CEFALOPODI (dal gr. κεϕαλή "capo" e πούς "piede", latino scient. Cephalopoda; fr. Céphalopodes; ted. Kopffüssler; ingl. Cuttlefishes)
La più elevata e specializzata fra le cinque classi nelle quali vien ripartito il tipo dei Molluschi. Il nome di Cefalopodi e la pertinenza di questi animali ai Molluschi ebbero il riconoscimento definitivo per opera dello Schneider (1784) e poscia del Cuvier (1798). Ma i limiti attuali della classe furono segnati più tardi, quando il Blainville (1825) n'ebbe separati i Bellerofontidi per unirli ai Gasteropodi e il Dujardin (1835) i Foraminiferi per includerli fra i Protozoi. Chiameremo anteriore la regione cefalica dell'animale e posteriore l'opposta; ventrale la superficie del corpo donde sporge l'imbuto e dorsale l'opposta, ove ha sede la conchiglia nelle specie che ne sono provviste.
Caratteri esterni. - I Cefalopodi hanno una simmetria bilaterale di regola perfetta nelle forme esterne, prescindendo da lievi e parziali dissimmetrie. Pochissimi fra i viventi (i soli Tetrabranchiati) sono protetti da una conchiglia esterna spirale e concamerata; negli altri la conchiglia è interna, più o meno ridotta, di natura calcarea o cornea, oppure manca. Il piede, organo tipico dei molluschi, diventa nei cefalopodi un organo imbutiforme, aderente alla parete ventrale del corpo con la sua porzione basale e destinato alla irrigazione delle branchie e alla propulsione del corpo a ritroso mediante lancio d'un getto d'acqua. Non meno caratteristico è l'apparato brachiale, che ha dato il nome alla classe intera e consiste in una serie di appendici muscolose che fan corona alla bocca. Questa è circondata da due rilievi anulari, l'interno (labbro interno) più spesso e carnoso, l'esterno (labbro esterno) più sottile; e armata d'un becco corneo simile a quello d'un pappagallo. Gli occhi sono vistosi e le dimensioni estremamente varie: il maschio adulto di Argonauta non supera i 13 mm. di lunghezza, mentre le più grandi Architeuthis misurano, le braccia comprese, oltre 12 metri e sono, senza confronto, i giganti fra gl'invertebrati.
Caratteri interni. - Il tronco è completamente ricoperto dal mantello, a foggia di sacco, e nella parte ventrale della cavità (c. palleale) da questo delimitata, sporgono simmetricamente le branchie e sboccano i condotti dei sacchi renali, ai lati dell'orifizio anale. Il sistema nervoso presenta un forte accentramento di ganglî nella regione cefalica, ove si nota un complesso ganglionare periesofageo, formato dai ganglî cerebrali uniti ai grossi ganglî ottici, dai ganglî pedali che innervano l'apparato brachiale e dai ganglî viscerali che innervano il mantello e i visceri; è costante la separazione dei sessi. Le uova telolecitiche a segmentazione discoidale, il periodo embrionale protratto e quindi la mancanza dello stadio di larva Veliger vanno ricordati fra le particolarità di questi Molluschi, che sono esclusivamente marini.
Sottoclasse I. - Tetrabranchiati. - La conchiglia esterna concamerata, i tentacoli molto numerosi, le due paia di branchie alle quali corrispondono due paia di orecchiette del cuore e di sacchi renali, sono caratteristiche fondamentali della sottoclasse.
Caratteri esterni. - La conchiglia del nautilo (unico genere di Tetrabranchiati tuttora vivente) si avvolge in un piano per tre giri di spirale; i numerosi dissepimenti che la suddividono in una serie di camere interne presentano una forma a imbuto con la convessità rivolta indietro (fig. 3). L'animale occupa l'ultima loggia (ossia la più esterna), in modo che i margini laterali e ventrali del mantello aderiscono alla parete libera della conchiglia. Ogni dissepimento porta un foro e attraverso la serie dei fori passa un prolungamento sottile del corpo detto "sifone" (fig. 3), organo ghiandolare riccamente vascolarizzato, che secerne gas, per cui la conchiglia non esercita soltanto una protezione meccanica, ma funge anche da apparato idrostatico.
Sono caratteristiche la forma e la disposizione delle braccia. Si distingue in ciascuna di esse un segmento prossimale detto "guaina" e uno distale, conico, mobilissimo e retrattile denominato "cirro". Circa 40 paia di braccia, inserite in due serie lungo una linea a zig-zag, stanno attorno alla bocca; altre 6 paia, a funzione prevalentemente sensoria, sono disposte vicino agli occhi. Le guaine delle braccia nella serie interna si saldano formando tre lobi muscolosi che in parte si convertono in organi aventi relazione con l'accoppiamento. Le guaine delle due braccia medio-dorsali della serie esterna, molto ingrossate e appiattite, formano, saldandosi anteriormente con le guaine del paio successivo, un vistoso cappuccio cefalico, paragonabile, per la funzione all'opercolo dei Gasteropodi, poiché serve a proteggere l'animale allorché questo si retrae dentro la conchiglia. La sporgenza conica, che si trova al disotto di ciascun occhio, viene interpretata come organo olfattivo o rinoforo. L'imbuto è una larga lamina, saldata alla parte ventrale del capo nella sua metà posteriore e libera nell'anteriore; i suoi margini laterali si accartocciano in modo da formare un tubo completo, munito internamente di valvola. Oltre a rinnovare l'acqua in cui bagnano le branchie, l'imbuto funge probabilmente anche da propulsore, come negli altri Cefalopodi (v. sotto: Dibranchiati).
Caratteri interni. - Il sistema nervoso consta di una massa nervosa sopraesofagea, nàstriforme, corrispondente ai ganglî cerebrali con le rispettive commessure. A questa sono uniti due semianelli ganglionari; l'uno obliquo in avanti, formato dai ganglî pedali; l'altro obliquo indietro e formato dai ganglî viscerali che innervano le branchie, i muscoli della conchiglia e i visceri.
Gli occhi del Nautilo (fig. 1, n. 11) hanno struttura assai più semplice di quelli dei Dibranchiati. La camera oculare, comunicante con l'esterno mediante un foro, realizza il principio della camera oscura. Una cartilagine foggiata ad H e situata ventralmente alla massa nervosi periesofagea sostiene ventralmente i ganglî ottici, i rinofori e le statocisti, offrendo inoltre inserzione ai due muscoli che uniscono l'animale alla conchiglia. La radula è armata di più file trasversali di denti; in ogni fila si contano 13 denti: uno mediano e sei per lato simmetricamente disposti. Nell'apparato digerente si osserva, oltre allo stomaco, un fondo cieco diritto e internamente pieghettato; come ghiandole accessorie ricordiamo un paio di ghiandole salivari appiattite e un fegato a quattro lobi.
