CECCHI, Domenico, detto il Cortona
Nacque verso la metà del sec. XVII a Cortona, dove cominciò a studiare canto con il maestro della cattedrale Placido Basili, che fece di lui in pochi anni un ottimo sopranista. Quasi sicuramente ottenne il primo successo con il debutto in pubblico nell'opera Forza d'amore (libretto di O. Tartaglini, musica del Basili), data a Cortona prima del 1673 (in quell'anno l'opera fu infatti ristampata a Bologna e l'autore gli dedicò la nuova edizione). Nel corso del carnevale del 1673, a Bologna, il C. cantò al teatro Formagliari nel Nino (di autori ignoti) e nell'Antioco (libretto di N. Minato, musica di G. L. Cipriani), e in questa occasione fu notato per la prima volta dal critico teatrale personale del duca di Mantova, fra' Giovanni Batta Melonari.
Del C. si perde ogni traccia fino all'estate del 1681, quando fu scritturato al teatro Grimani di Venezia per il carnevale, cosa che gli procurerà 480 zecchini, un grande successo e la soddisfazione di lavorare in quella città. Per alcuni mesi del 1682 fu al servizio dell'imperatore Leopoldo I cui lo richiese Cristina di Svezia, che lo trattenne a Roma fino al giugno dello stesso anno. Secondo l'Heriot il C., prima di recarsi da Cristina, avrebbe soggiornato per qualche tempo a Mantova.
Nel 1685 il C. cantò a Modena inun oratorio di G. A. Perti e, durante il carnevale, al teatro di S. Luca di Venezia in un melodramma sconosciuto; era presente Giorgio III principe elettore di Sassonia, che lo apprezzò e lo volle al suo servizio, impiegandolo anche in delicate questioni diplomatiche. Il C. cantò nel 1688 a Monaco di Baviera, insieme con Margherita Salicola e con altri virtuosi in un'opera di cui si sa solo che costò 50.000 fiorini (Ravagli, p. 13); ma, improvvisamente, l'anno dopo, fece ritorno in Italia. Motivo di tale decisione fu, molto probabilmente, un invito del duca di Mantova; iniziò così per il C., che si pose subito alle dipendenze di Ferdinando Carlo, un periodo di lavoro molto intenso.
Nello stesso 1689 lo troviamo al teatro ducale di Milano, in cui canterà almeno otto opere nel decennio successivo; pochi mesi dopo, verso novembre, a Modena come protagonista de Il Maurizio (libretto di A. Morselli, musica di D. Gabrielli) in una compagnia di cantanti eccezionali al servizio dell'alta nobiltà italiana. Nell'anno 1690 gli si presentò un'altra occasione importantissima per consolidare e innalzare la sua fama: cantò a Parma una delle parti principali del grandioso e fantastico dramma Il Favore degli dei (libretto di A. Aureli, musica di B. Sabadini). L'opera era stata scritta per i festeggiamenti delle nozze di Odoardo Farnese con Dorotea Sofia, figlia di Filippo Guglielmo elettore palatino, e fu data il 25 maggio al teatro Farnese, per un pubblico di personaggi illustri, che applaudirono il C., affiancato ancora una volta ai cantanti più famosi del tempo. L'avvenimento doveva servire anche a ristabilire la pace tra i duchi di Modena e di Mantova, e per questo motivo Ferdinando Carlo aveva "prestato" parecchi dei suoi cantanti, tra cui il C., il quale da quell'anno si presenterà col titolo di "virtuoso del duca di Mantova".
Dopo la cerimonia parmense il C. riportò un altro strepitoso successo a Reggio Emilia e nel gennaio 1691 cantò al teatro Tor di Nona di Roma ne Il Colombo ovvero l'India scoperta: l'opera fu l'avvenimento più clamoroso della storia di quegli anni del teatro romano e suscitò innumerevoli giudizi e pasquinate, anche se poté avere solo poche repliche. Lo spettacolo fu sfarzosissimo e il costo, enorme, fu tutto a spese dell'autorevole autore della musica e del libretto, il cardinal Pietro Ottoboni, probabilmente aiutato da Giovanni Bononcini.
Gli interpreti furono cinque sopranisti, fra cui il C., che in verità rappresentò l'unica nota positiva dell'opera perché, a parte i prodigiosi scenari, sia gli altri cantanti sia la trama e la regia furono considerati un vero fallimento. La parte del C. fu quella di Fernando, subito accresciuta a discapito di altre non appena l'Ottoboni si accorse che era il solo a ricevere applausi; però, come il resto della compagnia, anche il C. fu costretto a lasciare dopo pochi giorni la città, e quindi le recite, per il dilagare della peste.
