CAVALLO (dal lat. caballus; lat. scient. Equus L. 1758; fr. cheval; sp. caballo; ted. Pferd; ingl. horse)
Genere unico della famiglia dei Cavalli o Equidi (Equidae, Gray 1821).
Gli Equidi.
Caratteri della famiglia. - Gli Equidi sono Ungulati perissodattili, di statura piuttosto grande, forme robuste con muscolatura del bacino e della coscia particolarmente voluminosa; collo piuttosto lungo e molto muscoloso; coda di media lunghezza, carnosa alla base e rivestita, almeno alla punta, di lunghi crini; arti alti, robusti, terminati da zoccolo duro e muniti, almeno gli anteriori, di calli, o castagne, nella parte inferiore e interna dell'avambraccio, poco al disopra dell'articolazione volgarmente detta ginocchio, la quale corrisponde invece al polso dell'uomo; il vero ginocchio del cavallo si trova nell'arto posteriore, a livello del profilo inferiore del ventre. Posteriormente e superiormente alla pastoia, che corrisponde alla parte superiore dell'unico dito esistente nei cavalli, si trova un bottone corneo, lo sprone, generalmente nascosto dai peli. Le castagne rappresentano probabilmente una modificazione callosa di ghiandole. lo sprone un residuo di cuscinetto digitale basale centrale. Nello zoccolo distinguiamo la parete esterna ad accrescimento continuo con margine grosso e particolarmente duro, che tocca il suolo, e nella parte inferiore la suola incallita, nella quale s'incunea di dietro, in forma di triangolo alto e slretto, il cuscinetto distale, anch'esso incallito. Gli zoccoli anteriori sono più larghi e meno ripidi dei posteriori. Le labbra sono morbide, mobilissime; le narici, morbide e mobili anch'esse, generalmente semilunari, sono capaci di dilatazione quasi a formare un cerchio; gli occhi sono piuttosto grandi e vivaci, gli orecchi per lo più assai lunghi e a cartoccio. Il rivestimento peloso è generalmente breve, folto e lucente; quando vi è uno speciale abito invernale, questo è più folto, più lungo e meno lucente. L'abito giovanile è lungo, morbido, lanoso, spesso lievemente ricciuto. Il cranio è allungato, con la porzione cerebrale piccola e la faciale grande, le cavità nasali molto ampie, le ossa nasali lunghe e strette almeno nei due terzi distali, e l'intermascellare lungo e a contatto coi nasali. Vi è un anello orbitale chiuso, e sono ben distinti i processi postglenoideo e post-timpanico. La formula dentale è
Gl'incisivi hanno una profonda invaginazione apicale del loro rivestimento di smalto, invaginazione foderata di cemento e che, per logoramento dà la "marca d'età" o "stella". I canini, separati da un ampio diastema dagl'incisivi e dai premolari, sono rudimentali o addirittura mancano nelle femmine. Il primo premolare, presente nella sola mascella, è piccolo e caduco. Gli altri premolari e i molari sono alti (ipsidonti), a sagoma quadrata e con pieghe dello smalto a pennacchi e mezze lune (lofoselenodonti). Negli arti esiste soltanto il terzo dito, con falangetta allargata, semicircolare e poggiante su di un cuscino elastico-adiposo entro lo zoccolo; la sua falangina e la falange costituiscono le ossa della cosiddetta pastoia. Delle altre ossa lunghe della mano e del piede sussistono soltanto circa i due terzi prossimali molto sottili dei metacarpali, e dei metatarsali, secondo e quarto. L'ulna e il perone sono pure molto sottili e fusi distalmente la prima col radio, il secondo con la tibia. La femmina ha due capezzoli. Il rene è integro; lo stomaco non mostra suddivisioní estcrne, l'intestino è molto lungo e il cieco voluminosissimo; le corde vocali sono bene sviluppate; i sacchi laringei aumentano la risonanza della voce, nitrente o ragliante. Estremamente specializzati per la corsa, gli Equidi sono abitatori della steppa aperta o cespugliosa, vivaci, generalmente di bel portamento, attenti, perché dotati di sensi acuti, ma d'intelligenza piuttosto limitata. Si nutrono d'erba, hanno abitudini gregarie sotto la guida di un maschio adulto; la loro andatura abituale è il trotto; nella fuga galoppano precipitosamente; nella difesa atterrano con gli arti anteriori, scalciano coi posteriori, addentano con gl'incisivi. La femmina porta per circa 11 mesi un solo piccolo. Gli Equidi sono attualmente diffusi in Asia minore, Siria, Persia, Belūcistān, India settentrionale-occidentale e centrale, Asia centrale, Africa a sud del Sahara. La famiglia comprende il sol genere omonimo, Equus L. 1758, suddivisibile nei 3 sottogeneri Cavallo, del quale ci occuperemo qui più particolarmente, Zebra (v.) e Asino (v.).
Paleontologia degli Equidi. - Le ricerche eseguite contemporaneamente in Europa e in America hanno permesso di ricostruire la filogenia di parecchie serie di Equidi, di cui la più importante, che si è sviluppata nell'America del Nord, porta al genere Equus. Oggi è generalmente ammesso che gli Equidi derivino da Hyracotherium dello Sparnaciano d'Europa e dell'America settentrionale per riduzione del numero delle dita, fusione del radio e cubito e complicazione delle pieghe dei molari; con lo studio delle forme intermedie tra questo antico perissodattilo e gli equidi antichi si è tentato di ricostruire la genealogia del cavallo (fig. I). Da Hyracotherium sembra siano derivati in America: Eohippus dello Sparnaciano-Cuisiano, poi Orohippus del Luteziano-Bartoniano e infine Epihippus del Ludiano; in Europa, Propachinolophus del Cuisiano, Pachinolophus e Propalaeotherium del Luteziano, dal quale è disceso Paloplotherium dell'Auversiano-Chattiano, grande come un'alce. Tutti questi generi manifestano una disposizione a divenire Imparidigitati e possono raggrupparsi nella famiglia Hyracotheriidae, che rappresenterebbe la prima grande tappa dell'evoluzione degli Equidi.
Mentre la serie europea degli Hyracotheriidae si estingue nell'Oligocene, l'americana si continua per mezzo dei discendenti d'Epihippus, che formano la famiglia Equidae, la quale comprende Mesohippus dell'Oligocene, Miohippus dell'Aquitaniano e Merychippus del Burdigaliano-Pontico. Da Miohippus divergono 4 branche nord-americane corrispondenti a Parahippus del Burdigaliano-Pontico, Hypohippus del Miocene medio-superiore, Archaeohippus del Miocene medio e Kalobatippus localizzato in strati di passaggio tra l'Aquitaniano e il Burdigaliano. Quest'ultimo ha dato origine a una nuova migrazione europea con Anchitherium del Burdigaliano-Vindoboniano, che presenta interessanti analogie con Hypohippus americano. Tutti questi Perissodattili si ammette che corrispondano a una nuova tappa dell'evoluzione dei cavalli, formando la sottofamiglia Anchitheriinae, a creste dei molari molto pronunciate, con inizio d'increspature dello smalto e a piedi anteriori con tre dita in funzione e un rudimento del quinto.
Da Merychippus deriverebbe Protohippus del Pontico nord-americano e da questo Pliohippus del Pontico-Piacenziano, continuatore della linea ancestrale del cavallo dell'America sett., e Hipparion del Pontico-Pliocene, grosso come una zebra, ma più svelto, che invade, durante il Sarmatico-Pontico, da una parte il vecchio Continente, per mezzo delle terre emerse estendentisi dalle Antille al Mediterraneo, e dall'altra le grandi pianure e la California. Diffusosi in Berberia, Egitto, Etiopia, Hipparion è persistito in queste contrade, come nell'America sett., sino al Villafranchiano; si trova infine nelle Indie e in Cina, ove è potuto giungere attraverso lo stretto di Behring. Protohippus, Pliohippus e Hipparion corrispondono a un nuovo stadio evolutivo degli Equidi e formano la sottofamiglia Protohippinae. Pliohippus è caratterizzato da denti a fusto assai lungo, moderatamente incurvato, da dita laterali ridotte ma ancora provviste di zoccolo e non giungenti al suolo. Da Pliohippus derivano gli Equidi del Pliocene superiore e del Quaternario sud-americano, cioè Hippidium, grosso come un cavallo arabo, ma meno agile e più pesante e Onohippidium, grosso come un cavallino d'Irlanda, le cui membra grossolane e le falangi corte e larghe non permettevano che un andamento regolare.
I rami di Equidi così emigrati attraverso tutti i continenti, eccetto l'Australia, presto o tardi si estinsero, salvo la branca di Pliohippus che avrebbe dato origine in America agli Equini. Questi varî rami presentano tra di loro così grandi analogie da giustificare il loro raggruppamento in un solo genere Equus, apparso nella Florida, nel Sud-America, in Africa, India, Cina, Europa durante il Pliocene superiore. Equus realizza una nuova riduzione delle dita laterali, che oramai sono ridotte a stiletti senza alcuna funzione; tuttavia non è raro trovare oggi dei cavalli in cui riappariscano delle falangi alle dita II o IV e talora anche un rudimento del quinto metacarpo.
