CELONIATI
Famiglia di strumentisti piemontesi, compositori e liutai, che operarono a Torino fra la prima e la seconda metà del sec. XVIII e per alcuni dei quali non si conoscono né la data di nascita ne quella di morte, mentre per altri solo quella di morte.
Il nome Celoniati si trova scritto in modi differenti sia che si riferisca a membri diversi della famiglia, sia che indichi la stessa persona in vari momenti della sua vita. Attraverso i documenti dell'Archivio di Stato di Torino o degli elenchi delle orchestre alle quali appartennero, il loro cognome risulta all'inizio come Celoniati, per trasformarsi poi, per quasi tutti, in Celonietti. Nei documenti relativi agli anni della loro attività, fra il 1729 e il 1790, il cognome si presenta spesso tronco, con doppia l o doppia t, probabilmente per una trascrizione in forma dialettale.
Le notizie relative alla formazione della famiglia e alle date della vita dei suoi componenti sono scarse e imprecise e la loro attività professionale e artistica può essere riconosciuta soprattutto dagli elenchi delle diverse formazioni orchestrali, dalle note dei conti e degli ordinati dell'Arch. di Stato e, per alcuni di loro, attraverso le composizioni liriche e strumentali o scritti vari a loro inerenti. Ogni attività di questa famiglia è strettamente legata alla vita culturale torinese e alle due grandi orchestre che si erano venute formando fin dall'inizio del sec. XVII, quella della cappella reale e quella del teatro Regio. Tutti i C. fecero parte dei due complessi orchestrali come violinisti, contrabbassisti o con altri incarichi fra il 1736 e il 1790, anni di intensa attività, durante i quali lavorarono con i Giay, i Chiabrano, i Somis, G. Pugnani e G. B. Viotti. Mentre altre famiglie di musicisti come i Canavaz operarono per un lungo periodo di tempo, la famiglia dei C. si concentrò, invece, in poco più di cinquant'anni, tanto che spesso furono tutti presenti nella stessa orchestra, come, ad esempio, nel 1771 quando, per la visita a Torino di W. A. Mozart, suonarono in orchestra al teatro Regio ben sette membri su nove della famiglia.
Gian Francesco, di cui sono ignote le date di nascita e di morte, è il primo che appaia cronologicamente ed è l'unico che non figuri negli elenchi dei complessi orchestrali. Fu un notevole esponente della scuola liutistica piemontese con i Cappa e Pressenda; viene citato in tutti i trattati di liuteria soprattutto come Celoniat o Celoniati. La sua attività - che lo Schmidl dice essersi svolta fra la fine del '600 e il 1738 - è confermata dalle targhette poste all'interno dei suoi strumenti, che vengono riportate in vari testi e soprattutto in quello dello Jalovec, in cui sono fotografati anche alcuni violini e riportata la loro valutazione in campo internazionale e in diverse epoche. Fu alunno di G. Cappa e seguì i modelli di N. Amati e di C. Bergonzi. La vernice dei suoi strumenti è di un bel giallo caldo; una sua viola d'amore si trova al Museo Heyer di Bruxelles e due suoi violini del 1729 e 1735 fanno parte della collezione Hamma di Stoccarda. Secondo lo Schmidl fu probabilmente padre di Ignazio, Carlo Lorenzo e Carlo Antonio.
Giuseppe, padre di Battista, e di cui ignoriamo la data di nascita, morì a Torino nel 1773. Violinista, figura negli elenchi delle orchestre sia del teatro Regio dal 1736, come sesto dei primi violini, sia della cappella reale fra i secondi violini, in data 17 luglio 1737 con 200 lire annue che raggiunsero presto le 500. Fu musicista apprezzatissimo alla corte sabauda tanto che dal 1739 fino alla sua morte ebbe l'ambito incarico di "suonare alle lezioni di ballo delle persone Reali ed accompagnare le lezioni di danza dei giovani principi". L'importanza di tale incarico consisteva nel continuo contatto con i diversi maestri francesi di ballo, per i quali doveva essere sempre pronto a creare nuove musiche o riadattare e modificarne altre. Purtroppo tutto questo materiale è andato disperso, così che non è possibile una analisi della sua attività compositiva. Altro incarico, a riconoscimento delle sue capacità organizzative, artistiche e direttive, furono le rinnovate richieste fra il 1747 e il 1761 di formare le orchestre, da lui poi dirette, per i balli di carnevale al teatro Carignano. Per tali manifestazioni fu lui che stilò e firmò un contratto regolare a tutela dei diritti e doveri degli orchestrali. Numerosi musicisti, fra i quali due suoi probabili fratelli, stando alle date della loro attività, i contrabbassisti Giovan Battista ed Eugenio, firmarono tale documento.
