Caterina Simonsen
Viva grazie agli animali da laboratorio
Ha 25 anni, studia veterinaria ed è vegetariana. Colpita da 4 malattie rare, vuole urlare per farsi sentire anche se il fiato non ce l’ha: la ricerca che include la sperimentazione animale salva tante vite umane, a cominciare dalla sua. Ma su Facebook l’hanno minacciata di morte.
«Meglio dieci topi vivi, non tu». Caterina Simonsen legge anche questo messaggio tra le centinaia che ha ricevuto dopo che su Facebook ha pubblicato una propria fotografia con un foglio tra le mani: «Io, Caterina S., ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a 9 anni. Mi avete regalato un futuro. Grazie...». L’hanno colpita 4 malattie rare: non ha le immunoglobuline IgG che la dovrebbero difendere dalle infezioni, ha un problema con la coagulazione del sangue e deve iniettarsi eparina 2 volte al giorno, i tessuti dei polmoni non funzionano bene e ha una paresi del diaframma a causa di una degenerazione nervosa (quindi non riesce a respirare in modo efficace). Il numero di farmaci che è costretta ad assumere è impressionante, la terapia ventilatoria dura ogni giorno 16-22 ore.
Quando è intervenuta a favore della sperimentazione animale è stata spinta dal desiderio di sostenere la ricerca: voleva aiutare, farsi sentire perché le proteste sulla sperimentazione animale seguissero percorsi logici. A lei, che studia veterinaria a Bologna ed è vegetariana, il sacrificio degli animali per i test sui farmaci non piace proprio, ma in alcuni casi non si può fare altro. Quei farmaci sono una questione di vita. Voleva che la gente capisse: oggi – con la speranza che domani non serva più – la sperimentazione animale salva tante vite umane. Per questo l’enorme ondata di insulti, offese, minacce di morte la colpisce ancora di più. La sua pagina Facebook è presa d’assalto: insieme ai messaggi di solidarietà non si contano le offese, ma ciò che più impressiona è la presenza di decine di minacce di morte.
Caterina non si arrende: risponde con un video che è frutto di un istinto innato di sopravvivenza ma anche di una geniale (e non studiata) capacità mediatica. Girato da lei sola nella semplicità della sua camera, la mostra con la mascherina dell’ossigenoterapia mentre orienta la telecamera verso gli strumenti e i farmaci che la tengono in vita. Vuole che chi la insulta si renda conto di cosa significhi avere 25 anni e 4 malattie rare. Una malattia rara colpisce meno di 3 persone su 10.000 nati vivi: lei è tra questi individui, un popolo in minoranza che deve urlare per farsi sentire e il fiato non ce l’ha.
Caterina spiega quali cure debba ricevere ogni giorno, elenca i farmaci, li indica e racconta che molti di loro servono anche per curare le malattie degli animali. Deve prendere il ferro, tra l’altro, perché è vegetariana: lei che ha difeso la sperimentazione sugli animali rifiuta di cibarsi con i loro corpi, non vuole che a causa sua ne muoiano tanti oltre il numero che – purtroppo – è ancora necessario. Si commuove solo al termine della registrazione: possibile che chi la vuole morta non si renda conto? Non ha parenti, figli da curare se si ammalano? E in effetti il letto con la trapunta chiara coperto dalle scatole dei farmaci e circondato da grossi aggeggi per la terapia respiratoria, le siringhe dell’eparina sottili e sgradevoli anche solo da guardare fanno chiedere come si possa minacciare di morte una persona che lotta così tanto per vivere.
Il caso di Caterina Simonsen guadagna le pagine in cronaca: in Italia, ma non solo, si rincorrono le voci che commentano, indagano, esprimono pareri più o meno consapevoli in un bailamme mediatico che non prevede il rispetto per la sofferenza. E Caterina, allora, rilancia: in alcuni video successivi spiega le malattie rare, l’impatto sulla vita di chi ne soffre e la ricerca e terapia. Ha trovato il canale giusto, minacce di morte a parte, per fare comprendere che esiste un mondo sottovalutato che dovrebbe ricevere attenzione. Perché il ventilatore, l’ossigenoterapia, i farmaci, l’eparina sottocute, gli antibiotici, la fisioterapia intensiva, i ricoveri saranno anche necessari a meno di 3 persone su 10.000 nati vivi, ma così come riguardano lei potrebbero riguardare chiunque.
Allora rendersene conto è un bene.
Una legge che scontenta il mondo della ricerca
Un clima a dir poco arroventato ha accompagnato l’iter legislativo del provvedimento approvato in via definitiva dal governo Renzi (decreto legge n. 26 del 4 marzo 2014) in attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, le cui principali novità sono le seguenti:
- È vietato l’allevamento nel territorio nazionale di cani, gatti e primati non umani destinati alla sperimentazione.
- È vietato l’utilizzo di specie in via di estinzione e l’impiego di animali prelevati allo stato selvatico.
- L’utilizzo degli animali a scopo di sperimentazione è consentito solo in assenza di alternative.
- L’allevamento di animali geneticamente modificati deve tener conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio.
- La generazione di ceppi di animali geneticamente modificati deve tener conto dell’effettiva necessità della manipolazione e del possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali.
- Sono vietati gli esperimenti e le procedure che non prevedono anestesia o analgesia, qualora esse comportino dolore all’animale.
- Metodi di soppressione: deve avvenire assicurando all’animale i minimi dolore, sofferenza e stress possibili e per mano di personale competente.
- Non possono essere autorizzate le procedure con utilizzo di animali per la produzione e il controllo di materiale bellico, per le ricerche sugli xenotrapianti o per le ricerche sulle sostanze che provocano tossicodipendenza.
Il provvedimento ha incontrato i favori dei movimenti animalisti visto che ha introdotto divieti e limitazioni ancora più restrittivi rispetto alle indicazioni emanate dall’UE nel 2010. Ma il decreto ha scontentato il mondo della ricerca al punto che si sono mobilitate le maggiori associazioni di ricerca come Telethon, AIRC, AISM, mentre una petizione contro la legge iper-animalista ha raccolto le firme di più di 3000 medici e ricercatori.