CATTANEO DELLA VOLTA, Pier battista
Nobile genovese, nacque attorno al 1530 da Filippo fu Cristoforo e da Pellegrina Lomellini di Nicolò.
Il padre del C. appartenne ad una delle famiglie più ricche ed attive nella vita politica ed economica della Repubblica di Genova tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo e, nel 1528, fu uno dei Dodici riformatori delle leggi. Ebbe numerosa prole maschile: oltre al C., Alessandro, Giacomo, Nicolò, Visconte, Gerolamo.
I primi incarichi pubblici, di modesta natura diplomatica, furono affidati al C. nel 1570, anno in cui fu inviato nel gennaio a Firenze e in settembre a Vienna.
La visita in Toscana era motivata dalla necessità di recare congratulazioni ufficiali a Cosimo I per la nomina granducale, congratulazioni poco sentite a Genova, e per le quali il Senato temeva che il C. potesse non essere ricevuto: in questa evenienza, lo si istruiva a insistere tre giorni per ottenere l’udienza, quindi a cercare di “penetrare” le cause dell’eventuale rifiuto, e informarne la Repubblica, che avrebbe provveduto a nuove istruzioni. Più facile la missione a Vienna, a recare i rallegramenti ufficiali per i matrimoni di due figlie dell’imperatore con il re di Spagna e il re di Francia. Il C. ricevette l’incarico di approfittare della permanenza nella capitale austriaca per far visita all’ambasciatore di Spagna, particolarmente sollecito degli interessi genovesi.
Durante la guerra civile che, tra il 1575 e il 1576, si sviluppò tra i nobili della vecchia e quelli della nuova nobiltà sull’abolizione della legge del “garibetto” (metodo per cui l’elettività dei membri del Minor Consiglio e di un terzo di quelli del Maggiore avveniva per voti anziché per sorte) che favoriva i primi a danno dei secondi, il C. si schierò coi nobili “vecchi” e, con molti di loro, lasciò la città.
A Finale, dove si andavano organizzando attorno a Giovan Andrea Doria, il C., il 29 genn. 1576, faceva parte di una deputazione incaricata di compilare la lista delle spese sostenute dal governo genovese durante la guerra civile: tale somma, secondo la stima puntualmente documentata dal C. e dagli altri otto deputati, ascendeva a 300.000 scudi, che dovevano essere recuperati attraverso apposita tassazione straordinaria del 2% sul patrimonio dei responsabili del conflitto. A tale scopo, il 26 febbraio, il C. e i colleghi elessero tre incaricati alla esazione nelle persone di Agostino Grimaldi, Antoniotto Cattaneo e Filippo Lomellini.
Dopo la pubblicazione, il 10 marzo, delle leggi di Casale, che attraverso la mediazione delle potenze straniere componevano i dissidi interni di Genova, il C. rientrava con gli altri fuorusciti. Negli anni successivi ricoprì cariche di grande autorità e prestigio: nel 1580 fu eletto governatore e, il 18 luglio 1588 insieme a Ottaviano Doria, procuratore. Nel 1590 venne nominato ambasciatore ordinario per tre anni in Spagna.
Le istruzioni del 10 settembre sono sostanzialmente analoghe a quelle consegnate il 7 nov. 1586 al suo predecessore, G. B. Doria, per la parte relativa alla questione della precedenza su Firenze, Ferrara e Mantova, sul diritto del titolo di serenissimo al doge di Genova (dopo la concessione del titolo alla Repubblica nel 1580 per decreto imperiale), sull’acquisto di alcune terre della Lunigiana (Aulla, Bibula e Monte Vai), sul marchesato di Finale, sulla pendenza col duca di Savoia per Pornassio, fra il duca di Mantova e i signori del Sassello per l’abbazia di Tiglieto. Oltre a problemi di minor conto, la Repubblica ricorda al C. la necessità di insistere presso la corte per il rispetto del legato di Colombo, il quale aveva disposto per testamento che si tenesse aperta una casa intitolata a lui e da lui dotata, legato inattuato, per il perdurare dei contrasti tra eredi spagnoli ed eredi genovesi. Fondamentali nella missione del C. tre compiti: primo, che provvedesse perché la Repubblica venisse investita di Zuccarello (località nell’entroterra di Loano, che Scipione del Carretto si era impegnato a non vendere se non a Genova, ma che aveva venduto invece al duca di Savoia); secondo, che ottenesse soddisfazione dal re cattolico per un affronto fatto alle galere genovesi dal viceré di Sicilia; terzo, e più importante di tutti, che prospettasse al re il bisogno che la Repubblica aveva di grano e di vettovaglie e cercasse di ottenere tratte di frumento dallo Stato di Milano e dal viceré di Sicilia.