Giovan Battista, di cui ignoriamo la data di nascita, morì a Torino nel 1785, e fu contrabbassista; figura dal 17 luglio 1737 con C. G. Pucci nel gruppo dei suonatori di basso della cappella reale. In proposito, la parola contrabbasso appare solo dopo la seconda decade del 1700 per mettere in evidenza il primo dei bassi, così da poter distinguere il gruppo in contrabbassi e bassi di ripieno. Egli appartenne per quasi cinquant'anni alla cappella reale e all'orchestra da camera sotto i due grandi maestri di cappella dell'epoca: G. A. Giay e suo figlio F. Saverio. Nel 1742 fu anche come basso di ripieno nell'orchestra del teatro Regio e partecipò ad attività straordinarie come risulta dal contratto firmato nel 1747 per i balli di carnevale. Nel 1763 suonò in orchestra con G. Pugnani e nel 1771, ancora come contrabbassista, al teatro Regio. Appare un'ultima volta in un elenco orchestrale della cappella reale nel 1785, da cui risulta la data della sua morte avvenuta il 3 marzo 1785 con l'annotazione "a causa del decesso gli eredi non possono esigere il quartiere".
Di Eugenio ignoriamo le date di nascita e di morte. Nel 1739 nell'orchestra della cappella reale furono ricoperte due cariche: la più importante, quella di maestro di cappella, vacante da alcuni anni, fu assegnata a G. A. Giay e - dopo la morte di X. Faros - quella istituita nel 1721 da Carlo Emanuele di Savoia, di "Forriere della musica" (specie di supervisore per questioni organizzative ed artistiche) ad Eugenio con uno stipendio annuo di 200 lire. Nel 1742 egli entrò, basso di ripieno, nell'orchestra del teatro Regio e il 10 apr. 1744 in quella della cappella reale con altre 100 lire annue. Nel 1747 firmò il contratto per i balli in maschera, partecipandovi anche negli anni successivi. Suonò, quindi, sia nelle formazioni orchestrali saltuarie sia nelle due orchestre stabili di Torino, come risulta dai vari elenchi. Durante le prove del teatro Regio fu utilizzato anche per lavori di liuteria, così come figura nei conti d'archivio. Da notare che è l'unico, se si eccettua Gian Francesco il quale, d'altronde, non e mai stato citato come orchestrale, a non essere nella formazione del 1771 del teatro Regio per la visita di Mozart, mentre è presente nuovamente nell'organico del teatro nel 1773-74 come terzo dei bassi. Il suo nome appare per l'ultima volta nel 1775 per un pagamento di 400 lire come secondo bassista nella orchestra di corte per musica da camera.
Ignazio, morto a Torino nel 1784, è il più noto della famiglia, sia come compositore di musica da camera ed opere teatrali, sia come violinista. Carattere estroso e polemico, partecipò sempre alla vita culturale dell'epoca non solamente a Torino, ma anche a Bologna e a Milano. La data di nascita è incerta: il primo dato sicuro è la sua nomina, in data 20 dic. 1750, fra i secondi violini nell'orchestra di corte e della cappella reale, come risulta dai Fondi Patente Controllo Finanze dell'Arch. di Stato di Torino, in cui egli appare per la prima volta come I. Celoniatti. Nel 1755 figura nell'elenco della orchestra del teatro Regio. La sua partecipazione alle due formazioni orchestrali sarà continua fino alla morte, anche se con brevi assenze per studio - quando fu accolto nel 1756 dal padre Martini a Bologna - e per lavoro, per le rappresentazioni delle sue opere a Pesaro, Milano e Bologna. Il suo carattere impulsivo e polemico lo portò in seguito, nel 1765, a essere al centro di discussioni critiche relative alla scuola martiniana e a musicisti di prestigio dell'epoca. Svolse altri incarichi collaterali al teatro Carignano e a corte. Al teatro Carignano, dove venivano tenuti i balli di carnevale, allestite opere semiserie e concerti vari. Ignazio dedicò gran parte della sua attività: una sua opera Ilcaffè di campagna vi fu rappresentata secondo alcuni nel 1752 (notizia dubbia, dato che in quello stesso anno il teatro era chiuso per lavori di restauro e gli spettacoli erano tenuti, in misura ridotta, al teatro Grondana) e, secondo altri (come il Caselli e il Manferrari), nel 1762. Fin dal 1758 collaborò alle formazioni per i balli in maschera e col passare del tempo si interessò sempre più a tale teatro tanto da essere il primo, nel 1774, a richiedere di potervi organizzare dei concerti a pagamento, con prezzi modici; nel 1777 divenne impresario teatrale per le opere semiserie e, con il suo, spirito contestatario, nel 1781 fu a capo di una protesta per gli orari di lavoro e relativo pagamento dei complessi orchestrali impegnati per il carnevale. Anche a corte ebbe vari incarichi come compositore, esecutore e maestro. Nel 1774, alla morte di Battista Celoniati, gli subentrò come maestro di musica e assistente alle lezioni di ballo dei principi sabaudi e, in questo incarico compose numerose arie, minuetti, duetti, danze, ecc. Fu compositore conosciuto e di valore sia per le opere teatrali, sia per musica da camera strumentale e vocale.