Riassumendo, l'Europa non è stata mai un centro di evoluzione continua per gli equini: a tre riprese, nello Sparnaciano con Hyracotherium, nel Burdigaliano con Anchitherium, nel Pontico con Hipparion, vengono a istallarvisi, ma ogni invasione è seguita, a scadenza più o meno breve, da una estinzione totale. Queste migrazioni coincidono sempre con fasi di larghe regressioni, che permettono il passaggio diegli animali attraverso le regioni nord-atlantiche. La più recente migrazione ha avuto conseguenze differenti dalle prime: essa ha trascinato gli Equidi in contrade, ove i loro discendenti dovevano sopravvivere a quelli che son rimasti nei luoghi d'origine della famiglia: mentre gli Equidi si sono estinti nel nuovo mondo durante il Quaternario, essi sussistono ancora nell'antico continente. Introdotti di nuovo dai coloni europei negli Stati Uniti e nella Plata, essi vi hanno prosperato con sorprendente vitalità, ritornando rapidamente in uno stato semi-selvatico.
Cavalli selvatici viventi.
Il sottogenere Cavallo comprende oggi una sola specie con due sottospecie, di cui una è stata sterminata dall'uomo fin dal 1876. Questa è il Tarpan (E. caballus Gmelini Antonius), prevalentemente grigio, che viveva nella Russia meridionale lungo il Don e il Dnepr (fig. 2). L'altro è il cavallo di Przewalski (E. caballus Przewalskii Pol.), prevalentemente isabellino, con piedi, criniera e coda nerastri, alto circa m. 1,35, con testa pesante, collo relativamente corto, criniera nucale eretta, coda rivestita di crini quasi fino alla radice, che vive tuttora nelle pianure al confine tra la Siberia e la Cina occidentale, nel territorio di Cobdo (fig. 3). Le due sottospecie selvatiche sono i capostipiti dei cavalli domestici. I cosiddetti cavalli selvatici dell'America (Cimarrones o Mustang) e dell'Australia (Brumbies) sono cavalli domestici rinselvatichiti.
Il cavallo domestico.
Caratteristiche morfologiche e fisiologiche. - Nello studio della conformazione esterna del cavallo, oltre la nomenclatura delle parti (fig. 4) del corpo, distinto in regioni, è compreso l'esame analitico delle stesse. La meccanica, la maniera di determinare l'età, la classificazione dei mantelli, le misure servono a stabilirne la bellezza zootecnica e i tipi migliori, secondo gli speciali compiti che all'animale si vogliono affidare.
Nella meccanica sono anzitutto da considerare la stazione e il decubito. Nella stazione il tronco è sostenuto dai quattro arti, che, non essendo perfettamente perpendicolari, col peso che sopportano in continuazione tendono ad essere deviati o spostati. Sono i muscoli estensori degli arti e alcuni muscoli flessori che compiono con la loro contrazione l'ufficio d'impedire la detta deviazione e qualsiasi spostamento. Il corpo è poi in equilibrio stabile quando la verticale tracciata dal centro di gravità e che passa in dietro dell'appendice xifoide dello sterno cade nella base di sostegno, costituita da un poligono quadrangolare formato dalle quattro linee che uniscono i quattro piedi.
La stazione è libera quando il corpo è sostenuto da tre arti; il quarto, quasi sempre il posteriore, poggia in tal caso soltanto con la punta. Nella stazione forzata o stazione di appiombo l'asse direttivo delle membra ha una posizione molto vicina alla verticale. Il decubito è un atteggiamento che prende il cavallo quando è stanco e vuol riposare o dormire. Esso è in generale sterno-costale, per cui il corpo riposa sullo sterno e sull'addome, appoggiandosi su uno dei lati del torace.
I movimenti che il cavallo può eseguire senza o con limitato spostamento del corpo sono l'impennata e il calcio. Quest'ultimo è un mezzo di difesa, ma spesso dipende da grande vivacità o semplice gaiezza. Le andature consistono in particolari movimenti di progressione, che si compiono sotto diverse forme.
Mercé la contrazione dei muscoli degli arti posteriori si determina lo spostamento e la traslazione del corpo. Tale meccanismo si dice impulsione. Le andature sono naturali e acquisite o artificiali. Le prime sono eseguite istintivamente dal cavallo, le seconde sono il risultato di una speciale educazione. Fra le andature naturali notiamo: il posso, il trotto, il galoppo, l'ambio, il solto, il rinculare. Quelle artificiali, di spettanza all'equitazione, sono insegnate al cavallo nel maneggio, e consistono, fra gli altri, in movimenti ritmici e cadenzati da compiere tanto nelle andature naturali quanto in quelle a rtificiali.
Dentatura. - Il cavallo può raggiungere eccezionalmente l'età di 30 anni e anche più. La conoscenza dell'età si può determinare prendendo in esame speciali caratteri morlologici, fra i quali è da considerarsi in principal modo quello dei denti. La formula dentaria del cavallo è la seguente: dentatura da latte:
dentatura definitiva:
La cavalla manca quasi sempre dei canini, per cui in essa il numero dei denti è soltanto di 36.
In ciascun dente si distingue una parte libera (corona) e un'altra infissa nell'alveolo (radice o barba). Vi sono denti che presentano tra la radice e la corona uno speciale restringimento che si chiama colletto. Nell'estremità inferiore della radice esiste un foro che conduce nella cavità dentaria, ripiena della polpa dentaria e con dentro il nervo e i vasi dentarî. Nella superficie basale di un dente incisivo vi è una incavatura o cornetto dentario, che ripieno di detriti alimentari forma in seguito, col consumo della corona' il cosiddetto germe di fava. Nella struttura dei denti sono da notarsi le parti molli e quelle dure. Fra le prime vi sono la polpa, il periostio e la gengiva; le seconde comprendono lo smalto, l'avorio e il cemento.
Per la determinazione dell'età del cavallo si limita generalmente l'esame ai soli denti incisivi. La prima dentizione o dentizione da latte è rappresentata da sei denti incisivi in ciascuna mascella (oltre i molari): i due del mezzo si chiamano picozzi, seguono i medî, i due dell'estremità hanno il nome di cantoni.
A due anni e mezzo circa, i picozzi da latte sono sostituiti da quelli di adulto; lo stesso avviene per i medî e i cantoni, ma all'età rispettiva di anni 31/2 circa e anni 41/2 a 5. Al quinto anno, perciò, il cavallo non ha più dentini in bocca, perché gl'incisivi da latte sono già tutti sostituiti da incisivi di adulto. Dai sei agli otto anni si seguono le modificazioni che subisce la tavola dentaria per cui prima si agguagliano i picozzi, poi i medî e infine i cantoni. A otto anni compare la stella dentale rappresentante l'apice della cavità dentaria interna, occluso da avorio di nuova formazione. Dai nove anni in poi l'età si riconosce dalla forma che assume la tavola dentaria, che da rotonda diventa triangolare e poi biangolare, non che da altri caratteri come dal profilo laterale delle arcate incisive, che è ad angolo acuto.
Mantelli. - Sono stati classificati dal Marchi (Ezoognosia, in Nuova Enciclopedia agraria italiana) come segue:
Mantelli semplici. - Nero: ordinario, mal tinto, corvino o giaietto. Bianco: ordinario, sporco, porcellana. Sauro: isabella, ordinario, castagno, ciliegia, sanguigno, marrone bruciato o scuro.
Mantelli composti binarî con determinate localizzazioni. - Baio: isabella, lupino, ordinario, falbo o cervato, castagno, ciliegia, sanguigno, marrone, bruciato, scuro. Grigio sorcino: chiaro, ordinario, sauro. Ubero: chiaro, ordinario, scuro, millefiori, fior di pesca.
Mantelli composti binarî. - Grigio: chiarissimo, chiaro, ordinario, scuro, ardesia, ferro, trotino, moscato, nevicato. Pezzato: grigio, nero, rosso, giallo, lupino, sorcino.
Mantelli composti ternarî. - Con miscela uniforme dei peli. - Roano: chiaro, ordinario, vinoso, scuro. Grigio composto: sporco, isabella, tordino, stornello, roanato, vinoso, moscato, trotinato. Pezzato: baio, ubero, roan o.
Vì sono poi delle particolarità fisse in qualsiasi mantello, quali la stella e il fiore in fronte, le liste o listature, la bella faccia, il bevente in bianco, il liscio fra le nari, la testa di moro, l'occhio vaio, la riga di mulo o zagarella, le balzane, le zebrature trasversali sull'avambraccio, ecc. Il colore dello zoccolo, a seconda del mantello, prende una tinta nera, bianca o giallastra.
