CELESTINO V Papa
Pietro, nato verso il 1210 di povera famiglia, si ritirò presto a vita eremitica sul monte Morrone presso Sulmona, e fu ordinato prete a Roma. Aveva accolto sotto la sua disciplina alcuni transfughi dell'Ordine francescano appartenenti alla corrente degli Spirituali, che si facevano forti di alcune previsioni di Gioacchino da Fiore (v.), per fantasticare dell'avvento di un "papa angelico". Ritiratosi Pietro sulla Maiella, i suoi discepoli erano cresciuti di numero e si erano raccolti in monasteri sottoposti alla regola benedettina (v. Celestini). Verso il 1284, desideroso di riprendere la vita eremitica, Pietro aveva lasciato ad un vescovo il governo dei suoi discepoli e nel 1287 aveva abbandonato del tutto l'ufficio di superiore.
Alla morte di Nicolò IV (4 aprile 1292) il conclave, che precipitava verso lo scisma per la rivalità fra gli Orsini e i Colonna, il 5 maggio 1294 si accordò, dietro proposta del card. Latino, sul nome di Pietro da Morrone, che, riluttante, finì per accettare: eletto il 5 luglio, assunse il nome di Celestino V e fu consacrato ad Aquila il 29 agosto. Le speranze degli Spirituali potevano dirsi realizzate: se non che facile cosa fu a Carlo II d'Angiò guidare secondo i proprî interessi il vecchio ottuagenario, estraneo al mondo e agli affari. Infatti C. nominò napoletani agli alti uffici della Curia; nel settembre creò dodici nuovi cardinali, dei quali sette francesi; sul principio del novembre, si lasciò condurre a Napoli, ove pose la sua residenza a Castelnuovo. Anzi, al principio dell'Avvento, volle chiudersi in una piccola cella di legno e commettere il governo della Chiesa a cardinali di sua fiducia.
Ma la situazione era insostenibile; le mire politiche di Carlo d'Angiò favorite dal card. Benedetto Caetani, il futuro Bonifacio VIII, dominavano la Curia e C., dopo un'esperienza di 5 mesi, il 13 dicembre lesse in concistorio la sua rinuncia solenne al papato. Il Caetani, forse non estraneo alla decisione di C., ebbe partita vinta e il 23 dicembre 1294 fu eletto papa. Gravissima fu l'impressione delle correnti gioachimite, organizzate nei Celestini che non disdegnarono di appoggiare i Colonna nell'opposizione a Bonifacio VIII. Lo stesso Dante, nemico di Bonifacio e che celebrò nel cielo del sole l'abate Gioacchino (Paradiso, XII, 139-141), non risparmiò a Pietro da Morrone "che fece per viltade il gran rifiuto, l'epiteto di "ignavo" e il vestibolo dell'Inferno (Inferno, III, 59).
Intanto Pietro, fuggito nascostamente ed inseguito dall'abate di Montecassino e dal camerlengo di Bonifacio, che gli aveva negato il permesso di ritornare alla sua cella abruzzese, si diresse verso la Puglia con l'intenzione di passare oltre il mare; ma fu costretto a prender terra a Viesti sul Gargano e, consegnato dal capitano del luogo a Carlo II, fu condotto ad Anagni dove stava Bonifacio VIII. Questi lo fece rinchiudere con qualche discepolo nel castello di M. Fumone presso Alatri, dove Pietro morì il 19 maggio 1296, a 87 anni.
Clemente V lo canonizzò il 5 maggio 1313.
Bibl.: Una autobiografia del Santo ed alcune operette che egli avrebbe composto (pubblicate da Celestino Telera, Napoli 1640), non sono più ritenute autentiche. Sulle biografie antiche più sicure cfr. Lib. Pont. ed. Duchesne, II, p. 467; Analecta Bollandiana, IX (1890), pp. 147-200; X (1891), pp. 385-392; XIV (1895), p. 223, e specialmente XVI (1897), con titolo: Saint-pierre Célestin et ses premiers biographes, pp. 365-387. Per gli altri antichi documenti v.: Acta Sanctorum, Maii IV, pp. 419-536; A. Potthast, Regesta Pontiff., II, Berlino 1875, pp. 1915-1922; Dom. Aurélien, La vie admirable de Saint-Pierre Célestin, Barle-duc 1873; Celestino V ed il VI centenario della sua incoronazione, Aquila 1894 (cfr. Anal. Boll., XV, 1896, p. 101); G. Celidonio, Vita di S. Pietro del Morrone, Sulmona 1896; oltre agli storici della Chiesa e di Bonifacio VIII (fra i quali per i rapporti tra C. e Bonifacio VIII, in particolare Finke, Aus den Tagen Bonifaz's VIII), si veda anche A. Donini, Appunti per una storia del pensiero di Dante in rapporto al movimento gioachimita, in Annual reports of the Dante Society, Cambridge, Mass. 1930, pp. 48-69, e la bibliografia ivi citata.