, l’indipendenza della Crimea (che nel 1783 insieme al Kuban′ era annessa alla Russia). Quanto al problema polacco, attraverso interventi negli affari interni di quel Paese e il collegamento con la Prussia e con l’Austria, C. poté giungere alle successive spartizioni del 1772, del 1793 e del 1795, ottenendo tutte le regioni orientali della Polonia. Di spirito vivace e aperto, C. svolse una certa attività letteraria: opere drammatiche, articoli, schizzi satirici, ricerche storiche, trattati polemici e memorie, tutti singolarmente rappresentativi della società russa ed europea del tempo. Rilevante la sua corrispondenza con Voltaire, Diderot, Grimm, Falconet. Famosa per la sua tumultuosa vita privata, ebbe numerosi favoriti, fra questi A.G. Orlov e G.A. Potëmkin che promosse alla carica di suo aiutante-generale.
Nasce a Stettino, figlia del principe tedesco di Anhalt-Zerbst
Sposa il granduca Pietro Fëdorovič, erede al trono russo
Sale al trono dopo l’uccisione del marito, lo zar Pietro III
Convoca una commissione per il progetto di un nuovo codice ispirato a Montesquieu e a Beccaria
-74 Guerra con la Turchia
-75 Soffoca la rivolta del cosacco E.I. Pugačëv
, 1793 e 1795 Spartizioni della Polonia di cui ottiene le regioni orientali
Muore a Carskoe Selo, presso San Pietroburgo