Nel 1691 e nel 1693 il C. cantò a Genova e nel 1694 alla corte di Mantova, ma in proposito non si hanno ulteriori notizie. Fu poi al teatro Malvezzi di Bologna come protagonista de La Forza della virtù (libretto di D. David, musica di C. F. Pollarolo, rielaborata quasi completamente da G. A. Perti), in cui cantarono anche Niccolò Pario, Barbara Riccioni e l'allora celeberrima Maria Maddalena Musi. Lo spettacolo suscitò un grande scalpore: le recite, durate circa un mese a cominciare dalla metà di maggio, furono quattordici e le ultime due, non programmate, furono aggiunte solo per soddisfare la forte richiesta del pubblicò. Nel 1696 il C. cantò a Reggio Emilia in un melodramma sovvenzionato largamente dal Senato per festeggiare le nozze dei principi sovrani e fu quindi scritturato, in autunno, come primo uomo al teatro S. Bartolomeo di Napoli per tutta la seguente stagione teatrale insieme con altri cantanti della corte di Mantova. Nel capoluogo campano il C. ebbe ottima accoglienza e cantò, il 18 novembre, come protagonista nel Commodo Antonino (libretto di F. M. Paglia, musica di A. Scarlatti); vi si fermò ancora nel carnevale seguente e anche dopo la chiusura del S. Bartolomeo, conducendo vita principesca, attorniato da una generale benevolenza.
Negli anni 1698-1700 non si è sicuri che il C. continuasse a servire i Gonzaga, ma già prima del 1704 era di nuovo a Mantova, da dove raggiunse Reggio Emilia per cantare ne La Caduta dei decemviri (libretto di S. Stampiglia, musica di F. Ballarotti); del 10 marzo di quell'anno è una lettera del principe di Toscana Ferdinando che ringrazia il duca di Mantova per avergli "concesso" il C., "suo servitore attuale" per alcune recite in cui aveva riportato "stima universale" e il suo personale "gradimento più vivo". Fra quelle rappresentazioni fu il Turno Aricio (libretto di S. Stampiglia, musica di A. Scarlatti) e l'importanza dell'opera trovò nel C. un interprete molto degno (Bertolotti).
Il ritorno a Mantova si limitò quasi unicamente a un saluto al duca, perché subito dopo il cantante ripartì per Dresda, invitato dall'elettore di Sassonia Federico Augusto, e da lì per Vienna, come cantante e maestro di musica dell'imperatore Leopoldo. Come tale fu sempre stimato e apprezzato anche da Giuseppe I. Nel carnevale del 1707 tornò a Venezia per cantare al teatro Tron di S. Cassiano la parte del protagonista nel melodramma Flavio Anicio Olibrio (libretto di A. Zeno e P. Pariati, musica di F. Gasparini) e quella principale del Teuzzone (dello Zeno, musica di A. Lotti). Nell'autunno seguente, nello stesso teatro, cantò nell'Astarto e, durante il carnevale, nel Falso Tiberino e nell'Engelberta (ancorasu libretto di A. Zeno e P. Pariati e musicati, il primo da T. Albinoni, il secondo da C. F. Pollarolo, e il terzo da F. Gasparini).
Ritornato all'ufficio viennese, il C. condusse vita serena e splendida, assolvendo principalmente la funzione di maestro di musica delle arciduchesse reali fino alla morte di Giuseppe I, avvenuta nel 1711; col successore Carlo fu però bruscamente licenziato, forse vittima di antiche invidie. Degli ultimi anni del sopranista si danno due diverse versioni: la prima è un quadro tristissimo di un'esistenza misera e senza amici, conclusasi nel lazzaretto di Viennatra il 1717 e il 1718; l'altra versione vuole che il C., dopo il licenziamento, ritornasse a Cortona, dove visse ricchissimo e visitato da italiani e stranieri fino a pochi giorni prima che morisse nel 1717.
Bibl.: F. Ravagli, Il Cortona, Città di Castello 1869; A. Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga… dal sec. XV al XVIII, Milano s.d., pp. 115-17; G. Monaldi, Cantanti evirati celebri del teatro ital.,Roma 1920, p. 49; G. Mancini, Contributo dei cortonesi alla cultura ital., in Arch. stor. ital., LXXIX (1921), 2, p. 109; A. Cametti, Il teatro di Tordinona poi di Apollo, Tivoli 1938, I, pp. 13, 74 ss.; II, p. 345; A. Heriot, The Castrati in Opera, London 1956, pp. 113 ss.; N. Pirrotta, D. C., in Encicl. d. Spett., III, Firenze-Roma 1956, coll. 298 s.; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, II, p. 233; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 318; La Musica. Diz., I, p.376; Encicl. d. musica Ricordi, I, p. 444.