CAUDIUM
Capitale dei Sanniti Caudini, odierna Montesarchio, nota soprattutto per la vittoria dei Sanniti sui Romani del 321 a. C. (Liv., ix, 2 e s., 27; Flor., i, 16; Eutrop., ii, 9; Oros., iii, 15; Appian., Samn., 4; Gell., 17, 21, 36; Cic., de Off., iii, 30, 10, 109; Lucan., 2, 137; Sil. It., 8, 565). A prescindere dalla battaglia, C. è nominata da Plinio (Nat. hist., III, 105; Ptol., ii, i, 67; Steph. Byz., 368, 15-17 M.). Come mansio sulla via Appia da Capua a Benevento, è ricordata da Orazio (Sat., i, 5, 51), Strabone (v, 4, 10, p. 249; vi, 3, 7, p. 283) e dagli Itineraria (Tab. Peutingeriana; Ravennate, iv, 33; Antoninum, p. iii, 9; Hyerosolimitanum, p. 610, 12). Le distanze indicate dagli Itineraria dimostrano come esatta la localizzazione di C. nella zona dell'attuale Montesarchio; il che è confermato dal rinvenimento di epigrafi nell'ambito del paese (G.I.L., ix, 2161-2163; 2171-2173; 6293). Il Nissen afferma che la città era a un miglio dalla mansio, ma il ragionamento su cui basa tale affermazione non è accettabile.
Augusto attribuì il territorio di C. alla colonia di Benevento, mentre la campagna fu assegnata ai veterani (Liber Colonialis, vol. i, p. 232); pare invece che la città ne fosse esclusa: (C.I.L., ix, 2165; cfr. E. Pais, Storia della colonizzazione di Roma antica, vol. i, Roma 1923, p. 214 e s.).
C. probabilmente era municipium (C.I.L., x, 1572-1573) ed apparteneva alla tribù Falerna (G.I.L., vi, 3884; 12, 1746).
La città antica non è stata ancora individuata: gli unici resti di edifici furono rinvenuti, nel 1924, a S del paese, dal Minto, il quale rinvenne, oltre a frammenti architettonici in marmo, una moneta in bronzo di Tiberio, un'iscrizione dedicatoria che ricorda Druso figlio di Tiberio, del 33 d. C., e una copia in marmo pentelico della peplophòros di Kalamis. Ma non è certo che tali ruderi appartenessero alla città.
La necropoli. - Già nel XVIII sec. furono rinvenute nella zona di Montesarchio alcune tombe; e negli anni passati si misero alla luce alcuni corredi tombali. Dal 1965 si iniziarono sistematiche campagne di scavo che tuttora continuano. Il materiale rinvenuto è ora, provvisoriamente, nei depositi della Soprintendenza alle Antichità di Salerno e al Museo Provinciale di Benevento, in attesa di essere sistemato nell'erigendo Antiquarium di Montesarchio.
Il materiale dell'Età del Ferro presenta dei tipi che appartengono alla cultura delle tombe a fossa; ma di quella corrente che, prescindendo dall'ambiente più meridionale, si collega da una parte con Stabia e la valle del Sarno, e dall'altra con Alfedena e, di li, con l'ambiente piceno. I corredi rinvenuti non sono anteriori al VII secolo. I tipi più significativi sono: piccoli pithoi ovoidi di impasto rossastro grossolano, con cordonature sotto l'orlo, e con coperchi conici a presa verticale; anfore di impasto grigio e superficie lucida, con collo a clessidra ed anse tese, con decorazione a cordonatura (per lo più a lambda), talvolta unita a decorazione a rotella, e con depressioni circolari all'attacco delle anse; oinochòai a bocca rotonda e corpo ovoide, con cordonatura sotto l'orlo e corpo decorato a incisioni; coppe fonde, con e senza anse, decorate con cordonatura a lambda, talvolta su piede traforato; coppe carenate e svasate, con corpo decorato a solcature orizzontali e anse oblique impostate all'altezza della carena; piattelli con orlo a linguette; piattelli con orlo orizzontale decorato con incisioni a rotella. Tutti questi vasi sono di impasto grigio piuttosto fine e superficie lucida.
Associati a questo materiale, si trovano molti vasi di argilla chiara, con decorazione a fasce rosse. I tipi più comuni sono: le oinochòai, le bottiglie di tipo ionico, le ciotole, le olle ovoidi, le coppe larghe biansate con orlo orizzontale. Le fibule sono di bronzo, a ghiande, del tipo Sundwall H III α b (Dragofibeln); altri oggetti di bronzo sono: armille ad ovuli; pendagli riuniti da un anello e desinenti a bulla; pendagli con protomi animali. In due contesti si rinvennero pure frammenti di carri di ferro.
I corredi del VI sec. sono molto numerosi e ricchissimi di materiale; in associazione con alcuni vasi di impasto di forme ritardate (pìthoi, olle, scodelle), si trova una grande abbondanza di bucchero pesante, nelle forme più canoniche; più insolita è invece la forma del cratere a colonnette, e del cratere del tipo cosiddetto "calcidese". Essi presentano una decorazione incisa, e talvolta a cerchietti impressi. Si è rinvenuta pure una testa in bucchero di tipo subdedalico, circondata da motivi impressi, che probabilmente decorava l'orlo di uno di tali crateri.
