CAYLINA, Paolo, il Vecchio, detto Paolo da Bresci
Pittore bresciano, figlio di Pietro e di Caterina de Bolis, fratello della moglie di Vincenzo Foppa: non se ne conosce la data di nascita, che può essere tuttavia collocata ragionevolmente tra il 1420 e il 1430. Nel 1451 abitava a Brescia in contrada di S. Agata allorché risulta testimone in un attofra i monaci di S. Pietro in Olivato e quelli di Bagolino. Nel 1458 è ricordato, come "civis et habitator civitatis Brixiae", insieme con il Foppa, a Pavia, in un atto per un regolamento di conti con certo Nicolò de Francesco; dello stesso anno è il polittico firmato già nelle chiese di S. Albino e poi di S. Lorenzo a Mortara (Pavia) e ora nella Galleria Sabauda di Torino (n. 141) con la Madonna in trono tra i ss. Amelio, Lorenzo, Albino e Amico (N.Gabrielli, La Galleria Sabauda, Torino 1971, p. 185 fig. 36). Nel 1459 e nel '66 è a Brescia incaricato della decorazione, perduta, dell'orologio sulla piazza Comunale. A Brescia è documentato ancora nel '67 e nel '69: dalle Provvisioni comunali della città, dell'agosto 1471, risulta che dopo trattative con vari pittori il Consiglio comunale deliberò di affidargli la decorazione pittorica, pure perduta, della loggetta sul lato orientale della piazza del Comune. Dalle stesse Provvisioni risulta che altri lavori gli furono affidati nell'ottobre dello stesso '71 ("il cimiero del podestà Contarini sul muro della loggia") e nel 1473. Oltre questa data si collocano gli affreschi firmati e datati 1486, scoperti recentemente nella cappella della Vergine della chiesa bresciana di S. Giovanni Evangelista, e venuti in luce da sotto un ciclo del nipote Paolo il Giovane (Panazza, 1971).
Un'altra opera sicura, composta di varie figurazioni per lo più votive - un trittico frammentario con Santo vescovo, un S. Sebastiano, due Madonne in trono col Bambino (una delle quali appunto firmata e datata) -, è così venuta ad aggiungersi a quella di quasi un trentennio prima (1458), il polittico della Sabauda, intorno al quale la critica aveva faticosamente cercato di raggruppare altri dipinti bresciani, peraltro sempre discussi: il trittico dei Calzolai (Madonna col Bambino tra i ss. Lorenzo e Ambrosio) della chiesa dei SS. Nazaro e Celso (purtroppo alterato da ridipinture); il trittico a fresco (Madonna col Bambino tra s. Lorenzo e un santo vescovo) della chiesa del Carmine, l'affresco absidale con la Vergine, il Bambino e angeli musicanti della chiesa di S. Francesco, e perfino la problematica tavola con S. Giorgio e la principessa della Pinacoteca Tosio-Martinengo di Brescia. Insostenibile appare invece l'attribuzione della lunetta vercellese del Museo Borgogna (Baroni-Samek Ludovici, p. 79).
La nuova recente acquisizione, se da un lato non comporta affatto il rigetto delle precedenti proposte delle quali si è riconosciuta la validità quanto meno come tema di ricerca, dall'altro, avendo arricchito notevolmente la conoscenza del C. specie in forza della data che ne protrae l'attività sul finire degli anni Ottanta, ha permesso di formulare proposte nuove. Il Panazza (1971, pp. 53 s.) ha osservato, infatti, che gli affreschì bresciani di S. Giovanni Evangelista costituiscono l'ultimo anello che ancora mancava per collegare, forse definitivamente, il C. al cosiddetto Maestro di San Felice (affreschi nella chiesa del Carmine a San Felice del Benaco e in S. Rocco a Concesio); al Maestro di Nave (affreschi in S. Maria della Mitra a Nave); all'autore degli affreschi di S. Maria della Rosa a Calvisano (tutte località del Bresciano); a quello dei due affreschi simili, con Madonna e santi, in fondo alla navata della chiesa di S. Cristo (Brescia) e infine a quello della decorazione affrescata nell'abside di S. Stefano a Rovato.
Tutte opere nelle quali si possono scorgere anche caratteri di stile comuni ed affini alle opere delle primitive proposte e che potrebbero un giorno conferire una fisionomia definitiva al catalogo del C. e della sua cerchia, la cui attività nella provincia bresciana si estende tra la fine del XV e il primo ventennio del XVI secolo.
