CURIONE, Celio Agostino
Nacque nel 1538 a Salò sul Garda (prov. di Brescia) da Celio Secondo, di nobile famiglia piemontese, e Margherita Bianca Isacchi, del patriziato milanese.
Il padre, uno dei più noti riformatori italiani del 1500, dopo avei insegnato a Padova, Venezia, Ferrara e Lucca, si era rifugiato a Salò. Successivamente la famiglia si trasferì in Svizzera e infine, nel 1546 si stabilì a Basilea, isola di tolleranza religiosa e centro culturale e editoriale di primaria importanza nell'Europa del tempo. Qui il C. fece gli studi e frequentò per due anni (1553-54 e 1554-55) l'università sotto la guida amorevole del padre, che lo considerava "heres studiorum".
Il C. era verosimilmente uno degli stipendiati che Bonifacio Amerbach aiutò con larghezza di sussidi, in qualità di amministratore del legato erasmiano (Basilea, Universitätsbibl., G, 11, 31, 301: lettera di Celio S. Curione all'Amerbach dove si parla dello "stipendium filii"; anche da un'altra lettera, ibid., G., II, 31, 346, si ricava che in una questione di denaro il C. non trattava correttamente nel confronti dell'Amerbach, con grande angustia del padre). Il 26 apr. 1556, seguendo il consiglio di Basilio Amerbach, si iscrisse all'università di Tubinga per frequentarvi i corsi di diritto, e testimonio la sua riconoscenza a Bonifacio Amerbach per le somme di denaro messe a sua disposizione con due lettere, il cui tono gli fu forse suggerito dal padre, del 23 marzo e 19 agosto 1556 (ibid., G, II, 31, 291 e 293). All'inizio dell'estate del 1557 il C. era atteso da Basilio a Bourges, dove François Duaren teneva le sue famose lezioni sulle Pandette (ibid., G, II, 31, 212: lettera del 31 maggio 1557). Il C., che veniva da Parigi, dove era stato uditore del Ramus, non si fermò a lungo a Bourges, ma proseguì per Tolosa per motivi che non sono ben chiari.
In questi anni il C. modificò l'indirizzo dei suoi studi, lasciando da parte la giurisprudenza. Tale mutamento e precisazione di un forte interesse storico fu in buona parte dovuto al viaggio in Italia, che egli intraprese dopo aver visitato la Francia meridionale, e all'influenza esercitata su di lui dalla visione delle antichità romane. Scrivendo a Bonifacio Amerbach il 19 ag. 1558, mostra di aver percorso minuziosamente "totam Campaniam, Picenum, Flaminiam, Etruriam atque alia innumera Italiae loca" (ibid., G, II, 31, 295). Per qualche tempo poi si stabilì a Bologna, dove perfezionò i suoi studi umanistici. È inoltre probabile che durante il suo soggiorno in Italia il C. abbia visitatole sorelle Violante e Dorotea, ed altri parenti. La morte di peste delle sorelle Angela, Celia e Felice (1564) indusse il padre a richiamarlo nello stesso anno dall'Italia, anche perché era l'unico dei suoi figli raggiungibile per lettera in tempo utile (lettera del 5 ag. 1564 da Basilea, in De quattuor .... pp. 23, 25).
Il C. attese verosimilmente la fine del periodo più caldo dell'estate, quando minore era la furia del contagio, e ritornò a Basilea nel settembre. Qui avrebbe dovuto attenderlo l'amico paterno Martin Borrhaus, rettore dell'università, che però morì nel frattempo, vittima della epidemia. Molto presto comunque il C. ottenne all'università di Basilea una cattedra di retorica, diventando in questo modo collega di suo padre. Nel 1563 egli aveva del resto pubblicato a Venezia presso Ziletti il trattato De ratione conseguendi styli seu de imitazione.