Associate a questo materiale, si rinvennero alcune olle di argilla chiara con decorazione subgeometrica in rosso; punte di lancia di ferro; fibule ad arco di ferro; più raramente, fibule ad arco di bronzo. Tra il materiale di importazione, a parte i buccheri, si rinvennero kỳlikes ioniche del tipo B2; kỳlikes attiche ad occhioni; una kỳlix attica a vernice nera; una lèkythos attica a figure nere. Purtroppo sporadici sono alcuni frammenti di vasi attici a figure nere e un ary'ballos medio-corinzio. Un rinvenimento di eccezionale interesse è rappresentato da un'òlpe attica del Pittore della Gorgone, con la rappresentazione di un toro.
Le tombe del V sec. presentano vasi attici a figure rosse di eccezionale valore; molti di essi erano stati restaurati in antico e probabilmente alcuni erano stati riutilizzati in tombe di età posteriore. Le forme più comuni sono il cratere a colonnette e il cratere a campana; da segnalare, tra gli altri, un cratere a campana, purtroppo molto lacunoso, di un pittore molto vicino al Pittore di Borea; in esso è rappresentato, su di un lato, Melanion seduto e una figura femminile; sull'altro, Epeios nudo, stante; su di un frammento staccato, Hermes. Un altro vaso attico di finissima fattura, databile alla metà del V sec. a. C., è un cratere a colonnette su cui è rappresentato Filottete, mentre viene medicato alla gamba. In associazione con questi vasi, si trovano fibule di ferro, che spesso portano, infilata nella staffa, una grossa perla d'ambra.
Materiale di importazione attica continua a trovarsi pure nelle tombe del IV sec. a. C.: difatti, in molti corredi tombali ci sono vasi cosiddetti di Saticula. Il che rivela non solo che a C. doveva esserci un ambiente culturale molto simile a quello della vicina Saticula, ma anche che, per lo meno per la prima metà del IV sec. a. C., il commercio con l'Attica doveva essere fiorentissimo.
Sono pure numerosi i vasi di fabbrica campana; di essi, alcuni sono ancora dell'inizio del IV sec. a. C.; la maggior parte, invece, appartiene alla seconda metà del IV secolo. Alcuni di questi vasi sono del gruppo A.V.; ma la grande massa proviene dalla fabbrica di Cuma. Estremamente interessante è anche il fatto che a C. si siano rinvenuti molti vasi di fabbrica pestana, segno evidente di commercio tra la Campania settentrionale interna e la piana del Sele. E questo già dalla metà del IV sec. a. C., poiché due vasi della necropoli di C. sono da attribuire a Python.
Della fine del IV sec. a. C. è un grosso cratere a calice, su base, decorato nello stile di Gnathia; dello stesso stile è un cratere a campana con anse a testa felina. Probabilmente appartengono alla prima metà del III sec. a. C. alcuni grossi crateri a calice, con resti di dipinture a tempera e dorature; essi sono frequentemente associati a strigili di ferro. Una tomba ellenistica ha restituito una gran quantità di piatti dipinti a tempera.
In una tomba si è rinvenuta, inoltre, una laminetta aurea, non iscritta, che era posta nella bocca del morto; essa è probabilmente da ricollegare con le laminette orfiche di Sibari.
Un altro rinvenimento interessante consiste in una serie di lastrine di terracotta, di matrice tarantina, che dovevano essere incollate ad un sarcofago di legno. Su tali rilievi, che conservano tracce di policromia, sono rappresentate figure di guerriero, di Atena, cavalli, grifi.
Si sono rinvenute pure alcune tombe romane, ma il materiale rinvenutovi è piuttosto atipico.
Bibl.: C.I.L., IX, pp. 198, 590, 673; Ch. Hülsen, in Pauly-Wissowa, III2, 1899, c. 1804, s. v.; H. Nissen, Italische Landeskunde, II, 2, Berlino 1902, pp. 807-9; A. Sogliano, in Enc. It., s. v.; A. Minto, in Not. Scavi, 1924, p. 514 s.; A. Zazo, Gli antichi sepolcreti saticulani e caudini in una relazione del XVIII secolo, in Samnium, VII, 1934, pp. 231-248; G. Lugli, Osservazioni sulle stazioni della via Appia da Roma ad Otranto, in Festschrift für Rudolf Egger, I, Klagenfurt 1952, tav. II, p. 280 s.; D. Mustilli, in Atti del I Convegno di studi sulla Magna Graecia, Taranto 1961, p. 189 e tav. V di fronte a p. 184; E. T. Salmon, Samnium and the Samnites, Cambridge University Press 1967; A. D. Trendall, in Archaeological Reports for 1966-67, pp. 31-32; id., The red-figured vases of Lucania, Campania and Sicily, Oxford 1967, vol. I, p. 700; per i problemi inerenti alla battaglia delle Forche Caudine, e per una completa bibliografia degli studî più antichi su C., si veda P. Sommella, Antichi campi di battaglia in Italia, in Quaderni dell'Istituto di topografia antica dell'Università di Roma, III, Roma 1967, p. 49 s.