Deneuve, Catherine
Nome d'arte di Catherine Dorléac (Deneuve è il cognome della madre), attrice cinematografica francese, nata a Parigi il 23 ottobre 1943. Sin dagli esordi ha rappresentato donne dal fascino freddo e distante, borghesi scostanti e sicure di sé, in realtà capaci di forti e devastanti passioni. I registi che meglio hanno interpretato il suo spirito libero e anticonformista e che hanno fatto emergere il suo grande talento sono stati Luis Buñuel, Roman Polanski e François Truffaut, ma si sono affidati al suo charme senza tempo anche registi tra i più diversi, da Claude Chabrol, Roger Vadim, Jacques Demy, Agnès Varda, a Marco Ferreri, Manoel de Oliveira, Leos Carax e Lars von Trier, in film che ne hanno confermato la popolarità rendendola una delle grandi 'signore' del cinema francese. È stata premiata come migliore attrice nel 1981 con il César e il David di Donatello per Le dernier métro (1980; L'ultimo metrò) di Truffaut; nel 1993 con il César e una nomination all'Oscar per Indochine (1992; Indocina) di Régis Wargnier; nel 1998 con la Coppa Volpi al Festival di Venezia per Place Vendôme di Nicole Garcia.
Figlia di due attori e sorella minore di Françoise Dorléac, debuttò a tredici anni in Les collégiennes (1956) di André Hunebelle, ma il primo ruolo importante sarebbe arrivato con Le vice et la vertu (1963; Il vizio e la virtù) di Vadim, adattamento contemporaneo dei testi di D.-A.-F. Sade, in cui la D. è la promessa sposa di un partigiano finita in un bordello-lager del Tirolo. Ottenne il successo internazionale con Les parapluies de Cherbourg (1964) di Demy, malinconica favola musicale tutta cantata dove la giovane attrice offre un'indimenticabile interpretazione nel ruolo di una ragazza borghese innamorata di un soldato, ma imprigionata in un matrimonio senza amore con un altro uomo. Per lo stesso regista la D. avrebbe interpretato accanto alla sorella Françoise Dorléac la commedia Les demoiselles de Rochefort (1967; Josephine), opera recitata e cantata e omaggio al musical hollywoodiano, quindi Peau d'âne (1970; La favolosa storia di Pelle d'asino), colorata fiaba musicale in cui è una principessa vittima di un incantesimo, e L'événement le plus important depuis que l'homme a marché sur la Lune (1973; Niente di grave, suo marito è incinto), commedia grottesca centrata su una coppia piccolo-borghese, sconvolta dalla gravidanza di lui.
L'immagine di ragazza fresca e fragile che caratterizzò la D. nei primi anni della sua carriera fu rovesciata da Polanski che in Repulsion (1965) la volle trasformare in una serial killer sessuofoba e schizofrenica, immergendola in atmosfere ossessive. Ma fu Buñuel a far emergere la sua carica erotica, ambigua ed enigmatica: se in Belle de jour (1967; Bella di giorno) è una moglie insoddisfatta che si ribella, tra realtà e immaginazione, a una società e a un'educazione borghesi, cattoliche e repressive, prostituendosi tutti i pomeriggi e dando libero sfogo a desideri e fantasie, in Tristana (1970) è la vittima-carnefice in una storia che, ancora una volta, mette a nudo i condizionamenti borghesi sui comportamenti umani. Sempre negli anni Sessanta, la D. ha spesso affrontato personaggi alteri e a un tempo passionali, dimostrando una grande abilità nel saper disegnare le sottili sfumature di queste personalità contraddittorie e di non facile definizione, come in Les créatures (1966) di Varda, in cui è la compagna incinta di uno scrittore di romanzi polizieschi, o in Benjamin ou les mémoires d'un puceau (1968; Benjamin, ovvero le avventure di un adolescente) di Michel Deville, ove ha il ruolo di un'ingenua vergine.
