COLTELLINI, Celeste
Figlia di Marco, librettista ed editore, nacque a Livorno il 26 nov. 1760. Dopo aver studiato con il celebre sopranista G. Manzuoli, le prime notizie che si hanno sulla sua carriera artistica di mezzosoprano si riferiscono alle interpretazioni di Le nozze in contrasto (donna Robinetta) di G. Valentini, Gli antiquari in Palmira (Lauretta) di G. Rust e La frascatana (Violante) di G. Paisiello, rappresentazioni avvenute al teatro alla Scala di Milano nell'agosto del 1780.
Fu poi scritturata dal teatro S. Moisè di Venezia per cantare in tre opere nuove durante la stagione di carnevale 1780-1781: La statua matematica (Gabriellina) di G. Valentini, L'Opera nuova (Graziosa) di M. Rauzzini, La sposa bizzarra (Dorina) di A. De Sanctis. Recatasi a Napoli nel 1781 esordì al teatro dei Fiorentini ne I mietitori (Lesbina) di P. Guglielmi (prima rappr. 20 ottobre) e ne La stravagante (Lisetta), di N. Piccinni e G. Coppola, ottenendo un immediato successo che le consentì di avere le prime parti nelle opere da lei interpretate negli anni successivi nello stesso teatro: nel 1782 La semplice ad arte di P. Guglielmi e Il trionfo de' pupilli oppressi di S. Rispoli, nel 1783 La creduta infedele di G. Cazzaniga, La quakera spiritosa di P. Guglielmi, Il convitato di pietra (Lesbina) e Li due gemelli (Clorinda), entrambi di G. Tritto, opere in cui cantò anche la sorella Anna, o Annetta. Sempre nel 1783 cantò anche al teatro Reale di Caserta: Chi dell'altrui si veste presto si spoglia di D. Cimarosa e Il barbiere di Siviglia (Rosina, rappr. 23 novembre) di Paisiello. Nel 1784 interpretò, ancora al teatro dei Fiorentini, I finti amori di P. Guglielmi, La scuffiara di G. Tritto e incappò anche in un insuccesso - per la prima volta fu fischiata - dovuto più che altro alla non buona "musica" di un'opera imprecisata di Cimarosa, secondo quanto riferisce Ferdinando Galiani in una lettera indirizzata a Paisiello il 25 maggio del 1784 (in Della Corte); l'opera non menzionata dal Galiani è forse L'apparenza inganna ossia la villeggiatura, alla quale la C. prese parte in quel periodo. Nel 1785 cantò in due opere di P. Guglielini: La finta zingara e Le sventure fortunate.
Frattanto l'imperatore Giuseppe II, il quale aveva avuto modo di ammirarla durante la sua permanenza in Napoli verso la fine del 1781 la scritturò per il teatro italiano di corte a Vienna. Giunta a Vienna nell'anno 1785, la C. cantò ne La contadina di spirito di Cimarosa e, il 28 novembre, fu protagonista de La villanella rapita di F. Bianchi. Per questo lavoro, e per far cosa gradita alla C., Mozart compose il terzetto "Mandina amabile" K. 480 (primo atto) e il quartetto "Dite almeno in che mancai" K. 479 (secondo atto). Soprattutto in quest'opera l'esperienza e la musicalità permisero alla C, di ovviare a una forse non notevole potenza vocale, compensata d'altra parte dall'espressività del canto e dalla efficacia interpretativa del personaggio di Mandina. A Vienna la C. sostituì Ann Selina Storace in alcune recite de Gli sposi malcontenti di S. Storace e delle Nozze di Figaro di Mozart.
In questo periodo beneficiò dei preziosi consigli del famoso sopranista G. B. Mancini, maestro di canto alla corte di Vienna. Il 7 febbr. 1786, in una festa musicale allestita a Schönbrunn, cantò nel Schausspieldirektor di Mozart e in Prima la musica poi le parole di A. Salieri. Scritturata per altri tre anni al teatro italiano, poté comunque cantare anche a Napoli durante lo stesso periodo, ripresentandosi al pubblico napoletano nel 1786 ne Le gare generose di Paisiello (gli altri interpreti erano la sorella Annetta, il tenore G. Viganoni e il buffo A., Casasciello), ne La vergine del Sole di G. Tritto e ne Le astuzie villane (Lena) di P. Guglielmi e nel 1787 nel Trionfo di Davide di S. Rispoli, forse l'unica opera di genere serio interpretata dalla C., e ne Le convulsioni di G. M. Curcio (al teatro del Fondo).