Sugli assi delle due paia di branchie s'impiantano, con ordine alterno, le lamine branchiali foggiate a piramide triangolare; alle due paia di branchie corrispondono pure due paia di osfradî. Il ventricolo del cuore aspira il sangue arterioso refluo dalle branchie attraverso due paia di orecchiette fusiformi e lo spinge innanzi per mezzo dell'aorta dorsale e di una seconda arteria a decorso più ventrale che manda un ramo innanzi al mantello, e uno all'indietro; il sangue, distribuito nelle varie regioni del corpo e diventato venoso, si raccoglie nei seni sanguigni, cefalico e intestinale, donde, per mezzo d'una grossa vena cava due volte biforcata fluisce alle quattro branchie. Ognuno dei quattro sacchi renali sbocca nella cavità del mantello per un'apertura propria. In essi e nel sacco pericardico pendono prolungamenti dei vasi branchiali afferenti, che hanno la funzione di organo escretore. Il pericardio non ha sbocco nei reni; ma comunica con la cavità del mantello mediante un paio di condotti che si aprono vicino agli orifizî dei sacchi renali anteriori.
La ghiandola genitale si trova nella parte posteriore del celoma. Dei due condotti genitali mantiene la primitiva funzione, in entrambi i sessi, soltanto il destro; il sinistro si trasforma in una vescicola piriforme d'ignota funzione. Il condotto maschile presenta ghiandole accessorie e si divide in varie sezioni, la più importante delle quali è la tasca degli spermatofori, e termina in un'appendice a mo' di pene. Nella femmina esiste una sola ghiandola nidamentale, che occupa tutta la larghezza della cavità del mantello fra le due paia di branchie. Le uova sono piriformi e protette da un guscio; la femmina le attacca al fondo, in luoghi riparati.
Sviluppo. - Lo sviluppo embrionale è sconosciuto. Mentre negli adulti di Nautilus pompilius l'ultimo giro della conchiglia ricopre i precedenti, negli esemplari giovani rimane scoperta la regione assiale e si ha quindi una conchiglia umbilicata; poiché i primi giri hanno una curvatura meno accentuata degli ultimi, è lecito dedurne che gl'individui giovanissimi non ne posseggano una avvolta a spirale, ma semplicemente ricurva.
Etologia. - Il Nautilo vive principalmente sul fondo e si serve dei tentacoli per strisciare; quando nuota, le braccia irraggiano attorno al capo come i tentacoli di un'attinia e la conchiglia funziona da camera d'aria. Ha fama di nuotatore assai mediocre; gli esemplari raccolti alla superficie erano morti o prossimi a morire. Il suo nutrimento consiste soprattutto di Crostacei.
Distribuzione geografica.- Mentre i Nautilidi fossili avevano una estesissima distribuzione geografica ed erano rappresentati da un numero cospicuo di specie, i viventi sono confinati in quella plaga dell'Oceano Pacifico, che dalle Filippine e dalle Molucche si estende sino alle isole Figi (il Nautilus pompilius Sow. alligna soltanto nei pressi della Nuova Caledonia) e comprendono il solo gen. Nautilus con tre specie: N. pompilius, N. macromphalus e N. umbilicatus; appartengono quindi al novero dei "fossili viventi".
Sottoclasse II. - Dibranchiati. - La mancanza di una conchiglia esterna e la bocca circondata da una corona di otto o di dieci braccia muscolose fanno riconoscere a prima vista un cefalopodo dibranchiato. Altri caratteri fondamentali sono la presenza di un solo paio di branchie, di orecchiette del cuore e di sacchi renali.
Caratteri esterni. - Per quanto concerne la conchiglia, l'eccezione costituita dalla femmina dell'argonauta è soltanto apparente. Infatti il delicato guscio spirale di questa non è omologo alla conchiglia degli altri Molluschi (v. argonauta). Il gen. Spirula è l'unico fra i Dibranchiati tuttora viventi che sia dotato d'una conchiglia omologa a quella del Nautilus (fig. 3) e al pari di questa concamerata, spirale e a dissepimenti attraversati da un sifone (fig. 4). Differiscono però, nei due generi citati, le relazioni fra animale e conchiglia, soprattutto perché nella Spirula la conchiglia è parzialmente coperta dalla parte posteriore del mantello. Si ritiene che una forma cosiffatta non si possa riavvicinare al Nautilo, ma piuttosto a forme a conchiglia diritta, quali le Belemniti fossili, in cui l'avvolgimento si sarebbe prodotto come fenomeno secondario. Negli altri Cefalopodi conchiferi la conchiglia è nascosta in una tasca cutanea collocata immediatamente al disotto del tegumento dorsale. La conchiglia del gen. Sepia, detta sepion, è un disco ovale, anteriormente biconvesso, costituito di carbonato di calcio. Le diverse parti che i paleontologi hanno descritto nelle conchiglie d'una serie di Dibranchiati estinti si possono riconoscere, quantunque profondamente modificate, nel sepion. Secondo recenti interpretazioni (Naef) il sepion si connette alle conchiglie delle Belemniti per il tramite del genere fossile Spirulirostra.
In luogo della conchiglia calcarea massiccia, moltissimi Dibranchiati ne posseggono una ridotta, assai più leggiera e flessibile, di conchiolina, denominata gladio. Questa formazione consta di un fusto assiale, detto rachide, fiancheggiato da sottili espansioni laterali di varia larghezza e da un'espansione terminale chiamata vessillo. Per un tratto più o meno lungo della loro porzione posteriore i lembi del vessillo s'incurvano dal lato ventrale, tanto da giungere a reciproco contatto o a saldarsi insieme formando íl cosiddetto cono, di regola prolungato nella punta detta rostro; nell'Octopus il gladio è rappresentato da due striscioline divergenti all'innanzi; in altri Dibranchiati si ravvisano nel corso dell'ontogenesi tracce del gladio che scompariscono nell'adulto.
Il mantello è per lo più munito di un paio di pinne, inserite ai lati o dorsalmente (nel qual caso possono concrescere) e funzionanti come organi di propulsione e di equilibrio. L'imbuto (fig. 2, im.) è un tubo muscoloso completo, che nel tratto posteriore si salda con la sua parete dorsale alla parete ventrale del capo e si adagia in un incavo del medesimo, chiamato fovea, talora sormontato da un incavo più piccolo, detto foveola. Dalla parete ventrale dell'imbuto sporge per lo più, nel lume del medesimo, una valvola che si apre dall'interno verso l'esterno. La parte posteriore e ventrale dell'imbuto si espande in un lembo munito d'un paio d'incavi o bottoniere di varia foggia entro ai quali si adattano con precisione, corrispondenti rilievi o bottoncini della parete ventrale e interna del mantello. Contraendo i muscoli della parte posteriore del corpo, l'animale comprime l'acqua contenuta nella cavità palleale contro il lembo posteriore e ventrale del mantello, che vien sollevato e premuto contro la parete dell'imbuto stesso mercé l'apparato di chiusura dianzi descritto. Allora l'acqua compressa viene espulsa dall'unica via d'uscita, cioè dalla piccola apertura dell'imbuto dalla quale zampilla sotto forma di getto; il rilassamento consecutivo dei muscoli e il vuoto prodottosi nella cavità fanno rientrare l'acqua che, abbassando il lembo dell'imbuto del mantello, penetra in gran copia attraverso l'ampia fessura formatasi tra mantello e corpo. Se l'imbuto si apre e chiude con ritmo lento, provoca una corrente che serve ad irrigare le branchie e a rifornirle di ossigeno; se funziona con ritmo più violento diventa mezzo di propulsione, poiché il getto d'acqua, lanciato con forza nell'acqua ambiente, determina per reazione, il movimento retrogrado e a rapidi sbalzi del cefalopodo.
