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CELLULA

di Antonio Pavan - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)
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CELLULA

Antonio Pavan

(IX, p. 666; App. II, I, p. 550)

Negli ultimi anni sono stati fatti numerosi progressi nella conoscenza dei livelli di organizzazione cellulare. Le nuove tecniche di biologia molecolare, di genetica e di biochimica permettono infatti di associare alle immagini morfologiche sempre più dettagliate, fornite dal microscopio elettronico, i nuovi dati acquisiti sulle specifiche attività funzionali delle varie strutture cellulari. Risulta infatti meglio chiarita la presenza, in ogni c., di un livello di organizzazione definito a ''compartimenti'', formati da uno o più organelli, correlati fra loro e specializzati nello svolgere le diverse attività metaboliche specifiche per ogni tipo di cellula. L'acquisizione di questi nuovi dati permette, a questo punto, una nuova formulazione della teoria cellulare che è alla base di tutta la biologia moderna: a) la c. è l'unità morfologica e funzionale di tutti gli organismi viventi; b) le caratteristiche di un determinato organismo dipendono dalle proprietà delle singole c. che lo compongono; c) le c. originano da altre c. e la continuità è mantenuta attraverso la trasmissione, nelle generazioni successive, del materiale genetico; d) la c. è dunque considerata la più piccola forma di vita.

Esamineremo ora, in maniera sintetica, la struttura e le funzioni dei componenti cellulari attualmente oggetto di numerosi studi.

Membrana nucleare. - Risulta formata da due membrane distinte, una interna e una esterna, dai pori nucleari e dalla lamina nucleare. La membrana esterna, in molti tipi cellulari, è ricca di ribosomi ed è stata dimostrata una sua chiara continuità con il vicino reticolo endoplasmatico con il quale la membrana condivide alcune attività funzionali ed enzimatiche. I pori nucleari sono i punti dove la membrana esterna si continua con quella interna. I pori possono essere considerati veri e propri canali di circa 80 nm costituiti principalmente da proteine. La loro attivazione permette il passaggio selettivo di molecole specifiche tra il nucleo e il citoplasma (RNA, proteine nucleari, ecc.). Lo strato della membrana nucleare interna che guarda nel nucleo poggia su di una struttura a rete composta per lo più da proteine fibrose, denominata lamina fibrosa, attualmente identificata solo in c. eucariotiche di animali superiori. Recenti osservazioni hanno evidenziato che nell'interfase la lamina è il sito di ancoraggio per i cromosomi, così come nei procarioti lo è la membrana plasmatica (v. fig. 1).

Reticolo endoplasmatico rugoso. - Deriva verosimilmente dalla membrana nucleare esterna ed è costituito da un fitto sistema di vescicole e cisterne, delimitate da una membrana formata da un doppio strato lipidico, uguale per struttura e composizione a quella plasmatica e a quella degli altri compartimenti citoplasmatici. Su questa membrana poggiano i ribosomi che legano l'mRNA passato attraverso i pori nucleari, e in questa sede ha luogo la sintesi vera e propria delle proteine. A mano a mano che viene sintetizzata dal ribosoma, la proteina inizia la sua traslocazione attraverso la membrana del reticolo endoplasmatico.

Il processo di traslocazione non è ancora perfettamente chiarito: solo recentemente è stata dimostrata la presenza di un sistema di proteine recettoriali già presenti nel citoplasma che, al momento della traslocazione, si localizzano sulla membrana del reticolo. Questi recettori sono in grado di legare una sequenza specifica di amminoacidi della proteina nascente (sequenza segnale), dando così inizio all'inserzione della proteina sulla membrana. A questo punto la proteina potrà restare inserita nel doppio strato lipidico, se andrà a formare la struttura proteica di tutte le membrane cellulari (proteine di membrana), oppure attraversare interamente la membrana e raggiungere il lume della cisterna. In quest'ultimo caso, la proteina potrà essere trasportata ai lisosomi (proteine lisosomiali) o agli altri compartimenti, per poi essere secreta all'esterno (proteine secretorie).

