Gibbons, Cedric (propr. Austin Cedric)
Scenografo cinematografico statunitense, di origine irlandese, nato a New York il 23 marzo 1893 e morto a Hollywood il 26 luglio 1960. Attivo fin dai tempi del muto, nell'ambito dell'industria cinematografica americana in fase di progressiva espansione fu, nel suo settore, la figura di maggior spicco per tutto il periodo classico, anche in virtù del ruolo di responsabile del settore scenografico della Metro Goldwyn Mayer. Coinvolto nella realizzazione di oltre un migliaio di titoli della major nell'arco di un quarantennio, per una parte di essi fu il diretto artefice del setting, svolgendo costantemente un ruolo di supervisore del lavoro di altri scenografi dello studio. Lo stile della MGM, contraddistinto dalla costruzione di grandi e articolati spazi, per es. nei film in costume, e dalla creazione di interni spesso vasti e sontuosi, in particolare nel genere della commedia sofisticata, reca impresso il segno dello scenografo, il cui nome è legato anche all'ideazione della statuetta dell'Oscar, premio che egli vinse undici volte, ricevendone uno onorario nel 1950.Dopo essersi laureato in arte e architettura presso la New York's Art Students League, G. iniziò a lavorare con il padre architetto, ma ben presto (1915) si avviò verso l'attività cinematografica come assistente di Hugo Ballin presso gli studi Edison. Nel 1918 divenne art director per la casa di produzione Goldwyn Pictures Corporation e con la creazione della MGM nel 1924 ebbe l'incarico di responsabile di tutto il settore scenografico del nuovo studio. Uno dei primi film ai quali lavorò fu The unwritten code (1919) di Bernard J. Durning, cui seguirono nel decennio successivo opere di rilievo come He who gets slapped (1924; Quello che si prende gli schiaffi) di Victor Sjöström, The circle (1925) di Frank Borzage, The big parade (1925; La grande parata) di King Vidor ‒ che rivela una sicura attenzione per spazi realistici nella resa del coté bellico del film ‒, The divine woman (1928; La donna divina) di Sjöström e The patsy (1928; Fascino biondo) ancora di Vidor, commedia arguta e piena di ritmo che, anche negli ambienti, anticipa la fase della commedia sofisticata. Il successivo Grand hotel (1932) di Edmund Goulding è un esempio paradigmatico di costruzione di interni ampi e articolati, nei quali il grande albergo rappresenta un microcosmo che evoca il mondo, con il suo passaggio continuo di persone; mentre in As you desire me (1932; Come tu mi vuoi) di George Fitzmaurice dal dramma di L. Pirandello, G. seppe bene articolare le sequenze 'italiane' en plein air con lo spazio angusto e claustrofobico, sottolineato da elementi di rilievo quale, per es., la scala nella casa dove Salter (Erich von Stroheim) tiene come una prigioniera Zara/Maria (Greta Garbo). Un altro microcosmo sarebbe tornato nel cinema di G., ossia l'elegante ma essenziale negozio di maroquinerie, fulcro scenico e narrativo, di gusto teatrale, dello splendido The shop around the corner (1940; Scrivimi fermo posta) di Ernst Lubitsch. Per questo stesso regista G. firmò anche le scene di Ninotchka (1939) e, soprattutto, i magnifici ambienti di The merry widow (1934; La vedova allegra), tra le testimonianze più importanti del suo gusto déco. Di carattere più fantasmagorico ‒ e indice della duttilità di G. ‒ sono le originali locations di The wizard of Oz (1939; Il mago di Oz) di Victor Fleming, nonché il disegno di personaggi quale l'uomo di latta.Se da un lato risulta difficile, nella miriade di produzioni MGM, stabilire con certezza le creazioni più personali di G., dall'altro, nel complesso, esse rappresentano l'espressione emblematica di tutta una lunga e prestigiosa fase classica, parte rilevante della cinematografia americana. Il suo gusto e le sue scelte coincisero con quelle di una casa di produzione che spaziava dal film d'epoca e in costume ‒ come nei casi di Pride and prejudice (1940; Orgoglio e pregiudizio) di Robert Z. Leonard, Dr. Jekyll and Mr. Hyde (1941; Il dottor Jekyll e Mr Hyde) di Fleming e Gaslight (1944; Angoscia) di George Cukor ‒ ai numerosi musical degli anni Quaranta, tra i quali Ziegfeld follies (1945) di Vincente Minnelli, per il quale firmò, insieme a Preston Ames (al quale è attribuibile la responsabilità principale), le scene di alcuni suoi capolavori (per es., An American in Paris, 1951, Un americano a Parigi, e Brigadoon, 1954). Seguì inoltre celebri musical come The Barkleys of Broadway (1949; I Barkleys di Broadway) di Charles Walters e Singin' in the rain (1952; Cantando sotto la pioggia) di Stanley Donen e Gene Kelly, affiancato per entrambi da Randall Duell; film di cappa e spada quali The three musketeers (1948; I tre moschettieri) o Scaramouche (1952), entrambi di George Sidney; film storici quali Quo vadis (1951; Quo vadis?) di Mervyn LeRoy o Julius Caesar (1953; Giulio Cesare) di Joseph L. Mankiewicz; noir come The asphalt jungle (1950; Giungla d'asfalto) di John Huston. Negli ultimi anni della sua attività ‒ conclusasi nel 1956 con Gaby di Curtis Bernhardt ‒ G., che nel 1934 aveva girato, con la collaborazione di Jack Conway, Tarzan and his mate (Tarzan e la compagna), lavorò tra gli altri al film High society (1956; Alta società) di Walters, elegante remake della commedia sofisticata The Philadelphia story, diretta nel 1940 da Cukor e per molti aspetti tardiva riaffermazione dello stile raffinato del cinema classico cui G. aveva dato fondamentali contributi.
J. Lachenbruch, Interior decoration for the 'movies': studies from the work of Cedric Gibbons and Gilbert White, in "Arts and decoration", January 1921; J.D. Eames, The MGM story: the complete history of sixty-five roaring years, London 1990, passim; M. Webb, Pioneering art director who brought modernism to the movies: Cedric Gibbons and the MGM style, in "Architectural digest", April 1990, 47.