I Dibranchiati hanno un numero costante di braccia: otto tanto nei Decapodi quanto negli Octopodi. Oltre alle braccia vere e proprie, sessili e armate di organi di prensione (ventose o uncini) per tutta la lunghezza, i Decapodi possiedono altre due appendici dette braccia tentacolari o più semplicemente tentacoli, armate di ventose soltanto nella parte apicale e per lo più retrattili entro tasche speciali. Si sogliono distinguere le braccia con numeri romani procedendo dalla linea medio-dorsale verso la medio-ventrale, cosicché il primo paio (braccia I) è quello dorsale, il quarto (braccia IV) è il ventrale, mentre il secondo e il terzo (braccia II e III) hanno posizione laterale (nel III contigua al ventrale). I tentacoli emergono da uno spazio compreso fra il III e il IV e constano, nell'adulto, di un lungo fusto cilindrico o subcilindrico detto peduncolo, e di una porzione distale dilatata, munita di organi adesivi, detta clava. Gli organi di prensione caratteristici dei Cefalopodi sono le ventose, sessili negli Octopodi, peduncolate nei Decapodi; si tratta di coppe formate da un sistema complesso di muscoli e a cavità interna divisa in due parti mercé uno strozzamento, la parte superficiale è detta infundibolo; la profonda, cavità acetabolare (fig. 5). Negli Octopodi, allorché la ventosa si fissa, l'infundibolo si espande e si appiattisce in un disco, mentre il fondo della cavità acetabolare, che funziona come un pistone, innalzandosi e facendo il vuoto nell'interno, determina l'adesione tenace della ventosa al substrato; se questo è cedevole (come la pelle di un animale nudo) fa salienza entro il lume della cavità acetabolare. Ad accrescere l'efficienza della ventosa concorre, nei Decapodi, un anello chitinoso che sostiene il fondo dell'infundibolo ed è armato di denti, che forniscono alla sistematica caratteri di grande importanza. La clava tentacolare porta per lo più quattro serie di ventose; oltre a ciò la sua porzione basale o carpale in molti Egopsidi è munita alla base di un apparato di connessione che ha lo scopo di saldare insieme i due tentacoli protesi durante il nuoto ed è composto di bottoncini detti pulvilli, ciascuno dei quali può incastrarsi in una piccola ventosa collocata sul tentacolo opposto in posizione corrispondente. In talune famiglie di Egopsidi le ventose regrediscono durante lo sviluppo, salvo l'anello corneo che si modifica trasformandosi in artiglio; nella fam. Cirroteuthidae ogni serie di ventose è fiancheggiata esternamente da appendici cilindriche dette scirri. In quasi tutti i Decapodi i margini della faccia orale delle braccia sono muniti di membrane dette cuopritrici o tectorie e in tutti i Decapodi la superficie esterna (aborale) delle braccia piesenta spesso una carena più o meno sporgente chiamata cresta natatoria. Di membrane tectorie e creste natatorie sono di regola munite, nei Decapodi, anche le clave tentacolari. Finalmente le membrane tectorie possono saldarsi formando tra le braccia una sorta di ombrello detto membrana ombrellare; questa raggiunge il massimo sviluppo nella fam. Cirroteuthidae. Nella maggior parte dei maschi una delle braccia (meno di frequente un paio di braccia) subisce interessanti modificazioni, mercé le quali può accogliere e trasmettere alla femmina gli spermatofori o astucci di spermi. Questo braccio è detto ectocotilo.
La membrana boccale dei Dibranchiati decapodi consiste in un diaframma membranoso che giunge, coi suoi margini esterni, fino alla base delle braccia e porta nel centro un largo foro, dal quale può emergere la sommità del bulbo faringeo col becco corneo e le labbra. Lungo il margine esterno la membrana in parola presenta, nei Decapodi, ispessimenti triangolari di vario sviluppo, che possiamo chiamare punte (ted. Zipfel), armati, in talune specie, di ventose. Le punte si attaccano alla base delle braccia mediante sottili cordoni muscolari detti briglie (ted. Heftungen) e negli Egopsidi continuano verso l'interno sino al foro centrale sotto forma di ponti muscolari, detti raggi boccali (ted. Pfeiler, o Stützen), che rinforzano la membrana stessa. Si chiamano tasche boccali i settori della membrana delimitati da due raggi contigui.
I cromatofori dei Cefalopodi altamente differenziati sono grosse cellule pigmentali (fig. 6), che sotto l'influenza di particolari stimoli si dilatano mercé la trazione esercitata da una corona di muscoli radiali, oppure si contraggono grazie alla elasticità della loro membrana. La reazione dei cromatofori è tanto rapida da provocare cambiamenti subitanei nella tinta dell'animale e spesso tanto sensibile da produrre per ogni stato fisiologico una particolare livrea; nelle forme bentoniche il congegno dei cromatofori vale ad armonizzare, per il tramite delle impressioni visive, il colore del corpo con quello del substrato; oltre a ciò i cromatofori, anche in perfetta quiete, sono animati da contrazioni ritmiche (polso).
Altri elementi diffusi nella pelle dei Cefalopodi sono gl'iridociti (fig. 6), cellule ripiene di granuli o di lamelle, alle quali è dovuto lo splendore argenteo di talune parti. I Cefalopodi posseggono un corredo di organi luminosi o fotofori particolarmente ricco, soprattutto negli Egopsidi. Tali organi variano da specie a specie e anche da regione a regione nello stesso individuo e si osservano nelle parti più diverse del corpo; però il tegumento esterno, il globo oculare e la cavità palleale sono le sedi preferite, e la faccia ventrale del corpo ne è costellata a preferenza della dorsale. Nel genere Calliteuthis lo strato esterno del fotoforo (fig.1, n. 12) è nero e serve da isolatore; il medio, a struttura lamellare, funge da riflettore interno; il più interno è lo "strato fotogeno" donde emana la luce; il corpo convesso che chiude l'apertura superiore del fotoforo è una lente capace di concentrare il fascio luminoso. Nell'area che ricopre il fotoforo la pelle è diafana e i suoi cromatofori, dilatandosi, fanno schermo alla luce, impartendo a questa colorazioni vivaci. Nel genere Abraliopsis il riflettore interno è diviso in tre fasci e l'organo è circondato da grandi spazî lacunari. Accanto ai fotofori si trovano talvolta "riflettori esterni" che funzionano come specchi parabolici.
Caratteri interni. - Il sistema nervoso è assai più concentrato di quello dei Nautili; non soltanto si uniscono intimamente ganglî pedali e viscerali, ma formano, insieme col cerebrale, un ammasso compatto attorno all'esofago (fig.1, nn. 6, 7). Tuttavia, in correlazione con lo sviluppo maggiore delle braccia, quella porzione dell'ammasso cerebro-pedale che innerva la corona brachiale forma un ganglio brachiale indipendente, unito per mezzo di connettivi sia col ganglio pedale, sia col cerebrale, sia coi boccali.