Connotati. - I connotati che si prendono sempre sul cavallo consistono nelle varie misure: fra queste, principalmente l'altezza al garrese e la circonferenza al terzo inferiore dello stinco. Per misurare l'altezza, si adopera il bastone misuratore o ippometro, per misurare la circonferenza dello stinco un nastro metrico.
Per rilevare altre misure in altezza, p. es. quella del dorso all'articolazione con i lombi, della sommità della groppa, della punta delle natiche, dell'attaccatura della coda, ecc., meglio risponde il bastone misuratore del Lydtin-Kirstein, che serve bene per la misura della lunghezza del tronco, della larghezza e lunghezza della testa. Col nastro metrico infine si può rilevare la circonferenza toracica, quella obliqua del torace, quella massima del ventre, ecc. Nei quadri segnaletici di un cavallo, si registrano, oltre le misure, il nome, l'età, la razza e il tipo, la taglia, il mantello con tutti i segni particolari e le tare.
Scheletro. - Il tronco è costituito da vertebre e dalle cinture scapolari e pelviche. Le membra, quali appendici, fanno seguito alle cinture e prendono il nome di membra toraciche e membra pelviche. La regione cefalica della colonna vertebiale è costituita dal cranio (9 ossa) e dalla faccia (19 ossa); la cintura scapolare nella regione cervicale (7 vertebre) comprende la scapola e l'arto anteriore; la regione toracica n. 18 vertebre dorsali, 37 costole, 38 cartilagini costali e lo sterno; a quella lombare, sacrale e coccigea è annessa la cintura pelvica (ileo, ischio e pube) seguita dall'arto posteriore (figg. 6, 7, 8, 9).
Sistema digerente. - Nel sistema digerente si distinguono le seguenti parti: organi di presa degli alimenti (bocca e organi annessi), organi della deglutizione (faringe ed esofago), organi della digestione (stomaco, intestino tenue, intestino crasso e ghiandole annesse), organi di defecazione (intestino retto e ano).
Sezionando uno stomaco di cavallo vi si nota un sacco sinistro (con i caratteri della mucosa esofagea) un sacco destro (mucosa gastrica propriamente detta) e la cavità pilorica. Le secrezioni della mucosa dello stomaco sono rappresentate dal succo gastrico, dal succo pilorico e dal muco stomacale.
L'intestino fa seguito allo stomaco: la prima parte, più lunga e di minore diametro, si chiama intestino tenue; la seconda è detta intestino crasso. La mucosa del tenue appare come vellutata per un'infinità di sporgenze, i villi intestinali. Oltre a queste villosità, nella mucosa esistono delle ghiandole vere e delle ghiandole linfatiche. Le prime (ghiandole di Brünner) si trovano nel primo tratto dell'intestino tenue; mentre la seconda specie (ghiandole di Lieberkühn o di Galeati) si trova in tutto l'intestino fino all'ano.
Le ghiandole intestinali segregano il succo intestinale o enterico che, unitamente al secreto del fegato e del pancreas, concorre efficacemente a completare la digestione degli alimenti. È da aggiungere che nel cavallo il succo enterico del crasso ha azione digestiva energica, saccarificando l'amido di alcuni alimenti e sciogliendo i sali e i principî albuminoidi dei legumi (Paladino).
Riproduzione. - Il cavallo è atto alla riproduzione all'età di due a tre anni. Mentre il maschio è sempre pronto per l'accoppiamento, la femmina sente periodicamente il bisogno di questa funzione e lo dimostra con manifestazioni di orgasmo venereo. Se la cavalla non è coperta durante il calore, questo si ripresenta dalla primavera al principio dell'estate ogni 8-15 e anche 30 giorni.
La durata della gravidanza nelle cavalle è di 331 a 365 giorni. Il parto avviene quasi sempre senza bisogno dell'intervento dell'uomo. Interessante è constatare se gl'invogli fetali sono stati espulsi e non oltre i 20 minuti dopo il parto. E ciò per evitare possibili e gravissime infezioni.
Razze equine.
Razza dicesi ogni collezione numerosa e diffusa di cavalli dotati di uno o più caratteri proprî, fissi ed ereditarî. Razzetta, razza privata, al fevamento, dicesi invece di un omogeneo, ma limitato gruppo d'individui con caratteri determinati, fissi e trasmissibili, appartenente ad uno o più proprietarî e che si riproducono in una limitata località. A questi termini corrisponde quello di tribù, usato per i cavalli orientali. Queste denominazioni non possono essere applicate a quei gruppi di cavalli che si riproducono nella stessa azienda senza omogeneità e trasmissibilità di caratteri e che costituiscono una "mandria". In una razza poi si possono distinguere più stipiti o famiglie.
Raggruppamento delle razze. - La stretta dipendenza che esiste tra la conformazione degli organi e le loro rispettive funzioni, le continue trasformazioni che in vista degli scopi si compiono nelle razze originarie, e la considerazione che sono più feconde le unioni di animali dello stesso tipo di conformazione, che non quelle di tipi differenti, e che la produzione è tanto migliore quanto più i genitori sono conformati sullo stesso tipo, ancorché siano di razza diversa inducono a classificare le razze in base al tipo o ai tipi prevalentemente rappresentati in ciascuna di esse, piuttosto che in base ai criterî particolari e meno appropriati seguiti da eminenti stranieri. Il Fogliata, sviluppando le idee già espresse, p. esempio, dall'Alasonière e dal Baron, ha determinato i tipi nei modi seguenti: 1. lungo e stretto, a estensione di contrazione o dolicomorfo; 2. medio normale, a forte e rapida contrazione o mesomorfo; 3. largo e corto, a intensità di contrazione o brachimorfo. I tre tipi possono riscontrarsi anche nella stessa razza e specialmente in quelle destinate a produrre lavoro sotto forma di velocità.
T1po a estensione di contrazione o dolicomorfo. - Razza dï purosangue inglese. - Formata con successive immissioni di sangue orientale attraverso stalloni e fattrici, importati sin dal 1300 dalla Spagna, dall'Africa settentrionale, dalla Turchia e dall'Italia e selezionata in base alle prove fornite in corsa, era già in onore quando furono importati tre stalloni che esercitarono una grande influenza su di essa: Bierley Turk, preso nel 1683 all'assedio di Vienna; Darley Arabian (1700), originario arabo, e Godolphin Arabian, nato in Africa nel 1724. Da essi discendono rispettivamente: Erod (1758), Eclipse (1764), Matchen (1748) i primi iscritti sullo Stud-Book, fondato nel 1791. Oggi la razza è sparsa ovunque, e in essa, accanto al tipo dolicomorfo, si trova abbastanza diffuso il tipo mesomorfo, utilissimo per l'incrocio con altre razze. In Italia lo Stud-Book fu istituito nel 1875, sebbene stalloni inglesi fossero stati importati fin dal principio del sec. XIX in Piemonte per le reali razze e nel Salernitano per la razza della famiglia Farina. L'ultimo volume dello Stud-Book (il X), pubblicato nel 1924, comprende 527 fattrici e 101 stalloni in parte adibiti all'incrocio con le razze comuni. La produzione annua oscilla intorno a 250 prodotti di puro-sangue inglese, quasi tutti destinati agl'ippodromi. Capistipiti del puro-sangue in Italia si possono considerare: Andred dolicomorfo, Hamlet mesomorfo, Melton mesomorfo, ai quali seguirono, fra gli stalloni erariali: Melanion e Lally, dolicomorfi, Signorino mesomorfo, e molti privati, fra i quali oggi famoso, per la sua produzione di vincitori, Havresac. Come cavalli da corsa l'allevamento italiano ha dimostrato in questi ultimi tempi, con Apelle (allev. Tesio), Ortello (allev. De Montel), Cavalier d'Arpino (allev. Tesio), di competere con la produzione tanto più numerosa di Francia e d'Inghilterra (in Francia oltre 3000 fattrici, in Inghilterra oltre 10.000).
Trottatore americano. - Deriva dal puro-sangue italiano Messenger, importato nel 1788 e che nel trottatore americano occupa il posto che hanno Bierley Turk, Darley Arabian, Godolphin Arabian in quello inglese. Selezionato unicamente in base alla prova e ridotta questa a brevi distanze, generalmente il miglio inglese, su piste sempre più facili, il trottatore americano ha raggiunto velocità molto vicine ai due minuti primi al miglio inglese (m. 1609). Naturalmente ciò ha avuto influenza sul modello, che oggi è quello dolicomorfo. L'americano è ora generalmente considerato come raggruppato in 4 stipiti di trottatori: Bingen, Mac Kinley, Asworthy, Peter the Great, e in uno di ambiatori, Morgan.
Trottatore Orloff (fig 11). - Formato dal conte Orloff con cavalle danesi e olandesi e con gli stalloni orientali Smetanka (1675) e Bars (1784), con l'incrocio cioè di prodotti di razze diverse ma dello stesso tipo, e fissato con la riproduzione in consanguineità d'individui rigorosamente provati dal punto di vista funzionale. Aveva uno Stud-Book fondato nel 1875 e raggiunse il suo massimo splendore nel 1880. Dopo tale epoca è ricorso all'incrocio col puro-sangue italiano ottenendo risultati che prima della guerra erano già considerevolissimi come velocità; ma con cambiamento del tipo, che da mesomorfo stava diventando dolicomorfo.