Una delle importanti funzioni del reticolo è l'iniziale processo di glicosilazione dei lipidi (glicolipidi) e delle proteine (glicoproteine). In tutte le proteine, per es., a traslocazione avvenuta, e dopo eliminazione della sequenza segnale, all'amminoacido asparagina viene attaccata la catena oligosaccaridica formata da varie unità di mannosio, N-acetil-glucosamina e glucosio. Già nelle porzioni distali del reticolo alcuni enzimi provvedono, successivamente, a staccare dalla glicoproteina tutte le unità di glucosio e una del mannosio, e con questa conformazione la glicoproteina si avvia, in vescicole, verso i compartimenti successivi, Golgi e lisosomi.

Apparato del Golgi. - È un compartimento intracellulare formato da vescicole e cisterne prive di ribosomi, appiattite e poste l'una sull'altra in prossimità del nucleo. Le glicoproteine e i glicolipidi neoformati, e provenienti dal reticolo endoplasmatico, passano obbligatoriamente per i vari compartimenti del Golgi. Qui subiscono quelle ulteriori modifiche della catena oligosaccaridica e della sequenza amminoacidica che determineranno la loro destinazione finale: a) ai granuli e vescicole per la secrezione basale della c. (secrezione costitutiva); b) a formare la struttura del doppio strato lipidico della membrana plasmatica; c) alle vescicole e ai granuli intracitoplasmatici di deposito per essere secreti solo dopo uno specifico stimolo esterno (secrezione regolata); d) ai lisosomi, sotto forma di enzimi litici, per la degradazione di materiale fagocitato da parte della cellula.

Con l'aiuto della biochimica e della microscopia elettronica è stato possibile identificare, in base alla localizzazione nel citoplasma e alla presenza di specifici enzimi, 3 distinti compartimenti del Golgi: 1) la porzione cis, formata da vescicole in diretta continuità col reticolo endoplasmatico, da cui riceve i composti neosintetizzati. In questa sede l'attività enzimatica prevalente determina il distacco dalla glicoproteina di altre unità di mannosio; 2) la porzione mediale, che riceve le vescicole provenienti dal cis-Golgi e al suo interno specifici enzimi aggiungono residui di N-acetil-glucosamina; 3) la porzione trans, dove le vescicole sono ricche di enzimi che regolano l'aggiunta degli zuccheri chiamati terminali perché determinano la definitiva struttura della glicoproteina e del glicolipide (per es., galattosio, acido sialico e fruttosio; v. fig. 2). Recentemente è stata ipotizzata l'esistenza di un quarto compartimento, il Trans Golgi Network (TGN), caratterizzato dalla presenza di un enzima (la fosfatasi acida) nel quale avverrebbe il vero e proprio smistamento delle glicoproteine e dei glicolipidi alle loro destinazioni finali. Da qui originano, per es., le vescicole rivestite da una proteina citoplasmatica, la clatrina, destinate esclusivamente ai lisosomi e alla secrezione regolata.

Lisosomi. - Possono essere di due tipi. I lisosomi primari, granuli di deposito di molecole che, sintetizzate nel reticolo e nel Golgi, verranno rilasciate solo in seguito a specifici stimoli cellulari; i lisosomi secondari, ricchi di enzimi idrolitici (idrolasi) attivi a pH acido per digerire materiale fagocitato dalla c. (compresi virus e batteri) e i prodotti derivati dal ricambio intercellulare. Gli enzimi lisosomiali sono sintetizzati, come tutte le altre proteine, nel reticolo endoplasmatico rugoso e trasportati quindi al Golgi dove sono separate dalle altre proteine mediante un meccanismo recettore-specifico. I residui terminali di mannosio-6-fosfato della proteina lisosomiale interagiscono con uno specifico recettore presente sulla membrana del Golgi. Il complesso così formato lascia il Golgi in una vescicola rivestita da clatrina ed è trasportato in un compartimento prelisosomiale acido dove si dissocia. L'enzima viene immagazzinato nel lisosoma, mentre il recettore può ritornare al Golgi o andare a inserirsi sulla membrana plasmatica per legare e internalizzare enzimi lisosomiali extracellulari.