Dall'ammasso cerebro-pedale hanno origine lateralmente i grossi nervi che vanno ai ganglî ottici. Dietro il nervo ottico hanno radice il nervo olfattorio e il nervo delle statocisti; dalla porzione dell'ammasso gangliare più o meno nettamente differenziata in ganglio viscerale prende origine un paio di nervi palleali, che nell'angolo tra capo e mantello si dilatano a formare i vistosi e caratteristici "ganglî stellati".
Gli occhi dei Dibranchiati, per un interessante fenomeno di parallelismo, si avvicinano molto a quelli dei Vertebrati e lasciano riconoscere, dall'esterno all'interno, le parti seguenti: 1. una sclerotica di natura cartilaginea; 2. un'argentea composta di un duplice strato; 3. una retina costituita di cellule a bastoncini. La lente, di regola sferica, riposa sopra un corpo ciliare e la messa a fuoco si ottiene con l'avvicinarsi o con l'allontanarsi di essa dal fondo dell'occhio mercé appositi congegni muscolari. Occhi sporgenti o in vario grado "telescopici" si osservano in alcune specie pelagiche, soprattutto allo stadio larvale. Nei Teutoidei miopsidi la camera anteriore dell'occhio è ricoperta da una piega trasparente del tegumento del corpo; nei Teutoidei egopsidi la cavità in parola comunica con l'esterno mediante una larga apertura. Le statocisti (fig.1, n. 14) sono incluse nella parete ventrale della capsula cartilaginea cefalica e constano di un neuroepitelio che riveste un rilievo variamente conformato, detto crista statica, e di una lamina che sorregge gli statoliti. Gli organi olfattorî si presentano come fossette, verruche o papille dietro gli occhi.
I Dibranchiati dispongono d'una muscolatura altamente differenziata. I muscoli più potenti sono i cosiddetti depressori dell'imbuto (depressores infundibuli), ritenuti omologhi ai muscoli della conchiglia dei Tetrabranchiati; molto ridotta appare la muscolatura nelle specie pelagiche a consistenza gelatinosa. Offre inserzione ai muscoli un sistema di cartilagini, fra le quali primeggia la cartilagine cefalica, che protegge il sistema nervoso centrale con le statocisti a guisa di vero e proprio cranio.
Nell'apparato digerente (fig. 8) dei Dibranchiati, notiamo un bulbo faringeo (fig. 9) con radula composta di più file di denti (fig. 7); ogni fila contiene generalmente un dente centrale e tre paia di cuspidi laterali, indi un esofago, dilatato a ingluvie negli Octopodi, e accanto o al disotto dello stomaco un cieco avvolto a spirale. Come ghiandole boccali dobbiamo citare soprattutto un paio di ghiandole salivari propriamente dette, per lo più racchiuse entro il bulbo faringeo; e uno di ghiandole velenifere, di regola più vistose delle precedenti, situate più indietro e munite di condotto molto lungo. Immettono nel cieco spirale i condotti del fegato e del pancreas; il primo bilobo o indiviso; il secondo costituito da un ammasso ghiandolare di colore chiaro all'origine dei dotti epatici, oppure da appendici ghiandolari che rivestono tali dotti. All'ultimo tratto dell'intestino si appoggia, ventralmente un organo ghiandolare a mo' di ampolla, detto tasca del nero. Nella sua porzione terminale il condotto di tale organo per un piccolo foro comunica con l'ano, donde il secreto di color nero viene espulso a getti e intorbidando l'acqua costituisce un mezzo efficacissimo per mascherare la fuga dell'animale. Le due branchie, provviste di duplice serie di lamelle, ricevono il sangue venoso da un vaso longitudinale decorrente lungo la loro superficie dorsale e per un vaso longitudinale situato ventralmente riversano il sangue ossigenato all'orecchietta corrispondente del cuore (fig. 2). Alle due branchie corrisponde un solo paio di osfradî.
Il cuore (fig. 2), di forma variabile e situato dietro l'ansa intestinale, distribuisce il sangue arterioso al corpo mediante una grossa aorta cefalica che si stacca dalla metà destra del cuore stesso e da una aorta addominale. Dalle diramazioni di questi vasi il sangue viene spinto nelle lacune e di qui si riversa nel sistema venoso, il quale comprende un ampio seno venoso (seno mesenterico) e la vena cava, fra loro comunicanti. Posteriormente la vena cava si suddivide in due rami, ciascuno dei quali, prima di penetrare nella branchia corrispondente, si dilata in un sacchetto muscoloso e contrattile chiamato cuore venoso.
Ogni cuore venoso presenta un'appendice posteriore, di colore biancastro, che viene chiamata appendice del cuore branchiale od anche milza branchiale; essa è internamente formata di tessuto spugnoso ed è interpretata come organo linfoide produttore di amebociti.
Esistono nei Dibranchiati due sistemi di cavità, delimitate da tenui pareti membranose e fra loro comunicanti mercé un paio di condotti, cioè la cavità pericardica e i sacchi renali o sacchi uriniferi. Le grandi anse delle vene cave, delle vene mesenteriche e di altri tronchi venosi nel tratto compreso entro ai sacchi renali, sono rivestite da ricche arborescenze epiteliali, le quali formano nel loro complesso il rene propriamente detto ed hanno il compito di elaborare gli escreti per riversarli nei sacchi renali.
I sessi sono separati e impari le ghiandole sessuali, collocate nella parte posteriore del corpo. Dal testicolo lo sperma passa nell'imbuto del deferente, che sporge entro al celoma; di qui nei tratti successivi del condotto maschile, dove vengono elaborati gli spermatofori (fig. i nn. 4, 5); per ultimo in un ampio sacco, detto "tasca del Neednam", differenziato, negli Octopodi, in sacco degli spermatofori e in pene muscoloso. Gli spermatofori, che la femmina accoglie durante la copula, sono astucci lunghi e sottili, di forma cilindrica, ritorti all'apice come provette di vetro chiuse alla fiamma, e contengono anteriormente un congegno di esplosione, posteriormente un sacchetto di spermi. Il primo consta d'un fusticino distale avvolto a spira e di una porzione prossimale foggiata a fiasco, unita con larga base al serbatoio degli spermi. Il contatto con l'acqua di mare provoca lo scatto del fusticino che si distende ed esce trascinando seco il serbatoio, il quale, lacerandosi a sua volta, mette in libertà gli elementi maschili.
Le uova, protette da un guscio pieghettato e da un involucro elaborato da un paio di vistose ghiandole nidamentali (fig.1, n.1; talora si ha pure un paio di ghiandole nidamentali accessorie), escono per ovidotti generalmente pari, talvolta impari e vengono dalla femmina attaccate ad oggetti sommersi (es. Sepia, Loligo), oppure galleggiano.
