Cellule e tessuti
Tutti gli esseri viventi, anche quelli notevolmente diversi fra loro, possiedono una struttura di base comune: la cellula, che, da un punto di vista sia morfologico sia strutturale, rappresenta l'unità fondamentale della materia vivente. Questo concetto venne introdotto intorno al 17° secolo, quando, grazie all'invenzione del microscopio ottico, lo scienziato inglese R. Hooke descrisse le cellule del sughero.
L'affermarsi della teoria cellulare, formulata nella prima metà del 19° secolo e tuttora valida, può essere forse considerato l'evento più importante della biologia moderna. Essa si basa su alcuni principi fondamentali: tutti gli organismi sono formati da una o più cellule, ove hanno luogo i processi relativi al metabolismo e all'ereditarietà; le cellule rappresentano gli organismi viventi più piccoli e l'entità fondamentale di tutti gli organismi; ogni cellula ha origine esclusivamente dalla divisione di un'altra cellula. La teoria cellulare, che storicamente rappresenta il risultato dell'indagine microscopica, nella sua formulazione moderna deriva dall'interazione fra la citologia (disciplina che studia la morfologia e la fisiologia cellulare) e altre branche delle scienze biologiche, quali la botanica, la zoologia, la biochimica, la fisiologia e la genetica.
Il continuo affinamento delle tecniche di studio, l'impiego di approcci sperimentali sempre diversi e la molteplicità di angolazioni attraverso le quali studiare i fenomeni hanno consentito di effettuare nuove verifiche della teoria cellulare e di migliorare le conoscenze sulla morfologia e sulle funzioni della cellula. Infatti, per quanto riguarda la morfologia, il riconoscimento di differenti livelli di organizzazione è certamente condizionato dal potere di risoluzione degli strumenti impiegati per l'osservazione: microscopia ottica, microscopia elettronica a trasmissione e a scansione, diffrazione di raggi X hanno segnato altrettante tappe evolutive nelle possibilità di indagine sulla cellula, consentendo di giungere per es. fino all'analisi della configurazione molecolare di proteine e acidi nucleici.
Il microscopio ottico (MO), detto anche fotonico, rappresenta uno strumento fondamentale per lo studio di cellule e tessuti. Il suo potere di risoluzione è compreso fra 0,5 e 1 µm. Possono essere osservati nel dettaglio tessuti o cellule appositamente preparati (fissati e colorati) e quindi non viventi, ma è anche possibile studiare cellule viventi che possono anche essere riprese in movimento attraverso processi cinematografici. Per migliorare l'osservazione delle cellule viventi devono essere impiegati particolari accorgimenti: colorazioni non tossiche, speciali tecniche di microscopia (a contrasto di fase, a interferenza, in campo oscuro, con microscopio polarizzatore). L'ultrastruttura cellulare è visualizzabile solo con l'ausilio del microscopio elettronico (ME), il cui potere di risoluzione è elevatissimo (5-10 Å). L'osservazione avviene su sezioni di circa 500 Å di spessore, disidratate, poste sotto vuoto spinto e trattate in maniera particolare, a volte anche molto complessa, per essere fissate e colorate. Il passaggio degli elettroni che attraversano il preparato per consentirne la visualizzazione determina un marcato aumento di temperatura nel preparato stesso. Per queste ragioni non è possibile effettuare osservazioni in vivo ma solo in vitro. Nonostante questa limitazione, l'avvento della microscopia elettronica ha consentito di perfezionare le osservazioni ottenute con la microscopia ottica, confermando taluni reperti ma smentendo l'esistenza di alcune strutture, ipotizzate con la microscopia ottica. Un'evoluzione della microscopia elettronica classica (detta a trasmissione, MET) è il microscopio elettronico a scansione (MES), che consente di ottenere immagini tridimensionali utili per lo studio morfologico delle strutture cellulari. Questa tecnica non necessita di preparati sottili come quelli della microscopia elettronica a trasmissione e le limitazioni alle dimensioni del preparato sono solo quelle dettate dalla camera a vuoto dello strumento. Eccezionalmente, per es. nel caso di alcuni insetti in grado di trattenere l'acqua grazie all'impermeabilità della loro cuticola, è stato possibile effettuare osservazioni in vivo.
La diffrazione di raggi X è una metodica che consente lo studio a livello molecolare della ultrastruttura biologica. Ha avuto un ruolo importante nell'evoluzione della biologia molecolare, poiché ha reso possibile la visualizzazione di molecole estremamente importanti (per es. DNA, emoglobina, collagene ecc.).
Per quanto riguarda i progressi compiuti in ambito fisiologico, è stato certamente decisivo l'apporto di tecniche sempre più raffinate (per es. la coltura in vitro di cellule provenienti da espianti di tessuti, la microchirurgia, la micromanipolazione, i metodi per il rilievo di fenomeni ionici ed elettrici in cellule singole, la genetica molecolare ecc.). L'evoluzione delle conoscenze sulle cellule dei diversi organismi, da quelli unicellulari a quelli pluricellulari (fra questi ultimi l'uomo, costituito da circa 100 miliardi di cellule), dai batteri, dotati di struttura relativamente semplice, alle cellule vegetali, ha consentito di acquisire nozioni fondamentali anche su aspetti ultramicroscopici: l'architettura di base della cellula, infatti, è nota fin nelle particolarità ultrastrutturali. Ogni cellula possiede le proprietà fondamentali del protoplasma vivente: attività metabolica, capacità di ricevere stimoli provenienti dall'esterno o di produrne, di reagire con il movimento o la secrezione e, infine, di riprodursi. Spesso le cellule si specializzano potenziando una di queste differenti attività e mantenendo in parte la capacità di continuare a effettuare le altre. Peraltro, maggiore è il grado di specializzazione minore è la possibilità di continuare ad assolvere funzioni elementari: per es., la cellula nervosa, altamente specializzata, non è più in grado di riprodursi. Il processo attraverso il quale le cellule acquistano la capacità di compiere specifiche attività modificandosi da un punto di vista morfologico e funzionale, in funzione della specializzazione, è il differenziamento (detto anche differenziazione) cellulare. Questo si attua a 3 livelli: molecolare, cellulare e tessutale (detto istodifferenziamento). Il differenziamento molecolare consiste nell'acquisizione di capacità metaboliche specifiche, dettate dal genoma; il differenziamento cellulare implica la specializzazione della cellula in determinate attività funzionali, grazie anche alla comparsa all'interno di essa di organuli citoplasmatici particolari in quantità ben determinata; l'istodifferenziamento, infine, comporta la formazione dei tessuti, strutture complesse e altamente specializzate per quanto riguarda la funzione, attraverso l'aggregazione di una o più popolazioni cellulari omogenee.
Il differenziamento cellulare è, quindi, alla base dello sviluppo degli organismi pluricellulari complessi come quello umano. Il nostro corpo, infatti, è composto di molti tipi di cellule differenti, evolutesi da cellule progenitrici indifferenziate. In pratica, durante le fasi dello sviluppo embrionale, gruppi di cellule generate dalle cellule indifferenziate acquisiscono forma e funzioni peculiari, andando a costituire gli abbozzi degli organi. Questo processo di differenziamento avviene sotto il diretto controllo del patrimonio genetico della cellula. Ogni cellula indifferenziata, infatti, ha in sé le informazioni genetiche che le consentirebbero di evolvere in ciascuna linea cellulare differenziata. La maturazione delle diverse linee cellulari avviene proprio attraverso l'espressione selettiva di alcuni settori specifici del patrimonio genetico e la repressione di altri. Così, a sviluppo ultimato, ogni cellula dell'organismo ha un suo compito specifico ed è caratterizzata da alcune particolarità morfologiche. Di fatto, quindi, le cellule differenziate di un organismo pluricellulare possono essere definite come le diverse possibili espressioni fenotipiche di un unico genotipo.
Le cellule che appartengono allo stesso tipo, e sono cioè uguali per forma e funzione, costituiscono un tessuto. I tessuti rappresentano il secondo livello di organizzazione strutturale degli organismi pluricellulari. Le differenze macroscopiche che si riscontrano nei vari organi derivano dall'organizzazione e dalla variazione qualitativa e quantitativa di pochi materiali costruttivi diversi. Sulla base della diversa origine, di sostanziali differenze costitutive e di caratteri di stretta specificità, è possibile operare una classificazione dei tessuti composta da pochi tipi fondamentali: epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso.
