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CELLULA

di Giuseppe Levi - Enciclopedia Italiana (1931)
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CELLULA (diminutivo del lat. cella; fr. cellule; sp. célula; ted. Zelle; ingl. cell)

Giuseppe Levi

Termine usato in biologia per indicare l'individualità elementare della sostanza organizzata. Consiste in un cumulo di sostanza vivente, quasi sempre di dimensioni microscopiche, ben delimitato nello spazio; non decomponibile in parti di egual valore, proveniente sempre da un'altra cellula analoga per forma, struttura e attributi funzionali; contiene un corpo a caratteri ben definiti, il nucleo.

Le cellule erano state intravvedute in un'epoca molto remota; il fisico Hooke (1665) nell'esaminare al microscopio una piccola lamina di sughero vide che questa era scavata da piccole cavità che chiamò cellule. Qualche anno più tardi, Marcello Malpighi (1671) dapprima e N. Greew poco dopo (1671) con osservazioni più estese furono in grado di apprezzare l'importanza della scoperta del Hooke, il Malpighi ritenne che le particelle elementari delle piante fossero sacchetti a pareti rigide, che chiamò utricoli, denominazione in uso per tutto il sec. XVIII, finché nel 1800 il Brisseau Mirbel introdusse nuovamente il nome di cellula, che d'allora in poi rimase. Ma è evidente che Hooke, Malpighi, Mirbel avevano visto solamente le membrane di cellulosa (fig. 1), mentre l'essenziale componente vivente della sostanza organizzata, che nelle cellule vegetali è rivestito dalla membrana di cellulosa e in quelle animali non possiede involucro di sorta, era sfuggito agli antichi naturalisti. E se il Mirbel concepiva i tessuti vegetali come un tutto continuo, scavato da cavità (cellule), si deve al Turpin (1826) e al Meyen (1830) la nozione dell'individualità delle cellule. Il nucleo fu descritto per la prima volta da Felice Fontana (1781); Robert Brown (1831) lo dimostrò attributo normale della cellula.

Il principio della costituzione cellulare della sostanza organizzata poté farsi strada soltanto quando, per le ricerche dello Schleiden sui vegetali e dello Schwann (1838-39) sugli animali, furono poste in luce le analogie di struttura, almeno nei caratteri fondamentali, fra organismi vegetali e animali. Schleiden e Schwann partivano dal principio erroneo che i nuclei prima e le cellule poi sorgessero nella sostanza vivente per un processo paragonabile alla cristallizzazione; in seguito il Remak (1841) scoprì la divisione cellulare e la dottrina cellulare fu precisata ed estesa dal Kölliker e dal Virchow e poté esercitare un'influenza decisiva sul progresso della biologia e della medicina.

La dottrina cellulare nella sua forma originaria fu formulata nei seguenti termini: 1. tutte le parti degli organismi animali e vegetali sono costituite da cellule oppure da sostanze che sono prodotte da cellule; 2. le cellule non sorgono mai ex novo, bensì derivano sempre dalla divisione di cellule preesistenti; omnis cellula e cellula (Virchow); 3. gli organismi pluricellulari animali e vegetali (Metazoi e Metafiti) derivano sempre dall'ovo fecondato (zigote) che ha il valore d'una cellula e dal quale si originano, per una serie di divisioni successive, tutte le cellule dell'individuo maturo; 4. esistono organismi unicellulari capaci di vita autonoma. Suggestionati dalle idee evoluzionistiche, biologi del sec. XIX considerarono tutti i Protisti come esseri unicellulari: ciascun individuo sarebbe cioè equivalente a un'unica cellula dei tessuti di un Metazoo e di un Metafito e questi ultimi sarebbero derivati dalla riunione di individualità, ciascuna delle quali è in grado di adempiere a tutte le funzioni più essenziali della vita; i Flagellati, organismi unicellulari riuniti in colonie, si riteneva rappresentassero l'anello di congiunzione fra Protozoi e Metazoi.

A tutt'oggi il principio essenziale della costituzione cellulare degli organismi rimane ben saldo, ma molti particolari della dottrina cellulare originaria non sono più accettabili. Solamente un numero ristretto di specie di Protisti sono organismi unicellulari. I batterî a ragione non sono considerati come tali perché non vi si possono rintracciare gli attributi strutturali delle cellule. Neppure gl'Infusorî hanno il valore di cellule, per il grande volume che alcune specie di questo gruppo raggiungono e perché possono essere artificialmente suddivisi in frammenti, i quali, se contengono un nucleo, sono capaci di vita autonoma (esperienze di merotomia). Parimenti nelle Alghe troviamo esempî d'organismi acellulari; in un gruppo di queste (Sifonee) il corpo consta d'una massa protoplasmatica con molti nuclei, senza traccia di struttura cellulare.

