CAVAZZONI ZANOTTI, Giovanni Andrea
Nato alle Caselle, frazione di San Lazzaro di Savena, vicino Bologna, nell'anno 1622, da una ricca famiglia diproprietari terrieri, divenne abile attore della commedia dell'arte all'italiana con il nome di "Ottavio". All'età di diciotto anni poté entrare in possesso dell'eredità lasciatagli dallo zio materno Vincenzo Zanotti, accettando le condizioni poste dal testamento, assumendone l'arma ed il cognome: è da allora che egli viene citato nelle fonti o con il semplice nome darte o col doppio cognome.
Probabilmente imparò a recitare. nella stessa Bologna, ma ignoriamo chi sia stato il suo maestro. Nel 1646 era a Panna, dove lavorava in una compagnia teatrale alle dipendenze del duca (non si sa se questi fosse ancora Odoardo Farnese o Ranuccio II che gli successe proprio in quell'anno). Accanto a lui erano sulla scena Mario Napolioni e Carlo Cantù, ma gli spettacoli di questa stagione non ottennero successo e gli attori non ebbero neppure di che pagare il teatro che li aveva ospitati. L'anno successivo troviamo il C. a Roma con gli stessi colleghi e in più Ercole Nelli. Qui avvenne la lite con Domenico Locatelli della cui moglie, Gabriella, s'era innamorato.
Poco dopo, non essendo d'accordo tutti gli attori su quale città raggiungere dopo le recite romane, il C. lasciò i suoi colleghi e ritornò nell'Italia settentrionale, dove, dall'anno successivo (1648), cominciò a lavorare nella compagnia al servizio del duca di Modena Francesco I d'Este, restandovi fino al 1656 con la sola eccezione della stagione '50-51, durante la quale partecipò al lavoro dei comici del principe di Carignano Tommaso di Savoia. Sarà lo stessa C. a pregare il duca di Modena affinché intercedesse presso Tommaso per riottenere la sua libertà. Nel 1651, tornato dunque a Modena, la compagnia, dopo una lunga questione, allestisce degli spettacoli a Milano invece che a Padova dove era stata invitata precedentemente. Nell'estate dello stesso anno fu a Verona e nel novembre a Venezia. Durante il carnevale del 1652 recitò nel teatro di Modena. Gli spettacoli sembravano svolgersi in un clima sereno e festoso quando, proprio sulla scena, e alla presenza del duca (che volle evidentemente punirlo per una colpa che ci rimane ignota), il C. ricevette un sonoro schiaffo, non previsto dalla situazione, da parte di un suo collega; e quindi si rifugiò nel monastero del Carmine per evitare ulteriori rappresaglie.
In primo matrimonio il C. sposò la bolognese Teodora Blesi. Nulla sappiamo della sua attività nel corso dei tre anni che vanno dal 1652 al 1655, né possiamo azzardare l'ipotesi che egli si sia allontanato momentaneamente dalle scene; è di nuovo documentata la sua presenza nella vecchia compagnia per il 1655 in un lavoro a Modena e, nell'agosto di quell'anno, in un teatro genovese.
Fondamentale per la sua vita, e per la sua carriera, è l'anno 1656, quando "Ottavio", preceduto da una notevole fama che ha varcato i confini d'Italia, parte per Parigi, invitato alla corte di Luigi XIV. Qui, ben presto, adattandosi alla situazione, seppe sostituire ai motti arguti e ai dialoghi fondati quasi sempre sulla battuta salace, l'abilità mimica fatta di gesti sapienti ed espressivi, di movimenti misurati e sempre utili a permettere la comprensione immediata degli spettatori. Nel 1660 esordì come "secondo amoroso" presso la compagnia della Comédie-Italienne, dove, sette anni dopo, prese il posto di Giacinto Bendinelli come "primo amoroso", col nome di "Ottavio" il Vecchio per distinguersi dal giovane "Ottavio", Giovan Battista Costantini. Per quasi trent'anni il C. seppe resistere sulle scene imponendosi come attore là dove la sua personalità di uomo, certamente onesto e virtuoso ma pauroso e timido, non gliavrebbe consentito di primeggiare. Nel 1668 morì la moglie Teodora e due anni doposposò Marie Marguerite Enguerant di Abville da cui pare avesse otto figli.
Fra questi diverranno famosi il pittore Gian Pietro (padre di Eustachio, celebre astronomo e idraulico), il filosofo e teologo Ercole, il fisico e letterato Francesco Maria, Angiola e Teresa poetesse in vernacolo bolognese, mentre di un altro figlio si sa che divenne religioso claustrale (tutti i figli del C. sono noti col cognome di Zanotti).
L'avvenimento più significativo per la definizione della personalità del C. e per individuare lo spessore del suo impegno culturale è l'amicizia che lo legò al Corneille negli anni del soggiorno francese, mentre è il caso di sottolineare il fatto che mai accanto al suo nome di attore comico si fa quello di Molière. Il legame col Corneille consentì al C., tornato a Bologna (1684), di pubblicare la traduzione dell'Eraclio imperatore d'Oriente (Bologna 1691, per Gioseffa Longhi) e dello stesso Cid col titolo Onore contro Amore (ibid. 1691, per Pier Mattia Monti).
Nella prefazione di quest'ultima opera egli afferma di aver compiuto l'impresa con l'approvazione dell'autore, ma è difficile pensare che Corneille abbia accettato le molte e profonde trasformazioni subite dalle sue opere. Infatti nell'Eraclio è soppresso il personaggio di Amintas (è lo stesso Esuperio che, nella scena finale, racconta l'eccidio di Foca da lui commesso), mentre i cinque atti diventano tre di cui il primo riassume primo e secondo atto dell'originale, il secondo arriva fino alla quinta scena del quarto atto e il terzo contiene il resto dell'opera. Nella traduzione del Cid il primo atto arriva fino alla sesta scena del primo atto dell'originale, mentre le scene quarta e sesta sono fuse in linsa; il medesimo procedimento di condensazione riguarda le scene I, 3, 4, 5; II, 7, 8; III, 2, 3; III, 5, 6; IV, 1, 2. Non è difficile pensare che in queste modificazioni abbia prevalso l'intenzione di snellire l'azione scenica per poter semplificare al massimo l'opera, che cioè il C. abbia letto il testo da attore, senza preoccuparsi della fedeltà all'originale, fino al punto di cambiare il titolo stesso delle opere.
Nel 1683 Luigi XIV, temendo che il C. volesse tornare in Italia per evitare che alla sua morte il patrimonio accumulato gli venisse confiscato, gli concesse, con un atto che ci è stato conservato, la cittadinanza francese, segno ulteriore della dignità a cui gli italiani avevano saputo elevare un mestiere fino a poco prima considerato vile e senza alcun pregio. Tale gesto regale non impedìtuttavia che l'anno dopo il C., con la sua numerosa famiglia, ripartisse per Bologna dove egli voleva concludere la propria esistenza, Nonostante le notevoli ricchezze, l'età sicuramente avanzata ed una vita trascorsa nell'ininterrotta e faticosa attività di palcoscenico, nel 1689 egli fu ancora fra i suoi colleghi e quattro anni dopo partecipò ad uno spettacolo in casa Volta a Bologna.
Morì a Bologna il 17 sett. 1695.
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