È possibile definire ulteriori suddivisioni di questi quattro tipi fondamentali, sulla base di caratteristiche morfofunzionali specifiche. Devono essere considerati a parte gli elementi cellulari dispersi nei fluidi circolanti (sangue e linfa), che svolgono primariamente funzioni di collegamento tra le diverse parti dell'organismo, trofiche, nutritive e di difesa. A livello di organi, l'espletamento delle funzioni specifiche richiede sempre la collaborazione di più tessuti (ragione per la quale si impiega il termine parenchima). Spesso, peraltro, un tessuto può prevalere quantitativamente sugli altri, così da rappresentare un connotato essenziale dell'organo stesso (come avviene, per es., nel parenchima epatico, in quello polmonare o renale ecc.). Attraverso il differenziamento ogni tessuto acquisisce caratteristiche proprie, sia funzionali sia inerenti la capacità di accrescimento e riproduzione. In genere, tali capacità sono inversamente proporzionali al grado di istodifferenziamento: nel tessuto epiteliale, per es., l'attività mitotica delle cellule consente la riparazione e l'accrescimento, ma tale attività è maggiore nell'epitelio di rivestimento rispetto a quello ghiandolare. Nei tessuti connettivi, questi processi sono legati all'attività riproduttiva di cellule indifferenziate presenti nell'ambito del tessuto stesso e all'aumento del materiale extracellulare prodotto dagli elementi differenziati. I tessuti muscolari e nervoso, altamente specializzati, perdono totalmente la capacità riproduttiva; il loro accrescimento è legato unicamente a un aumento di volume delle cellule, non a un incremento numerico. Peraltro, la sperimentazione su colture in vitro ha dimostrato la possibilità che queste cellule così altamente specializzate possano riconquistare la capacità riproduttiva solo attraverso un processo inverso alla differenziazione, che in genere si verifica in trasformazioni cancerose e precancerose, nelle quali si determinano fenomeni di metaplasia (trasformazione di un tipo cellulare in un altro tipo diverso) e di anaplasia (perdita del carattere specifico del differenziamento, con riacquisizione della capacità di riprodursi illimitatamente). Il differenziamento dei vari tessuti avviene a partire da matrici indifferenziate e l'accrescimento può aver luogo, come descritto in precedenza per i singoli tessuti, per l'incremento numerico delle cellule che li costituiscono o per il loro aumento volumetrico. Una volta completato l'accrescimento, i tessuti mostrano la tendenza a mantenere condizioni di stabilità, sia grazie a fenomeni dinamici (formazione continua di elementi cellulari in misura esattamente corrispondente alle perdite, come si verifica per l'epidermide e per altri epiteli di rivestimento), sia per un'effettiva conservazione della massa cellulare originaria. Fenomeni di adattamento a mutamenti della situazione ambientale sono tuttavia possibili, almeno in alcuni tessuti. Nel parenchima epatico, per es., dopo perdita di sostanza si verificano riparazioni che si esprimono con la rigenerazione del tessuto.
Come si è detto, la cellula rappresenta l'unità morfofunzionale degli organismi viventi. Da un punto di vista strutturale la cellula tipo è costituita da una membrana altamente selettiva (membrana plasmatica), con funzioni di protezione e di scambio, da una massa di protoplasma (citoplasma), all'interno della quale sono presenti subunità strutturali (organuli cellulari), la cui attività rende la cellula capace di assorbire energia e sostanze dall'ambiente esterno, svolgere attività di sintesi, accrescersi, muoversi, reagire a stimoli esterni e riprodursi, e da un nucleo, a sua volta delimitato da una membrana nucleare e contenente il materiale genetico. Gli organuli cellulari, analogamente agli organi del corpo, svolgono varie funzioni: il reticolo endoplasmatico e i ribosomi provvedono alla sintesi proteica; i mitocondri sono deputati alla respirazione ecc. A livello del citoplasma si esplica il differenziamento specifico, con sviluppo di strutture particolari che conferiscono alla cellula la capacità di svolgere funzioni peculiari.
Tra le proprietà delle cellule vi è quella di essere potenzialmente capaci di vita indipendente, come è dimostrato dal fatto che, qualora vengano poste in un mezzo di coltura idoneo, esse sono in grado di riprodursi indefinitamente. La forma cellulare varia notevolmente a seconda della funzione assunta dalla cellula ed è modificabile attivamente o passivamente in rapporto a varie condizioni, fra le quali determinante è la funzione che la cellula deve svolgere. Infatti la complessità della forma aumenta al crescere della specializzazione: la cellula indifferenziata è sostanzialmente sferica, la cellula epiteliale è cubica, la cellula nervosa è estremamente più complessa e ramificata.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la differente mole degli esseri viventi animali o vegetali non dipende dalla diversa dimensione delle cellule che li compongono, che oscilla entro limiti relativamente ristretti, bensì dal loro diverso numero. La dimensione delle cellule è solitamente compresa tra 4-6 µm e 30-40 µm, anche se alcune cellule, come la cellula uovo, possono raggiungere i 300 µm nei mammiferi e dimensioni anche molto maggiori in rettili e uccelli. Ciascuna cellula è costituita da acqua, che ha funzione di solvente delle sostanze inorganiche e organiche, di veicolo nel quale si svolgono le reazioni chimiche e si disciolgono i prodotti di rifiuto e di mezzo idoneo per la termoregolazione, e da un insieme di molecole, che per il 96% sono formate da idrogeno (H), carbonio (C), azoto (N) e ossigeno (O). I suddetti elementi compongono le molecole dei glucidi, dei lipidi, delle proteine e degli acidi nucleici, cioè le macromolecole organiche fondamentali della materia vivente. Le macromolecole sono polimeri derivati dall'unione di unità elementari dette monomeri, che nel caso delle proteine, per es., sono gli aminoacidi, nel caso degli acidi nucleici i nucleotidi.
La membrana plasmatica (o plasmalemma) separa la cellula dall'ambiente circostante, proteggendola nella sua integrità, e regola, con meccanismi di permeabilità selettiva, gli scambi tra l'ambiente esterno e la cellula; inoltre esprime le capacità immunitarie della cellula stessa e consente la ricezione e la trasmissione di stimoli. È costituita da proteine e lipidi e ha uno spessore che varia fra 6 e 10 nm. All'osservazione al microscopio elettronico essa si presenta formata da tre strati: uno esterno scuro, uno medio chiaro e uno interno anch'esso scuro. Lo spessore relativo dei due strati scuri può variare, determinando anche asimmetrie. I tre strati erano classicamente interpretati come due strati proteici esterni (scuri) all'interno dei quali si dispone uno strato bimolecolare di lipidi (chiaro). Numerosi studi hanno modificato in parte questa visione schematica, senza peraltro raggiungere una descrizione definitiva e formulando la possibilità che non vi sia un modello unitario di membrana valido per tutte le cellule, poiché è possibile che l'aspetto del plasmalemma vari in funzione del tipo di cellula, del suo stato funzionale e della sua specificità. Secondo le teorie più accreditate, i lipidi (fosfolipidi) sono disposti su un doppio strato, mentre le proteine, in quantità variabile in base all'attività della cellula, sono libere di muoversi nello strato lipidico e possono essere completamente comprese nello strato lipidico stesso (proteine integrali), o attraversarlo (proteine transmembrana). I fosfolipidi non hanno una struttura rigida, ma sono organizzati secondo una disposizione a mosaico fluido, tale da permettere il movimento delle molecole proteiche. Sulla superficie esterna della membrana cellulare di molte cellule è presente uno strato polisaccaridico: il glicocalice.
Il citoplasma è formato da una matrice di supporto (ialoplasma o citosol) e da una serie di organuli inclusi e altre strutture. La matrice è un sistema colloidale costituito per l'85% da acqua, e per il rimanente da proteine, gran parte delle quali sono enzimi (della glicolisi, catalizzatori dell'attivazione di aminoacidi, per la sintesi proteica), lipidi e glucidi, RNA (sia di trasferimento sia messaggeri), composti intermedi del metabolismo degli zuccheri, delle proteine e degli acidi nucleici. Nella matrice sono inclusi granuli di glicogeno e gocce di lipidi. Al microscopio elettronico, è stata evidenziata la presenza di un sistema (citoscheletro) di microtubuli, microfilamenti e filamenti intermedi, responsabili dei movimenti cellulari, del mantenimento della forma cellulare e del trasporto intracellulare di molecole.
Gli organuli inclusi sono: il reticolo endoplasmatico, i ribosomi, l'apparato del Golgi, i mitocondri, i lisosomi, i perossisomi e i melanosomi.