Sviluppo (fig. 10). - La segmentazione di tipo discoidale, procede secondo una simmetria bilaterale perfetta e ben presto mette capo alla formazione di un disco blastodermico, che riposa sull'ammasso vitellino. Dalla proliferazione degli elementi periferici del disco ha origine un anello entomesodermico e da questo si differenzia tosto l'abbozzo del mantello, con la tasca del guscio (organo rudimentale nell'Octopus) nel centro. Precocemente compaiono l'invaginazione destinata a formare la bocca; gli abbozzi delle braccia sotto forma di mínute protuberanze, le pieghe che saldandosi insieme formeranno l'imbuto; gli accenni dei grandi occhi. Aumentando di volume, l'embrione viene ad inglobare una porzione sempre più cospicua del sacco vitellino, mentre il mantello, crescendo, ricopre la regione anale dell'embrione; la bocca, abbozzata all'infuori della loro cerchia rimane poco a poco compresa nel centro di questa, a fianco del sacco vitellino che si va rapidamente riducendo.
Nonostante la soppressione della fase di Veliger, i Cefalopodi, appena schiusi, differiscono sempre dagli adulti. Tali differenze sono molto rilevanti nel sottordine degli Egopsidi ov'è lecito parlare degli stadî giovanili come di "vere larve", e soprattutto in alcune famiglie (Chiroteuthidae, Cranchidae) nelle quali hanno luogo, durante lo sviluppo, fatti suggestivi di metamorfosi. Nessuno potrebbe sospettare a priori che i piccoli Cefalopodi diafani e a lungo collo, noti da tempo sotto il nome di Doratopsis, siano le larve dei Chiroteuthis, tanto diversi nell'aspetto generale, nella colorazione, nel portamento. Nelle larve giovanissime degli Ommatostrephidae i due tentacoli sono saldati insieme in modo da formare una sorta di proboscide e si separano poi col progredire dello sviluppo. Nella larva di Spirula la conchiglia concamerata è completamente interna, mentre diventa parzialmente esterna nella fase adulta. Molto più somiglianti agli adulti sono, di regola, i primi stadî postembrionali degli Octopodi; questi hanno tuttavia un rivestimento di minutissime setole, che per l'origine loro ricordano analoghe formazioni di taluni Anfineuri (Chiton) e cadono nel corso dello sviluppo. L'accrescimento dei Cefalopodi è rapido, tantoché i giovani polpi raddoppiano di volume in una settimana, e la vita breve, almeno nei casi finora accertati; così il calamaro americano (Loligo peali) non oltrepassa due anni d'età.
Etologia.- Parecchie specie di Miopsidi come le seppie o di Octopodi come i polpi e i moscardini cercano riparo, almeno temporaneo, sul fondo marino. Le seppie e le sepiole si nascondono nella sabbia; unico fra tutti i Cefalopodi il piccolo Idiosepius pygmaeus si attacca alle fronde delle alghe mediante uno speciale organo posto sulla faccia dorsale del mantello (Sasaki). Il polpo si costruisce una tana ammucchiando a tal uopo delle pietre in luogo adatto. Oltre a nuotare per mezzo delle contrazioni dell'imbuto, i polpi strisciano sul fondo e si arrampicano sulle rocce mercé l'azione delle ventose e la contrattilità e la duttilità squisite delle lunghe braccia, mentre i Decapodi teutoidei sono di regola adattati alla vita pelagica e natante; ad ogni sbalzo in dietro provocato dal getto d'acqua che l'imbuto ritmicamente proietta, l'animale vince agevolmente la resistenza del mezzo mercé la forma affusolata del mantello. Nelle specie a muscolatura particolarmente robusta, la spinta può riuscire così energica da provocare un salto fuor d'acqua (Loligo, Stenoteuthis). Tutti i Cefalopodi sono carnivori e i Crostacei sembrano costituirne l'alimento preferito. Però anche i pesci vengono insidiati; non di rado avviene che i calamari volanti (Stenoteuthis Bartrami) vengano ad arenarsi sulle spiagge di Terranova mentre inseguono branchi di scombri. Comunque, la preda, ghermita col becco corneo, viene paralizzata mediante la secrezione delle ghiandole velenifere e consumata rapidamente. Nell'accoppiamento il maschio, mercé l'estremità del braccio ectocotilizzato (o delle braccia ectocotilizzate), introduce uno o parecchi spermatofori nella cavità, palleale della femmina. Nell'Argonauta il braccio ectocotilizzato, che raggiunge in questo gruppo la massima perfezione, si distacca per auto-amputazione dal corpo del maschio all'atto della copula e può sopravvivere a lungo isolato. Durante il periodo degli amori non mancano lotte fra i maschi per la conquista della femmina. Quantunque la vita psichica dei Cefalopodi non sembri, a prima vista, molto ricca, risulta che questi animali sono capaci di acquistare nozioni nuove e di trar profitto dall'esperienza; così un polpo imparò, nello spazio di 24 ore, ad estrarre un granchiolino da un tubo di vetro chiuso mediante un turacciolo di sughero.
Ecologia e distribuzione. - Tutte le larve dei Cefalopodi sono natanti e, salvo alcune eccezioni, fanno parte del plancton e abbondano nella zona epipelagica superiore (0-200 m.), non esclusa qualche specie che, raggiunta la condizione adulta, suole frequentare livelli più profondi. Per quanto concerne gli adulti, gli Egopsidi adulti menano vita nectopelagica; soltanto alcune specie di consistenza gelatinosa si avvicinano maggiormente, per la loro scarsa autonomia locomotoria, al plancton vero e proprio. In relazione più o meno continuata col fondo vivono molti Miopsidi ed Octopodi. Di regola gli adulti pelagici a muscolatura potente frequentano gli strati superficiali del mare; specie più deboli di colore rosso-violetto, rosso-fuoco o nero e la maggior parte di quelle costellate di fotofori appartengono alle acque profonde.
Per quanto riguarda i Cefalopodi bentonici, si può dire che ogni regione biogeografica marina abbia le sue specie, i suoi generi e talvolta anche le sue famiglie particolari. Una distribuzione ben più vasta hanno di regola le specie pelagiche; si ritiene però che in taluni casi la medesima specie sia rappresentata in mari differenti da sottospecie geografiche diverse. Alcune specie sono pressoché cosmopolite (es. Stenoteuthis Bartrami); pochi generi allignano esclusivamente o di preferenza nei mari freddi (Psycroteuthis, Crystalloteuthis, noti finora soltanto nel mare Antartico).
Filogenesi. - I più autorevoli specialisti ritengono che gli Egopsidi mostrino, fra tutti i Dibranchiati, i caratteri più primitivi. Probabilmente gli Egopsidi si distaccarono dallo stipite degli Ortoceratidi paleozoici indipendentemente dai Tetrabranchiati acquistando l'odierna conformazione, e soprattutto la regressione della conchiglia come adattamento alla vita pelagica; un phylum divergente è rappresentato dai Sepioidei in relazione col ritorno alla vita bentonica (Sepia, Idiosepius). Lo stesso si può dire degli Octopodi oggi ritenuti come i Cefalopodi più specializzati e più divergenti.
