CATERINO
Pittore veneziano della seconda metà del Trecento, attivo a Venezia, nel Veneto e in Dalmazia.Il riconoscimento del pittore si basa anzitutto sulla pala dell'Incoronazione della Vergine, firmata insieme a Donato nel 1372, conservata a Venezia (Gall. Querini-Stampalia). Quest'opera e la collaborazione con Donato, ipotizzato unanimemente come maestro di C., hanno infatti costituito il punto di partenza per la ricostruzione della sua attività.Testi (1909, pp. 236-237) ha risolto esaurientemente, attraverso l'esame delle fonti documentarie rinvenute, il problema dell'identificazione di C. rispetto ad altri due artisti omonimi attivi a Venezia in date a lui prossime: un Caterino citato nei documenti come intaiator, che risulta scomparso nel 1430, e un altro Caterino pittore ricordato in un documento del 1455, che è per ciò stesso difficilmente accostabile a C., già attivo nel settimo decennio del 14° secolo. L'autore della pala di Venezia è quindi il più anziano dei tre omonimi: se ne hanno notizie nel 1362, anno nel quale è citato come testimone in un atto, e nel 1367, quando iniziò la collaborazione con Donato - un maestro già attivo a Venezia da alcuni decenni - lavorando a una croce dipinta per la chiesa veneziana di S. Agnese, oggi perduta, ma di cui è noto l'atto di allogazione (Testi, 1909, p. 237).Alcune fonti ottocentesche (Testi, 1909, p. 245) descrivono una grande ancona, originariamente collocata nella chiesa di S. Giorgio Maggiore a Venezia e oggi dispersa, con la sola firma di C. e la data del dicembre 1374, mentre l'ultima notizia documentaria relativa all'attività di C. si trova in un atto redatto a Treviso nel 1390 (D'Arcais, 1979, p. 385), che ricorda un restauro eseguito dal pittore per una croce dipinta della locale chiesa di S. Maria Maggiore, oggi perduta.Il catalogo delle opere di C. è completato da un gruppo di tavole firmate comprendente: la pala dell'Incoronazione della Vergine, datata 1375, e il trittico dell'Incoronazione della Vergine tra i ss. Lucia e Nicola da Tolentino (entrambe a Venezia, Gall. dell'Accademia); la Madonna dell'Umiltà (Worcester, MA, Art Mus.) e il polittico raffigurante la Madonna con il Bambino e santi e una Crocifissione sulla cimasa (Baltimora, Walters Art Gall.). A questo elenco va aggiunta una Madonna dell'Umiltà (Pennabilli, Mus. Diocesano Antonio Bergamaschi), proveniente dal convento francescano di Pietracuta, sulla quale un restauro ha messo in luce la scritta mutila "[---]rinus" (Scassellati Riccardi, 1964). Lo stesso soggetto è stato replicato in altre tavole unanimemente attribuite a C., come quelle conservate a Venezia (S. Francesco della Vigna, sacrestia), a Roma (Mus. del Palazzo di Venezia; Pallucchini, 1964, p. 199) e a Faenza (Pinacoteca Com. d'Arte Antica e Moderna; D'Arcais, 1965).Due opere raffiguranti la Madonna con il Bambino conservate in musei americani (Columbus, Mus. of Art; Cleveland, Mus. of Art), una Crocifissione della chiesa parrocchiale di Cadoneghe (D'Arcais, 1965) e un trittico portatile della chiesa arcidiaconale di Pieve di Cadore (Lucco, 1986, I, pp. 143-144) completano il novero delle attribuzioni.L'Incoronazione della Gall. Querini-Stampalia, che costituisce l'unica testimonianza certa della prima attività di C. e della collaborazione con Donato, rappresenta il capolavoro della cultura 'decadentista' veneziana del secondo Trecento. Accanto all'aspetto predominante, che nelle figure centrali esalta un bizantinismo di maniera, secondo criteri formali desunti da Paolo Veneziano e in cui prevalgono eleganze lineari e virtuosismi tecnici, convivono nell'opera presenze eterogenee, come gli angeli che circondano il trono, ricondotti all'intervento di C. (Muraro, 1974, nr. 108; Dazzi, Merkel, 1979, p. 33), il quale appare già disposto verso le novità tardogotiche ribadite nella città lagunare dal fondamentale cantiere aperto da Guariento nel 1366 nella sala Maggiore di Palazzo Ducale.A questa prima fase di C. è possibile accostare una Madonna dell'Umiltà (Mosca, Gosudarstvennyj Muz. A.S. Puškina) che Lazarev (1954, p. 84) riferiva dubitativamente a Stefano di S. Agnese e Pallucchini (1964, p. 194) al Maestro del Memento mori. Questa tavola potrebbe invece rappresentare il primo esempio della copiosa serie di opere di analogo soggetto che costituiscono l'aspetto più caratterizzante della produzione di Caterino. La tavola di Mosca indicherebbe allora un riferimento a formule iconiche neobizantine apprese nella bottega di Donato, ma già espresse con un irrobustimento di forme in seguito approfondito nella tavola di Roma e con un gusto decorativo puntualmente ripetuto nella Madonna di Cleveland.Lazarev (1954, p. 89) attribuì inoltre alla collaborazione di Donato e C. un trittico raffigurante una Madonna con il Bambino e i ss. Antonio Abate e Nicola da Tolentino (San Pietroburgo, Ermitage), da collocare in una data prossima alla pala della Gall. Querini-Stampalia; questa proposta veniva accolta da Pallucchini (1964, p. 199) e ulteriormente approfondita