Il reticolo endoplasmatico è costituito da un sistema di membrane che delimita una rete tridimensionale di tubuli e cisterne; la superficie esterna del reticolo può essere liscia (reticolo endoplasmatico liscio), oppure su di essa possono aderire i ribosomi (reticolo endoplasmatico rugoso o ergastoplasma). Entrambi i tipi sono contemporaneamente presenti nella cellula; il prevalere del rugoso rispetto al liscio indica una maggiore attività di sintesi proteica. Le membrane che delimitano il reticolo endoplasmatico sono in continuità con il plasmalemma da un lato e con la membrana nucleare dall'altro.
Le funzioni del reticolo endoplasmatico non sono ancora del tutto note. È stato da taluni definito un sistema circolatorio intracellulare grazie al quale è possibile effettuare un trasporto 'orientato', vale a dire con la possibilità di spostare determinati tipi di sostanze in una zona e altre in un'altra o ancora di far transitare sostanze senza che queste vengano mai a contatto con lo ialoplasma. Svolge funzioni di accumulo, sia di sostanze sintetizzate dalla cellula sia di sostanze provenienti dall'esterno. Infine sembra costituire una rete di distribuzione, grazie alla quale è possibile attuare una rapida diffusione di ioni o altre sostanze.
Il reticolo endoplasmatico rugoso, per mezzo dei ribosomi, svolge un ruolo fondamentale nella sintesi delle proteine ed è quindi particolarmente rappresentato nelle cellule secernenti, come quelle delle ghiandole. Il reticolo endoplasmatico liscio interviene nella sintesi dei lipidi e di alcuni ormoni, nonché nel controllo della concentrazione di alcuni ioni.
I ribosomi sono corpuscoli granulari, composti di due subunità sferiche, costituiti da RNA e proteine; essi possono essere fissati sulla parete del reticolo o essere liberi nello ialoplasma, e sono indispensabili per la sintesi proteica. Spesso formano degli aggregati (polisomi o poliribosomi) comprendenti un numero variabile di elementi collegati tra loro da un sottile filamento. La presenza di polisomi indica una condizione di attività dei ribosomi e il filamento che unisce le varie unità è costituito da RNA messaggero. L'RNA dei ribosomi costituisce l'80% dell'RNA cellulare; è presente in 2 forme distinte con coefficiente di sedimentazione diverso. A livello dei ribosomi avviene la traduzione del messaggio genetico, la formazione di catene proteiche nelle quali la sequenza di aminoacidi è quella determinata dal DNA attraverso la trascrizione dell'RNA messaggero. La proteina, una volta formata, rimane nello ialoplasma se i polisomi dai quali è stata formata sono liberi, se invece sono legati al reticolo endoplasmatico viene riversata nelle cavità di questo. Verosimilmente, nella seconda evenienza la proteina viene poi riversata all'esterno della cellula.
L'apparato del Golgi, disposto verso un polo della cellula, è costituito da cisterne e vescicole a disposizione molto regolare rispetto a quelle del reticolo endoplasmatico. È formato dai cosiddetti corpi del Golgi (detti anche dittiosomi), costituiti da cisterne impilate, disposte parallelamente l'una all'altra. Sia nella parte interna sia alla periferia dei corpi del Golgi sono presenti vescicole, ripiene dello stesso materiale presente nelle cisterne, dalla cui periferia si distaccano per gemmazione.
La sintesi delle proteine e dei lipidi avviene a livello del reticolo endoplasmatico, che è in comunicazione con le cisterne dell'apparato del Golgi. Nell'apparato del Golgi si raccolgono i prodotti della sintesi delle proteine e dei lipidi che qui vengono coniugati con glucidi (glicoproteine e glicolipidi) e compresi in porzioni di membrana; sotto forma di vescicole essi raggiungono la membrana plasmatica, per essere poi riversati nell'ambiente esterno mediante il processo noto come esocitosi.
I mitocondri sono organuli di forma variabile, sferoidale o allungata a bastoncello, con lunghezza compresa fra 1 e 3 µm e diametro di 0,5 µm; sono uniformemente dispersi nel citoplasma, ma, stabilmente in situazioni di differenziamento cellulare o transitoriamente in condizioni normali o patologiche, possono essere addensati in determinate zone, là dove è richiesta energia. I mitocondri, infatti, presiedono all'ossidazione di carboidrati, di grassi e, in misura minore, di proteine; producono quindi energia immediatamente disponibile per le funzioni cellulari. Il loro numero per cellula è molto variabile ed è in rapporto all'attività della cellula stessa; in una cellula epatica di ratto ne sono stati contati fino a 2500.
I mitocondri sono delimitati da due membrane sovrapposte: l'esterna e l'interna. Tra le due membrane è compreso uno spazio virtuale, detto camera mitocondriale esterna. La membrana mitocondriale interna, che delimita la camera mitocondriale interna, si solleva in numerose pieghe, le creste mitocondriali. La camera mitocondriale interna contiene la matrice mitocondriale. Lungo la cresta e nella matrice si trovano gli enzimi responsabili delle reazioni ossidative, disposti secondo un ordine particolare e una compartimentazione delle funzioni: l'ossidazione degli acidi grassi, per es., ha sede nella matrice mitocondriale, gli enzimi della catena respiratoria sono localizzati sulla membrana interna, dove costituiscono gruppi funzionali che si succedono a intervalli regolari. I mitocondri sono in grado di accumulare al loro interno sia ioni sia molecole più grosse, nonché di effettuare sintesi proteica in maniera autonoma: infatti contengono un loro DNA e ribosomi che, per dimensioni e coefficiente di sedimentazione, sono diversi da quelli citoplasmatici.
I lisosomi sono corpuscoli notevolmente eterogenei, contenenti enzimi idrolitici e delimitati da una membrana trilaminare in grado di impedire il contatto fra gli enzimi e i relativi substrati. Essi hanno funzioni digestive: demoliscono materiali intra- o extracellulari (rispettivamente autofagia ed eterofagia), rimuovendo materiale estraneo (virus, batteri, macromolecole) o digerendo la cellula stessa se invecchiata o danneggiata, permettendo il recupero di elementi a basso peso molecolare nei processi di sintesi delle nuove macromolecole. I perossisomi (detti anche microbodies) sono corpuscoli ovoidali delimitati da membrana, e contengono enzimi in grado di attuare processi di ossidoriduzione. Sono soprattutto presenti in cellule che formano carboidrati a partire da precursori di natura non glicidica.
I melanosomi, presenti soltanto in alcuni tipi di cellule (cellule della cute, della retina, neuroni), sono responsabili della sintesi della melanina. Nel citoplasma è inoltre presente, come si è detto, un sistema di strutture a organizzazione filamentosa, come i microfilamenti, i microtubuli, i centrioli. I centrioli sono organuli cilindrici, formati da 9 gruppi di 3 microtubuli ciascuno; solitamente sono due per cellula, disposti perpendicolarmente tra di loro a costituire un diplosoma. Svolgono un ruolo importante nella divisione cellulare e hanno capacità di autoduplicazione, che avviene per organizzazione dello ialoplasma che li circonda in un insieme di nuovi microtubuli. Derivati dei centrioli sono le ciglia e i flagelli, estroflessioni digitiformi e mobili della superficie cellulare, il cui corpo basale ha struttura assolutamente identica a quella del centriolo.
Il nucleo è la parte della cellula in cui è contenuto il materiale genetico, cioè le molecole di acido desossiribonucleico (DNA, Deoxyribonucleic acid), da cui si formano quelle di acido ribonucleico (RNA, Ribonucleic acid). Il nucleo è deputato al controllo e alla regolazione di ogni attività cellulare, dalla sintesi delle proteine, che costituiscono le strutture cellulari o sono impegnate nella regolazione delle attività metaboliche, alla riproduzione della cellula. Il nucleo solitamente ha forma sferica ed è unico; solo alcune cellule possono essere bi- o multinucleate. Delimitato da una membrana (detta cariolemma o involucro nucleare), di derivazione dal reticolo endoplasmatico, esso è costituito da una matrice formata da aggregati granulari di DNA e proteine, detta cromatina. Dispersi nella matrice, si possono inoltre notare uno o più corpuscoli sferici, i nucleoli, costituiti prevalentemente da RNA. Durante la riproduzione cellulare il nucleo subisce notevoli trasformazioni e la cromatina, addensandosi, si organizza in cromosomi, strutture visibili al microscopio.
