Cecilio
Commediografo latino, nato a Milano intorno al 220 a.C., morto a Roma intorno al 166. L'opera di C. era già perduta alla fine del mondo antico: D. legge il nome di C. e qualche frammento nelle citazioni che ne fanno Cicerone e i grammatici. Ricorda C. in Pg XXII 98 (parole di Stazio a Virgilio): dimmi dov'è Terrenzio nostro antico, / Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai. Nel quadro delle precise intenzioni di D. di realizzare un allargamento dal canone degli uomini rappresentativi pagani già delineato in If IV, il nome di C. in Pg XXII 98, come quelli dei poeti citati con lui, non è che una prova del tutto formale dei limiti di questa ambizione culturale. Il passo del Purgatorio dipende inequivocabilmente da Orazio Ars poet. 53-55 " quid autem / Caecilio Plautoque dabit Romanus ademptum Vergilio Varioque? ". In D. il nome di Terenzio sostituisce quello di Virgilio, che è interlocutore della scena, sì da ricostituire la quaterna oraziana. La scelta è caduta su Terenzio, sia per la larga popolarità del nome, sia, forse, perché a D. può non essere sfuggito l'accostamento a C. e a Plauto in Orazio Epist. II 153 ss. e in Agostino Civ. II 12 (" Indignum videlicet fuit, ut Plautus aut Naevius Publio et Gn. Scipioni aut Caecilius M. Catoni malediceret, et dignum fuit, ut Terentius vester flagitio Iovis optimi maximi adulescentium nequitiam concitaret? ": il Terrenrio nostro di D. ha forse possibilità di contatti con il " Terentius vester " di Agostino). E invece assai difficile che D. abbia avuto presente il canone varroniano (Varrone Men. fragm. 399 B. = GRF fragm. 99 p. 225: " Caecilius Statius in argumentis poscit palman, in ethesi Terentius, in sermonibus Plautus ") pur trasmesso da Nonio (p. 374 M.) che gli fu forse accessibile. E infine probabile che, nell'accostare al nome di C. quello di Terenzio, D. sia stato influenzato dal ricordo dei rapporti che intercorsero fra i due poeti e che sono riferiti da Svetonio e trasmessi da Girolamo nella sua popolare traduzione del chronicon di Eusebio (ad Ol. 155, 3).