con l'assegnazione a C. dei due santi, che presentano effettivamente, rispetto al gruppo centrale, un diverso tessuto chiaroscurale e un rilievo lineare che si ripete nelle figure laterali del trittico dell'Incoronazione della Gall. dell'Accademia.Una seconda fase dell'attività di C. si aprì con le prime opere create singolarmente, a partire dal 1374, come la perduta ancona della chiesa veneziana di S. Agnese. Svincolato dalla bottega di Donato, C. si orientò decisamente verso il filone tardogotico rappresentato a Venezia dall'attività di Lorenzo Veneziano e ulteriormente caratterizzato dall'arrivo di Giovanni da Bologna nella città lagunare intorno al settimo decennio del secolo. L'Incoronazione firmata e datata 1375 è il primo documento artistico che attesta questi nuovi assunti culturali, utilizzati per evocare un linguaggio di immediata comprensione e di contenuto popolaresco, dove il mezzo grafico perdeva la funzione decorativa delle prime opere per divenire incisione di forme robustamente scolpite. Questa facile e riduttiva schematizzazione del linguaggio tardogotico, segnata dalle stesse esigenze di compromesso dell'attività veneziana di Giovanni da Bologna, consentì tuttavia a C. un discreto successo. Si susseguono, ripetitive e monotone, le opere di Cleveland, di Roma, di Columbus e di Pieve di Cadore.Un'ultima fase è quella a cui appartiene il polittico di Baltimora, che Pallucchini (1964, p. 199) collocava in data non anteriore al 1380. L'opera, proveniente dalla Coll. del conte Orsi di Ancona, era probabilmente in origine in qualche istituto religioso nei pressi di Osimo (Cavalcaselle, Crowe, 1887, p. 321) e indica, insieme alla Madonna con il Bambino di Pennabilli, se non una presenza di C. nelle Marche, almeno un contatto con la committenza di quella regione. I dati stilistici evidenziano un ulteriore approfondimento dell'influenza tardogotica, orientata questa volta dalla produzione di Jacobello di Bonomo, che determinò un'accentuazione espressiva e la creazione di superfici più distese e frontali, che immettono C. in quella koinè che coinvolgeva la regione altoadriatica negli ultimi decenni del secolo. A questa fase potrebbe appartenere anche il polittico dell'Incoronazione della Vergine di Fermo (Pinacoteca Civ.), proveniente dalla chiesa di S. Michele Arcangelo, già attribuito a C. da Testi (1909, p. 328) e recentemente assegnato a Jacobello di Bonomo (Fermo. Antiquarium, 1990, pp. 197-198).Un documento del 1386 (Prjiateli, 1962, p. 145), che ricorda C., impegnato di nuovo con Donato e con Pietro di Niccolò, nel convento di S. Domenico a Zara, propone il difficile quesito circa l'attribuzione del Crocifisso ritrovato da Petricioli (1965-1966), appartenente allo stesso convento committente, la cui realizzazione era espressamente indicata nell'atto di allogazione. L'esclusione della possibilità che quest'opera possa appartenere ai due pittori più anziani ha indotto lo studioso a proporre una dubitativa assegnazione a C.; l'opera costituirebbe dunque l'unica testimonianza della produzione tarda del pittore veneziano.
Bibl.: G.B. Cavalcaselle, J.A. Crowe, Storia della pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, IV, Firenze 1887, pp. 319-324; L. Venturi, Le origini della pittura veneziana. 1300-1500, Venezia 1907, pp. 32-34; L. Testi, La storia della pittura veneziana, I, Le origini, Bergamo 1909; s.v. Caterino, in Thieme-Becker, V, 1911, p. 185; R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Firenze 1946 (19522, pp. 46-47); Toesca, Trecento, 1951, p. 712; V. Lazarev, Maestro Paolo e la pittura veneziana del suo tempo, Arte veneta 8, 1954, pp. 77-89; K. Prjiatelj, Un documento zaratino su Caterino e Donato, ivi, 16, 1962, p. 145; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Trecento, Venezia-Roma 1964, pp. 194-200; V. Scassellati Riccardi, Una 'Madonna' di Caterino, AAM 27, 1964, pp. 295-296; M. Dazzi, L'"Incoronazione della Vergine" di Donato e Caterino, Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere e arti 122-123, 1964-1965, pp. 515-525; F. D'Arcais, Per il catalogo di Caterino, Arte veneta 19, 1965, pp. 142-144; I. Petricioli, Jedno Caterinovo djelo u Zadru? [Un'opera di C. a Zara?], Peristil 8-9, 1965-1966, pp. 57-62; European Paintings in the Collection of the Worcester Art Museum, Worcester 1974, I, pp. 334-336; L. Grossato, Da Giotto a Mantegna, cat. (Padova 1974), Milano 1974, nr. 49; M. Muraro, in Venezia e Bisanzio, cat., Venezia 1974; F. Zeri, Italian Paintings in the Walters Art Gallery, I, Baltimore 1976, pp. 55-58; F. D'Arcais, s.v. Caterino, in DBI, XXII, 1979, pp. 385-387; M. Dazzi, V. Merkel, Catalogo della Pinacoteca della Fondazione scientifica Querini Stampalia (Cataloghi di raccolte d'arte, n. s., 12), Venezia 1979; M. Lucco, Caterino di Marco da Venezia, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento a Venezia, Milano 1986, I, pp. 142-144; II, pp. 561-562; Fermo. Antiquarium. Pinacoteca Civica, a cura di L. Pupilli, C. Costanzi, Bologna 1990.S. Petrocchi