Il polittico della Sabauda, da considerare oggi ormai decisamente giovanile, resta tuttavia fondamentale per la conoscenza del C. che si rivela artista di formazione mista lombardo-veneta: lombarda nelle silhouettes e nella tipologia delle figure dei santi, specialmente, che riconducono agli Zavattari ed a Cristoforo Moretti e, d'altra parte, nella sensibilità chiaroscurale dei volti perlacei che è motivo, l'unico, di contatto col Foppa (Panazza); veneta nel formulario di certi ornati del trono marmoreo nonché dei manti che sembrano derivare da Antonio Vivarini; mentre più precisamente padovani, squarcioneschi, sono stati giudicati altri elementi particolari quali i genietti che adornano lo steso trono (Toesca). Un quesito a parte poi costituiscono i "tondi" facenti parte (non inseriti) delle cuspidi della cornice del polittico che sono stati attribuiti ad artista toscano e giudicati addirittura non pertinenti (A. M. Hind, Early Ital. Engraving, I,London 1938, nn. 53 s.; Semenzato), mentre oggi è ragionevole credere che, comunque, siano stati eseguiti dallo stesso Caylina. Negli affreschi del 1486 poi, la visione e lo stile del pittore non appaiono sostanzialmente mutati. Nonostante lo sfoggio di ornati archeologici e di architetture e quinte prospettiche "rinascimentali", più propriamente padovane, il C. dimostra chiaramente di non intenderne lo spirito. Si accentuano le rimembranze foppesche, piuttosto per certi rapporti cromatici che per certe inquadrature; ma non sono dimenticate le citazioni da un Antonio Vivarini e da uno Iacopo Bellini, per taceredi qualche, residuo tardogotico. Anche in questa fase estrema il C. si mostra fermo più che mai sulle sue vecchie posizioni di artista ritardatario.
Fonti e Bibl.: F. Paglia, Giardino della pitt. [1663-1670], a cura di C. Boselli, Brescia 1967, ad Ind.; G. Casalis, Diz. geografico, storico... degliS tati del re di Sardegna, Torino 1843, XI, p. 493; R. d'Azeglio, Studi stor. e archeol. ..., Firenze 1861, II, pp. 175 ss.; S. Fenaroli, Diz. degli artisti bresciani, Brescia 1877, p. 73; G. Morelli, Le opere dei maestri ital. nelle gallerie di Monaco, Dresda e Berlino, Bologna 1886, p. 408; J. Lermolieffs Kunstkritische Studien..., III, Leipzig 1893, p. 106; P. Moiraghi, Almanacco sacro pavese, Pavia 1897, passim; C. J. Ffoulkes-R. Majocchi, V. Foppa of Brescia, London 1909, pp. 26-28, 137, 138; P. Toesca, La pittura e la miniatura nella Lombardia, Milano 1912, p. 572; R. Van Marle, The Development of the Italian Schools of Painting, VII, The Hague 1926, p. 186; A. Venturi, La pittura del Quattrocento nell'Alta Italia, Bologna 1930, p. 57; R. Maiocchi, Codice diplom. artistico di Pavia..., I, Pavia 1935, pp. 100, 102; R. Longhi, C. Braccesco, Milano 1942, p. 24; Id., Viatico per cinque secoli di pittura venez., Firenze 1946, p. 51; G.Panazza-C. Boselli, La pittura a Brescia dal Duecento all'Ottocento, Brescia 1956, p. 27; F. Wittgens, V. Foppa, Milano s. d. (ma 1948), p. 22; C. L. Ragghianti, Studi su la pittura lomb. del Quattrocento, in La Critica d'arte, XXX(1949), p. 299; C. Baroni-S. Samek Ludovici, La pittura lombarda del '400, Messina-Firenze 1952, pp. 78-80, e passim; F. Russoli, La Pinacoteca Poldi Pezzoli, Milano 1955, p. 171; C. Volpe, D. Bragadin ultimo gotico, in Arte veneta, IX(1955), p. 21; C. Semenzato, Un polittico di P. da Brescia, ibid., pp. 24-28; M. L. Ferrari, G. P. da Cemmo. Fatti di pittura bresciana del Quattrocento, Varese-Milano 1956, pp. 33, 41, 51, 61; R. Longhi, Officina ferrarese, Firenze 1956, p. 185; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Venetian School, London 1957, I, p. 127 (rec. di C. Boselli, in Il Tempo di Brescia, 4 ott. 1958); R. Longhi, Una cornice per Bonifacio Bembo, in Paragone, VIII(1957), 87, p. 11; F. Mazzini, in Mostra di arte lombarda... (catal.), Milano 1958, p. 94; G. A. Dell'Acqua, Arte lombarda dai Visconti agli Sforza, Milano 1959, p. 66; G. Ghilbert [ma Gilbert], Su P. da C. il Vecchio, in Comment. dell'At. di Brescia, 1961, pp. 203-217; G. Panazza, La pitt. nella prima metà deiQuattrocento, in St. di Brescia, II, Brescia 1963, pp. 923-926; C. Boselli, Spunti sul Quattroc. pittor. bresciano, in Arte lombarda, VIII(1963), 2, pp. 104 ss.; A. Griseri, Jaquerio e il realismo gotico in Piemonte, Torino 1965, p. 129; F. Mazzini, Affreschi lombardi del Quattrocento, Milano 1965, p. 633; G. Panazza, Un'opera nuova. di P. da Brescia, in Studi di storia dell'arte in on. di A. Morassi, Venezia 1971, pp. 50 ss.; G. Dester, Origini e vicende, in S. Giovanni di Brescia, Brescia 1975, pp. 23 e figg. 19 s., 28 e fig. 27, 34-37; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 240 (s.v. Caylina, Bartolomeo di Pietro).