Trottatore francese. - Sua sede Calvados (Normandia). Un cavallo turco, Kurde, ne iniziò la produzione; il puro-sangue inglese fu larghissimamente adoperato per diffondere energia e velocità. Selezionato in base alle prove a tiro e a sella, possedeva e possiede in parte tuttora un modello di robusto mesomorfo. L'incrocio con altri trottatori, specialmente americani, tende ora a farne un dolicomorfo.
Trottatore italiano. - Anticamente pregiato il friulano di origine orientale, incrociato poi (seconda metà del sec. XIX) col roadster, col puro sangue inglese, col russo (1882) e poi, per iniziativa di Vincenzo Stefano Breda, col trottatore americano. La razza è oggi formata nella quasi totalità da americani e loro derivati con una piccolissima percentuale di trottatori francesi. Non esiste Stud-Book, ma solo un registro del trottatore (edito dall'Unione Ippica Italiana) che servirà di base allo Stud-Book. Dai primi quattro volumi si ha notizia di circa 600 fattrici, pure o derivate, e di una produzione di circa 400 puledri che solo in parte compaiono in corsa.
Dolicomorfa è classificata pure la razza africana od orientale africana, originaria, secondo alcuni (Samson), dall'alto Nilo, secondo i più dalla regione dei Turani (Asia), diffusa in Mongolia, nell'Africa del N., nell'Italia Meridionale (Sicilia), in Spagna, e mescolatasi poi con l'orientale asiatica. Molto decaduta, conserva, nelle regioni occidentali dell'Africa settentrionale, le sue caratteristiche che la fanno meno armonica, più stretta, angolosa, e allungata dell'araba, della quale però è spesso non meno buona a sella; riesce assai redditizia al tiro leggiero. Suoi attuali principali rappresentanti sono: il cavallo berbero (tav. CLXXII, 3) del Sud Oranese e del Sud Marocchino ed il Dongolao; il tripolino ne è uno dei più degeneri.
Tipo a forte e rapida contrazione. o mesomorfo. - Prototipo, il cavallo orientale asiatico o ariano. Originaria dall'altopiano centrale asiatico, questa razza, diffusasi poi nell'Asia occidentale, in Africa e in Europa, si affermò con il diffondersi dell'Islām. La razza è in un periodo di relativa decadenza. Sua zona di miglior produzione è il Neged e il deserto fra l'altopiano arabo e i confini della Siria e della Mesopotamia, occupato dalla confederazione degli Anezè, visitata da parecchie missioni europee fra le quali quelle del barone Eugenio Ajroldi di Robbiate e del colonnello Giannini. Melcati principali: Bomba, e più l'Egitto dove gl'Inglesi hanno organizzato regolari riunioni di corse riccamente dotate. Sparsa in Ungheria, Russia, Spagna, Inghilterra e Germania è ben rappresentata in Italia e specialmente in Sardegna. Razza tipica da sella e da tiro leggiero, ha avuto larga parte nella formazione del puro-sangue inglese e di molte altre razze. L'arabo si è palesato il più forte correggitore di difetti e modificatore di forme se puro, come pure si è rivelato incapace a migliorare e talvolta anche cagione di disarmonie o difetti nuovi quando era un meticcio (Fogliata).
Razze mesomorfe inglesi; Hackney (Stud-Book 1883; v. tav. CLXXI, 1). Capostipite lo stallone Blaze (1733), che aveva molto sangue orientale e che ha concorso anche alla formazione del puro-sangne inglese. Ha avuto un periodo di splendore fino al 1900, al quale è seguita una notevolissima decadenza, dovuta alla sostituzione del criterio della selezione in base alle forme a quello della selezione in base alle prove. Esso è stato sostituito dall'irlandese. Fu largamente usato anche da noi con risultati differenti, ma in genere molto discutibili.
Cleveland Bay. - Razza di grandi carrozzieri inglesi quasi scomparsi.
Hunter. - Fra i mesomorfi sarebbe da notarsi l'Hunter (cavallo da caccia), che ne è realmente il tipo di più alto pregio; ma questo cavallo, nella cui produzione sono specializzate l'Irlanda (fig. 10) e in minor grado Inghilterra, è più frequentemente il prodotto di un incrocio di cavalla robusta vicina al sangue col puro-sangue inglese di buon modello, piuttosto che il prodotto di uno stallone hunter di mezzo sangue.
Mesomorfi francesi. - L'anglo-arabo: magnifica razza da sella, da caccia, da concorso, da tiro leggiero, iniziata dopo il 1870, fissata con le prove di selezione (corse), oggi composta di puri e di mezzo sangue anglo-arabi. La frazione che accompagna il documento di origine indica la percentuale di sangue arabo che non può essere inferiore al 25%; ma anche nel mezzo sangue non vi è più che il 3 o 4% di sangue sconosciuto. Zona di produzione: il sud-ovest della Francia.
Anglo-normanno. - Ottimo cavallo a doppio uso, robusto, complesso, elegante, originario della Francia del Nord, diffuso anche fuori. Oltre queste razze in tutta la Francia si cerca di formare il riproduttore cosiddetto demi-sang o type selle per fare l'hunter francese. Il riproduttore type selle da forte o da medio peso è quasi sempre un meticcio o bimeticcio inglese (nel centro e nel nord) oppure, più raramente, il meticcio anglo-orientale (Limosino-Charente). I produttori che se ne ottengono hanno robustezza, eleganza, bontà di carattere; ma in confronto all'irlandese posseggono generalmente meno fibra e meno attitudine al terreno vario, se cavalli del nord nei quali prevale il cavallo da tiro; meno attitudine al peso se del Limosino o della Charente più ricchi di sangue orientale.
Mesomorfi tedeschi. - La Germania ha quattro razze principali mesomorfe di mezzo sangue. Più importante è quella della Prussia orientale, sorta intorno alla razza Trakennen (1732) ad antico fondo di sangue orientale, con attuale gran prevalenza di sangue inglese, ottima per sport, per cavalleria, per tiro e anche per i lavori agricoli (Stud-Book 1861). Inoltre: la razza annoverese (Stud-Book 1866) a sangue prevalentemente inglese, di modello più complesso e importante del Trakennen; sue derivate sono le razze del Meklemburg, della Westfalia e della Pomerania; il cavallo dell'Holstein (Stud-Book 1886), derivato dal carrozziere del Norfolk, robusto, complesso, più indicato per servizî da tiro; il cavallo deil'Oldenburg (Stud-Book 1891) con prevalente attitudine al tiro pesante rapido; suo derivato, ma con più sangue, è il cavallo della Frisia orientale.
Razze mesomorfe ungheresi. - Una razza primitiva indigena, molto simile al nostro sardo e che ha servito ai varî incroci con sangue arabo, inglese, normanno e anglo-normanno, dai quali sono uscite nuove razze ben distinte e ben conformate. Tra queste i Gidran anglo-orientali, più specialmente indicati per servizî da sella; i Furioso-Nordstar, anglo-ungheresi robusti, distinti; i Nonius, divisi in grandi e piccoli, più adatti al tiro. Faceva parte dell'Ungheria, prima dell'annessione della Transilvania alla Romania, la razza Fogaras, adattatissima per l'artiglieria da montagna, derivatd dai Lipizzani. Fra i mesomorfi ungheresi si devono infine annoverare: il cavallo di Babolna puro e mezzo sangue arabo, e il cavallo di Kisber, inglese puro-sangue e derivato.
Iugoslavia. - Mesomorfa si può considerare una parte dei prodotti ottenuti incrociando il cavallo ungherese con riproduttori pesanti, Pinzgau brettoni o belgi leggieri, i quali hanno dato vita ad una razza adatta al tiro pesante rapido. La Iugoslavia ha il cavallo ungherese delle provincie annesse dopo la guerra.
Russia. - La numerosissima popolazione mesomorfa ippica russa era in via di grande progresso, dovuto alla razionale introduzione di sangue inglese ed orientale; ma la rivoluzione ha distrutto parte del lavoro compiuto, che ora pare venga faticosamente ripreso dall'U.R.S.S.
Scandinavia. - Possiede una numerosa popolazione ippica mesomorfa, robusta, derivata dal ripetuto incrocio col puro-sangue inglese o con le razze mesomorie tedesche. Scarsissima importanza ha la Danimarca, che ha solo una buona razza da tiro pesante rapido; maggiore ne ha l'Oanda che produce un carrozziere, spesso di elevata statura, simile a quelli della Germania occidentale.
Spagna. - Dall'antico andaluso, varietà dell'orientale, son derivate due razze: mesomorfa e a testa quadrata la Cartujana, pregiata per la sella; meno stimata l'altra, derivata dalla preesistente razza longilinea e a testa montonina. Oltre al puro-sangue inglese vengono pure riprodotti il puro-sangue arabo, l'anglo-arabo e il derivato brettone.