Tornata a Vienna nel 1787 cantò, tra l'altro, in Una cosa rara (novembre) di V. Martín y Soler.
La fama e la stima goduta dalla C. alla corte di Vienna sono testimoniate da Lorenzo Da Ponte nelle sue Memorie: "Fu a quest'epoca, se non fallo, che la Coltellini, famosa attrice ma debole cantante, venne per la seconda volta a Vienna. Ella era la sirena favoritissima di Casti e, in conseguenza, del conte di Rosemberg, e dall'imperatore medesimo assai benveduta. Essendo essa o immaginandosi d'essere mal vista e perseguitata dal maestro Salieri, che reggeva in gran parte il teatro, scrisse una lettera sì viva e sì ardita all'imperatore, che venne ordine preciso di congedare la compagnia degli italiani...". È da tener presente l'antagonismo fra il Da Ponte e G. B. Casti: ciò spiegherebbe l'acrimonia del passo riportato.
Morto Giuseppe II nel 1790, la C. tornò definitivamente a Napoli. Qui, nel frattempo, aveva cantato ne Lo scaltro avventuriero (Rosetta) di G. Tritto (1788), La finta matta di S. Di Palma (1788), La scuffiara amante, (1788), La Molinarella (1789), Nina pazza per amore (prima rappr. 25 giugno 1789 a Caserta) e La grotta di Trofonio (1789) di Paisiello, La pruova reciproca (Cilletta) di G. Tritto (1790), Gli accidenti inaspettati di G. Martinelli (1790), L'equivoco curioso di D. Cercià (1790), La serva innamorata di P. Guglielmi (1790) e Le vane gelosie di Paisiello (1790).
Dicono gli antichi biografi che Paisiello scrisse per lei La scuffiara, La Molinarella e Nina: è certo in ogni caso che Paisiello trovò nella cantante livornese la perfetta interprete dei suoi personaggi. Soprattutto nella Nina era perfetta.
Narra P. Scudo: "Il s'est conservé, dans la mémoire des hommes de goût qui suivent è Naples les progrès de l'art de chanter, une sorte de tradition sur la première représentation de la Nina. Il paraît que la Coltellini était si pathétique dans la romance adorable: Il mio ben quando verrà, que les plus grandes dames de la cour, pleurant à chaudes larmes, se mirent à crier, à travers les sanglots qui étouffaient leur voix: Sì, sì verrà, il tuo Lindoro..." (Scudo).
Il Ferrari, frequentatore della sua casa, racconta: "Celeste Coltellini fu certamente l'attrice più naturale, ingegnosa e perfetta che si possa desiderare. Oltre a essere un'abilissima attricee cantava con purità di stile e d'espressione... sebben la sua voce non fosse agile né avesse molta estensione pure il suo sapere e giudizio supplivano alle qualità che la natura non le aveva donato. Nella Pastorella nobile, negli Schiavi per amore, nella Molinarella ecc. essa era un gioiello; nella Nina poi mi fu detto ch'era sublime, che faceva piangere e che toglieva quasi il respiro a chi l'ascoltava e vedeva".
Lablache, che aveva conosciuto nella sua gioventù la Coltellini ormai anziana, riferiva a P. Scudo: "C'était la femme, la cantatrice la plus parfaite que j'aie rencontrée dans ma vie. J'ai souvent eu le plaisir de faire de la musique avec elle. Entre autres morceaux que nous aimions à chanter ensemble, je citerai un duo de la Serva padrona, de Paisiello, où je fus émerveillé de l'esprit, de la verve et du style que déployait cette excellente vecchierella...".
La sua voce di mezzosoprano, di estensione normale e sufficientemente flessibile, era "juste, pure, d'un timbre pastoso et d'une égalité parfaite, semblait avoir été faite exprès pour exprimer des sentiments délicats, les nuances modérées de la passion. Vive, intelligente, elle saisissait promptement le côté pittoresque des rôles qu'on lui confiait, et savait leur donner une physionomie pleine de grace et de vérité. Une taille élégante et bien proportionnée, des yeux pétillants d'esprit, un visage charmant qui s'épanouissait au moindre mot, laissant apercevoir, sous les rayons de la gaieté, une émotion tendre toute prête à déborder, tels étaient les dons naturels qui distinguaient Céleste Coltellini, dont le talent exquis a excité l'admiration de tous ses contemporains" (Scudo).