Le cellule in genere sono separate tra loro dalla sostanza intercellulare; in alcuni casi, invece, sono tra loro tenacemente unite dai cosiddetti apparati di giunzione. Nella sua forma caratteristica un apparato di giunzione è costituito da: una zonula occludens, a livello della quale scompare lo spazio fra le due membrane cellulari contigue incollate per la fusione dello strato proteico più esterno e che impedisce qualunque infiltrazione di sostanza nell'interstizio fra le cellule; una zonula adhaerens, a livello della quale le membrane sono ispessite e lo spazio intercellulare è pieno di materiale amorfo; infine, una macula adhaerens o desmosoma, a livello della quale le membrane cellulari non sono fuse, ma presentano un fitto intreccio di filamenti. All'interno della cellula, a livello del desmosoma, sono presenti fasci di tonofibrille costituite da tonofilamenti formati da proteine filamentose. Queste strutture possono essere presenti contemporaneamente o singolarmente e hanno la funzione di mantenere unite le cellule. Sono soprattutto presenti a livello del tessuto epiteliale di rivestimento. Le giunzioni cosiddette 'a contatto', settate e discontinue, sono altre strutture attraverso le quali si realizza il contatto di due cellule vicine. Queste giunzioni, dette permeabili, consentono inoltre la trasmissione di segnali elettrici (accoppiamento elettrico e trasmissione di potenziali d'azione), quindi il flusso di ioni, ma anche di molecole talvolta a elevato peso molecolare.
I tessuti sono formati da cellule differenziate, aventi derivazione embriologica c omune e caratteristiche strutturali e biochimiche omogenee, che si raggruppano tra loro per svolgere funzioni specifiche. Essi rappresentano i materiali costitutivi degli organi. Nell'uomo i quattro tipi di tessuto (epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso), che comunemente vengono distinti, possiedono caratteristiche specifiche sia morfologiche sia di funzione, ma soprattutto un diverso livello di specializzazione.
Il tessuto epiteliale è costituito da sole cellule poste a diretto contatto l'una con l'altra, senza interposizione di sostanza intercellulare. Questa caratteristica morfologica da un punto di vista ontogenetico e filogenetico è una condizione primitiva: si riscontra, infatti, anche a livello dei foglietti germinativi primari. Nella fase precoce dello sviluppo dell'embrione, tutto il corpo embrionale ha struttura simile a quella di un epitelio. Solo la morfologia può concentrare in una definizione unitaria il tessuto epiteliale poiché, da un punto di vista istogenetico e funzionale, esso è presente nell'organismo con una molteplicità di aspetti.
Il tessuto connettivo è caratterizzato dal fatto di essere costituito da cellule di morfologia variabile, immerse in una sostanza intercellulare non vivente, composta da materiale privo di struttura definita (la sostanza fondamentale) e da una componente fibrosa costituita da strutture allungate immerse nella sostanza fondamentale, distinguibili in fibre collagene, reticolari ed elastiche. Inoltre, esso è fornito di vasi e nervi, strutture che veicola anche ad altri tessuti. Tutte le diverse varietà di tessuto connettivo derivano da un tessuto embrionale detto mesenchima. Le sue funzioni sono di tipo prevalentemente meccanico (tessuti connettivo propriamente detto, osseo, cartilagineo), o trofico (tessuto adiposo).
Il tessuto muscolare è caratterizzato dalla capacità degli elementi cellulari che lo compongono di contrarsi a seguito di uno stimolo specifico. Deriva dal mesenchima o dal mesoderma e presenta differente morfologia e specializzazione funzionale (tessuto muscolare liscio, striato e cardiaco).
Il tessuto nervoso è costituito da due popolazioni cellulari: i neuroni, che sono cellule specializzate nella conduzione degli impulsi ad alta velocità, e dalle cellule della nevroglia, che hanno funzioni di sostegno e trofiche.
7) Tessuto epiteliale
Il tessuto epiteliale (detto anche semplicemente epitelio) può rivestire quattro funzioni fondamentali:
1) protezione nei confronti di agenti chimici, fisici o batterici dell'ambiente esterno all'epitelio stesso, ivi comprese quindi le cavità dell'organismo;
2) eliminazione e assorbimento di sostanze da e verso l'ambiente esterno;
3) trasmissione e ricezione di stimoli provenienti dal mondo esterno;
4) elaborazione di sostanze (secreti), di azione biologica ben definita.
Le funzioni 2) e 3) possono essere definite di mediazione con l'ambiente esterno.
Tutte queste diverse funzioni sono contemporaneamente presenti nel tessuto epiteliale; in base al prevalere di una rispetto alle altre è possibile operare una classificazione che distingue:
a) epiteli di rivestimento: rivestono la superficie dell'organismo o di cavità interne. Hanno principalmente funzione protettiva e di mediazione con l'ambiente esterno;
b) epiteli ghiandolari: elaborano sostanze ad azione fisiologica che immettono in circolo o direttamente all'esterno. Possono presentarsi sotto forma di elementi inseriti negli epiteli di rivestimento o di strutture pluricellulari (ghiandole);
c) epiteli sensoriali: ricevono e trasmettono in modo selettivo eccitamenti esterni;
d) epiteli particolarmente differenziati: comprendono formazioni epiteliali che hanno subito trasformazioni particolari legate a sollecitazioni funzionali o a funzioni particolari, come, per es., peli, unghie, cristallino, denti.
Gli epiteli di rivestimento sono localizzati sulla superficie della pelle e delle membrane mucose (quelle che rivestono cavità del corpo che sono in comunicazione con l'esterno) o sierose (quelle che rivestono gli organi cavi). La morfologia degli epiteli di rivestimento e delle cellule che li compongono è in relazione alla funzione principalmente svolta. Dove prevale l'azione secernente le cellule hanno forma batiprismatica (sono caratterizzate cioè da una notevole altezza) e sono disposte in un solo strato. Nelle sedi ove è richiesta un'accentuata azione protettiva nei confronti degli agenti esterni è maggiore il numero degli strati cellulari e possono essere presenti, all'interno del citoplasma delle cellule o depositate sulla membrana basale, sostanze resistenti volte ad aumentare l'effetto protettivo.
La protezione esercitata dall'epitelio di rivestimento è anche legata alla particolare coesione delle cellule che lo compongono. La coesione è assicurata a livello delle zone di contatto dalla presenza del cosiddetto apparato di giunzione. Un'altra caratteristica alla base dell'elevata resistenza degli epiteli di rivestimento è l'intima connessione che esiste con il tessuto di sostegno, quasi sempre costituito da tessuto connettivo. Fra l'epitelio e il connettivo sottostante è presente la membrana basale, lamina densa e sottile, prodotta dalle cellule epiteliali, formata da un intreccio di filamenti di tropocollagene inseriti in una matrice amorfa di mucopolisaccaridi e altre sostanze. Il connettivo nei confronti dell'epitelio riveste funzione di supporto meccanico, ma anche di vettore di sostanze nutritizie e di fibre nervose. Infatti, il tessuto epiteliale, salvo pochissime eccezioni (stria vascolare del labirinto, mucosa olfattoria nel bambino e fossa navicolare dell'uretra maschile) non ha vascolarizzazione e le membrane cellulari traggono nutrimento dal plasma che trasuda dai capillari del connettivo.
La forma delle cellule degli epiteli di rivestimento, specifica per i diversi tipi di epitelio, è spesso riconducibile a una figura geometrica: piatta, cubica, cilindrica. Le dimensioni sono direttamente proporzionali al grado di differenziazione: piccole nelle cellule dell'embrione, massime in quegli elementi differenziati con funzioni di assorbimento o secrezione. Caratteristicamente gli organuli presenti all'interno della cellula hanno densità, dimensioni e forma diversi a seconda della funzione cui è preposta la cellula. Inoltre, la parte distale della cellula, quella che è a contatto con l'ambiente esterno, si differenzia in rapporto alla funzione di difesa o di scambio: sono presenti cuticole protettive, ciglia, flagelli, microvilli ecc.; vi si accumulano prodotti di secrezione o assorbimento, che possono determinare anche importanti modificazioni della fisionomia cellulare (cellule contenenti pigmenti, cellule cheratinizzate ecc.).
Gli epiteli di rivestimento vengono classificati in base alla forma e alla disposizione delle cellule. In relazione alla forma delle cellule si possono distinguere: epiteli pavimentosi, cubici o isoprismatici e batiprismatici. In rapporto agli strati di cui è formato, l'epitelio di rivestimento può essere semplice, quando è costituito da un unico strato, o composto, a sua volta pavimentoso o batiprismatico a seconda del tipo cellulare dell'ultimo strato.