America. - Tanto l'America settentrionale quanto quella meridionale posseggono una numerosissima produzione mesomorfa, a fondo principalmente inglese nel Nord, inglese e orientale nel Sud. Godono di maggior pregio il cavallo del Canada e quello del Kentucky nell'America settentrionale e, in minor grado, quello argentino nella meridionale.
(Oceania. - L'Australia e la Nuova Zelanda non avevano cavalli prima della loro colonizzazione, fatta quasi unicamente dagl'Inglesi che vi introdussero specialmente il puro sangue inglese e gli altri loro mesomorfi, i quali tutti vi prosperarono. Diffusissimo il puro-sangue inglese che si distingue per fibra e può spesso competere con quello della madre patria, mentre caratteristiche della popolazione meticcia sono la rustichezza, il sangue, l'attitudine al servizio da sella militare e distinto.
Tipo a intensità di contrazione o brachimorfo. - Il tipo a intensità di contrazione, caratterizzato da ampî diametri trasversali, è sparso in Europa e nelle due Americhe, come motore commerciale ed agricolo di alto rendimento. Razze principali sono: in Inghilterra lo Shire-horse, (tav. CLXXI, 3) statura fino a 2 m., peso 1000-1300 kg.; Stud-Book fondato nel 1881; ha molta somiglianza col belga per frequenti ed anche recenti contatti. Il Clydesdale (tav. CLXXI, 2), statura m. 1,70-1,90, peso 800-1000 kg., prodotto con cavalle inglesi e stalloni fiamminghi, è ritenuto per la sua energia e per la stabilità del suo tipo il puro-sangue del cavallo pesante. Il Suffolk (tav. CLXXI, 4), più ridotto, statura m. 1,60, costituisce anche esso una razza pura, energica e resistente al trotto. Il Fogliata aggiunge a queste razze inglesi il doppio poney irlandese, che però, come egli stesso ammette, è più spesso un mesomorfo, prodotto d'incrocio. Nel Belgio (tav. CLXXII, 6) si distingue una razza da tiro pesante lento (Pamminghi e brabantini) e una da tiro pesante rapido (ardennese), ambedue diffuse in molti altri paesi. La prima alta m. 1,60 o più, peso da 700 a 1000 kg., è caratterizzata da testa larga, rettilinea, collo corto carnoso, reni e dorso corti, larghi e doppî; groppa doppia e spesso spiovente, spalla potente, arti anteriori muscolosi con tendini spesso mal distaccati, zoccolo ben formato, arti posteriori notevoli per lo sviluppo della coscia e della natica. Dell'ardennese si fanno due varietà, il pesante e il leggiero. Il primo assomiglia al fiammingo e al brabantino, il secondo (statura m. 1,50-1,60), con una testa che ricorda l'orientale, è un energico e buon artigliere.
Razze pesanti francesi. - Boulonnais (tav. CLXXI, 5), statura m. 1.65-1,70, peso 650-800 kg., robusto ed energico. Il brettone (tav. CLXXI, 6), più ridotto, di antica e recente reputazione come artigliere, da un tipo che ancora un secolo fa ricordava l'origine orientale, si è successivamente trasformato per l'incrocio col norfolk, abbandonato poi per ottenere una razza a sé, la quale si è quindi trasformata, non senza qualche negata, ma indiscutibile immissione di stalloni belgi, in un cavallo relativamente pesante, ora diviso nei tipi trait breton e trait leger o trait postier breton. Usato da noi per la produzione dell'artigliere si tende oggi a sostituirlo col percheron.
Il percheron (tav. CLXXII, 1) si distingue fra i cavalli pesanti, per l'energia e la vivacità delle sue andature, dovute all'origine orientale e all'impiego fattone fino ad epoca recente come motore potente e veloce. Diffusissimo nelle due Americhe, potrebbe anche classificarsi fra i mesomorfi.
Razze austriache. - La Pinzgau o Norica, oggi razza anche italiano perché diffusa nella regione atesina e più in quella limitrofa al confine orientale e nord-orientale. Potente e docile cavallo agricolo, caratterizzato da una testa carica di ganasce con marcata predominanza della faccia sul cranio (Chiari).
I cavalli pesanti di tutte le altre parti del mondo derivano da quelli precedentemente descritti. I ponies, di piccola statura, rappresentano genere il prodotto di regioni povere e montane: fra i più conosciuti, il poney cinese, l'indiano, quello della Groenlandia e dell'Islanda (tav. CLXXII, 2), il bosniaco-dalmata-albanese, e, di gran lunga più pregiati, quelli delle isole Shetland (fig. 12) piccolissimi e docilissimi, e quelli delle altre regioni della Gran Bretagna, ottimi per servizî di diverso genere e anche (specie gl'irlandesi) per la sella. Da noi il poney sardo.
Razze italiane in particolare. - Cenno storico. - Il cavallo, introdotto in Italia in epoca preistorica, era già molto diffuso e pregiato al sorgere di Roma. Su di esso si sovrapposero le importazioni dall'Oriente e dal Settentrione. Occupata la Gallia, i Romani, che non furono allevatori, introdussero anche cavalli del Nord. Caduto l'impero e fino al sec. XII, continuarono le introduzioni orientali (Saraceni dopo l'837) nel mezzogiorno e dei cavalli nordici con le invasioni. Nei secoli XII e XIII si ebbero specialmente introduzioni orientali da Sud e da Nord-Est (turchi, ungheresi, Venezia e repubbliche marinare, Spagna - andaluso -) prima in Sicilia, poi a Napoli, a Mantova e nel Nord (Lipizza 1580) e più tardi ancora in Toscana. Il periodo aureo della produzione s'inizia nel sec. XVI e continua in quello seguente. Cavalli mantovani furono introdotti in Inghilterra; altri ferraresi in Ungheria; friulani in Prussia e napoletani in Russia. Anche quelli di altre regioni d'Italia, polesani, maremmani (tav. CLXXII, 5) romani, godevano di grande reputazione. Nel 1742 fu fondata la prima razza di Persano, che per non breve periodo fu ritenuta una delle migliori d'Europa. Alla fine del sec. XVII comincia la decadenza che, nel 1870, faceva trovare al nuovo regno una situazione criticissima. Unica forma di intervento statale in quell'epoca erano i primi depositi di stalloni (Fossano, Crema, Reggio Emilia, Ferrara, Pisa, Poggio Imperiale, Santa Maria Capua Vetere, Foggia, Catania, Sassari). Questa situazione venne progressivamente e sensibilmente migliorando in grazia di numerosi e ripetuti interventi statali.
La guerra interruppe gli effetti di questo progresso e assorbì, oltre a tutte le risorse ippiche nazionali, altri 160.000 quadrupedi ottenuti dall'estero. Nel periodo postbellico il governo affrontò finalmente in pieno il problema: col regio decr. 1923, trasformò in consorziali autonomi i depositi stalloni e col regio decr. 1925 deliberò uno straordinario programma a favore della produzione ippica con conseguente straordinario stanziamento di 29.000.000 in dieci anni.
Effieienza numerica della produzione prima e dopo la guerra:
In relazione agli altri paesi l'Italia presenta oggi una minore percentuale numerica soltanto per quanto riguarda i cavalli. Importazioni: ante guerra 35.000 capi annui; 1927, 17.000; 1928, 13.700; 1929, 20.600; costituita in genere da cavalli a doppio uso: artiglieri, agricoli, provenienti specialmente dalla Iugoslavia e dall'Ungheria. Dazio d'importazione: 150 lire oro per cavalli interi più piccoli di m. 1,40 e L. 65 per gli altri.
Indirizzo ippico. - Nel passato risultò debole, insufficiente per mezzi, impreciso: tuttavia la produzione aumentò quantitativamente (1871, totale equini 1.625.000; 1926, 2.550.000). Come qualità "va rilevato che i riproduttori impiegati e le varie forme d'incoraggiamento lasciarono in alcune zone tracce profonde e non del tutto inefficaci e servirono comunque a preparare gran parte del materiale spesso buono, a volte ottimo, sul quale è basata l'opera ricostruttrice iniziata in epoca più recente dal governo fascista" (Fotticchia, Relaz. Cons. Sup. Zootecnico). Prima della guerra la produzione era quasi sufficiente ai normali bisogni militari e ii cavallo indigeno durante il grande conflitto confermò l'ottima reputazione che il maremmano e il sardo si erano fatta nella guerra per l'indipendenza. L'indirizzo attuale comprende la determinazione del tipo o dei tipi da raggiungere nelle varie zone, il raggruppamento delle fattrici migliori ritenute più adatte a ottenere il tipo desiderato (gruppí di fattricí selezionate) mediante l'impiego gratuito di speciali stalloni e col concorso di premî per esse e per la loro produzione, i premi di conservazione per i migliori stalloni privati, i contributi alle mostre, e alle prove funzionali. L'indirizzo delle varie zone è il seguente:
Deposito di Ozieri -13 gruppi di fattrici selezionate, 148 stalloni orientali puri e derivati, tipo da sella e tiro leggiero che deve dirsi ormai un mesomorfo leggiero perfettamente riuscito. Allevamento generalmente brado o semibrado e frazionato.
