Cavalcando l'altr'ier per un cammino
Sonetto della Vita Nuova (IX 9-12), su schema Abba, Abba: Cde, Edc, presente, oltre che nella tradizione manoscritta della Vita Nuova, anche in altri codici, come Vaticano Barberiniano lat. 3953; Reginense lat. 1973; Marciano ital. IX 529 e lat. XIV 223; Magliabechiano VII 721, e accolto nella Giuntina del 1527. A D. in viaggio appare Amore, in abito dimesso di viandante, e lo avverte che porta il suo cuore, rimasto fino ad ora presso una donna lontana, a servir una nuova bellezza; poi scompare, interiorizzandosi nell'animo del poeta. L'abito umile del dio s'intona all'avvilita sembianza, segno di mestizia per la perduta segnoria sulla donna, l'aspetto di pellegrino pensoso e mesto riflette l'isolamento malinconico e sognante di Dante. Tralasciando le ipotesi, non verificabili, della meta del viaggio di D. (la spedizione di Campaldino per il Witte, quella contro il castello di Poggio S. Cicilia per il D'Ancona; ma sarà meglio pensare, col Flamini, il Casini e altri, a un qualsiasi viaggio o cavalcata in comitiva), converrà soffermarsi sulla prosopopea di Amore, vero centro lirico del sonetto. I critici ne hanno rilevato il carattere topico: lo Scherillo richiama esempi trobadorici, il Barbi altri di area stilnovistica, D. De Robertis aggiunge Fiore II, IX e LXXV; ma i raffronti servono soprattutto a segnare una distanza. D. insiste sulla visione come correlativo oggettivo dell'emozione, ipostatizzando una dimensione d'animo chiusa in dolenti pensieri d'amore, immemore della realtà circostante (il viaggio, i compagni), con un movimento in tre tempi: dal rapido accenno all'occasione biografico-sentimentale (vv. 1-2), al suo risolversi, e approfondirsi, in senso visionario (vv. 3-8), con l'aggiunta, alquanto esteriore, di un tema cortese convenzionale (vv. 9-12), alla conclusione (vv. 13-14) intesa non tanto a liberare un moto affettivo, quanto a definire un acquisto gnoseologico (il dio d'Amore come proiezione dell'intima vita della coscienza). L'autoesegesi in prosa riconduce il sonetto alle ragioni ' del libro: la tristezza di D. nasce dal suo dipartirsi dal luogo dov'è Beatrice, Amore lo esorta a scegliere una nuova donna-schermo, dopo l'allontanamento della prima, il conclusivo § 8 ribadisce il tema del ‛ cammino de li sospiri ', incentrandolo su quello del vero amore, insoddisfatto, per Beatrice, di cui nel sonetto non è traccia (e non si spiegherebbe il quasi cambiato ne la vista mia [§ 7], dato che D. sia prima sia dopo la visione cammina pensoso e sospiroso, se non con l'intensificarsi, dopo l'incontro con Amore, del pensiero di lei). Ma i momenti più alti della prosa vivono della suggestione lirica del sonetto (lo sguardo di Amore al fiume bello e corrente e chiarissimo, l'insistenza stessa sulla solitudine e pena amorosa), con un recupero, però, del tema sentimentale-meditativo su quello visionario (Amore ‛ appare ' nell'immaginazione, non è ‛ trovato ' d'improvviso in mezzo de la via). Rispetto alle rime precedenti della Vita Nuova, legate a veri e propri ‛ generi ' convenzionali (la tenzone, il lamento, il compianto per madonna morta), è questa la prima che rappresenti una vicenda personale, con un suo paesaggio e una sua occasione esistenziale, non retorica, sì che la finzione letteraria diviene trasparente figura di un intimo evento. La visione tende a calarsi in una dimensione psicologica concreta, mantenendo il suo scatto verticale, ma accennando a discioglierlo in un movimento narrativo, in una storia interiore, con un realismo figurativo distinto sia dalla tonalità comico-realistica del Fiore (cui è, se mai, più vicino il sonetto Un dì si venne a me Malinconia, più vibrato, forse, ma lontano dalla tonalità morbida e fusa della Vita Nuova) sia dalle illuminazioni rarefatte e senza tempo del Cavalcanti. V. anche DONNE DELLO SCHERMO.
Bibl. - Oltre ai commenti citati della Vita Nuova, v. Barbimaggini, Rime 42-50; D. De Robertis, Il libro della " Vita nuova ", Firenze 1961, 58-65; F. Montanari, L'esperienza poetica di D., ibid. 19682, 23-25, 62-63.