E neppure nei Metazoi e nei Metafiti il principio cellulare è applicabile senza restrizioni; in molti tessuti le cellule sono unite l'una all'altra da ponti protoplasmatici, e se queste connessioni sono estese, l'individualità morfologica delle cellule tende a cancellarsi; si parla allora di sincizio (come avviene per es. in alcuni epitelî). Oppure può accadere che in una cellula si producano molte divisioni nucleari successive; il citoplasma si accresce in proporzione al numero dei nuclei, ma non si suddivide; si parla allora di plasmodio; così, per esempio, le fibre muscolari striate dei Vertebrati sono masse protoplasmatiche plurinucleate, che possono avere la lunghezza di molti centimetri.

Altre strutture che non sono riconducibili al principio cellulare sono le sostanze intercellulari. Sono parti derivate dalle cellule durante lo sviluppo, provenienti forse da trasformazione del citoplasma, ma che, quando sono pervenute a un certo grado di evoluzione, si rendono indipendenti dalle cellule (fig. 2). Queste sostanze hanno una parte preponderante nella costituzione dei tessuti di sostegno, come i tendini, i legamenti, la cartilagine, l'osso. È discutibile se la sostanza di cui sono costituite sia vivente o inerte, ma anche ammettendo che vi si compiano processi metabolici di minima entità e che perciò sfuggono ai nostri mezzi d'indagine, tale sostanza non è paragonabile al protoplasma cellulare.

La forma delle cellule è svariata. Talora è riconducibile a figure geometriche regolari (di sfera, di prisma, cilindro, ecc., figg. 1-3), oppure affusata, stellata, con prolungamenti che possono essere lunghissimi. Per alcune una forma determinata è carattere specifico e non suscettibile di variare, altre invece vanno soggette a mutamenti di forma, di vario grado. In genere sono le cellule libere nei liquidi (alcuni Protozoi e alcune cellule dei liquidi circolanti dei Metazoi) quelle che hanno forma mutevole: allo stato di riposo, per la legge della tensione superficiale, hanno forma sferica; quando su di esse si esplica uno stimolo, la loro forma diviene irregolare. Nelle cellule dei Metafiti la forma della cellula è mantenuta fissa dalla rigidezza della membrana di cellulosa e nelle cellule dei tessuti dei Metazoi dai rapporti reciproci fra le cellule contigue. Ma non tutte le cellule che vivono sospese in un liquido, e perciò non sono soggette a influenze meccaniche, hanno forma variabile: gli eritrociti del sangue dei Vertebrati, gli spermatozoi, hanno forma specifica. I fattori che determinano la forma delle cellule sono svariati; solamente per alcune le influenze meccaniche hanno importanza, in molte la forma specifica si mantiene invariata per la viscosità del protoplasma, oppure per la presenza in questo di parti rigide (fibrille). Il differenziamento cellulare ha quasi sempre per conseguenza una costanza della forma; le cellule dei germi precoci sono molto plastiche e possono compiere movimenti attivi; col progredire dello sviluppo la forma tende a fissarsi.

La grandezza delle cellule varia entro limiti abbastanza estesi, nell'uomu il volume va da un minimo di 200 μ3 a un massimo di 15. 3, se si prescinde dagli elementi nervosi i quali hanno un volume molto maggiore, ma non devono essere considerati come cellule in senso stretto, bensì come elementi derivati da cellule; altre cellule hanno grandezza anche superiore (alcune cellule ghiandolari d'Insetti sino ad 1,5 mm. di diametro, le cellule assili di Dicimidi sino a 7 mm.). Però, se si prescinde da singoli casi particolari, la grandezza delle cellule degli organismi animali e vegetali oscilla entro limiti ristretti, almeno in paragone alle differenze rilevantissime nella mole del soma degli animaii. E, circostanza molto importante, la grandezza di quasi tutte le cellule del soma è del tutto indipendente dalla mole corporea (legge di Driesch della costanza della grandezza cellulare); cellule omologhe hanno in animali di mole somatica diversa presso a poco la stessa grandezza; la sola eccezione è rappresentata dagli elementi nervosi. E dato che la grandezza delle cellule è approssimativamente costante, in individui della stessa specie d'identica mole corporea il loro numero non può differire molto; in individui di mole corporea diversa il numero delle cellule è direttamente proporzionale alla mole corporea. Questa supposizione fu confermata dai conteggi eseguiti su animali (Rotiferi, Tardigradi, ecc.), nei quali per condizioni favorevoli (trasparenza, piccolo volume del corpo, regolarità con cui le cellule sono disposte) si poté determinare il numero delle cellule per alcuni e anche per tutti gli organi (v. citologia).

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