Deposito di Catania. - 15 gruppi di fattrici selezionate; stalloni 159, asini 46. Orientali puri importati o nati negli importanti allevamenti in purezza dell'isola; puri-sangue inglesi introdotti da altre regioni d'Italia; puri-sangue anglo-orientali. Tipo: il cavallo mesomorfo anglo-orientale. Allevamento generalmente frazionato, in genere semibrado o stallino.
Deposito dî S. Maria Capua Vetere. - Sette stazioni di monta per gruppi di fattrici selezionate. Stalloni 123. Indirizzo: salernitano, cavallo mesomorfo pesante da sella e da tiro; riproduttore inglese o derivato. Allevamento brado o semibrado.
Calabria. - Cavallo da sella derivato orientale o inglese. Allevamento brado.
Deposito di Foggia. - Di recente impianto: 9 stazioni di monta per gruppi di cavalle selezionate. Stalloni 85; asini 39. Indirizzo: zona pianeggiante, cavallo mesomorfo pesante da tiro e da sella, riproduttore inglese-anglo normanno: salernitano delle Murgie, razza locale per la produzione delle fattrici da mulo.
Abruzzo e Molise. - Produzione mulina. Allevamento semibrado.
Deposito di Pisa. - Comprende le regioni più importanti d'Italia per la produzione del cavallo mesomorfo piuttosto pesante da sella e da tiro, spesso distinto specie in Toscana. Dieci stazioni di monta per gruppi di fattrici selezionate: 4 nel Lazio, 6 in Toscana. Stalloni 156; asini 34. Stalloni puri sangue inglesi e derivati, su fondo frequentemente orientale, nati generalmente nella circoscrizione. Sistema brado o semibrado.
Deposito di Reggio Emilia. - Zona di limitata importanza ippica; 5 stazioni di monta per cavalle selezionate con stalloni brettoni, una con stalloni puri sangue inglesi. Stalloni 119, asini 17. Stalloni brettoni, percheron, e loro derivati. Pochi riproduttori per la zona collinosa: sardi, aveglinesi. Sistema di allevamento stallino-frazionato.
Deposito di Ferrara. - 20 stazioni di monta per gruppi di fattrici selezionate con stalloni brettoni, percheron, inglesi o sardi per il cavallo da sella, aveglinesi e norici nella zona montana. Stalloni 149; asini 19. Tipo mesomorfo molto pesante (talora piuttosto brachimorfo nella bassa padana), nella zona pianeggiante padana e litorale veneta, più leggiero (sardo-lipizzano) nel resto, specialmente nella zona del Piave e nel Friuli, brachimorfo (norico) nel fondo Val d'Adige, mesomorfo (aveglinese) nell'Alto Adige. Sistema di allevamento: quasi unicamente stallino, allevamento frazionato. L'aveglinese, da noi ereditato dall'Austria, diffuso nell'Alto Adige e oltr'Alpe, è un prezioso cavallo di limitata statura (m. 1,40 circa) con ampi diametri trasversi, tronco grosso, arti corti, testa fina spesso tipicamente orientale, con spiccatissima attitudine al someggio in media e alta montagna, usato dall'Austria invece del mulo, docilissimo, pieno di sangue; per l'energia e la velocità che può sviluppare deve classificarsi tra i mezzo sangue. Recentemente, per cura del deposito di Ferrara, è stato impiantato il libro genealogico di questa razza come pure della norica.
Deposito di Crema. - Sei stazioni selezionate con stalloni brettoni. Stalloni 139; asini 20. Tipo prevalentemente brachimorfo (belga-cremonese) che si tende a trasformare in mesomorfo pesante col brettone e col percheron. In questa zona prospera l'antica razza pesante cremonese basata ormai da molti anni sul ripetuto incrocio col cavallo belga, del quale ha le caratteristiche. Statura m. 1,68-1,70; peso kg. 600-900; ritenuta quasi esclusivamente adatta al lavoro lento. Non pochi derivati, però, e anche i suoi rappresentanti puri di tipo più ridotto, dimostrano sufficiente energia, e vengono perciò da poco esperimentati nell'artiglieria. L'allevamento è quasi completamente stallino. Nella provincia di Brescia, orientata verso il cavallo artigliere, il servizio stalloni è fatto dal Consorzio bresciano. Non si hanno vere e proprie prove funzionali, ma delle expertises fatte dalla Società italiana per il cavallo da tiro pesante. La produzione del puro-sangue da corsa e del trottatore, come del cavallo brachimorfo da tiro pesante, è lasciata unicamente all'industria privata.
Questo, per sommi capi, l'indirizzo attuato dal Ministero dell'agricoltura in perfetto accordo col Ministero della guerra, il quale concorre alla sua attuazione provvedendo alle razze di Persano e di Lipizza, conservando interi e curando lo sviluppo dei migliori puledri e delle rimonte, tenendoli a disposizione dei depositi stalloni e dei privati, distribuendo a speciali condizioni gruppi omogenei di scelte fattrici (circa 4000) per la produzione del cavallo artigliere, del mulo pesante e del cavallo da sella da peso, favorendo sempre più le prove funzionali sussidiate dal Ministero dell'agricoltura e dalla Società per il cavallo italiano da sella (Federazione nazionale degli sport equestri), che ne studia i programmi e ne cura lo svolgimento (v. anche ippica).
Razze governative. - Persano: fondata nel 1742 da Carlo III di Borbone, soppressa nel 1874, fu ricostituita nel 1890 allo scopo di "ottenere il cavallo per la cavalleria leggiera". Dopo alterne vicende, comprende oggi oltre 100 fattrici derivate orientali, divise in più famiglie, le quali unite con stalloni prevalentemente della loro razza - formano oggi quella che già fu la razza di Persano, e che fornisce sin d'ora (siamo appena alla terza generazione) una produzione omogenea, robusta, insanguata, elegante, dalla quale sono già stati tratti numerosi stalloni per i depositi e per i privati. Accanto e insieme con questa vive un gruppo di una ventina di fattrici di puro sangue arabo alle quali è destinato un riproduttore puro importato. Nello stesso ambiente, ma nettamente divisa, si trova infine da circa tre anni una razzetta di circa 25 fattrici (tosco-laziali) derivate inglesi, con stallone puro-sangue inglese, con le quali si vorrebbe ottenere il riproduttore derivato inglese per i servizî distinti da sella, da peso. I tre gruppi sono tenuti a un ottimo regime semibrado e i risultati in breve tempo raggiunti appaiono molto lusinghieri. Lipizza (tav. CLXXII, 4): fondata nel 1580 da Carlo d'Austria con cavalli del Polesine introducendovi poi andalusi, napoletani (Persano), orientali; costituisce ormai da molti anni un tipo mesomorfo ben costituito, con attitudine spiccata al tiro leggiero, e, in linea subordinata, alla sella. Rimasta dentro i nuovi confini, è stata opportunamente ricostituita con un effettivo di circa 50 madri alle quali negli ultimi anni, oltre agli stalloni della razza, sono stati dati un puro-sangue arabo e un magnifico sardo-arabo (Amlio). Sua zona d'impiego: il Friuli, e in misura più limitata, le zone di produzione ippica dove si cerca il cavallo da tiro leggiero.
L'amministrazione militare provvede ai suoi bisogni mediante il Servizio ippico che fa parte del Ministero della guerra dal quale dipendono i depositi di allevamento: Lipizza (Tre Venezie), Mirandola (Italia settentrionale e centrale transappennina), Grosseto (Italia centrale fino al Lazio), Lazio (la regione laziale), Persano (tutto il resto dell'Italia peninsulare e la Sicilia), Bonorva (Sardegna), nei quali i puledri acquistati a 2 anni e mezzo-3 anni, vengono tenuti fino ai 4 e mezzo circa quando, dopo un breve periodo di ammansimento, vanno ai reggimenti. All'ammansimento provvede un gruppo squadroni di rimonta (Cecina) e in parte alcuni depositi.
Da qualche anno il servizio ippico militare procede in stretto accordo e contatto con i rappresentanti del Ministero dell'agricoltura e rappresentanti delle due amministrazioni fanno parte di tutti i consessi e commissioni.