Si conoscono di lui quattro opere liriche: Tigrane, forse perduta, data a Pesaro al teatro del Sole nel 1757, libretto di A. Zeno, alla quale collaborarono, in misura molto minore, altri musicisti e che, secondo il Cinelli, dovette avere una notevole importanza a giudicare dalla fastosità della messa in scena; la già citata Caffè di campagna, probabilmente perduta, libretto di P. Chiari, data al teatro Carignano di Torino nel 1762; Ecuba, libretto di J. Durandi data nel 1769 al teatro Regio a Torino e ripetuta nel 1770 al teatro Comunale di Bologna; Didone abbandonata, probabilmente perduta, libretto di P. Metastasio, data nel 1769 al teatro Regio Ducale di Milano. Di queste quattro, Ecuba è l'opera di maggior rilievo; gli fu espressamente commissionata dal teatro Regio nel 1768, ivi rappresentata nel 1769 e replicata più volte. A un lavoro in tre atti, il cui manoscritto - conservato presso l'Accademia Filarmonica di Torino - presenta, secondo M. Th. Bouquet, passaggi notevoli e interessanti specialmente per la parte descrittiva del temporale: vi sono quattro arie messe in evidenza da A. Della Corte e tre balli caratteristici, uno per atto. Fu attaccata, come già nel 1744 un'opera di Gluck e Metastasio, il Poro, da uno scritto satirico in versi, di anonimo, conservato nella collezione privata Simeon di Torino, che critica soprattutto il testo del Durandi e la mediocrità degli esecutori e riconosce invece "come l'ingegno del valente Celonietti, quei poetici difetti, abbia in musica ridotti".
Le opere strumentali e vocali di maggior rilievo si trovano nel ms. 3380 della Staatsbibliothek di Berlino e sono: un concerto per cembalo, due violini e basso del 1768 eseguito più volte alla corte sabauda; dodici sonate per due violini e basso continuo, alcune sonate per violino e basso continuo; e una ouverture per orchestra; nella Oesterreichische Nationalbibliothek di Vienna vi è un duetto per due soprani e strumenti; alla Bibliothèque Nationale di Parigi vi sono sei quartetti op. 2 stampati da Leclair: alla biblioteca del Liceo musicale di Bologna un'aria, danze e minuetti; alla Biblioteca Palatina di Parma è stata ritrovata, ultimamente, una cavatina teatrale per tenore, violini, bassi, corni e flauti e al conservatorio di Milano si trova una ouverture in re firmata con il solo cognome Celoniati. Tutta la sua attività minore relativa oltre che alle solite musiche per le lezioni di danza a corte, anche da vari riadattamenti e rifacimenti, in parte, di opere altrui, è andata smarrita e se ne hanno notizie soltanto attraverso i documenti dei pagamenti o degli ordinativi conservati all'Archivio di Torino.
Carlo Lorenzo, di cui ignoriamo le date di nascita e di morte, fu fratello di Ignazio e di Carlo Antonio; il primo dato sicuro è la sua nomina il 20 dic. 1750 nell'orchestra della cappella reale come sesto dei primi violini, con 100 lire annue: vi rimase almeno fino al 1785 raggiungendo uno stipendio di 700 lire. I musicisti dell'epoca dovevano saper suonare più strumenti della stessa famiglia e potevano appartenere contemporaneamente alle due orchestre stabili torinesi. Carlo Lorenzo già nel 1754 figura anche nell'orchestra del teatro Regio secondo un "foglio conti" della Società dei Cavalieri - che gestiva il teatro fin dalla sua fondazione -, per lavori di riparazioni in campo liutistico, e in un'altra nota, sempre del teatro Regio, è iscritto con G. Andriolo, come contrabbassista e con una dicitura particolare: Contrabasso o sia Fus.
