celare
. Transitivo, per " nascondere ", " schermare ", " tener segreto ", " sottrarre alla vista ", anche riferito a entità astratte: Vn VII 6 18 per vergogna celan lor mancanza; XXII 14 8 celar la dolorosa mente; Cv IV XXIX 10 la bontade con la sua grida oscuri e celi lo contrario che dentro è; e ancora in If XIV 101, XXII 27, XXIII 21, XXV 116, XXXI 36; Pg XVII 57 e col suo lume sé medesmo cela (in parallelismo col v. 53 e per soverchio sua figura vela); XXXI 138; Pd III 48 non mi ti celerà l'esser più bella (ellitticamente, " non t'impedirà di riconoscermi "); XIX 63. Così in Fiore CXCVII 4. Con riferimento ‛ tecnico ' a un nodo simbolico, in Vn VII 1 La donna co la quale io avea tanto tempo celata la mia volontade.
Riflessivo o intransitivo, per " nascondersi ", " appiattarsi ", " sfuggire alla vista ", " agire di soppiatto ", anche figuratamente (di entità astratte o personificate): Rime XCI 26, Cv II XIV 16 (due volte), III V 16; If XVIII 46 E quel frustato celar si credette (dove il neutro è solo apparente, in quanto la particella, che sembra appoggiarsi al verbo finito, fa parte integrante dell'infinito); Pg XXIII 112 fa che più non mi ti celi (" rivelami per quali circostanze sei qui "); Pd V 133 il sol che si cela elli stessi / per troppa luce (motivo ricorrente in D., del rendersi invisibile con l'eccesso del proprio splendore, adibito a figurazione di anime radiose: cfr. Pd V 124-125 e 138; VIII 52-54, XXVI 135). Ellissi pregnanti in due luoghi della terza cantica: XVI 80 Le vostre cose tutte hanno lor morte, / sì come voi; ma celasi in alcuna che dura molto, e le vite son corte, " senonché in alcune cose la morte non si vede, perché durano relativamente a lungo, e la vita umana a sua volta è così breve che non permette di vederne la fine " (Sapegno), con passaggio dunque da " nascondersi " a " non apparire ", " sfuggire "; come in XXIX 135 'n sue [di Daniele] migliaia / determinato numero si cela, " nelle sue indicazioni numeriche (‛ millia millium ') non si esprime un numero determinato, anzi piuttosto si cela, vien suggerito simbolicamente, un numero indefinito e così grande che sfugge a ogni determinazione " (Sapegno). Anche per il riflessivo, alludendo alla ‛ donna dello schermo ', in Vn V 4 Con questa donna mi celai alquanti anni e mesi, cioè " per mezzo di lei nascosi il vero oggetto del mio amore ".
Transitivo, per " nascondere " in quanto " tacere ", con normale estensione semantica (già delle lingue classiche): Vn IV 1 (cfr. 2 accorgendomi del malvagio domandare); XXII 10 11 (cfr. v. 7 Ditelmi, donne); XXIII 26 63 Allor diceva Amor: Più nol ti celo; Rime LXXI 4; If X 44 non 'gliel celai, ma tutto gliel'apersi; Pg XVI 43, XXXIII 56. E inoltre Fiore CXII 13, CXLIII 5, CCXI 8.
Il participio passato ricorre spesso in D. con valore di aggettivo, per " nascosto ", " occulto ", " invisibile " (detto di persona o di cosa, ma anche di ente astratto), in unione con verbi idonei alla funzione predicativa (per una fenomenologia analoga, si veda Chiudere); quindi con essere ', nel senso di " risultare ", " apparire ", " rimanere " (l'intera locuzione equivalendo a " sfuggire alla vista "): Cv II XIV 16 e 18, III V 8, XI 8. Così con ‛ stare ', II III 6; o con ‛ tenere ', III XIV 13; Pd VIII 52 La mia letizia mi ti tien celato. Anche in giunzione con sostantivo, dunque fungendo da attributo, in Cv IV XI 8 le celate ricchezze.
Con lo stesso valore (" segreto ", o piuttosto " discreto ", " fidato ") Si trova infine nel Fiore il participio presente: XVIII 8 non ha uom nel mondo più celante; ed è un uso francesizzante estraneo a tutto il D. canonico.