Bibl.: Poljakov, in Izvestija imp. russk. geograf. obsc. (1881), p. i, tavv. I e II; Noack, in Zool. Anz., XXV (1902), pp. 135-145; W. Salensky, in Wissenschftl. Resultate Przewalski Reisen, Zool. Teil, I (1902), p. i, tavv. I-IV; Lydekker, Guide of the Horse Family, Londra 1907; Heck, in Brehm, Tierleben, XII, 1915, pp. 675-708; Lydekker, Catalogue of the Ungulate Mammals, V, Londra 1916, pp. 3-8; Ch. Cornevin, Traité de zootechnie générale, Parigi 1891; E. Mascheroni, Nuova Enciclopedia agraria italiana. Zootecnia speciale. Equini, Torino 1924; A. Sanson, Traité de zootechnie, Parigi 1910; P. Dechambre, Traité de zootechnie, I, Parigi 1911; G. Fogliata, Tipi e razze equine, Pisa 1910; P. Cagny e H. J. Gobert, Dizionario veterinario, Torino 1907; F. Tucci, L'avvenire della zootecnia nella Tripolitania, in Ricerche e studi agrologici sulla Libia, pubbl. del Ministero dell'agricoltura, 1912, p. 457; id., La zootecnia nella Tripolitania, in La Tripolitania settentrionale, pubbl. del Ministero delle colonie, 1913, I, p. 204; id., Il miglioramento degli animali agricoli della Tripolitania, ibidem, II, p. 284.
Allevamento e allenamento.
Allevamento. - È l'arte di allevare i puledri fino al periodo del loro sviluppo organico per renderli capaci di produrre lavoro utile senza danno di loro stessi. Il vocabolo è spesso usato impropriamente invece di razza o di mandria ovvero di produzione. All'allevamento del puledro aegue il periodo del miglioramento del cavallo. L'allevamento incomincia non appena il puledro è nato, con l'allattamento impartitogli dalla giumenta.
La composizione chimica del latte di cavalla è la seguente: densità: 1.034; peso dell'acqua: 904; peso delle parti solide: 96; burro: 24; caseina e materie estrattive: 33; zucchero: 33; sali (per incenerimento): 5. Con la caseina il latte fornisce i principî proteici del sangue, della pelle, dei muscoli, dello scheletro: con i suoi elementi minerali (sali) il latte contribuisce a formare tutte le parti suddette, con i suoi grassi e il suo zucchero il latte dà il combustibile, che è consumato nella respirazione e per la produzione del calore animale. Qualche giorno dopo il parto la giumenta fornisce il colostro, che contiene oltre i globuli lattei ordinarî, alcuni grossi globuli e qualche leucocito: esso dura per cinque o sei giorni e poi scompare lasciando posto alla secrezione lattea pura. Il colostro ha manifesta azione purgante e libera il puledro dal meconio o sterco viscido accumulato negl'intestini durante la vita uterina del feto.
L'accrescimento del cavallo è rapidissimo nel primo stadio della sua vita. La statura del puledro in generale aumenta di 41 centimetri nel primo anno, di 14 nel secondo anno, di 8 nel terzo anno, di 4 nel quarto anno. Il suo peso aumenta nei primi tre mesi di oltre un chilogrammo al giorno.
Somministrando ai puledri 250 grammi di avena al giorno nei primi mesi e poi portandola gradatamente a 500 grammi e anche più, in modo che il puledro consumi nei primi cinque mesi un quintale di avena oltre il latte della madre, si ottiene un effetto nello sviluppo e nella robustezza dell'organismo, che compensa vantaggiosamente la spesa incontrata col maggior valore commerciale del puledro. Del resto è facile comprendere che il buon nutrimento in aggiunta al buon allattamento è mezzo sicuro per accentuare la precocità del puledro.
Bisogna sorvegliare la giumenta, se è di cattivo carattere o se patisce il solletico, sino a quando si sia adattata a dare il latte al puledro. Specialmente le cavalle primipare necessitano di vigilanza, perché non danneggino il puledro o rifiutino di far sgorgare il latte dalle mammelle contraendole e retraendole. Con le carezze, con la voce modulata a rimprovero o a elogio, il sorvegliante ottiene che la giumenta si affezioni al lattonzolo e lo nutrisca con latte abbondante. L'aggiunta di nutrimento secco a complemento del latte materno è maggiormente necessaria quando la giumenta sia di scarsa secrezione lattea. In questi casi può convenire di aggiungere un po' di latte di vacca diluito con acqua, oppure mescolato con un po' di farina di fave, di orzo, di avena o di grano. Grande aiuto allo sviluppo dello scheletro si ottiene somministrando al puledro della crusca, per la ricchezza che essa ha di fosfato calcico.
Il divezzamento deve essere regolato a seconda del metodo di allevamento: nell'allevamento brado (v. sotto) il puledro viene allattato dalla giumenta fino a 10 o 12 mesi, mentre nell'allevamento misto e stallino esso viene divezzato a cinque mesi di età Il divezzamento deve essere fatto gradualmente allontanando il puledro della madre in circa 3 settimane. Il puledro divezzato mangia e digerisce circa 2 chilogrammi di avena.
Tre sono i metodi in uso di allevamento del puledro: allevamento al pascolo in libertà o brado, allevamento in scuderia o stallino o domestico, allevamento misto o semibrado.
L'allevamento al pascolo in libertà o brado è il sistema in uso ancora in poche località in Italia (nella Maremma toscana, nell'Agro romano, in Puglia e in qualche zona della Sardegna e della Sicilia) e nelle lande dell'America e della Russia. I cavalli vivono in libertà negl'immensi terreni incolti senza ricevere alcuna cura da parte dell'uomo; spesso l'uomo non interviene neppure a dirigere la riproduzione. In tale stato le vicende dell'atmosfera e delle stagioni selezionano naturalmente i soggetti eliminando i più deboli e migliorando quindi la specie.
L'allevamento domestico o stallino è generalizzato nelle campagne a coltura intensiva (in Italia è in uso nel Piemonte, in Lombardia, nel Veneto e in Toscana). Questo sistema è utilizzato solo per il cavallo da tiro pesante, giacché tanto il puro-sangue quanto i cavalli detti di mezzo sangue nell'allevamento puramente stallino deperiscono, mancando del libero esercizio al pascolo, necessario per lo sviluppo, la solidità e la sanità degli arti.
Nell'allevamento misto o semibrado i puledri, nella brutta stagione (inverno) vengono riparati in scuderia, dove ricevono custodia e stanno a regime misto come nell'allevamento domestico; mentre nelle buone stagioni (primavera, estate e autunno) godono del pascolo con completa libertà insieme alle madri.
I puledri debbono essere curati contro i parassiti intestinali o vermi, che possono aver ingerito al pascolo e debbono essere difesi contro l'influenza dei troppo cocenti raggi solari e dagl'insetti.
Addestramento. - Il cavallo per essere un prezioso ausiliario dell'uomo deve essere docile e resistente; esso deve andare volonteroso da solo, superare o saltare con sicurezza gli ostacoli, avere confidenza con tutti gli oggetti che può incontrare, non temere rumori improvvisi: esso inoltre deve mantenere la cadenza nelle varie andature per potervi durare a lungo. L' addestramento del puledro mira appunto a tale scopo.
L'addestramento del puledro deve essere iniziato quando esso incomincia a raggiungere la pienezza del suo sviluppo, cioè quando ha quattro anni e mezzo di età. Incominciandolo prima si rischia di compromettere la salute dell'animale causandogli delle tare.
È tipico, e può servire di modello, il sistema di addestramento usato nelle armi a cavallo dell'esercito (per l'allevamento e l'addestramento dei cavalli da corsa, v. ippiea). Esso viene diviso in due periodi: ammansimento e lavoro, e si svolge nel corso di un anno: ma nei suceessivi sei mesi occorre risparmiare i puledri da gravose fatiche, ciò che protrae la fine dell'addestramento a sei anni.
L'ammansimento consiste in quella somma di cure che pazientemente prodigate valgono, prima di sottoporlo al più leggiero lavoro, ad affezionare il puledro all'uomo e a rendergli familiare il nuovo ambiente in cui si trova (provenendo in genere dal pascolo, ove era tenuto a sistema brado ovvero semibrado). L'ammansimento d'ordinario si compie in circa due mesi e si riesce con esso a predisporre il puledro a sopportare la sella e il peso del cavaliere o i finimenti per il traino. Durante questo periodo il puledro deve essere avvicinato sempre da uno stesso uomo che deve cercare di interessare tutti i sensi del puledro e non limitarsi, come spesso avviene, a voler comunicare con esso solo col tatto. Occorre quindi che l'uomo renda il puledro confidente e tmbediente alla sua voce, che ne abitui la vista all'ambiente ove dovrà sviluppare il suo lavoro, che ne solletichi il gusto con offerte di cibi, predisponendo così il puledro al suo volere con la speranza di ottenere sempre qualche compenso per l'obbedienza prestata; che ne educhi, infine l'olfatto mediante il quale il puledro esprime il timore di cose e di luoghi che invece col tempo dovranno essergli abituali.