Membrana plasmatica. - È formata da un doppio strato di molecole lipidiche di 4÷8 nm sul quale sono inserite le proteine. In accordo con il modello del ''mosaico fluido'', proposto da G.L. Nicolson, le molecole lipidiche sono libere di muoversi lateralmente e formano un doppio strato liquido asimmetrico, elastico e impermeabile alla maggior parte delle molecole biologiche. Le proteine della membrana plasmatica possono suddividersi in due grossi gruppi: proteine intrinseche, che attraversano totalmente o solo in parte il doppio strato lipidico; proteine estrinseche, che non passano lo strato idrofobico ma aderiscono alla membrana interagendo con i lipidi o con altre proteine intrinseche. Solo sul versante extracellulare le proteine hanno catene oligosaccaridiche, mentre sul lato citoplasmatico sono frequenti le interazioni con proteine del citoscheletro (v. fig. 3). Molte proteine di membrana sono recettori per alcune sostanze extracellulari (ormoni e fattori di crescita) e possono formare i canali che controllano lo scambio degli ioni minerali (canali del Ca, del K e del Na). Questa è anche la struttura molecolare delle membrane di tutti gli altri compartimenti intracitoplasmatici (reticolo, Golgi, lisosomi, ecc.). Le funzioni più importanti della membrana sono, principalmente, il movimento cellulare, il differenziamento, l'adesione cellulare, l'endocitosi e l'esocitosi. Nelle sole c. vegetali è presente una parete cellulare, formata per lo più da fibre di cellulosa, che riveste la membrana ed è responsabile della rigidità di molti tessuti vegetali.

Perosissomi. - Sono organelli intracitoplasmatici ricchi di enzimi ossidativi presenti principalmente in c. del fegato, del rene e in molte c. vegetali. Composti da una singola membrana, spesso contengono una struttura cristallina elettrodensa. Sono coinvolti nei processi di beta-ossidazione degli acidi grassi e, insieme ai cloroplasti e ai mitocondri, nella termogenesi cellulare. Nelle piante intervengono durante i processi di fotorespirazione.

Citoscheletro. - Una fitta rete di proteine fibrillari dà origine al citoscheletro (v. fig. 4) che determina la forma di una c., regola il suo movimento e controlla molte attività cellulari come l'endocitosi, l'esocitosi e la divisione cellulare. Gli elementi principali che compongono il citoscheletro sono:

1) microfilamenti, formati da un gruppo eterogeneo di proteine comprendenti l'actina − nella forma monomerica (G-actina) e polimerica (F-actina) −, la miosina, la tropomiosina, l'alfa-actinina, la spectrina e altre proteine non ancora completamente identificate. Attraverso l'interazione tra actina, miosina e specifiche proteine della membrana plasmatica, è regolata la contrazione delle fibrocellule muscolari, il movimento ameboide e la migrazione cellulare (v. fig. 5);

2) filamenti intermedi, classificati in base alla distribuzione tessutale e alle proprietà biochimiche in: a) filamenti di cheratina, i tonofilamenti, presenti in c. epiteliali; b) neurofilamenti negli assoni e nei dendriti delle c. nervose; c) filamenti della glia negli astrociti; d) filamenti di desmina che interagiscono con le miofibrille delle c. muscolari; e) filamenti di vimentina associati alla membrana nucleare e ai centrioli in c. mesenchimali. I filamenti intermedi regolano la dislocazione dei vari compartimenti cellulari e, durante la mitosi, vanno incontro a disintegrazione e a successiva riformazione;

3) microtubuli, identificati nel citoplasma di tutte le c. eucariotiche, associati ai centrioli, alle ciglia e ai flagelli. Sono filamenti tubulari di 25 nm di diametro, formati da una proteina specifica, la tubulina, un eterodimero composto da due monomeri differenti, alfa e beta. I dimeri di tubulina, attivati da successivi e contigui processi di fosforilazione, polimerizzano creando i microtubuli. L'orientamento e la direzione di questa polimerizzazione origina, ed è regolata, nel citoplasma dai centri di organizzazione tubulare formati dai centrioli, dai corpi ciliari e dai centromeri. L'attività di polimerizzazione è massima nell'interfase e nella metafase, mentre è notevolmente diminuita nella profase e nell'anafase. Quindi nel citoplasma si trova tubulina libera (v. fig. 6).