Quest'opera, che il C. poté allegare come prova delle sue capacità didattiche, contiene "facillimam et absolutam rationem ac methodum ... totius oratoriae exercitationis sive compositionis", e non si differenzia molto per originalità da consimili trattati del tempo, che perseguivano una prima istruzione letteraria e si rivolgevano alle matricole universitarie.
Nel 1565 il C. pubblicò a Basilea presso Pietro Perna lettere e documenti riguardo la morte delle sorelle in uno scarno volumetto De quattuor Coelii Secundi Curionis filiarum vita atque obitu. Sette anni più tardi, nel 1572, dopo la morte del C., lo stesso volume fu ripubblicato (a Basilea, presso gli eredi di Nicola Brylinger) con il titolo più ampio De vita atque obitu pio sex Coelii Secundi Curionis liberorum epistolae, epitaphia, carmina. Nel 1567 il C. curò l'edizione delle opere del Bembo: Petri Bembi ... quecumque usquam prodierunt opera in unum corpus collecta, et nunc demum ab C. A. Curione cum optimis exemplaribus collata et diligentissime castigata (Basileae, Th. Guarinus), ivi conipresa la traduzione latina della Descriptio Italiae, di Leandro Alberti. Nello stesso anno uscirono sempre a Builea presso Giovanni Oporino (J. Herbst) i Sarracenicae historiae libri III, che furono riediti l'anno successivo insieme con una Marochensis regni in Mauritania descriptio.
L'opera è dedicata all'imperatore Massimiliano II e si propone di narrare le vicende delle popolazioni maomettane dalle origini fino al sec. XIV circa. Nel proemio il C. rivolge un appassionato appello alla "respublica Christianorum", perché voglia ritrovare la. concordia che ha fatto la fortuna dei più grandi imperi, e impugnare le armi non più fratricide "in communes Christiani nominis hostes, in omnis humanitatis, religionis, literarumque eversores". Nel primo libro viene riproposta la figura di Maometto e valutata l'espansione dei Saraceni, nel secondo la loro decadenza e nel terzo la fondazione dell'Impero turco, per un periodo che va dal 610 fino al 1300. Il C. sottolinea la novità della sua trattazione, che si arresta là dove cominciano le storie del Calcondila e di Paolo Giovio. Sempre nel proemio egli accenna a "molti volumi di scrittori Greci e Bizantini e Latini" nonché ad annali di Arabi e Mauri, senza però menzionare esattamente le fonti. Oltre al De futuris Christianorum triumphis in Turchos et Saracenos di Annio da Viterbo (edito a Genova nel 1480), il C. utilizzò ampiamente il Contra Mahometicam fidem di J. Cantacuzeno (Basileae 1543). il Machumetis ... vita et doctrina ... Adiectis Turcharum rebus gestis ... a DCCC annis ad nostra tempora diT. Bibliandi (ibid. 1543) e soprattutto gli Annales, sive historiae ab exordio mundi ad Isaacium Comnenum usque compendium del cronista bizantino Giorgio Cedreno, usciti a Basilea nel 1566. L'opera storica del C. non ha valore scientifico, sia per l'intento polemico che la anima sia per l'approssimazione con cui vengono presentati i fatti e fissata spesso arbitrariamente la cronologia. Pur nella stringatezza dell'esposizione per sommi capi, il C. non rinuncia ad eleganze stilistiche, all'uso dei discorsi diretti (ad esempio quello del pontefice Leone IV al popolo romano), a una certa patina liviana del racconto e della presentazione dei personaggi. La sua Historia, pur testimoniando, insieme con la Marochensis regni ... descriptio, qualche interesse geoemografico, si può considerare uno dei tanti opuscoli scritti sotto l'impressione che le conquiste dei Turchi provocavano di continuo nella Cristianità.