Ma quello che soprattutto giova a togliere al puledro l'istintiva rustichezza e che lo invita a lasciarsi avvicinare dall'uomo è lo stimolarne lo spirito d'imitazione. Pertanto è necessario che nei primi giorni il puledro sia sempre accompagnato a un cavallo anziano docile (denominato marrone), a cui l'uomo parlerà, farà carezze e darà fieno e avena, fingendo di non fare attenzione alcuna al puledro, che gli è accoppiato. Dovrà l'uomo lasciare che il puledro gli annusi le vesti e la mano, mentre egli tratta il cavallo anziano, senza dargli alcuna importanza: quando poi il puledro si sarà indotto a imitare il marrone che prenderà il fieno dalla mano dell'uomo, allora questi deve rivolgergli la parola con dolcezza e procurerà di accarezzarlo sulle guance senza mai fissarlo negli occhi, ma tenendone d'occhio l'anteriore per evitare la zampata (o rampata) istintiva e comune nei puledri, specie se di allevamento brado. Appena il puledro si lascerà toccare, l'uomo dovrà con la mano e con spugna spalmata d'olio passare sotto il canale delle ganasce e la criniera per allontanare gl'insetti parassiti (mosche cavalline e zecche), di cui sono affetti al pascolo. L'uomo spalmerà d'olio anche la coda al puledro, che, nell'agitarla, ungerà da sé stesso, senza pericolo, le parti genitali sempre difficili a toccare; facilitando il distacco degl'insetti. Quindi bisogna cercare, senza affrettarsi, di pulire il puledro in tutte le parti del corpo e sovente per allettarlo fregargli la radice della criniera fino a fargli allungare il collo e agitare il musello, indizio di piacere.
Abituare il puledro a lasciarsi sollevare il piede è operazione importantissima, perché è necessario che esso si lasci facilmente ferrare: sarebbe errore imperdonabile l'impiegare la forza nella ferratura, viziando con ciò il carattere del puledro.
Ogm giorno il puledro deve essere fatto passeggiare condotto sotto mano, ora a destra e ora a sinistra di un cavallo anziano tranquillo, montato dall'uomo che ha in consegna il puledro. Ciò lo abitua all'ambiente esterno e lo spirito d'imitazione si sviluppa in esso vedendo come si comporta il cavallo anziano. Al puledro, quando è stato reso mansueto al punto di lasciarsi inforcare dall'uomo a pelo in scuderia, si mette la sella e il filetto.
Lavoro. - Consiste nella razionale e metodica progressione di esercizî per rendere il puledro adatto al prestare servizio: deve durare 10 mesi.
Il lavoro dev'essere gradevole al puledro ed è necessario nei primi tempi che il puledro non venga disgustato con esercizî che lo affatichino. Il cavaliere, le prime volte senza sproni, monterà all'aperto il puledro accoppiato a un cavallo anziano montato da altro cavaliere; egli fermerà frequentemente il puledro, gli parlerà, lo lascerà pascolare qualche momento, procurando che il lavoro sia gradevole e leggiero. Qualora il puledro manifestasse qualche titubanza nel procedere ovvero facesse qualche salto, non dovrà essere contrariato dal cavaliere, ma assecondato nelle sue movenze anche disordinate: il cavaliere dovrà restare in sella passivo e calmissimo. Dopo una ventina di giorni non sarà più necessario l'accoppiare il puledro al cavallo anziano.
L'equilibrio e la cadenza delle andature (passo e trotto) vengono acquistati dal puledro da sé con lo svilupparsi del fisico, senza speciali esercizî, come pure i movimenti circolari e il girare. Il diminuire dell'andatura e il fermarsi debbono essere ottenuti dal puledro, che obbedisce al sibilo del cavaliere, al pari del ripartire o aumentare dell'andatura, che dovranno essere ottenuti col colpo di lingua. Si sostituirà poi al sibilo e al colpo di lingua la tensione delle redini progressiva e l'aiuto di gambe o dello scudiscio.
Il procedere su un terreno rotto e accidentato darà al puledro occhio e piede sicuro in campagna. Quando lo sviluppo fisico lo permetterà si farà galoppare il puledro su terreno buono da 400 a 500 metri dapprima, aumentando gradatamente la distanza: è questa la migliore ginnastica per il puledro; il galoppo verrà preso spingendo il puledro al trotto allungato.
Qualche marcia (dapprima su un percorso di 15 km. portato progressivamente fino a 30 km.; durante la marcia è facile abituare ai rumori e agli spari) e il salto degli ostacoli (a iui il puledro è invitato da un cavallo anziano che lo precede) completeranno alla fine del periodo l'addestramento del puledro fatto tutto in filetto. Al puledro, che allora avrà 5 anni e mezzo, verrà messa la briglia (sono preferibili morsi leggieri e d'imboccatura dolce) e nei sei mesi successivi (cioè fino a 6 anni) sì ripeterà il lavoro precedentemente fatto curandone la razizioaie progressione.
Allenamento. - Nell'allenanento occorre badare alla respirazione dei cavalli, ricordando che in stato di quiete il cavallo sano respira da otto a dieci volte al minuto primo, senza movimento troppo marcato delle narici e dei fianchi. Il galoppo aumenta bensì sensibilmente il numero delle respirazioni, ma, rimesso al trotto e al passo, il cavallo deve avere dopo pochi minuti la respirazione perfettamente tranquilla. L'allenamento dev'essere accompagnato da un aumento della razione di avena.
Uno speciale allenamento alle marce è necessario per i cavalli militari. I cavalli dell'artiglieria e della cavalleria occorre siano allenati a percorrere celermente grandi distanze per parecchi giorni, senza perdere nella loro efficienza, con pieno assetto e carico di guerra. Normalmente le armi a cavallo debbono poter eseguire marce fino a 40 km. alla velocità di 8 km. all'ora (marcia ordinaria), alternando il passo al trotto. La durata delle riprese di trotto (cadenza 230 metri al minuto per la cavalleria, 200 metri al minuto per l'artiglieria) e di passo (cadenza 100 metri al minuto) è generalmente 10 minuti primi. Volendo accelerare la marcia converrà ridurre la durata delle riprese di passo a minuti 5 e aumentare quelle di trotto a minuti 15. Qualora le riprese di passo siano eseguite coi cavalli scossi (cioè senza cavaliere in sella) ne avvantaggeranno così i cavalli come i cavalieri. Reparti di armi a cavallo bene allenati possono anche percorrere distanze di 70 a 80 km. al giorno per due o tre giorni. Pochi cavalieri (pattuglie) possono percorrere senza danno 120 a 150 km. nelle 24 ore, per uno o due giorni consecutivi.
Il cavallo nella storia e nell'arte.
Il cavallo fu conosciuto e familiare sin da tempo antichissimo agl'Indoeuropei, prima della loro dispersione, come prova la comparazione linguistica, e assieme ad essi ai popoli turco-tatari; sua patria può quindi dirsi il territorio a steppa europeo-asiatico dove i due grandi gruppi etnici vennero con esso a contatto. La sua diffusione a sud di questa zona di origine è più tarda; sia presso Egizî e Sumeri, sia nel mondo semitico (Assiri, forse i primi che usarono il cavallo attaccato al carro da guerra, Arabi, Ebrei e Aramei), il cavallo compare come una chiara importazione culturale indoeuropea; o, come tradizionalmente si riteneva, attraverso popolazioni iraniche, o, secondo recenti ipotesi, attraverso tribù di Cappadocia trasferitesi nella Mesopotamia.
I primi usi cui sembra abbia servito il cavallo una volta reso domestico (in epoca anteriore dové essere esclusivamente animale da caccia) non furono tanto quelli di aiuto all'uomo, quanto quelli alimentari, con la sua carne, il latte e la pelle; solo con l'età dei metalli sembra si sia cominciato a sfruttare l'animale per il tiro e per l'equitazione, cbe dovevano diventare i due fondamentali e quasi universalmente adottati mezzi d'impiego del cavallo nelle più svariate civiltà. Grazie ad essi, il cavallo assume una posizione di primo piano come prezioso ausiliare dell'uomo; rimandando alle voci speciali cavalleria e ippica per l'adeguata trattazione storica della sua funzione nella storia militare e sportiva, basti qui accennare alla larghissima parte che esso occupa nella letteratura e nell'arte, fedelmente rispecchianti gli affetti ed interessi dei popoli. Dal mitico Xanto omerico al fedele Rakhsh di Rustem nell'epopea iranica, dai destrieri dei cavalieri dell'epica carolingia, a tutti familiari nei canti del Furioso, all'anonimo ma non meno celebrato cavallo del poeta preislamico Imru' ul-Qais e al cavallo pezzato su cui il canto popolare serbo attende re Marco ridesto dal lungo sonno, è generale nelle letterature il vagheggiamento e quasi lo sforzo di personalizzazione e caratterizzazione del nobile animale; come, nel campo delle arti figurative, le rozze rappresentazioni di figure equine tracciate dai primitivi nelle grotte preistoriche sono il primo gradino, cronologico e artistico, di una ricchissima serie di opere, raggiungente con le figure fidiache del fregio, delle metope e dei frontoni del Partenone e con i cavalli dei grandi monumenti equestri del Rinascimento italiano le più alte vette dell'arte. (V. tavv. a colori).