CELERIMENSURA
. La celerimensura o tacheometria ha per fine la determinazione contemporanea della posizione planimetrica e altimetrica dei punti del terreno mediante riferimento dei punti stessi ad un sistema di coordinate cartesiane.
Caratteristica del metodo è la rapidità dei lavori di campagna a cui corrisponde un lavoro di tavolino che si cerca di abbreviare mediante uso di tavole che semplificano i calcoli. Poiché i punti del terreno vengono individuati mediante coordinate numeriche, quando siano conservati i registri degli elementi calcolati e si abbia il necessario corredo di eidotipi o schizzi ben rispondenti al terreno rilevato, si è sempre in grado di ricostruire il rilievo completo della zona ed è questo un vantaggio del metodo oltre quello dell'economia proveniente dalla relativa brevità del lavoro di campagna che è naturalmente più dispendioso. Inoltre sono ridotte al minimo le inesattezze proprie dei metodi grafici. E chiaro che elementi importanti per il rilievo dei punti sono le distanze ed è altrettanto evidente che la misura diretta delle distanze è uno dei lavori che offre maggiori difficoltà pratiche e occupa maggior tempo. Si comprende quindi come l'applicazione della celerimensura richieda un modo rapido di determinazione delle distanze quale è quello che offre il cannocchiale distanziometro (v. cannocchiale).
Lo strumento tipico per l'applicazione della celerimensura è il tacheometro (v.); fissato lo strumento in stazione si assume come origine del sistema di assi il suo centro O. L'asse delle z si stabilisce secondo la verticale per O, diretto positivamente verso l'alto: gli assi delle x e delle y giacciono quindi sul piano orizzontale per O. Precisamente l'asse delle y positivo si sceglie nella direzione che va da O allo zero della graduazione del cerchio azimutale e quello delle x secondo la direzione che va da O verso l'indicazione 90° o 10°, secondoché la graduazione del cerchio è sessagesimale o centesimale.
D'ordinario, quando si mette lo strumento in stazione, lo si orienta mediante il declinatore magnetico, di cui il tacheometro è sempre provvisto. Il declinatore magnetico può essere solidale col cerchio orizzontale e in tal caso i costruttori fanno sì che, quando all'indice dell'alidada si legge zero, il piano verticale di mira del cannocchiale risulti parallelo al iliametro 00-1800 del declinatore; oppure la bussola è fissata all'alidada e allora il suo diametro 0°-180° riesce parallelo al piano verticale di mira del cannocchiale. Nel primo caso per orientare lo strumento basta rotare il cerchio (che è sempre ripetitore) e fissarlo nella posizione, per cui alla punta nord dell'ago si legge zero; nel secondo caso si ruota l'alidada e la si fissa al cerchio quando all'indice di lettura si legge zero, e poi si ruotano insieme cerchio e alidada e si fissa il cerchio nella posizione per la quale si legge zero alla punta nord dell'ago. L'orientamento non è necessario, ma è utile specie quando il rilievo richiede un seguito di stazioni, perché allora il declinatore dà il mezzo (entro il limite di approssimazione proprio della bussola, che è sempre più largo di quello relativo alle letture del cerchio) di trasportare lo strumento da una stazione all'altra mantenendo pressoché paralleli gli assi omonimi orizzontali. S'intende che una volta orientato il tacheometro nei modi anzidetti, la lettura del cerchio corrispondente alla collimazione di un punto dà senz'altro l'azimut magnetico della direzione osservata, dal quale si può passare all'azimut astronomico conoscendo la declinazione locale.
Ciò posto, ecco come si determinano le coordinate x, y, z, di un punto P del terreno (fig. 1) sul quale sia tenuta verticalmente una mira centimetrata M con l'origine all'estremo inferiore, che sia visibile dal punto di stazione e che si trovi da esso ad una distanza non eccedente quella massima misurabile col cannocchiale distanziometro, di cui è provvisto il tacheometro.