Una classificazione che consideri sia la forma sia la disposizione delle cellule distingue:
a) l'epitelio pavimentoso semplice, come l'endotelio che ricopre internamente i vasi o le sierose;
b) l'epitelio pavimentoso stratificato, come quello che costituisce la cute;
c) l'epitelio cubico semplice, come quello che riveste alcuni condotti ghiandolari;
d) l'epitelio batiprismatico, o cilindrico, semplice, con cellule cilindriche, come quello che tappezza l'intestino tenue;
e) l'epitelio batiprismatico stratificato, o cilindrico pseudostratificato, come la mucosa respiratoria;
f) l'epitelio di transizione, caratteristico delle vie urinarie.
Gli epiteli ghiandolari sono specializzati nell'elaborazione di sostanze con un'azione fisiologica o nell'eliminazione di prodotti di rifiuto dell'organismo. Non vi è una netta distinzione dagli epiteli di rivestimento, sia perché cellule ad attività secernente sono spesso intercalate fra cellule di rivestimento (le cosiddette cellule caliciformi), sia perché tutte le cellule di un epitelio di rivestimento possono avere funzione secernente. Peraltro, spesso cellule secernenti si riuniscono a costituire strutture ben delimitate: le ghiandole esocrine ed endocrine. Le prime, dette anche ghiandole a secrezione esterna, versano il loro secreto all'esterno, come le ghiandole sudoripare, o in cavità corporee che comunicano con l'esterno, come, per es., le ghiandole gastriche. Le ghiandole esocrine si distinguono tra loro in rapporto alla forma del condotto escretore e dell'unità secernente, o adenomero. Gli epiteli che formano le ghiandole endocrine versano il loro secreto, che è rappresentato dagli ormoni, direttamente nel sangue. A seconda della struttura, le ghiandole endocrine possono essere follicolari, come la tiroide, o cordonali, come, per es., il surrene e l'ipofisi.
Il tessuto epiteliale, soprattutto quello di rivestimento, interviene nella modulazione dei rapporti fra ambiente esterno e organismo, senza che per questa funzione vi sia una speciale differenziazione. In talune sedi circoscritte, le cellule epiteliali si trasformano in cellule sensitive secondarie o pseudosensoriali (in contrapposizione a quelle primarie, sensoriali, che appartengono al tessuto nervoso) che hanno la capacità di ricevere e trasmettere eccitamenti esterni. Cellule di questo tipo sono: le cellule del Corti (fonorecettori), le cellule dei calici gustativi e le cellule ampollari delle creste e delle macule acustiche (statocettori). Queste cellule sono associate a cellule dell'epitelio di rivestimento che fungono da sostegno e sono collegate a espansioni nervose con le quali entrano in contatto attraverso una particolare forma di giunzione, detta citoneurale. Una cellula pseudosensoriale è caratterizzata dalla presenza di: una porzione superficiale ricca di estroflessioni citoplasmatiche (ciglia), una zona intermedia ricca di mitocondri, detta energetica, e una zona basale, contenente nucleo e altri organuli, detta anche di contatto perché in rapporto con una o più cellule nervose. Il segnale esterno giunto sulla superficie della cellula epiteliale sensoriale viene amplificato, attraverso produzione di energia (zona energetica) e trasmesso alle fibre nervose.
Il tessuto connettivo, nelle sue diverse forme, deriva dal mesenchima, tessuto embrionale che, originatosi dal mesoblasto, si insinua negli abbozzi dei diversi organi e apparati, contribuendo alla loro formazione, e inoltre determina lo sviluppo dello scheletro.
Il tessuto connettivo è costituito da cellule separate le une dalle altre da una sostanza intercellulare, formata da una componente amorfa, detta sostanza fondamentale, di natura mucopolisaccaridica, nella quale sono immerse cellule, e da una componente fibrosa, costituita da fibre collagene, reticolari ed elastiche. Le cellule presenti nel tessuto connettivo possono essere distinte in fisse e mobili. Tra le cellule fisse vanno ricordati i fibroblasti e gli adipociti; tipiche cellule mobili sono invece le cellule del sangue: monociti, plasmacellule e linfociti.
Le fibre collagene, le più diffuse, sono distribuite in fasci ondulati separati da abbondante sostanza fondamentale, oppure sono strettamente stipate con interposizione di scarsa sostanza fondamentale; al microscopio elettronico appaiono costituite da protofibrille, formate dall'alternarsi di un disco chiaro e un disco scuro. L'unità elementare del collagene è il tropocollagene, che viene sintetizzato nei poliribosomi del reticolo endoplasmatico rugoso dei fibroblasti ed è costituito da macromolecole a forma di bastoncino che si aggregano a formare le protofibrille.
Le fibre reticolari sono formate da protofibrille aventi le stesse caratteristiche di quelle che compongono le fibre collagene, dalle quali si differenziano per un diverso grado di aggregazione. Sono presenti contemporaneamente alle fibre collagene e sono in taluni casi numericamente più abbondanti. Le fibre elastiche hanno la caratteristica di essere molto estensibili e in grado di ritornare alla loro lunghezza iniziale dopo deformazione. Sono largamente diffuse nel connettivo, sia come fibre isolate, tipicamente ondulate, sia aggregate in lamine (membrana elastica continua, senza soluzioni di continuo, e fenestrata con la presenza di occhielli). Sono costituite per il 97% da elastina, sintetizzata dai fibroblasti, e da una glicoproteina.
Il tessuto connettivo è pressoché ubiquitario nell'organismo e assolve diverse funzioni:
a) funzione meccanica di connessione e di sostegno, svolta non solo dai connettivi specializzati (osseo e cartilagineo), ma in varia misura da quasi tutti i tipi di connettivo;
b) funzione trofica: all'interno del connettivo, soprattutto quello fibrillare lasso, decorrono vasi sanguigni e linfatici e reti capillari, e a livello di sostanza fondamentale si svolgono scambi fra cellule e sangue. Inoltre, la sostanza fondamentale agisce da riserva idrica e interviene nella costituzione di una riserva di sostanze nutritizie (tessuto adiposo);
c) funzione protettiva, sia di tipo strutturale sia di barriera alla progressione di processi patologici, grazie alla sua capacità di reagire a insulti infiammatori con tutte le componenti tissutali (sostanza fondamentale, vasi, nervi e cellule). Il tessuto connettivo svolge funzione di difesa sia in maniera aspecifica, attraverso processi di fagocitosi, sia attraverso la specifica produzione di anticorpi;
d) funzioni specifiche di alcuni connettivi particolari: endocrina con produzione di ormoni di tipo steroideo (cellule interstiziali del testicolo, cellule dello stroma ovarico ecc.), emopoietica (tessuto deputato alla produzione delle cellule del sangue).
I tipi di connettivo esistenti a livello dell'organismo sono diversi. Si distinguono connettivi propriamente detti e connettivi specializzati.
Fra i tessuti connettivi propriamente detti rientrano: il tessuto connettivo fibrillare lasso, ricco di sostanza fondamentale, che negli organi cavi forma la tonaca propria delle mucose e la tonaca sottomucosa e negli organi pieni penetra profondamente tra gli elementi del parenchima, formandone il supporto (stroma interstiziale), è la sede degli scambi nutritizi e contiene macrofagi, plasmacellule, mastociti, per rispondere agli agenti patogeni; il tessuto reticolare, caratterizzato dalla prevalenza di fibre reticolari, in alcuni casi riunite in lamelle (per es. intorno ai capillari) e in altri casi disposte a formare una rete tridimensionale (tessuto adenoideo o linfoide); il tessuto connettivo elastico, con prevalenza di fibre elastiche, tipicamente rappresentato per es. nelle pareti delle arterie, soprattutto di grosso calibro; il tessuto fibroso denso, che presenta scarsa sostanza fondamentale e in cui predominano fibre collagene, disposte in fasci paralleli (per es. nei tendini) o intrecciati (per es. nella cornea); il tessuto mucoso, che conserva caratteristiche del tessuto mesenchimale e si trova nella polpa dentale e nella cosiddetta gelatina di Warthon, che riveste il cordone ombelicale. Fra i connettivi specializzati vengono compresi: il tessuto adiposo, il tessuto cartilagineo, il tessuto osseo, il tessuto emopoietico.