Ai microtubuli sono state attribuite numerose funzioni cellulari: svolgono un ruolo fondamentale nel determinare la forma della c. e i suoi movimenti, controllano la motilità delle ciglia delle c. dei tessuti epiteliali, partecipano al differenziamento, alla determinazione delle polarità e alla regolazione del traffico intracellulare di granuli e vescicole. Recentemente sono state individuate delle proteine associate che partecipano alla polimerizzazione e alla stabilizzazione dei microtubuli e alla loro interazione con i microfilamenti e con la membrana plasmatica.

Endocitosi. - Una delle proprietà comuni a tutte le c. è la capacità di rispondere ai vari stimoli indotti dalle svariate molecole presenti nel liquido extracellulare. Queste sostanze interagiscono con alcune molecole della membrana plasmatica, per poi essere trasportate ai compartimenti intracellulari. Questo processo di internalizzazione va sotto il nome di endocitosi e comprende: la pinocitosi, la fagocitosi e l'endocitosi mediata da recettore.

Pinocitosi: è un processo non specifico che regola l'internalizzazione di proteine, amminoacidi e ioni attraverso vescicole di piccole dimensioni (circa 60 nm; v. fig. 7B). È tipico delle amebe e delle c. endoteliali, mentre negli eritroblasti è il meccanismo di internalizzazione della ferritina necessaria alla formazione di emoglobina.

Fagocitosi: in molti protozoi e nei metazoi è il meccanismo di neutralizzazione ed eliminazione di batteri, virus e di altri microrganismi (v. fig. 7A). Nell'ameba, per es., la membrana forma degli pseudopodi che, circondato il microrganismo, diventano dei vacuoli digestivi. Nei metazoi hanno attività fagocitaria i leucociti, le c. del sistema reticolo istiocitario (macrofagi, istiociti) e alcune endoteliali dei capillari sinusoidali epatici. Queste c. internalizzano le sostanze estranee formando vacuoli che andranno a fondersi con i lisosomi secondari ricchi di enzimi litici.

Endocitosi mediata da recettore: è un meccanismo altamente selettivo e di recente identificazione. I recettori sono glicoproteine e glicolipidi di membrana in grado di legare, a vari gradi di affinità, specifiche sostanze. In particolare sono stati identificati recettori per ormoni, fattori di crescita, proteine plasmatiche, tossine batteriche, virus e altre sostanze presenti nei liquidi extracellulari. Il complesso recettore-ligando viene internalizzato in vescicole di 50÷250 nm caratterizzate dalla presenza di un rivestimento complesso formato dai trimeri di una proteina, la clatrina, che intervengono già al momento dell'iniziale invaginazione della membrana plasmatica. Recentemente è stata dimostrata l'internalizzazione di complessi recettore-ligando anche attraverso vescicole prive del rivestimento di clatrina (v. fig. 7C). Una volta all'interno della c., le vescicole perdono il rivestimento di clatrina e raggiungono un particolare compartimento denominato endosoma, dove avviene lo smistamento del materiale internalizzato e l'avvio alla destinazione finale. Nell'endosoma, il valore di pH 6,0÷6,5 permette il distacco del recettore dal suo ligando.