La gelida femme fatale rappresentata dalla D. avrebbe trovato la sua apoteosi in La sirène du Mississippi (1969; La mia droga si chiama Julie), in cui Truffaut seppe offrirle una parte ricca di sfumature, costruendo la sua Julie/Marion come un personaggio hitchcockiano che seduce, inganna, ruba, fugge. Ancora per Truffaut si sarebbe chiamata Marion in Le dernier métro, interpretando l'autoritaria e sfuggente 'sacerdotessa' di un teatro parigino che durante l'occupazione nazista continua l'opera del marito regista costretto a rimanere nascosto nei sotterranei perché ebreo. Il film, che diede nuovo impulso alla carriera dell'attrice, arrivò dopo un decennio di ruoli che non sempre erano risultati all'altezza del suo talento. Negli anni Settanta, infatti, aveva animato personaggi paradossali, provocatori e grotteschi per Ferreri, al fianco di Marcello Mastroianni, in La cagna (1972), in cui è una donna divisa tra istinti sessuali, animaleschi e omicidi, e in Touche pas la femme blanche (1974; Non toccare la donna bianca); mentre per Claude Lelouch era stata una fuorilegge trasgressiva e romantica in Si c'était à refaire (1976; Chissà se lo farei ancora) e in À nous deux (1979; A noi due). A quegli stessi anni risale la partecipazione al poliziesco statunitense Hustle (1975; Un gioco estremamente pericoloso) di Robert Aldrich dove, al fianco di Burt Reynolds, disegna il ruolo di una ragazza finita nel giro della malavita, e la collaborazione con cineasti italiani come Dino Risi (Anima persa, 1977) e Sergio Citti (Casotto, 1977, film nel quale appare fuggevolmente in un sogno). Dopo Le dernier métro il suo percorso artistico si è arricchito di nuovi e interessanti personaggi: in Le choix des armes (1981; Codice d'onore) di Alain Corneau è la moglie di un allevatore di cavalli la cui esistenza viene sconvolta dall'arrivo di un detenuto fuggito dal carcere; in The hunger (1983; Miriam si sveglia a mezzanotte) di Tony Scott, in una delle rare apparizioni in un film statunitense, interpreta una moderna vampira newyorkese a caccia di giovani prede. Diretta poi da Mario Monicelli nel ritratto corale al femminile di Speriamo che sia femmina (1986), è stata quindi scelta da André Téchiné per Le lieu du crime (1986; Il luogo del crimine), nel ruolo di una donna che si innamora di un evaso. Con quest'ultimo regista ha girato anche Ma saison préférée (1993; Ma saison préférée ‒ La mia stagione preferita) e Les voleurs (1996), mentre Wargnier l'ha voluta in Indochine, nella parte di una donna d'affari che scopre improvvisamente la passione, e in Est-Ouest, noto anche come East/West (1999; Est-Ovest Amore-Libertà), dove è una celebre attrice che dopo la guerra aiuta la moglie francese di un russo a fuggire in patria. Raoul Ruiz l'ha invece 'sdoppiata' nel thriller psicologico Généalogies d'un crime (1996; Genealogia di un crimine) e le ha affidato il ruolo di Odette in Le temps retrouvé (1999; Il tempo ritrovato), da M. Proust; Carax l'ha mostrata senza veli in Pola X (1999), mentre de Oliveira l'ha voluta in O convento (1995; I misteri del convento) e in Je rentre à la maison (2001; Ritorno a casa). Ha interpretato inoltre Place Vendôme, nella parte della vedova di un trafficante di gioielli in cerca di riscatto in un mondo a lei ostile, Le vent de la nuit (1999) di Philippe Garrel, Dancer in the dark (2000) di von Trier, nel ruolo di un'operaia, The musketeer (2001; D'Artagnan) di Peter Hyams in quello della regina, e 8 femmes (2002; 8 donne e un mistero) di François Ozon, nelle vesti di una donna misteriosa, sospettata dell'omicidio del marito.
E. Neuhoff, Catherine Deneuve, Paris 1980; P. Barbier, J. Moreau, Catherine Deneuve, Paris 1984; R. Vadim, Bardot, Deneuve, Fonda: the memories of Roger Vadim, London 1986.