Nel tessuto adiposo prevalgono gli adipociti, cioè cellule specializzate nell'accumulo di materiale lipidico di riserva. Tali cellule possono essere localizzate ovunque nel connettivo interstiziale, isolate o a gruppi. Nel sottocutaneo sono strettamente connesse fra loro senza interposizione di sostanza fondamentale. Il tessuto adiposo svolge funzione protettiva, di deposito di materiale nutritizio, di termoregolazione ecc.
Il tessuto cartilagineo presenta una sostanza intercellulare costituita da acido condroitinsolforico, compatta e consistente, e svolge funzioni meccaniche e di sostegno. Le cellule del tessuto cartilagineo sono i condrociti, che si riuniscono a gruppi racchiusi nella sostanza fondamentale. Il tessuto cartilagineo si presenta sotto tre diverse forme: ialina, che costituisce le cartilagini articolari e contiene fibre collagene; fibrosa, che forma dischi e menischi; elastica, come quella che sostiene il padiglione auricolare, ricca di fibre elastiche. Il tessuto cartilagineo non possiede vasi propri.
Il tessuto osseo, dotato di un elevato grado di specializzazione, è caratterizzato dall'elevata durezza e da un notevole livello di resistenza alle sollecitazioni meccaniche. È costituito da cellule, dette osteociti, che producono la sostanza fondamentale, entro cui si racchiudono in lacune comunicanti fra di loro. La sostanza intercellulare è costituita da materiale organico, l'osseina, nella quale si fissano i sali di calcio. La struttura fondamentale del tessuto osseo è la lamella ossea, costituita da un osteocita con la sostanza intercellulare che lo circonda. Le lamelle ossee si dispongono a formare lamine cilindriche sovrapposte intorno a un canale percorso da un piccolo vaso arterioso. Tale sistema cilindrico di lamelle disposte concentricamente prende il nome di sistema di Havers od osteone.
Il tessuto emopoietico, infine, presenta un elevatissimo grado di specializzazione ed è preposto alla produzione degli elementi figurati del sangue.
Il tessuto muscolare è formato da cellule che hanno una spiccata attività contrattile, per la presenza nel loro citoplasma di particolari fibrille. È distinto in: striato, cardiaco e liscio.
Il tessuto muscolare striato costituisce i muscoli scheletrici. È caratterizzato da cellule di forma cilindrica, di diametro variabile da 10 a oltre 100 µm e lunghezza fino a parecchi centimetri, comunemente dette fibre muscolari, che presentano numerosi nuclei, di solito situati alla periferia della cellula; di norma le fibre muscolari sono disposte parallelamente le une alle altre, separate da connettivo interstiziale e raggruppate in piccoli fasci separati da setti connettivali.
Da un punto di vista ultrastrutturale, le fibre muscolari sono delimitate dal sarcolemma, che è costituito dalla membrana plasmatica, che delimita la cellula, e dalla lamina basale, che la ricopre ulteriormente. A livello della lamina basale si inseriscono fibre collagene. Il sarcoplasma della cellula muscolare corrisponde al citoplasma delle altre cellule; contiene l'apparato del Golgi e numerosi mitocondri, che sono abbondanti soprattutto in prossimità dei nuclei e al di sotto del sarcolemma, e che negli spazi interfibrillari si presentano disposti longitudinalmente e talvolta fusi in una rete trasversale. Il reticolo sarcoplasmatico, corrispondente al reticolo endoplasmatico, è costituito da una complessa serie di canalicoli detti sarcotubuli, che si estendono per tutto il sarcoplasma e inglobano come in una rete le fibrille contrattili o miofibrille, anastomizzandosi ripetutamente fra di loro. Nella parte centrale della fibra muscolare si osserva la giunzione neuromuscolare, detta anche placca motrice, che rappresenta il punto di contatto fra le ramificazioni terminali della fibra nervosa motrice e la fibra muscolare.
Le miofibrille, che hanno il diametro di circa 1 µm, al microscopio ottico mostrano una caratteristica striatura trasversale, dovuta al succedersi di zone chiare, rappresentate dalla banda I, costituita da filamenti sottili, e zone scure, rappresentate dalla banda A, costituita da filamenti spessi.
L'osservazione al microscopio elettronico mette poi in evidenza, oltre alle bande A e I, anche una linea che divide a metà la banda I (stria Z) e, all'interno della banda A, una zona più chiara (banda H), al cui centro si distingue un'ulteriore sottile stria scura (stria M). Il tratto di miofibrilla compresa tra due strie Z successive rappresenta l'unità anatomofunzionale della contrazione e prende il nome di sarcomero. Studi più approfonditi hanno permesso di stabilire che la miofibrilla risulta prevalentemente costituita da due tipi di proteine: la miosina, organizzata nei filamenti spessi che costituiscono la banda A, e l'actina, la quale forma i filamenti sottili della banda I. Sui filamenti spessi sono presenti proiezioni laterali che vengono dette ponti trasversali, in quanto, durante la contrazione, uniscono tra loro filamenti spessi e sottili contigui. Inoltre, associate ai filamenti sottili, nella miofibrilla sono presenti le proteine regolatrici troponina e tropomiosina. Esse agiscono come inibitori del processo di contrazione.
Il tessuto muscolare cardiaco, o miocardio, è costituito da due differenti tessuti: tessuto miocardico comune e tessuto miocardico specifico.
Il miocardio comune è costituito da fibre striate, che si differenziano da quelle del muscolo striato in quanto le cellule mostrano il nucleo disposto centralmente e contengono particolari strutture, denominate dischi intercalari, la cui funzione è quella di congiungere due cellule adiacenti con meccanismi simili a quelli delle giunzioni fra cellule epiteliali (desmosoma, macula adhaerens ecc.). La striatura trasversale delle miofibrille e la denominazione delle bande (A, I, M, H, Z) sono identiche a quelle del muscolo striato, mentre il sistema sarcoplasmatico non è così sviluppato come nel muscolo scheletrico. Di recente, nelle cellule muscolari atriali sono stati dimostrati numerosi granuli, formati dai peptidi cardionatrina (detto anche ormone natriuretico atriale) e cardiodilatina: il primo ha effetto diuretico, mentre il secondo ha effetto miorilassante.
Il miocardio specifico costituisce l'elemento fondamentale per la conduzione dell'impulso cardiaco, in grado di generare l'eccitamento per la contrazione del muscolo cardiaco e di distribuirlo nelle varie parti, in modo da determinare la regolare successione dell'attività atriale e ventricolare. È caratterizzato dalla presenza di cellule muscolari modificate ed è localizzato in sedi specifiche del miocardio. Si differenzia dal miocardio comune in quanto le cellule sono più piccole, presentano un minor numero di miofilamenti e sono disposte a formare una rete immersa in una abbondante quantità di tessuto connettivo relativamente compatto.
La caratteristica principale del miocardio è la capacità di contrarsi ritmicamente in maniera autonoma, senza cioè che vi sia alcun intervento da parte del sistema nervoso o di altri sistemi. La funzione di iniziare la propagazione dello stimolo è deputata a un gruppo di cellule del miocardio specifico (quelle del nodo senoatriale), che possiedono il ritmo intrinseco a frequenza più alta e, pertanto, lo impongono al resto del miocardio. Le fibre del nodo senoatriale, del nodo atrioventricolare e del tratto iniziale del fascio atrioventricolare (detto anche fascio di His) sono piccole, mentre a livello delle branche destra e sinistra del fascio di His si trovano cellule molto più grandi delle cellule muscolari comuni: sono le cosiddette cellule di Purkinje, caratteristiche, oltre che per la loro dimensione, per la presenza di dischi intercalari diversi da quelli del miocardio comune; questi, soprattutto localizzati a congiungere cellule in posizione termino-terminale, si contraddistinguono per la presenza di uno scarso numero di miofibrille, orientate secondo l'asse maggiore della cellula ma in maniera meno ordinata che nelle fibre miocardiche comuni. La loro funzione è soprattutto connessa con la conduzione rapida dell'impulso.