Cattura, utilità. - I polpi si pescano afferrandoli mediante un'asta uncinata; i calamari mediante un'asticciola di legno armata d'una corona di punte e innescata con pesce; altre specie come i moscardini (Eledone) e il todaro (Ommatostrephes sagittatus) si catturano in copia mediante le reti a strascico. I grossi calamari, attratti di notte da una sorgente luminosa, vengono presi anche alla fiocina. Uno specchietto calato in mare nella stagione degli amori basta per far prigioniero il maschio della seppia che vi si attacca tenacemente con le ventose.
Tutti i comuni Cefalopodi della regione costiera vengono usati come alimento, ma gl'individui giovani di calamaro (Loligo vulgaris) forniscono il piatto più prelibato. I polpi disseccati si vendono in tutta la Grecia. Col nero di seppia si confeziona una tinta bruna per acquerello e la conchiglia della seppia, variamente utilizzata, vien posta anche nella gabbia di taluni uccelletti domestici perché si forbiscano il becco.
Classificazione (Dal Thiele, 1926, con qualche riduzione e modificazione):
Ordine I: Decapoda. - Otto braccia e due tentacoli (questi mancano in qualche caso); ventose peduncolate a simmetria di regola bilaterale; conchiglia calcarea o cornea.
Sottordine I: Teuthoidea.
Sezione A: Oegopsida. - Camera anteriore dell'occhio aperta, conchiglia non calcificata; condotti femminili pari; mancano le ghiandole nidamentali accessorie.
Famiglie: 1. Architeuthidae, Egopsidi giganteschi e affusolati a pinne terminali, gladio non esteso fino all'estremo posteriore, munito di vessillo e cono, nonché di due coste robuste e di altre più deboli divergenti dall'indietro all'innanzi; ventose biseriate nelle braccia; quadriseriate nelle clave; con anelli denticolati, collo con pieghe longitudinali e trasversali; membrana orale con 7 punte e 7 briglie; mancano fotofori; es. Architeuthis princeps Verrill, Oceano Atlantico nord. - 2. Psycroteuthidae, forme snelle; natatoie discoste dall'estremo posteriore; gladio a mo' di penna; tentacoli per lo più mancanti; braccia III fornite, nel tratto distale, di membrane tectorie di colore scuro e rinforzate, sulla faccia orale, da rilievi trasversali alterni; es. Psycroteuthis glacialis Thiele, Mare Antartico. - 3. Lycotenthidae, mantello a calice di mediocre lunghezza, pinne grandi e triangolari; occhi grandi e forniti ventralmente di fotofori; braccia uguali oppure le III prolungate; braccia e clave con ventose; tentacoli con foto10ri; altri fotofori ventralmente sotto al mantello, membrana orale con raggi, punte e briglie in numero di 7; es. Lycoteuthis diadema (Chun), Oceano Pacifico. - 4. Onychoteuthidae, corpo più o meno snello, terminato a punta, a pinne triangolari e terminali; gladio posteriormente piegato a mo' di tetto, collo con una cresta trasversale e tre longitudinali; membrana orale con raggi, punte e briglie in numero di 7; organo di connessione della clava, costituito da un fitto gruppo di pulvilli e piccole ventose; ventose delle braccia piccole e a scarsa denticolazione; ventose delle due serie mediane della clava trasformate, nell'adulto, in artigli con regressione delle ventose delle serie esterne: fotofori solo in Onychoteuthis e Cycloteuthis presso l'intestino terminale; es. Onychofeuthis Banksi, Mediterraneo, Atlantico. - 5. Enoploteuthidae, piccole dimensioni; pinne terminali o quasi; gladio a mo' di penna, con vessillo ispessito ai lati presso al margine; membrana orale con raggi, punte e briglie in numero di 8; braccia e clave per lo più munite di ventose nell'adulto; fotofori attorno agli occhi e sulla faccia ventrale del corpo; talvolta anche nell'interno del mantello e sui tentacoli; es. Pyroteuthis margaritifera Hoyle, Mediterraneo, Atlantico (fig. 11). - 6. Gonatidae, corpo snello, posteriormente appuntito; grandi pinne terminali; gladio a vessillo breve e sottile; mancano fotofori; ventose delle braccia I-III convertite in artigli nell'adulto; clave con 4-8 serie di ventose; una ventosa delle serie mediane convertita in artiglio nell'adulto; es. Gonatus Fabricii, Atlantico. - 7) Histioteuthidae, mantello breve e caliciforme a pinne arrotondate; capo molto grande e lievemente asimmetrico; collo senza creste; numerosi fotofori sul mantello, sul capo e sulle braccia; due serie di ventose sulle braccia e di regola 4-7 serie sui lunghi tentacoli; ampia membrana ombrellare; es. Histioteuthis bonelliana Fér., Mediterraneo, Atlantico, Pacifico. - 8. Bathyteuthidae, mantello corto a grandi pinne, sostenute, nel gen. Ctenopteryx, da raggi muscolari; fotofori nulli oppure limitati alla superficie esterna delle braccia I-III; collo senza creste; cartilagine del mantello lineare; occhi grandi; braccia brevi con 2-4 serie di minute ventose; clava con ventose assai piccole e numerose, es. Ctenopteryx siculus (Ver.), Mediterraneo, Atlantico. - 9. Brachioteuthidae, piccoli Egopsidi a mantello affusolato e appuntito e pinne terminali; gladio con breve vessillo. Braccia I e IV meno sviluppate delle altre; ventose biseriate su tutte le braccia; tentacoli robusti a clava con ventose molto minute e in serie numerose sulla metà prossimale; con ventose grandi sulla metà distale; es. Brachioteuthis Riisei (Steenstr.), Mediterraneo, Atlantico. - 10. Ommatostrephidae, grandi Egopsidi a forme snelle con pinna triangolare; gladio a vessillo rudimentale; fovea dell'imbuto per lo più pieghettata e separata dalla foveola mercé una piega longitudinale; cartilagine del mantello a forma di T, occhi sessili; membrana boccale con 7 punte, di regola separata dalla base delle braccia mediante uno spazio anulare e collegata ai tentacoli da ponti membranosi; braccia robuste con membrane tectorie e creste natatorie sviluppatissime e ventose biseriate, clave con ventose quadriseriate, piìi grosse nelle serie mediane; organo di connessione con ventose e pulvilli, una o entrambe le braccia IV ectocotilizzate nel maschio; es. Ommatostrephes sagittatus (ital. todaro), Mediterraneo, Atlantico. - 11. Thysanoteuthidae, mantello di mediocre lunghezza con pinne assai lunghe; gladio con angoli anteriori del vessillo prolungati all'innanzi; membrana orale con 7 punte e 6 briglie; braccia con piccole e larghe membrane tectorie rinforzate da raggi muscolari; clava con ventose quadriseriate, dietro alle quali stanno due serie di pulvilli e piccole ventose alternati; braccio IV di sinistra ectocotilizzato; es. Thysanoteuthis rhombus Troschel, Mediterraneo, Atlantico. - 12. Chiroteuthidae, mantello a calice con prolungamento posteriore e pinna circolare; gladio con debole vessillo e lungo cono; collo senza creste; cartilagine dell'imbuto ovale o auricolare; cartilagine del mantello a foggia di naso; fotofori variamente disposti; talvolta assenti; braccia lunghe, soprattutto le IV, con ventose biseriate; tentacoli molto lunghi con 4 o più serie di ventose; es. Chiroteuthis Veranyi Fér., Mediterraneo, Atlantico (fig. 12). - 13. Grimalditeuthidae, mantello prolungato in punta sottile e con lembo cutaneo a mo' di pinna dietro la pinna trasversalmente allungata, gladio piegato a tetto in corrispondenza della pinna, con cono sottile e non completamente chiuso; imbuto saldato col mantello; braccia abbastanza robuste, senza membrane, con ventose biseriate; tentacoli regrediti; es. Grimalditeuthis Bomplandi (Ver.), Atlantico. - 14. Joubinioteuthidae, capo allungato, assai meno largo del mantello; braccia sottili con ventose in 6 serie nel tratto mediano; braccia IV lunghe come il mantello, le altre assai di più; mancano fotofori: es. Joubinioteuthis Portieri (Joub.), Atlantico est. - 15. Cranchidae, mantello saldato col corpo lungo tre strisce, una medio-dorsale e due ventrali; spesso trasparente; membranoso o gelatinoso; snello o prolungato in punta; cavità palleale tramezzata in tre camere; pinne lunghe e sottili oppure brevi e arrotondate; rachide del gladio sottile o rudimentale; fotofori oculari; occhi sessili o peduncolati; membrana orale con 7 raggi e 7 briglie; braccia deboli e brevi a ventose biseriate (parzialmente convertite in uncini nel gen. Galiteuthis); una delle braccia IV ectocotilizzata; es. Galiteuthis armata Joub., Mediterraneo, Atlantico.
