CAULAINCOURT, Armand-Augustin, duca di Vicenza, marchese di
Generale e diplomatico francese, nato a Caulaincourt (Aisne) il 9 dicembre 1772. Intraprese a 16 anni la carriera militare. Nel 1793 era capitano. Sospettato dai rivoluzionarî per la nobiltà della nascita, fu destituito dal grado, ma egli continuò a servire da semplice soldato. Il generale Hoche lo fece reintegrare dopo due anni. Incaricato dal governo d'una missione in Russia, ch'egli assolvette con fortuna, si vide, al suo ritorno in Francia, nominato generale e aiutante di campo del Primo Console. Allorché avvenne la scandalosa cattura del duca d'Enghien, il C. si trovava nel Baden in missione segreta, per impadronirsi di alcuni agenti inglesi e questo fatto fu ritenuto dai legittimisti una prova sufficiente per accusarlo di aver partecipato all'arresto e alla successiva esecuzione del principe, quantunque egli sempre protestasse di non essersi immischiato in quel triste affare. Nel 1807, quando avvenne il ravvicinamento fra Napoleone e lo zar Alessandro, il C. - che era già noto e benvoluto alla corte di Pietroburgo - fu nominato ambasciatore francese in Russia, e nei quattro anni in cui durò in tale carica egli moltiplicò gli sforzi del suo duttile ingegno per mantenere in vita il trattato di Tilsitt, da cui egli faceva dipendere il prolungamento dell'egemonia francese in Europa.
In riconoscimento dei suoi servigi Napoleone, il 7 giugno 1808, lo nominò duca di Vicenza. Il C. sentì approssimarsi la catastrofe del 1812 e fece di tutto per rappresentare i gravi rischi d'una guerra contro la Russia; ma Napoleone non volle riconoscerli, ed anzi gli rinfacciò il suo atteggiamento come una dedizione alla volontà dello zar. Rotti i rapporti diplomatici tra Francia e Russia, il C. seguì Napoleone durante i progressi della Grande Armata fino a Mosca, rimanendogli a fianco nella disastrosa ritirata, forse lusingandosi di poter annodare trattative con la Russia. All'indomani della battaglia di Bautzen, Napoleone cercò di utilizzare la stima che lo zar aveva conservato per il C. e lo inviò al quartiere generale russo per negoziare l'armistizio; ed egli riuscì, appoggiato dalla mediazione del Metternich, a concluderlo (Pläswitz, 4 giugnò 1813). Però il C. non riuscì a indurre Napoleone ad accettare le proposte avanzate al congresso di Praga dall'Austria in tempo perché questa non aderisse alla coalizione.
Il 20 novembre 1813, mentre la situazione francese diventava sempre più critica, Napoleone gli affidò il ministero degli Affari esteri autorizzandolo il 2 dicembre a riprendere le trattative. Invasa la Francia (1814), le potenze della coalizione mandarono a offrir pace a Napoleone; ma a condizione che la Francia rientrasse nei confini dell'antica monarchia. L'imperatore, nella speranza di poter ottenere migliori patti, inviò il C. al congresso di Châtillon. Ma le potenze nemiche essendosi mostrate pochissimo condiscendenti, il C. non ebbe l'animo di profittare dei pieni poteri concessigli dopo i primi rovesci, mentre la riluttanza dello zar e i pentimenti di Napoleone rendevano inutili le trattative. Dopo la capitolazione di Parigi, il C. fece un estremo tentativo presso lo zar, ma gl'intrighi del Talleyrand lo fecero fallire, lasciando solo adito all'abdicazione dell'imperatore.
Avvenuta questa a Fontainebleau, il C. scomparve dalla scena politica, per riapparirvi al ritorno di Napoleone dall'Elba, e durante i Cento giorni resse di nuovo gli Affari esteri. Alla seconda abdicazione dell'imperatore, Luigi XVIII comprese il C. nella lista di proscrizione; ma l'intervento dello zar Alessandro, che aveva il C. in alta stima e che si trovava in quei giorni a Parigi, ottenne che potesse rimanere in Francia. Visse ancora dodici anni lontano dagli affari pubblici e morì a Parigi il 19 febbraio 1827.
Bibl.: Souvenirs du duc de Vicence, Parigi 1837 (a cura di M.me de Sor). V. inoltre i suoi ricordi sul colloquio con Napoleone al ritorno della campagna di Russia nella Revue des Deux Mondes, 1928.