Supposto corretto ed orientato lo strumento sulla stazione S, se ne volge, rotando l'alidada, il cannocchiale sulla mira M per modo che l'asse di questa risulti collimato col filo verticale del reticolo. Allora al cerchio orizzontale si legge l'azimut o anomalia ω, al cerchio verticale la distanza zenitale ζ (si suppone fatta sul cerchio verticale la correzione dello zero) della visuale media Oc; e ai fili orizzontali distanziometri del reticolo, che qui senza togliere alcuna generalità s'immaginano ridotti a due, si fanno alla mira le letture a e b estreme e centrale c. Questi numeri letti allo strumento, unitamente all'altezza h del centro O del tacheometro sul punto a terra S di stazione, che si misura direttamente, si chiamano anche numeri generatori, perché servono al calcolo delle coordinate x, y, z, del punto battuto P e della sua quota altimetrica, supposta conosciuta quella di S.
Il piano verticale di mira, che contiene l'asse della stadia, interseca il piano xy secondo OP0, essendo P0 la proiezione verticale di P sul piano stesso. L'anomalia w letta al cerchio orizzontale è l'angolo che OP0 forma con l'asse delle y (si suppone la graduazione del cerchio procedente nel senso del movimento degli indici di un orologio) diretto allo zero della graduazione azimutale. La distanza OP0 è la distanza della mira da S o da O, ridotta all'orizzonte, cosicché, se il cannocchiale distanziometro è centralmente anallattico di costante distanziometrica K rispetto ai fili a e b, sarà
Immaginando proiettato P0 su Ox in P1, si avra OP1 = x e P1P0 = y e dal triangolo OP1P0 rettangolo in P1 si traggono
le quali con la (1) determinano le coordinate planimetriche del punto battuto P. Per quanto riguarda la coordinata z si osservi che essa è rappresentata dal segmento P0 P, positiva o negativa secondo che P0 è più basso o più alto di P. Ricordando che si è indicata con c la lettura della mira al filo medio, cioè, in figura, la distanza Pc, congiderando il triangolo verticale OP0 c, rettangolo in P0, si ha
che insieme alla (1) determina la coordinata altimetrica z in valore e segno. Se non si fosse fatta la lettura mediana c, la si potrebbe sostituire, con approssimazione quasi sempre sufficiente, con la media (a + b)/2, la quale coincide con c solo nel caso della visuale orizzontale.
Se il cannocchiale non fosse centralmente anallattico, la (1) verrebbe sostituita dall'altra
dove C è la distanza del fuoco anteriore dell'obbiettivo dal centro O dello strumento.
Riguardo all'altimetria, ciò che in ultima analisi interessa è la quota QP del punto P; epperò, detta QS la quota del punto a terra di stazione S, che si suppone nota, si avrà
la quale unitamente alla (1), o alla (1′), e alla (3) determina QP.
Nel caso del cannocchiale anallattico, sostituendo nella (3) il valore di D, dato dalla (1), si ottiene
Naturalmente per il lavoro di campagna si adopera un adatto libretto o registro, nel quale, punto per punto, l'operatore annota i numeri generatori; e questi dati fondamentali, insieme ad uno schizzo o eidotipo il più possibile fedele del terreno rilevato con le sue varie particolarità, costituiscono la base per il lavoro numerico e grafico di tavolino.
Nella generalità dei casi, quando cioè la zona da rilevare è notevolmente estesa, non è possibile da una sola stazione S eseguire l'intero rilievo, e allora occorre effettuare più stazioni successive, collegandole fra loro in modo che, trovate le coordinate planimetriche di un punto rispetto alla stazione da cui è stato battuto, si possa rapidamente passare alle coordinate x e y di quello stesso punto rispetto, p. es., alla stazione iniziale. I metodi più usati per tale collegamento sono i seguenti.
Metodo cosiddetto del punto indietro o di Moinot. - Prima di togliere la stazione S, avendo già da essa rilevato all'ingiro tutti i punti che convengono, si fissa la successiva stazione S′ (fig. 2) in modo che non solo sia visibile da S, ma che la distanza SS′ rientri entro il limite di determinazione ottica della distanza per lo strumento adoperato. Posta la mira verticalmente in S′, e collimatala da S, si leggono i numeri generatori corrispondenti per modo che possano calcolarsi le coordinate di S′ rispetto ad S. Per quanto riguarda la planimetria, queste coordinate sono
essendo D la distanza orizzontale SS′ ed ω l'anomalia della direzione stessa. Supposto che in S lo strumento sia stato orientato nel modo ordinario, cioè facendo in modo che alla punta nord dell'ago si legga zero, si trasporta poi il tacheometro in S′, e quivi si corregge e si orienta nello stesso modo che in S.
