ROSACROCE, Cavalieri di
Società d'illuminati di cui s'incominciò a parlare in Germania al principio del secolo XVII. I suoi segreti sarebbero stati scoperti, nel 1604, al Marocco, nella tomba d'un cavaliere tedesco, Cristiano Rosenkreuz, morto nel 1484 all'età di 106 anni. Invisibili, come da sé stessi si dicevano ma strumenti predestinati d'un generale rinnovamento del mondo, i Rosacroce pretendevano di conoscere l'avvenire, fabbricare i metalli preziosi, guarire gli ammalati incurabili e perfino di risuscitare i morti. Questo e altro si trova in un'opera anonima, apparsa a Cassel nel 1614, in cui alla traduzione di una parte dei Ragguagli di Parnaso (cent. I, 77) di T. Boccalini fa seguito la Fama fraternitatis Rosae Crucis, attribuita al teologo luterano Giovanni Valentino Andreae. Il libro suscitò vivissima curiosità e diede motivo a parecchi altri scritti anche di carattere polemico, ma poi il rumore si spense e molti credettero anzi che i Rosacroce non fossero mai esistiti. Tuttavia, nel sec. XVII, il loro nome corse qua e là anche nella Francia, nella Spagna e in Italia, specialmente a Mantova e a Venezia. Nell'Inghilterra ne accettò la teosofia il celebre medico Roberto Fludd (1574-1637). Nel sec. XVIII, nella Germania meridionale, si costituirono, col nome di Rosacroce, alcune associazioni che reclutavano i loro membri negli alti gradi della massoneria, e Rosacroce si dissero poi molti, p. es., il Cagliostro, che, nell'oscuro mondo delle logge, alla vigilia della rivoluzione, vantavano il possesso d'una verità superiore alla comune dottrina dei fratelli. In Inghilterra, nel 1838, una Societas Rosicruciana fu stabilita dal romanziere E. G. Bulwer Lytton (1803-1873) sulla base e con la liturgia dei Rosacroce tedeschi del secolo innanzi.
Bibl.: A. E. Waite, The real history of the Rosicrucians, Londra 1887; L. de Combes, Notes sur les illuminés martinistes de Lyon, ecc., Trévoux 1907; M. Heindel, The Rosicrucian Philosophy in Questions and Answers, Chicago 1910. E l'Allgemeines Handb. der Freimaurerei, 3ª ed., Lipsia 1900-1901, voll. 2.