Sezione B: Myopsida. - Camera anteriore dell'occhio chiusa.
Famiglie: 16. Loliginidae (si prescinde dai Lepidoteuthidae d'incerta sede), corpo più o meno snello; linea d'inserzione delle pinne prolungata all'innanzi; conchiglia cornea a mo' di penna; tentacoli non retrattili; braccio IV di sinistra ectocotilizzato; es. Loligo vulgaris Lam., calamaro, coste mediterranee, atlantiche europee. - 17. Promachoteuthidae, corpo breve e arrotondato; pinne grandi e larghe con inserzione posteriore, cornea dell'occhio forata, braccia di mediocre lunghezza con ventose biseriate ad anello liscio; es. Promachoteuthis megaptera Hoyle, dei mari del Giappone.
Sottordine II: Sepioidea. - Camera anteriore dell'occhio per lo più chiusa; membrana orale non collegata con le basi delle braccia; corpo di regola massiccio e munito di pinne; conchiglia calcarea o mancante; assenza di artigli e per lo più anche di fotofori; un solo ovidotto; ghiandole nidamentali accessorie.
Famiglie: 18. Idiosepiidae, corpo di mediocre lunghezza; pinne piccole e arrotondate, inserite poco lungi dall'estremo posteriore, arrotondato, del mantello; senza conchiglia; braccia robuste a ventose biseriate; piccoli tentacoli con minute ventose; le due braccia IV ectocotilizzate; es. Idiosepius pygmaeus Steenstr., coste del Giappone. - 19. Sepiolidae, mantello breve e arrotondato, pinne più o meno grandi, arrotondate, inserite un po' dorsalmente; gladio piccolo e corneo oppure mancante; tentacoli retrattili entro tasche; piastre radulari senza denti accessorî; es. Sepiola robusta Naef., Mediterraneo. - 20. Sepiidae, corpo piuttosto massiccio, alquanto compresso in senso dorso-ventrale; pinne nastriformi inserite per quasi tutta la lunghezza del mantello; conchiglia calcarea con dissepimenti obliqui nella parte posteriore e sprovvista di sifone; tentacoli retrattili entro tasche; braccio IV di sinistra ectocotilizzato; es. Sepia officinalis L., la comune seppia, coste mediterranee, atlantiche, Mare del Nord. - 21. Spirulidae, corpo cilindrico, con un fotoforo posteriore circondato da un rilievo anulare, pinne piccole pressoché terminali; conchiglia spirale e concamerata, con sifone; camera anteriore dell'occhio aperta, braccia con ventose uniseriate; tentacoli robusti a clava armata di molte e minute ventose; le due braccia IV ectocotilizzate; es. Spirula spirula L., Atlantico.
Ordine II: Octopoda. - Mantello corto, con o senza pinne, conchiglia rudimentale o assente; fotofori segnalati in un solo genere (Melanoteuthis); otto braccia collegate da membrana; ventose sessili e a simmetria raggiata; quasi sempre biseriate; mantello di regola saldato dorsalmente col corpo; per lo più due ovidotti.
Sottordine I: Cirroteuthoidea. - Braccia con una serie di ventose e due di cirri e membrana ombrellare molto sviluppata; un paio di pinne, conchiglia rappresentata da una membrana ialina o da un piccolo sostegno trasversale delle pinne; radula regredita; un solo ovidotto (il destro).
Famiglie: 22. Vampyroteuthidae, apertura del mantello larga; conchiglia laminare, imbuto grande, cuspidi radulari a semplice punta, es. Vampyroteuthis infernalis; Chun, Atlantico. - 23. Cirroteuthidae, apertura del mantello stretta, conchiglia a forma di sella o di piastra; imbuto piuttosto piccolo; radula rudimentale o mancante; parte posteriore del corpo ben differenziata; es. Cirrothauma Murrayi Chun, Pacifico. - 24. Opistoteuthidae, apertura del mantello ristretta; cartilagine del mantello nastriforme; parte posteriore del corpo ridotta a un rilievo poco saliente; radula mancante; es. Opistoteuthis depressa Ver., Pacifico.
Sottordine II: Octopodoidea. - Braccia senza cirri con una, due, o eccezionalmente tre serie di ventose; mantello privo di pinne, ma talora con delicati margini cutanei; conchiglia di regola assai regredita; un braccio III ectocotilizzato; due ovidotti.
Famiglie: 25. Eledonellidae, specie nectoplanctoniche molli e gelatinose; ventose uniseriate; cartilagini interne rudimentali; le 5 serie mediane della radula con piastre dentellate a mo' di pettini; es. Eledonella Alberti Joub., Atlantico. - 26. Octopodidae, mantello muscoloso tondeggiante, ventose uni o biseriate; resti della conchiglia sotto forma di bacchette cartilaginee nel mantello; piastre della radula con parecchi dentelli solamente nella serie mediana; dimorfismo sessuale lieve; uno dei bracci III ectocotilizzato, più breve del braccio normale e con doccia longitudinale; es. Octopus vulgaris L., polpo comune; coste mediterranee e atlantiche ovest; Eledone moschata Lam.; E. Aldovrandii Raf., moscardini; degli stessi mari. - 27. Argonautidae, Octopodidi nectonici a ventose biseriate, con solidi attacchi fra imbuto e mantello; radula con denti mediani unicuspidati e submediani a 2 dentelli; dimorfismo sessuale molto accentuato con piccoli maschi e grandi femmine; l'ectocotilo (una delle braccia IV) notevole per differenziamento e sviluppo, feconda la femmina dopo autoamputazione all'atto della copula, es. Argonauta argo L.; argonauta, Mediterraneo, Atlantico.