Se l'orientamento con la bussola fosse perfetto, gli assi x e y′ in S′ dovrebbero risultare, a meno della convergenza dei meridiani (trascurabile per brevi distanze) e delle anomalie di luogo e di tempo della declinazione, rispettivamente paralleli agli assi x e y in S. Ma in ogni caso la precisione angolare conseguibile col declinatore è inferiore a quella di cui sono suscettibili le misure angolari eseguite sul cerchio azimutale del tacheometro, onde occorrerà in generale una correzione dell'orientamento. Questa si ottiene subito tornando a battere da S′ la stazione precedente S, con che si ha anche il vantaggio di avere due valori per SS′ = D, dei quali si riterrà il valor medio. Se ω′ è l'anomalia di S osservata in S′, qualora l'orientamento fosse esatto dovrebbe essere:
Invece si potrà avere:
Se il residuo è positivo vuol dire che ω′ è troppo grande, cioè in S′ gli assi sono spostati di δ nel senso indicato dalle rette tratteggiate, se invece risulta negativo gli assi in S′ sono spostati di δ nel senso indicato dalle rette punteggiate. Poiché δ è subito reso noto da una semplice sottrazione, si potrà procedere all'immediata correzione dell'orientamento, spostando angolarmente il cerchio orizzontale, con la sua vite dei piccoli movimenti, fino a leggere per S l'anomalia corretta ω′ −(±δ); oppure, lasciando lo strumento inalterato, basterà che a tutte le anomalie misurate da S′ sia tolto col proprio segno.
Le coordinate planimetriche di un punto generico P battuto da S′ rispetto a questa stazione sono
Il pregio di questo metodo di collegamento consiste nella sua semplicità, in quanto la deduzione della correzione dell'orientamento è immediata. Ma dovendo essere S′ entro il raggio d'azione del cannocchiale distanziometro da S ne deriva un'eccessiva frequenza delle stazioni. Ad evitare ciò Ignazio Porro, che si può considerare il fondatore della celerimensura, propose il seguente
Metodo numerico. - Prima di andar via da S (fig. 3) si battono due punti A e B, che dovranno essere scelti in modo che si possano battere anche dalla nuova stazione S′. Siano DA, DB le distanze orizzontali SA, SB e siano wA, wB le anomalie corrispondenti. Le coordinate planimetriche di A e di B rispetto ad S saranno
In S′ si orienta lo strumento col declinatore magnetico e poi si tornano a battere i punti A e B. Se DA′ e DB′ indicano le distanze S′A, S′B e ωA′, wB′ sono le anomalie lette da S′ rispetto agli stessi punti, le coordinate planimetriche di A e B rispetto S′ risultano
L'angolo di direzione (A B) rispetto ad S, cioè l'angolo di cui la parallela per A all'asse delle y positivo deve rotare nel senso positivo per venire a sovrapporsi ad A B, è espresso, come si sa, dalla nota formula:
e quindi l'angolo di direzione (A B)′ della stessa A B, ma rispetto ad S′ anziché ad S, sarà dato dall'espressione analoga
Se l'orientamento in S′ fosse esatto, gli assi x′ e y′ in S′ dovrebbero risultare esattamente paralleli agli omonimi in S e allora i valori dei due angoli di direzione (A B) e (A B)′ dovrebbero coincidere. La condizione di orientamento esatto in S′ è dunque
Se invece risulta
con lo stesso ragionamento fatto nel caso precedente si deduce che le anomalie corrette in S′ si ottengono da quelle osservate, togliendo da ciascuna di esse il residuo δ col proprio segno.
Le coordinate di S′ rispetto' ad S potranno ottenersi in doppio modo passando per A o per B e precisamente (fig. 3).
dopo di che le coordinate rispetto ad S di un punto P battuto da: S′ si otterranno con le solite formole
Il metodo di collegamento esposto elimina l'inconveniente di un numero troppo grande di stazioni e ha inoltre il vantaggio di non esigere la visibilità reciproca delle due stazioni successive. Però la determinazione della correzione all'orientamento non è immediata come nel caso del punto indietro, essendo il risultato di un calcolo che di solito vien fatto a tavolino.