Sempre nel 1567 il C. ripubblicò a Basilea, presso T. Guarino, i noti Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum aliarumque gentium commentarii di Pietro Valeriano Bolzani (editi per la prima volta a Basilea nel 1556 da Isengrin), con l'aggiunta di due suoi libri integrativi e di molte illustrazioni (Hieroglyphicorum commentoriarum libri duo).
Il primo libro è dedicato a Basilio Amerbach e tratta degli dei e degli uomini dell'antico Egitto, il secondo al medico Theodor Zwingger e considera gli animali, le figure geometriche, pietre e piante. Il C. ha cercato di attenersi in tutto allo stile del Valeriano e anche le silografle risentono del suo modello. La trattazione procede affastellando simboli e allegorizzazioni delle antiche letterature, di nessuna importanza per la decifrazione dei geroglifici, che del resto vengono considerati crittogrammi, da cui spremere un'antica sapienza. Degno di nota è il geroglifico della piramide (1678, c. 438v) che simboleggia la natura delle cose o la materia primordiale o anche l'anima dell'uomo. L'illustrazione stessa della piramide mostra inoltre che il C. non aveva un'idea chiara della distinzione tra piramide ed obelisco, mentre le figure incise sul suo corpo (stella, cerchio, cuore, tripode) rappresentano una confusa simbologia, in una corrispondenza più intuitiva che consapevole con il significato allegorico della piramide stessa.
Nonostante la pubblicazione di questi importanti lavori, la condizione materiale del C. restava precaria, come mostra una sua lettera a Basilio Amerbach dal 16 ag. 1576 (Basilea, Universitätsbibl., G, II, 16, 220). A costui il C. si rivolgeva come l'unico "mecenate al quale possa io ricorrere" e lo pregava che gli si assegnasse un posto di lettore che si era liberato nella facoltà di diritto, con adeguato stipendio. Pur di ottenerlo, si richiama alla sua preparazione specifica in materie giuridiche, conseguita nel semestre di Tubinga, fa rilevare l'esiguità del suo "stipendio delle arti", invoca le sue "calamità ... in esser di corpo Così infermo, che non si può sostentar senza gran spesa per la delicatezza del, viver".
Non si sa se l'Amerbach abbia dato seguito a questa preghiera, perché di lì a due mesi la malattia prese il sopravvento sulla fragile fibra del C. che morì a Basilea il 24 ott. 1567.
Fu sepolto con le sorelle Angela, Celia e Felice nel chiostro della cattedrale di Basilea, dove ancor oggi si legge l'iscrizione dettata dal padre, che gli sopravvisse un anno. La Sarracenita historia furipubbl. a Basilea nel 1568 e, accresciuta del Chronicon di Wolfgang Drechsler, a Francoforte nel 1596. Una rielaborazione in inglese fu pubblicata a Londra presso W. How nel 1575 col titolo A notable Historie of the Saracens ... drawen out of A. Curio ... by Th. Newton. Maggior fortuna conobbero i due libri dei Hieroglyphica, forse per essere annessi ai Commentarii del Valeriano. Essi furono ancora pubblicati a Basilea nel 1575 e nel 1625, a Lione nel 1602, 1610, 1620-21, a Francoforte nel 1614 e 1678, a Colonia con la revisione di D. Heschel nel 1631. Di essi fu data una prima traduzione in francese da Gabriel Chappuys: Commentaires Hieroglyphiques .... de Coelius Curio (Lyon 1576), seguita da una seconda più nota di Jean de Montlyard: Les Hieroglyphiques de J. P. Valérian ... ausquels sont adioincts deux livres de Coelius Curio (ibid. 1615). In Italia l'opera del C. fu tradotta da F. Figlineri e B. Bulgarini con il titolo Ieroglifici ... accresciuti di due libri dal Sig. C. A. Curione (Venezia 1602 e 1625). Un'epitome ne pubblicò a Lipsia nel 1592 (e ancora nel 1606) Heinrich Schwalenberg: Aphorismi hieroglyphici ... ex commentariis ... C. A. Curionis collecti.
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