CEFALALGIA (dal gr. κεϕακή "testa" e ἄλγς "dolore")
Il termine cefalalgia equivale all'espressione usuale "mal di testa" e implica l'idea d'un dolore più o meno profondo col suo punto di partenza e sede nel cranio. La cefalea sarebbe una varietà di cefalalgia, nella quale il dolore è sordo e presenta il carattere di permanenza o di ripetizione abituale (Achard). In pratica, i due termini si usano indifferentemente per indicare un mal di capo.
La cefalea, sintomo comunissimo, può essere diffusa o localizzata; continua, remittente o intermittente; prevalentemente mattutina o serale o notturna; d'intensità quanto mai differente e variabile; ora gravativa, ora costrittiva, ora lancinante, ora pulsante, e così via. Le cause etiologiche sono numerosissime; fra esse: le affezioni encefaliche (traumatismi, congestione, anemia, meningiti, encefaliti, emorragie, rammollimenti, sifilide, tumori, ascessi, idrocefalia, ecc.); le malattie infettive (tifo, polmonite, scarlattina, influenza, erisipela, malaria, sifilide, ecc.); le intossicazioni esogene e endogene (alcoolismo, saturnismo, avvelenamento per ossido di carbonio, dispepsie, stitichezza, autointossicazione intestinale o di origine epatica, uremia, diabete, gotta); le nevrosi (neurastenia, isteria, epilessia); la vita sedentaria, lo stato emorroidale. La patogenesi essenzialmente consiste in un'irritazione delle fibre sensitive delle meningi e più precisamente della dura madre. L'emicrania è una cefalea con caratteristiche speciali (v. emicrania). Nella cura delle cefalee bisogna anzitutto eliminare le cause, proibire il lavoro intellettuale eccessivo, consigliare vita all'aria aperta ed esercizî fisici e somministrare antinevralgici (fenacetina, antipirina, piramidone, esalgina, ecc.); e sedativi (bromuri, cloralio, ecc.). Nei pletorici possono giovare il salasso o il sanguisugio alle mastoidi e negli esauriti i ricostituenti.