Attrice piena di spirito e di vivacità, cantante commovente e toccante, la C. possedeva un talento naturale e una sensibilità raffinata che le consentivano di evitare sia le manifestazioni violente della passione sia gli eccessi della folle allegria. La misura, il garbo, la varietà dell'espressione e il senso della scena, la facevano la cantante preferita di Paisiello. Queste qualità inquadrano storicamente la C. come la prima e la migliore esponente dell'opera buffa di fine Settecento, quando questa, come osserva lo Scudo, immettendo sulla sua base popolaresca la tenerezza e la malinconia del genere larmoyant francese, volse ad uno stile patetico e sentimentale. L'ultima opera da lei interpretata fu La finta zingara di P. Guglielmi (1791).
Nel 1792 sposò il banchiere svizzero G. G. Meuricoffre e si ritirò dalle scene. La sua casa, a Napoli, divenne ritrovo di artisti, letterati, uomini di cultura, ma anche di personaggi dell'aristocrazia, i quali vi trovavano una cortese e gradita ospitalità, tanto più che le sorelle Coltellini erano donne di "vivace spirito e di svariata cultura" (Ferrari): Costantina e Rosina erano pittrici. Espulsi con tutti i francesi da Napoli nel 1791 i Meuricoffre si rifugiarono a Genova. Nell'autunno del 1798 tornarono a Napoli, ma dopo dieci giorni furono di nuovo costretti a tornare a Genova da dove poi, nel 1800, si ritirarono a Marsiglia. Rientrarono definitivamente a Napoli, nella casa acquistata da Meúricoffre a Capodimonte, alla fine del 1805.
La C. morì a Napoli il 24 luglio 1828.
Fonti e Bibl.: L. Da Ponte, Memorie, Milano 1976, pp. 129 ss.; G. G. Ferrari, Aneddoti piacevoli e interessanti, Londra 1830, pp. IX-XIII, 109-113, 119, 121, 140 s.; P. Scudo, L'art ancien et l'art moderne, Paris 1854, pp. 18-25, 36-39; P. Cambiasi, Rappresentazioni date nei reali teatri di Milano, 1778-1872, Milano 1872, p. 3; A. Della Corte, Paisiello, Torino 1922, pp. 106, 115, 148, 175; A. Bonaventura, Una celebre cantante livornese del Settecento, in Musica d'oggi, VI (1924), 9, pp. 255-258; Id., Musicisti livornesi. Da G. Cambini a C. C., in La Riv. di Livorno, II (1927), 3-4, pp. 123-127; G. De Napoli, La Triade melodramm. Altamurana, Milano 1931, pp. 28-32, 46; E. Faustini-Fasini, Docum. paiselliani inediti, in Note d'archivio, XIII (1936), 3-4, p. 115; B. Croce, I teatri di Napoli, Bari 1947, pp. 246 s., 268, 275; C. Valabrega, Gli album della C., in La Scala, n. 35, ottobre 1952, pp. 38-42; E. Müller von Asow, Meuricoffre-C. Una coppia napoletana amica di Mozart, in Gazzetta musicale di Napoli, IV (1958), 3-5, pp. 43-52; C. Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell'arte (Cronologia), II, Milano 1964, p. 11 ; V. Viviani, Storia del teatro di Napoli, Napoli 1969, pp. 375, 380, 473; A. Einstein, Mozart, Milano 1976, p. 462; S. Martinotti, La villanella di Bianchi rapita da Ferrari, in Chigiana, XXXII (1977), p. 319; R. Zanetti, La musica ital. nel Settecento, Busto Arsizio 1978, III, pp. 1352, 1355, 1472; B. Paumgartner, Mozart, Torino 1978, p. 370; Storia dell'opera, Torino 1977, I, 1, pp. 304, 401, 479; III, 1, pp. 84, 94, 331, 336 s.; Enc. d. Spett., III, coll. 1145 s.; Enc. della musica Rizzoli-Ricordi, II, p. 146; La Musica. Dizion., I, p. 425; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, XV, Suppl., col. 1555.