catuno
Forma fiorentina antica - e anche pisana - di aggettivo e pronome distributivo, c. è attestato con questa seconda funzione soltanto in If XXVI 48 (catun si fascia di quel ch'elli è inceso, nell'ed. Petrocchi; le edizioni precedenti ciascun) e in Cv III XI 6 in alcuno modo si può dicere catuno filosofo secondo lo naturale amore che in ciascuno genera lo desiderio di sapere.
Come si ricava anche da quest'ultimo luogo, ove c. è ripreso e variato da ciascuno, il vocabolo sembra variante, semanticamente più specifica nella determinazione singolativa-distributiva, di ciascuno: possono dimostrare ciò le attestazioni di c. nei Nuovi testi fiorentini del Dugento, pubblicati da A. Castellani (Firenze 1952, II 849-850), nei quali, forse proprio per la sua perspicuità definitoria, c. può ritenersi termine tecnico dell'uso notarile; si vedano inoltre quelle del Giamboni (Volgarizz. di Flavio Vegezio 42 " ciascheduno anno, anzi poco meno che catuno mese ": vi si noti la variante e la riduzione concettuale implicita nel rapporto fra ‛ anno ' e ‛ mese '; Libro de' vizî e delle virtudi [ed. Segre, Torino 1968] XXV 2 " E sceverato catuno re per sé... vedemmo uno di questi Vizi... che fece otto schiere della sua gente, e a ciascheuna diede il suo capitano ") e nei versi dell'ignoto Amico di D., La gioven donna 39 " acconci se ne parton tutti quanti, / lasciando ciaschedun vizio e difetto, / pensando poi catun di viver retto ", dai quali l'attestazione del Convivio sopra citata non sembra estremamente lontana. Nella Commedia c. affiora in tradizioni manoscritte invece di ciascun, tramandato dalle tradizioni preferibili e accettato dalle edizioni moderne (cfr. If VII 34 poi si volgea ciascun, quand'era giunto, ove il Parmense 3285 e il Riccardiano 1005 tramandano catun, e il 4 20 della bibl. dei Girolamini di Napoli catuno).