Bibl.: W. E. Hoyle, Report on the Cephalopoda, in Challenger's Reports, Zoology, LXVI (1886); G. Jatta, I Cefalopodi viventi nel golfo di Napoli, in Fauna und Flora des Golfes von Neapel, monogr. 23 (1896); G. Pfeffer, Die Cephalopoden der Plankton-Expedition, zugleich eine monographische Übersicht der Oegopsiden Cephalopoden, in Ergebnisse d. Plankton-Expedition der Humboldt-Stiftung, 2ª s., II F.a. (1912); C. Chun, Die Cephalopoden, I: Oegopsida, in Ergebnisse der deutschen Tiefsee-Expedition ("Valdivia"), XVIII (1910); II: Myopsida, Octopoda, ibid., 1915; L. Joubin, Céphalopodes provenant des campagnes de la "Princesse Alice", in Résultats des Campagnes scientifiques du Prince de Monaco, fasc. 18° (1920); fasc. 54° (1920); S. Berry, Light production in Cephalopods, in Biological Bulletin, XXXXVIII (1920); A. Naef, Die Cephalopoden, in Fauna und Flora des Golfes von Neapel, monogr. 35, I (1921-1923); J. Thiele, Cephalopoda, in W. Kükenthal, Handbuch der Zoologie, V (1926).
Paleontologia dei Cefalopodi.
Nell'epoca presente la classe dei Cefalopodi è rappresentata da due soli generi forniti di conchiglia eterna, Nautilus e Argonauta, e da numerosissimi altri con conchiglia interna, o addirittura privi di questa; ma nei mari delle ere paleozoica e mesozoica brulicavano innumerevoli forme protette da una conchiglia calcarea, internamente suddivisa in varî scompartimenti da setti, l'ultimo dei quali serviva come camera di abitazione ed altre ancora con conchiglia interna.
Al pari dei Cefalopodi viventi, i fossili si ripartiscono nei due ordini dei Tetrabranchiati e Dibranchiati. Per quanto, riguardo alle Ammoniti (v.) e alle Belemniti (v. belemnoidei), oggi completamente estinte, manchi sino ad oggi qualsiasi osservazione sul numero delle branchie, tuttavia, secondo la maggioranza degli autori, le Ammoniti, per tutti i caratteri essenziali della loro conchiglia, sono considerate come Tetrabranchiati e, per le stesse ragioni, le Belemniti, come Dibranchiati; è quindi opportuno applicare anche ai fossili la classificazione stabilita dall'Owen per i viventi.
I più antichi rappresentanti dei Cefalopodi sono Tetrabranchiati del sottordine Nautiloidei (Nautiloidea); compaiono fin dal Cambrico con i generi Volborthella e Cyrtoceras, ma già al limite tra Cambrico e Silurico, nel Tremadoco, si hanno numerosi rappresentanti che nel Silurico inferiore arrivano già a 500: fra questi, le specie dei generi Endoceras, Orthoceras, Cyrtoceras e Lituites assumono una grande importanza. Nel Silurico superiore i Nautiloidei raggiungono l'apogeo del loro sviluppo e contano circa 1500 specie; diminuiscono poi nel Devonico e nel Carbonico e più ancora nel Permico, ridotti ai generi Nautilus, Orthoceras, Cyrtoceras e Gyroceras, dei quali i due primi continuano nel Trias. Nelle formazioni giuresi si trova solo Nautilus, che nelle parti più elevate del Cretacico e nel Terziario si accompagna ad Aturia, che scompare nel Terziario più giovane, mentre Nautilus si continua nell'epoca presente con parecchie specie viventi nell'Oceano Indiano e nel Pacifico. Complessivamente si conoscono circa 2500 Nautiloidei.
Accanto ai Nautiloidei, nella parte più elevata del Silurico, appare qualche raro rappresentante delle Ammoniti della famiglia delle Goniatiti, la quale visse durante tutto il Paleozoico e nel Trias. Nel Paleozoico però si sviluppano altre famiglie, di cui quella delle Clymeniidae è esclusiva del Devonico, ed alcune altre passano nel Trias.
Con l'inizio del Mesozoico le Ammoniti prendono un poderoso sviluppo e nello stesso tempo assumono un'importanza geologica di gran lunga superiore a quella di qualsiasi altro gruppo zoologico. L'importanza di questi Cefalopodi è dovuta anzitutto alla loro grande diffusione e ai caratteri delle conchiglie, che molto ne facilitano la determinazione: a ciò si aggiunga che le singole specie sono per lo più limitate nel tempo e hanno una notevole distribuzione geografica. Com'è noto, le Ammoniti si estinguono con la fine del Mesozoico, senza discendenti. Le specie conosciute ammontano a circa 5000.
L'ordine dei Dibranchiati è più giovane di quello dei Tetrabranchiati e ha un'importanza geologica minore. Come i viventi, si ripartiscono nei due sottordini: Decapodi e Octopodi. I primi rappresentanti dei Decapodi appaiono nel Trias con i Belemnoidei, ai quali nel Lias e nel Giura superiore si aggiungono vere seppie (Sepioidea). La loro improvvisa comparsa è un fatto sorprendente, come pure il rapido fiorire e la loro scomparsa. Non sembra da escludersi una relazione genetica fra i triassici Aulacoceratidae e gli Orthoceratidae, la cui conchiglia esterna, -per graduale accrescimento intorno ai lati del mantello, si è trasformata nell'osso, al quale si è sovrapposto il rostro di nuova formazione.
Agli Aulacoceratidi triassici si sostituirono nel Lias, nel Giura e nel Cretacico inferiore le Belemniti propriamente dette; alla fine del Cretacico sono larghissimamente distribuiti i generi Belemnitella e Actinocamax: gli ultimi rappresentanti delle Belemniti si hanno nel Terziario, con i generi Bayanoteuthis e Vaseuria.
Dai Belemnoidei sono molto verosimilmente derivati i Sepioidea e i Teuthoidea. Nelle forme terziarie dei Sepioidei, il fragmocono è ancora chiaramente presente e a questo sembrano corrispondere il rigonfiamento lamelloso e la forchetta del genere Sepia. I giurassici Teuthoidea si collegano dapprima ai Belemnoidei e più tardi strettamente ai loro parenti attuali: già nel Lias la loro conchiglia aveva completamente perduto le concamerazioni. Dai resti fossili che possediamo si può concludere che i Dibranchiati mesozoici, in complesso, fossero simili ai recenti, come, per es., Plesioteuthis che ricorda singolarmente le Ommatostrephidae.
Gli Octopodi sono molto scarsamente conosciuti allo stato fossile. Il rappresentante più antico si trova nel Cretacico superiore (Palaeoctopus), mentre il genere Argonauta, tuttora vivente, è conosciuto appena dal Pliocenico.
V. tavole a colori.