Il tessuto muscolare liscio è presente nelle pareti del canale alimentare, delle vie respiratorie, dell'apparato urogenitale, dei dotti escretori di numerose ghiandole e dei vasi sanguigni. È caratterizzato dalla presenza di cellule allungate, sottili, riunite in fasce o lamine, di lunghezza variabile tra 40 e 200 µm. Il nucleo di tali cellule di solito si presenta allungato e disposto nella parte centrale. Nel citoplasma sono presenti filamenti sottili contenenti actina e tropomiosina, e filamenti spessi, meno abbondanti dei precedenti, contenenti miosina. I filamenti non presentano un preciso allineamento. Le singole fibrocellule sono collegate le une alle altre mediante vari meccanismi di giunzione. Il reticolo sarcoplasmatico è presente, ma molto meno sviluppato che nel muscolo striato. A seconda della sede variano le caratteristiche fisiologiche e funzionali delle cellule muscolari lisce: per es., è diversa la risposta a stimoli ormonali, la tensione di ossigeno, così come variano le proprietà elettriche delle cellule, alcune delle quali possiedono un'attività elettrica propria.
Come si è detto, il tessuto muscolare è caratterizzato dalla capacità di contrarsi. Anche se il meccanismo della contrazione è lo stesso per tutti i tipi di tessuto muscolare, ciascuno di essi presenta delle peculiarità proprie.
a) Contrazione del muscolo striato
La funzione primaria dei muscoli scheletrici è quella di generare forza e di trasmetterla, tramite i tendini, ai segmenti ossei su cui la maggior parte di essi è inserita. Il processo mediante il quale il muscolo sviluppa forza è detto contrazione. L'attività del muscolo scheletrico può determinare il movimento dei segmenti corporei oppure il mantenimento della loro posizione. Si ha movimento quando un muscolo, contraendosi, si accorcia e, di conseguenza, produce un movimento angolare in corrispondenza dell'articolazione su cui agisce. Durante l'accorciamento, la forza sviluppata dal muscolo può rimanere costante e, in tal caso, la contrazione viene detta isotonica (a tensione costante). Se invece la forza sviluppata dal muscolo non è sufficiente a produrre il movimento, esso non può accorciarsi e la contrazione viene detta isometrica (a lunghezza costante). Il termine 'contrazione' viene dunque usato come sinonimo di attività del muscolo e non ne indica necessariamente l'accorciamento.
I muscoli scheletrici sono del tutto incapaci di contrarsi spontaneamente. In condizioni fisiologiche essi vengono attivati a opera di fibre nervose motrici, che originano da speciali neuroni detti motoneuroni. Il comando nervoso viene trasmesso alla fibra muscolare, causandone la contrazione, a livello della giunzione neuromuscolare, o placca motrice. Nella giunzione neuromuscolare, l'attivazione della fibra muscolare è dovuta a due opposti processi. Nella terminazione nervosa, i segnali elettrici della fibra motrice vengono tradotti nella secrezione di una sostanza chimica, l'acetilcolina, che a sua volta, giunta in contatto con la fibra muscolare, determina in essa l'insorgenza di un nuovo segnale elettrico. È quest'ultimo fenomeno elettrico muscolare che avvia il processo di contrazione. L'attivazione del muscolo può avvenire sia con meccanismo riflesso, sia mediante comando volontario. In quest'ultimo caso la contrazione viene attuata e finalizzata consapevolmente.
La microscopia elettronica ha permesso di conoscere approfonditamente l'ultrastruttura del muscolo scheletrico e ha individuato nel sarcomero l'unità strutturale della contrazione (v. sopra).
Le osservazioni concernenti le variazioni dei rapporti reciproci tra i filamenti spessi e sottili durante la contrazione hanno portato all'enunciazione della 'teoria dei filamenti scorrevoli'. Essa afferma che l'accorciamento del sarcomero, e quindi del muscolo, durante la contrazione è unicamente dovuto allo scorrimento dei filamenti spessi rispetto a quelli sottili. Lo scorrimento è causato dall'azione dei ponti trasversali, i quali, con un moto ciclico ripetitivo paragonabile a quello dei remi di una barca, contraggono legami con i filamenti sottili, esercitando su questi una trazione verso il centro del sarcomero. L'energia del movimento dei ponti trasversali viene ottenuta mediante la scissione dell'adenosintrifosfato (ATP, Adenosine triphosphate), la molecola trasportatrice di energia, a opera della miosina.
b) Contrazione del miocardio
Il miocardio costituisce la porzione più cospicua delle pareti del cuore. Durante la contrazione esso si accorcia e si ispessisce, determinando il restringimento delle cavità cardiache (atri e ventricoli destro e sinistro) e il conseguente flusso del sangue nel sistema circolatorio. Poiché l'ultrastruttura del muscolo cardiaco è molto simile a quella del muscolo scheletrico, i meccanismi molecolari della contrazione sono sostanzialmente analoghi. Le differenze più rilevanti riguardano, invece, l'insorgenza e la propagazione dei fenomeni bioelettrici che innescano la contrazione. Le cellule muscolari cardiache, infatti, sono in grado di eccitarsi spontaneamente in modo ritmico, e tale prerogativa è particolarmente sviluppata in un piccolo ammasso di cellule miocardiche specializzate situate nella parete dell'atrio destro. Questo agglomerato cellulare, detto nodo senoatriale, rappresenta il normale segnapasso (pacemaker) del cuore e l'origine del battito cardiaco. Al fine di ottenere una contrazione coordinata di tutta la muscolatura miocardica, il pacemaker cardiaco si avvale di un meccanismo di rapida propagazione dell'eccitamento, grazie alla presenza di speciali connessioni tra le cellule cardiache (dischi intercalari), che permettono il passaggio dell'eccitamento elettrico da una cellula miocardica all'altra. In virtù di questa proprietà funzionale, l'eccitamento cardiaco, iniziato nel nodo senoatriale, si propaga rapidamente attraverso gli atri, convergendo verso i ventricoli. Questi ultimi vengono attivati mediante una via di conduzione preferenziale, il fascio di His.
c) Contrazione del muscolo liscio
La muscolatura liscia si trova per lo più nelle pareti degli organi cavi ed è responsabile della loro motilità. Contrariamente ai muscoli scheletrici, essa non può essere attivata volontariamente, ma, analogamente al muscolo cardiaco, può dar luogo a contrazioni spontanee e ritmiche in assenza di qualsiasi stimolazione nervosa. Malgrado la contrazione del muscolo liscio sia alquanto lenta, la forza da esso generata è comparabile a quella sviluppata dal muscolo scheletrico e, inoltre, può essere sostenuta per lungo tempo senza affaticamento. Nel muscolo liscio, come in quello striato, gli eventi molecolari che determinano lo sviluppo di forza sono dovuti principalmente all'interazione tra i miofilamenti spessi e quelli sottili. Questi ultimi, tuttavia, non appaiono regolarmente disposti a formare unità contrattili organizzate.
Il tessuto nervoso è costituito da particolari cellule, dette neuroni, in numero di circa 14 miliardi nell'uomo, altamente specializzate al fine di poter ricevere, condurre e trasmettere gli impulsi nervosi. Inoltre, sono presenti altri tipi cellulari, quali le cellule della nevroglia e le cellule accessorie.
Il neurone è costituito da un corpo cellulare, detto anche pirenoforo o soma, da cui si dipartono da un lato numerosi prolungamenti, sottili e ricchi di arborizzazioni, chiamati dendriti, mentre dall'altro lato esso mostra un unico lungo prolungamento, il neurite, detto anche assone o cilindrasse, che ricoprendosi di una serie di guaine (guaina mielinica, presente solo nelle cosiddette fibre mieliniche, e guaina di Schwann, o nevrilemma) costituisce la fibra nervosa.
La forma dei neuroni è variabile in funzione dell'aspetto del pirenoforo e della disposizione dei dendriti: si distinguono le cellule stellate o le cellule sferiche (rispettivamente delle corna anteriori del midollo spinale e dei gangli sensitivi cerebrospinali) di aspetto caratteristico, le cellule mitrali del bulbo olfattivo, con il pirenoforo a forma di mitra vescovile, le cellule piramidali della corteccia cerebrale, il cui pirenoforo ha forma piramidale, ecc. Il neurone è delimitato dalla membrana plasmatica o plasmalemma. Il plasmalemma riveste da un punto di vista funzionale una notevole importanza in quanto può essere considerato la struttura principalmente implicata nella conduzione dell'impulso nervoso all'interno del neurone stesso e ad altri neuroni. Nei siti di giunzione interneurali (sinapsi) assume caratteristiche differenziazioni della sua ultrastruttura, che la rendono in grado di determinare il passaggio unidirezionale di impulsi nervosi. Particolare importanza rivestono le proteine di membrana, le cui molteplici funzioni sono soprattutto volte alla trasmissione dell'impulso. Il pirenoforo contiene il citoplasma della cellula nervosa, il neuroplasma (detto anche perikarion) e un nucleo sferico e voluminoso quasi sempre provvisto di un nucleolo. Il perikarion si stende anche nell'assone e nei dendriti, contiene depositi di pigmenti (melanina, lipofucsina), uno sviluppato apparato del Golgi, numerosi lisosomi, neurofibrille (costituite da neurofilamenti) e microtubuli e un abbondante reticolo endoplasmatico rugoso, che assume la denominazione di sostanza tigroide o cromofila o di Nissl. La sostanza di Nissl è responsabile della sintesi delle proteine che costituiscono il neurone, nonché di quelle che vengono secrete e che hanno funzione di mediazione chimica nella trasmissione. Tra queste ultime si ricordano l'adrenalina, la noradrenalina, l'acido gammaaminobutirrico, la dopamina, l'acetilcolina, la serotonina.