Metodo misto. - È diretto a riunire i vantaggi più salienti dei due metodi espressi dianzi. Per la sua applicazione si richiede la reciproca visibilità delle due stazioni, le quali però possono essere a una distanza fra loro maggiore di quella massima alla quale è possibile una misura col cannocchiale distanziometro di cui si disporre.
Da S (fig. 4) si misura di S′ la sola anomalia ω e, per il trasporto delle coordinate, si batte da S un solo punto A, che deve potersi determinare anche da S′. Le coordinate planimetriche di A rispetto ad S sono
Posto il tacheometro in S′ lo si orienta col declinatore magnetico poi si collima S leggendo la sola anomalia ω′: la correzione de l'orientamento si ottiene allora immediatamente dalla relazione
e se la correzione non si eseguisce rotando il cerchio, si toglierà δ da ciascuna anomalia misurata da S′. Determinando poi da S′ il punto di collegamento A, se ne ottengono le coordinate
mediante le quali si calcolano le coordinate di S′ rispetto ad S con le
In pratica si ottiene un vantaggio fondendo il metodo del punto indietro a quello numerico, con lo scegliere però i punti di collegamento A e B sull'allineamento S S′ (fig. 5). Oltre alla semplicità relativa alla ricerca della correzione dell'orientamento si ha allora una verifica nel senso che il valore della distanza AB determinata dalla stazione S come differenza delle due distanze DA = SA, DB = SB, deve risultare, a meno di uno scarto ammissibile, eguale al valore di AB determinato da S', come differenza delle distanze DA′ = S′A e DB ′ = S′B.
Le coordinate planimetriche di un punto P, anche inaccessibile, rispetto a una stazione S, possono facilmente essere determinate quando la sua sola direzione sia osservata, oltreché da S', da un'altra stazione S′ collegata con S. Infatti indicando (fig. 6) con ωp e ωp′ le anomalie corrette da S e da S′ e con Dp, Dp′ le distanze incognite di P dalle medesime stazioni, hanno luogo le relazioni
dalle quali
talché per divisione
e da questa si ricava l'unica incognita Dp. Si ha
cioè
e quindi
dopo di che si hanno
Un punto P così determinato per intersezione può costituire un utile controllo per l'orientamento nelle successive stazioni da cui esso fosse visibile.
Il metodo di rilievo celerimetrico è assai rapido in campagna ed ha bisogno poi d'un lavoro di tavolino per il calcolo delle formule. A rendere meno gravoso questo lavoro sono state calcolate tavole numeriche e tavole grafiche (diagrammi). Fra le tavole di celerimensura numeriche si annoverano quelle di G. Erede, La Celerimensura con gli strumenti comuni a divis. sessag., Pistoia 1875; N. Jadanza, Tavole tacheometriche centesimali, Torino 1904; Tav. tach. sessag., Torino 1909; G. Orlandi, Manuale e tavole di Celerimensura centes., Milano 1889; G. Sanfelici, Calcolo tacheometrico semplificato sessag. e centes., Milano 1928; W. Jordan, Tables tachymetriques, Stoccarda 1887, ecc. Fra le tavole grafiche per la riduzione all'orizzonte delle distanze lette a visuale inclinata si ha il diagramma di W. Jordan, quello di D. Regis e la tavola di G. Orlandi. Si usano anche tavole logaritmiche e regoli calcolatori.
In questi ultimi tempi, sempre allo scopo di rendere più spediti i lavori di calcolo, si è manifestata la tendenza a costruire tacheometri autoriduttori, i quali presentano disposizioni costruttive speciali per cui, con qualsiasi inclinazione del cannocchiale (entro i limiti pratici), la distanza orizzontale vien sempre ottenuta col semplice prodotto d'una costante per l'intervallo letto sulla mira. Di tali strumenti, alcuni dei quali provvedono anche ad una semplificazione per il calcolo della differenze di livello, sarà parlato alla voce tacheometro.
Bibl.: Per maggiori notizie storiche, v. N. Jadanza, Per la storia della celerimensura, in Riv. di Topografia e Catasto, Roma 1894.