Carlo Lorenzo, in elenchi successivi, appare fra i primi violini. Dal 1785, dopo la morte di Ignazio, ebbe la nomina come maestro di musica e assistente alle lezioni di danza dei principi. Ciò mostra come essere membro della famiglia C. fosse quasi titolo preferenziale per gli incarichi a corte. Anche Carlo Lorenzo scrisse per tale mansione arie, danze, divertissements, che naturalmente sono andati in massima parte smarriti.
Della sua attività compositiva rimangono però le sei sonate per due violini e basso continuo nella raccolta di W. Napier, insieme a lavori di "other eminent Masters" (del 1770 per il Vidal e del 1772 per il Répértoireinternational des sources musicales),conservata al British Museum di Londra e sono citate dal Giazotto sei sonate per violini e cembalo. Vi sono inoltre sia sei duetti per violoncello, op. 1, citati dal Vidal, alla Bibl. Nat. di Parigi, sia l'Ouverture in re al conservatorio di Milano, che possono essere attribuite sia a Carlo Lorenzo sia a Ignazio, dato che in entrambi i lavori non figura che il cognome. Come violinista viene ricordato dal Bertolotti e dal Giazotto che, nel riportare un episodio della gioventù del Viotti, ne parla come di "... uno dei più distinti fra i primi violini della Cappella Reale e del Teatro Regio il quale mostrò desiderio di sentir suonare il giovane Viotti..." nel 1769. Non è facile precisare la sua attività perché, come il fratello Ignazio, era compositore di musica da camera e conosciuto e citato spesso con il solo cognome Celonietti o Celoniati, e con il fratello Carlo Antonio aveva in comune il nome Carlo, tanto che negli elenchi della cappella reale risulta come Carlo Lorenzo e in quelli del teatro Regio solo come Carlo. Solamente nell'ultimo elenco del teatro Regio della stagione 1789-90, nella quale ancora suonavano tre della famiglia, figura come Carlo (Lorenzo).
Di Carlo Antonio ignoriamo le date di nascita e di morte; personalità meno in vista, citato a volte solo come Antonio in alcuni elenchi del teatro Regio e nel Viotti del Giazotto. Non risulta che sia stato compositore, né che abbia avuto incarichi particolari a corte, ma è sempre presente come violinista sia nell'orchestra della cappella reale nella quale entrò dopo Rocco Gioannetti nel 1757, sia in quella del teatro Regio dal 1771 in poi. Nonostante la sua personalità così riservata, deve essere stato un violinista eccezionale, poiché gli fu affidato, come alunno, il piccolo Viotti, come risulta da una lettera inviata dall'intendente al Controllo finanze al rappresentante del re di Sardegna a Genova, nella quale parlando del Viotti dice: "lo ha impegnato nello studio della musicale arte con Antonio Celoniati che coi fratelli suoi tiene in alto decoro la musica della ns. Cappella...". Le ultime notizie le ricaviamo da una nota nell'elenco dei pagamenti agli orchestrali per il 1789-90, riportata dal Basso: "… C. A. Celoniatti ... al quale a vista dell'alterata di lui salute per cui trovasi astretto a guardarsi dal freddo, si accorda di far per esso supplire dal Sr.Raimondo ...".
Anche di Vittorio ignoriamo le date di nascita e di morte; nominato in elenchi vari fra il 1756 e il 1790, come violinista, conosciuto anche come Celonietti. Figura negli elenchi della cappella reale nel 1757 con 250 lire annue. Nel 1769 partecipò sia all'orchestra da camera sia a quella della cappella reale come suonatore di violino e, per espresso desiderio di Carlo Emanuele III, doveva "suonare anche di quelli altri strumenti", essere cioè in grado di passare indifferentemente dal violino al basso. Le uniche notizie pervenute sono quelle degli elenchi orchestrali dei conti dell'Archivio di Stato di Torino. Per i primi risulta la tua permanenza al teatro Regio fino al 1789-90 e per i secondi la sua partecipazione alle formazioni per i balli in maschera, dei quali aveva anche curato la preparazione, nel 1780.
Battista, di cui ignoriamo la data di nascita, figlio di Giuseppe, morì a Torinò nel 1774. Deve essere scomparso molto giovane, perché la sua attività è ristretta fra il 1771 e il 1774. Figura fra i primi violini del teatro Regio dal 1771 in poi e, dal 1773, anche in quelli della cappella reale. Nel 1773, alla morte del padre, assunse l'incarico di violinista e assistente alle lezioni di danza a corte con 100 lire annue, ma nel 1774, dopo solo un anno di attività, morì ed il suo incarico passò ad Ignazio e alla morte di questo a Carlo Lorenzo.
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