A questo punto il recettore può tornare sulla membrana plasmatica, oppure venire degradato nel successivo compartimento lisosomiale. In quest'ultimo caso la c. provvederà, se necessario, a sintetizzare nuove molecole recettoriali e, attraverso il reticolo e il Golgi, trasportarle alla membrana plasmatica. Anche il ligando raggiunge i lisosomi, dove viene metabolizzato o eventualmente trasportato ad altri compartimenti specifici (v. fig. 8). Esiste poi un'altra via vescicolare che, in c. polarizzate, serve a regolare il trasporto di alcuni complessi recettore-ligando dalla superficie basolaterale a quella apicale. Tale processo, che va sotto il nome di transocitosi, è tipico del trasporto della transferrina e delle immunoglobuline secretorie nelle c. epiteliali delle mucose intestinali.

Tecniche di osservazione e coltura delle cellule. - Sono ora disponibili numerose e più moderne tecniche di microscopia per studiare la struttura e l'organizzazione cellulare. Con il microscopio ottico a contrasto di fase, a interferenza o a campo scuro, è possibile osservare le c. nel loro stato vitale. C. prefissate possono essere trattate con coloranti ad attività enzimatica o con anticorpi monoclonali specifici marcati con fluoresceina o rodamina e osservate al microscopio a raggi ultravioletti. Il microscopio elettronico a trasmissione, raggiungendo limiti di risoluzione estremamente elevati, offre l'opportunità di studiare la morfologia della c., l'ultrastruttura e la localizzazione dei vari organuli cellulari. L'immunocitochimica applicata alle tecniche di microscopia elettronica consente quindi di localizzare specifiche molecole nei vari compartimenti cellulari. Mediante tecniche di criofrattura è possibile osservare al microscopio elettronico a trasmissione la composizione, la struttura e la dinamica delle membrane plasmatiche e intracellulari. Il microscopio elettronico a scansione dà invece un'immagine tridimensionale della superficie cellulare.

Uno dei metodi di largo impiego in biologia è la coltura in vitro di c. animali e vegetali. Infatti microrganismi e c. isolate dai vari tessuti possono crescere sopra una piastra di coltura preventivamente trattata e mantenuta in condizioni climatiche e nutritive appropriate. In questo modo, su popolazioni cellulari omogenee, è possibile controllare la crescita, la proliferazione, il differenziamento e l'effetto di determinate sostanze quali ormoni, fattori di crescita o farmaci sperimentali. Inoltre, in particolari condizioni, è anche possibile studiare la risposta cellulare a infezioni virali e batteriche e all'esposizione a sostanze cancerogene.

Dopo i primi rudimentali tentativi di mantenere in coltura c. nervose, tentativi che risalgono al 1907, si è ormai arrivati a determinare le condizioni ottimali per la crescita indefinita di una popolazione cellulare in vitro. A questo proposito, grande importanza hanno i terreni di coltura che servono da specifico nutrimento per le varie linee cellulari. Questi terreni hanno una composizione chimica ben definita con aminoacidi essenziali, vitamine, sali minerali, siero fetale, glucosio, ipoxantina, acido linoleico, antimicotici e antibatterici (penicillina, streptomicina, ecc.) per evitare contaminazioni da microrganismi. Contengono inoltre ormoni e fattori di crescita di natura proteica quali insulina, transferrina, fattore di crescita per i fibroblasti e per l'epidermide, che molto spesso sono essenziali per la sopravvivenza e la proliferazione di particolari linee cellulari (per es. cellule nervose e il fattore di accrescimento del nervo, NGF). Dalle linee cellulari si possono poi ottenere cloni cellulari costituiti da una popolazione spiccatamente omogenea, derivanti da un'unica c. progenitrice. La clonazione cellulare è comunemente impiegata per isolare c. mutanti caratterizzate da difetti genetici specifici e per studiare sia le conseguenze di queste alterazioni genetiche, sia le eventuali correzioni.

Bibl.: A. Berkaloff e altri, La cellula. Biologia e fisiologia, Milano 1982; V. Monesi, Istologia, Padova 1982; L. Weiss, Histology-cell and tissue biology, New York 1983; B. Alberts e altri, Biologia molecolare della cellula, Bologna 1984; E. D. P. ed E. M. F. De Robertis, Cell and molecular biology, New York 1986.

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