CEFALONIA (IX, p. 637)
In relazione alle operazioni militari italiane contro la Grecia e dopo l'armistizio concluso dall'esercito greco sul continente (22 aprile 1941), l'isola di Cefalonia fu occupata il 1° maggio successivo da reparti paracadutisti e dalla aviazione italiana; in seguito vi fu inviata a presidio la divisione "Acqui" meno un reggimento, circa 11.000 uomini di truppa e 525 ufficiali, ai quali si aggiunse (5-10 agosto 1943) un contingente di truppe tedesche di fanteria e complementi per un complesso di circa 2000 uomini. Proclamato l'armistizio fra l'Italia e gli Alleati (8 settembre 1943) i Tedeschi, il giorno 11, intimarono al Comando dell'isola di scegliere fra la continuazione della lotta al loro fianco, l'apertura delle ostilità contro di essi o il disarmo. Il comandante della divisione, generale Antonio Gandin, tergiversò varî giorni, preso nell'incertezza di ordini contrastanti e nella realistica considerazione di uno stato di fatto che - alla lunga - si presentava senza uscita per il presidio italiano. Ma di fronte all'unanime sentimento antitedesco manifestato dal presidio e ad un esplicito ordine del Comando supremo italiano, giunto nella notte fra il 13 e il 14, si rifiutava formalmente (giorno 14) di cedere le armi e presentava a sua volta un preciso ultimatum: al quale, da parte tedesca, fu risposto con un violentissimo bombardamento aereo, iniziatosi alle 13 del giorno 15.
Le operazioni furono condotte dai Tedeschi con largo impiego di mezzi corazzati e aviazione: la lotta si delineò ben presto impari e sanguinosa. I combattimenti, con alterna vicenda, posero in evidenza l'alto valore delle truppe italiane: si combatté accanitamente ad Argostoli, San Teodoro, Thelegraphos, nella zona di Faraclata; a Lardigo, Cardacata, Farsa, Curuclata e altrove; i massicci bombardamenti aerei e l'attiva propaganda dei Tedeschi con lancio di manifesti e proclami non affievolirono per varî giorni lo spirito e l'eroismo delle truppe italiane.
Col prolungarsi della resistenza le ingenti forze impiegate dai Tedeschi, le gravi perdite e la mancanza di aiuti più volte sollecitati al Comando supremo italiano, che li aveva richiesti al Comando alleato, posero il presidio in gravi condizioni di inferiorità e il morale delle truppe, attaccate, spezzonate, mitragliate, costrette in spazio ristretto su di un territorio aspro e privo di risorse, si depresse. Il 22 settembre il comandante dell'isola chiese perciò la resa. I Tedeschi l'accordarono, ma per rappresaglia iniziarono lo sterminio dei superstiti (circa 65 ufficiali e 3000 soldati uccisi o feriti). Ben 341 ufficiali e 4750 soldati, compresi il generale Gandin e i comandanti di reggimento, furono passati per le armi e le loro salme accatastate e bruciate; circa 2000 soldati perirono poi sulle mine durante il loro trasporto in Grecia dove, riusciti in seguito a fuggire dai campi di concentramento, entrarono a far parte di formazioni partigiane per proseguire la lotta. L'epopea della divisione "Acqui" poté così concludersi col laconico e impressionante comunicato germanico annunciante che i resti della divisione, dopo accanita resistenza, erano stati annientati.
Bibl.: G. Moscardelli, Cefalonia, Roma 1945; R. Formato, L'eccidio di Cefalonia, ivi 1946; S. M. Esercito, Cefalonia, ivi 1947.