Circa un anno dopo l’arrivo del C. a Madrid, la situazione dei rifornimenti granari in Liguria raggiunse un punto critico: il 3 sett. 1591 il C. inviò un memoriale al re cattolico per informarlo della gravità della carestia a Genova e nelle Riviere e per chiedergli un pronto invio di frumento. Con l’ulteriore aggravarsi della situazione, il 30 sett. 1591, partì da Genova G. B. Doria per appoggiare la richiesta del C. e dimostrarne l’urgenza vitale: il C., in una lettera del 28 settembre, è invitato appunto a consultarsi col Doria per decidere una linea di condotta comune.
A metà aprile 1593 il C. incorse in un incidente diplomatico: poiché il ministro spagnolo Idiaquez aveva espresso al C. il disappunto del re per il comportamento dei Genovesi con il ministro napoletano, il C., senza ricevere alcun ordine dal Senato, scrisse un memoriale sull’argomento e lo fece presentare al re, offrendo così il pretesto perché il sovrano, che fino allora se ne era dimostrato contrario, dovesse ascoltare l’Idiaquez e scriverne direttamente alla Repubblica, scavalcando il Cattaneo. Nell’ottobre 1593 l’incarico del C. venne protratto di un anno; ma il 1º ott. 1594 poté consegnare a Ettore Piccamiglio, incaricato d’affari fino all’arrivo del suo successore, le informazioni relative alle pratiche che aveva in corso, in particolare ancora quelle per il riconoscimento del titolo di serenissimo al doge e per i rifornimenti granari (riguardo a quest’ultimo problema, il C. aveva proposto che il re di Spagna sostituisse con l’invio di tratte di grano dalla Sicilia il versamento di 200 ducati annui, stabilito e mai effettuato, per la cura dei soldati spagnoli degenti a Pammatone). L’ultima lettera del C. da Madrid, annunciante il suo ritorno, è del 4 dic. 1594.
Quattro anni dopo, a Genova, nel dicembre 1598, il C. venne rieletto tra i governatori, insieme con Paolo Sauli e Stefano Lazagna. Mentre ricopriva tale carica, nel febbraio 1599, venne eletto tra i quattro senatori che dovevano ricevere ai confini del dominio Margherita d’Austria regina di Spagna che s’imbarcava a Genova sull’armata di Giovan Andrea Doria. Dopo il 1599 non si hanno altre notizie del C., probabilmente morto di lì a poco. Ebbe un unico figlio, Alessandro.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, ms. 495, c. 281; Ibid., Arch. segr., Instructiones et relationes, 2707 D, doc. 77; Genova, Civ. Bibl. Berio, ms. m.r. X, 2, 167: L. Della Cella, Fam. di Genova, c. 676; Istruz. e relaz. degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, Roma 1951, I, pp. 257 s., 271-278, 283 s., 338, 343 s.; A. Roccatagliata, Annali della Repubblica di Genova, Genova 1873, pp. 122, 170 ss.; F. Poggi, Le guerre civili di Genova in relaz. a un documento economico-finanziario dell’anno 1576, in Atti d. Soc. lig. di storia patria, LIV (1930), pp. 112, 152; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, ibid., LXIII (1934), pp. 83, 109, 166.