CATTANEO DELLA VOLTA, Nicolò
Nacque a Genova il 18 luglio del 1679, primogenito di Giovanni Battista e di Maddalena, figlia di Cesare Gentile, e fu battezzato nella parrocchia gentilizia della sua ricca e potente famiglia in S. Torpete. Dopo essere stato ascritto al libro d’oro della nobiltà il 25 ag. 1701, il C. intraprese la carriera politica a ventisette anni, con la carica di revisone dei libri criminali. Nel 1709, nonostante la giovane età, fu eletto tra i protettori dell’ospedale di Pammatone.
Quindi, per diversi anni, il suo nome non ricorre nei Manuali del Senato: fu forse aggregato all’esercito o alla marina, o inviato presso qualche corte straniera. Di certo in questi anni si sposò, e dalla moglie Livia, figlia di Gerolamo Grimaldi, ebbe due figli maschi, Giovan Battista, nato il 17 giugno 1717 e ascritto, prima dei termini abituali, il 13 nov. 1723, dal quale ebbe poi numerosa discendenza maschile, e Giacomo.
Nel 1722 il C. riprese la carriera pubblica: fu eletto preside del magistrato della Seta e contemporaneamente scelto come uno degli addetti all’Archivio segreto; l’anno dopo deputato ai Confini. Nel 1726 venne nominato commissario della fortezza di Savona, mentre la situazione si faceva difficile nella Riviera di Ponente per l’acutizzarsi della crisi del Finale, che Vittorio Amedeo II di Savoia mirava ad annettersi ricorrendo a congiure e fomentando ribellioni; ma il C. preferì rinunciare. Rimasto a Genova, ostentò la sua fierezza nella vita cittadina, guadagnandosi la fama di uomo coraggioso per aver osato, nel 1729, mandare a monte due importanti ricevimenti piuttosto che cedere all’alterigia di monsieur de la Grons cerimoniere di Carlotta d’Orléans, cugina di Luigi XV e duchessa di Modena.
Dal 1731 la vita politico-amministrativa impegnò molto più intensamente il C.: in quell’anno infatti fu contemporaneamente addetto al magistrato delle Provvisioni delle navi, supremo sindacatore e uno dei governatori della Repubblica. Dal 1732 fino al 1736 venne di nuovo addetto al magistrato per la custodia dei Confini. Finalmente, il 7 febbr. 1736, fu eletto doge. Neppure un mese dopo l’elezione, il C. dovette affrontare un problema molto grave. Teodoro Neuhoff, sbarcato in Corsica con l’appoggio inglese, si era fatto proclamare re dell’isola, e l’insurrezione da lui suscitata poté essere domata solo dopo otto mesi, col ricorso a consistenti prestiti da parte del Banco di S. Giorgio alla Repubblica per l’ingaggio di tre reggimenti di soldati svizzeri e con l’aiuto non disinteressato, e gravido di conseguenze, di contingenti armati francesi, il cui intervento, in quella circostanza risolutivo, era stato favorito dalle doti diplomatiche dell’inviato straordinario a Parigi Giovan Francesco Brignole Sale. Al momento del trattato di Fontainebleau, il 18 ott. 1738, che risolveva provvisoriamente la crisi corsa, il C. aveva concluso l’incarico ducale e gli era succeduto Costantino Balbi. Egli invece in quell’anno era deputato del Fisco, proprio quando, con una misura di totale eccezionalità nella prassi politica abituale, era stata votata un’imposta diretta straordinaria dell’1% sui patrimoni eccedenti le 6.000 lire, per affrontare una situazione di crisi finanziaria molto grave.
Che alla elaborazione del progetto di imposta straordinaria il C. non debba essere stato estraneo è suggerito da due circostanze: la prima, che successivamente, nel 1743, persistendo la situazione d’emergenza, sarà proprio lui a elaborare un progetto di prestito di 20.000 scudi d’argento per sopperire al deficit dell’erario pubblico, suggerendo a quali fonti ricorrere per sanarlo entro cinque anni; la seconda, che né lui né il fratello Cesare compaiono tra i cinquanta patrimoni più elevati, poiché i loro ingenti capitali sfuggivano a una esatta stima, essendo in quegli anni impiegati in prestiti ad interesse composto presso Stati, principi e banche straniere, secondo la tecnica abituale dei gruppi finanziari formati dai nobili genovesi. Oltre alla partecipazione personale del C., sempre svolta in società col fratello Cesare, dal 1740-45 partecipano attivamente a queste operazioni finanziarie anche i due figli del C.: il loro contributo è anzi talora superiore a quello del padre e dello zio, come nel prestito all’imperatrice del novembre del 1747, cui Giovan Battista e Giacomo parteciparono con un capitale comune pari a 18.333 fiorini.
Nel 1739 il C. venne eletto preside del magistrato di Guerra, dicastero ancora della massima importanza per i rapporti con la Corsica, al cui magistrato fu poi specificatamente addetto nel 1742. Preside del magistrato dell’Abbondanza tre volte, nel 1740, 1741 e 1743, fu scelto ai delicati incarichi di preside degli Inquisitori di Stato nel 1746 e di nuovo di preside del magistrato della Guerra nel 1747, negli anni difficilissimi della lotta contro l’Austria, mentre suo figlio Giacomo, deputato alle fortificazioni del Bisagno, espletò con diligenza le sue funzioni durante l’assedio austriaco. Dopo essere stato quasi sempre aggregato al magistrato per la protezione dei Confini, ricoprì la sua ultima carica nel 1749, come incaricato di regolare gli affari del governo con il Banco di S. Giorgio.
Il C. morì a Genova il 5 luglio 1751, e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, mss. 434, p. 109; 479, c. 322; 495, c. 281; Genova, Civica Bibl. Berio, m.r. X, 2, 167: L. Della Cella, Famiglie di Genova (1782), c. 678; L. A. Cervetto, Famiglie genovesi, in Il Cittadino (Genova), 1897, n. 30; L. Levati, I dogi di Genova dal 1721 al 1746, II, Genova 1913, pp. 30-34; R. Di Tucci, La ricchezza privata e il debito pubbl. in Genova nel sec. XIII, in Atti della Soc. ligure di scienze e lettere, XI (1932), pp. 20 s.