I dendriti sono deputati alla conduzione degli impulsi afferenti al pirenoforo (conduzione cellulipeta). Costituiscono la maggior parte della superficie totale del neurone e sono strutturalmente prolungamenti del neuroplasma. Hanno forma di arborizzazioni e sono ricoperti su tutta la loro superficie di spine, che rappresentano la sede di contatti sinaptici con altri neuroni.
Il neurite è deputato alla conduzione dell'impulso dalla cellula verso la periferia (conduzione cellulifuga). In prossimità della sua terminazione, in genere a grande distanza dal pirenoforo, si ramifica in sottili terminali assonici o telodendri. L'assone è formato da un liquido viscoso, l'assoplasma, contenuto in una membrana, l'assolemma. L'assoplasma è sede di un flusso continuo di sostanze, detto trasporto assonico, in grado di provvedere in continuo al rinnovo delle componenti strutturali del neurone attraverso la sintesi proteica, al trasporto dei neurormoni e dei neurotrasmettitori (proteine specifiche prodotte dal neurone per compiere la sua funzione). L'assoplasma può essere paragonato a un sistema circolatorio, nel quale sono stati dimostrati due tipi di flusso: uno lento unidirezionale, che costituisce il flusso di base, e uno rapido bidirezionale, nel quale sembrano essere implicati i neurotubuli, deputato al trasporto di neurotrasmettitori, neurormoni, proteine enzimatiche. Il neurite nel suo tratto iniziale non presenta rivestimenti. Nel proseguire il suo decorso viene ricoperto da una o più guaine che lo trasformano in fibra nervosa. Le fibre del sistema nervoso periferico sono rivestite dalla cosiddetta guaina di Schwann o nevrilemma, che è costituita da particolari cellule gliali, dette di Schwann.
Le fibre del sistema nervoso centrale sono invece rivestite dagli oligodendrociti, cellule anch'esse di natura gliale. Sia le cellule di Schwann sia gli oligodendrociti sono in grado di produrre a ridosso dell'assone della maggior parte delle fibre nervose un rivestimento, detto guaina mielinica. La mielinogenesi è dovuta all'avvolgimeno a spirale della cellula gliale sull'assone; lo spessore della guaina dipende dal numero di avvolgimenti. Se la mielinogenesi è completa, si avranno fibre cosiddette mieliniche, se, invece è solo parziale o non si verifica si avranno fibre amieliniche. La guaina mielinica è costituita per il 40% da proteine e per il 60% da lipidi complessi (costituiti da colesterolo, fosfolipidi, cerebrosidi). Si presenta come una sorta di manicotto che presenta a intervalli regolari delle strozzature, dette nodi di Ranvier, in corrispondenza delle quali l'assone è ricoperto solo da espansioni delle cellule di Schwann. Dall'unione di più fibre periferiche mieliniche e amieliniche nasce un tronco nervoso o nervo periferico.
È possibile classificare i neuroni in base a caratteristiche morfologiche o funzionali. In base alla lunghezza dell'assone, i neuroni possono essere dotati di un neurite lungo (neuroni del I tipo del Golgi), oppure presentare un neurite breve (neuroni del II tipo del Golgi). In base alle ramificazioni dei prolungamenti possono essere distinti neuroni unipolari, con un solo prolungamento, come per es. i neuroni embrionali e quelli primari sensitivi olfattivi e visivi; neuroni bipolari, o oppositopolari, con un neurite e un dendrite localizzati ai due poli opposti (per es. i neuroni che si trovano nell'organo di Corti o nella retina); neuroni pseudounipolari (nei gangli cerebrispinali), che sembrano forniti di un solo prolungamento ma sono in realtà degli oppositopolari, nei quali a causa di un eccentrico accrescimento del pirenoforo si è determinata una fusione del tratto iniziale dei due prolungamenti.
I neuroni possono essere distinti anche in rapporto alla loro funzione. I neuroni efferenti trasmettono l'informazione emessa dal sistema nervoso centrale e destinata agli organi effettori (muscoli o ghiandole). I neuroni efferenti che innervano i muscoli scheletrici sono detti neuroni motori o motoneuroni e sono muniti di grande pirenoforo, numerosi dendriti e lungo neurite. I neuroni afferenti recano l'informazione dai recettori al sistema nervoso centrale e possono essere bipolari o pseudounipolari. Infine, i neuroni intercalari svolgono funzioni di raccordo tra neuroni sensitivi e motori.
Nell'ambito del sistema nervoso centrale i neuroni si collegano tra loro mediante dispositivi particolari, detti sinapsi. A livello della sinapsi si avvicinano le membrane del neurite e quella del successivo dendrite, separate da un esilissimo spazio. La membrana del neurite viene denominata membrana presinaptica e a essa fa seguito lo spazio sinaptico; la membrana del dendrite viene denominata postsinaptica. I mediatori chimici attraversano la membrana presinaptica e si versano nello spazio sinaptico, per andare a eccitare la membrana postsinaptica.
A livello del sistema nervoso periferico si costituiscono le cosiddette terminazioni nervose periferiche (giunzioni neuromuscolari, recettori in generale) poiché i neuroni, attraverso le fibre nervose che si portano a grande distanza dal corpo cellulare, prendono contatto con strutture che non sono esclusivamente di tipo nervoso.
Caratteristica delle cellule del tessuto nervoso è la capacità di produrre e trasmettere messaggi di natura elettrica, detti potenziali d'azione o, più comunemente, impulsi nervosi. La maggior parte delle cellule presenta tra i due lati della membrana plasmatica una differenza di potenziale elettrico di circa 70-90 mV. Questo potenziale transmembranario prende il nome di potenziale di riposo. Tra tutti i tipi di cellule costituenti i tessuti corporei, le cellule nervose e quelle muscolari sono le sole che, opportunamente stimolate, hanno la proprietà di dare luogo a una rapida e transitoria modificazione del loro potenziale di riposo, che culmina con una scarica elettrica transmembranaria di circa 100 mV. Questo repentino segnale elettrico, che manifesta lo stato di eccitazione cellulare, viene detto potenziale d'azione e le cellule che hanno la proprietà di generarlo prendono il nome di cellule eccitabili.
La genesi dei potenziali elettrici di membrana, potenziale di riposo e potenziale d'azione, può essere spiegata in base alla diversa distribuzione degli ioni, in particolare degli ioni sodio e potassio, nel liquido intracellulare e in quello extracellulare. Un ruolo determinante, inoltre, è da attribuire alla diversa permeabilità della membrana cellulare nei riguardi di questi ioni.
Quando un neurone viene eccitato, il potenziale d'azione, generalmente insorto nel corpo cellulare, si propaga per l'intera lunghezza dell'assone e costituisce il messaggio che viene trasmesso da un neurone all'altro mediante la sinapsi. La velocità di propagazione dell'impulso nervoso lungo l'assone è direttamente proporzionale al diametro di quest'ultimo. Un altro fattore determinante la velocità di conduzione è la presenza della guaina mielinica sulla membrana assonica. In una fibra mielinica, l'efficienza del meccanismo di propagazione aumenta enormemente e la velocità di conduzione può raggiungere i 120 m/s. Nei Vertebrati, la minima velocità di conduzione è di circa 0,5 m/s e si realizza nelle più piccole fibre non mieliniche.
In generale, in rapporto alla velocità di conduzione dell'impulso nervoso, le fibre nervose presenti nei nervi possono essere distinte in: fibre di tipo A, con velocità di conduzione dell'impulso nervoso di circa 15-100 m/s; di tipo B, con velocità di circa 3-4 m/s; di tipo C, con velocità di 0,5-2 m/s.