CAUSALGIA (dal gr. καῦδις "ustione" e ἄλγος "dolore")
Si chiama così, in medicina, un'affezione assai dolorosa e nella quale il dolore ha spesso carattere urente, descritta da S. Weir Mitchell (Gunshot wounds and others injures of nerves, Philadelphia 1864). Si stabilisce in modo completo solo quattro, cinque giorni dopo un traumatismo, anche relativamente lieve, d'un nervo periferico, specialmente del mediano, del cubitale e dello sciatico; talora anche d'una ramificazione terminale. Il dolore è vivissimo verso l'estremità dell'arto e oltrepassa la zona d'innervazione del tronco leso; è esasperato dal movimento, dalla secchezza della pelle, dalle emozioni, o da eccitazioni su altri territorî cutanei (sinestesalgia); non si accompagna a paralisi, anestesia, modificazione sensibile delle reazioni elettriche, ma a un'iperestesia di superficie, a reazioni simpatiche, il più spesso a carattere vasodilatatorio. La causalgia si distingue perciò nettamente dalla nevrite alla quale però eventualmente può associarsi.
Sembra dovuta a una serie di riflessi simpatici che hanno il loro punto di partenza in un'irritazione periferica; la loro intensità dimostra un'anormale ipereccitabilità dei centri nervosi simpatici; i disturbi vasomotorî e secretorî che ne derivano rinforzano l'irritazione periferica; si stabilisce così un cerchio vizioso funzionale che spiega la persistenza e l'accentuazione progressiva dell'affezione. Le vie centripete e centrifughe di questi riflessi non passano sempre nei tronchi nervosi: la causalgia infatti spesso persiste dopo la sezione del nervo al disopra del punto leso, ma può cessare dopo la sezione al disotto, o la legatura dell'arteria, o la simpaticectomia periarteriosa che sopprimono la conduzione nervosa nelle fibre simpatiche che decorrono nelle guaine perivascolari.