CEMENTO ARMATO (IX, p. 714)
La teoria regolamentare per il calcolo del cemento armato, tuttora sostenuta e difesa da autorevoli autori, è fondata, come è noto, sulla estensione dei metodi di calcolo in uso per i materiali omogenei ed isotropi alle sezioni, ridotte omogenee, costituite dal conglomerato compresso e dalle aree metalliche affette dal coefficiente n, eguale al rapporto dei moduli di elasticità, prescindendo dal conglomerato teso.
Per mezzo di tale teoria, che ha dato soddisfacenti risultati pratici, si calcolano le tensioni massime σe e σf che si verificano nel conglomerato e nel ferro sotto l'azione dei carichi permanenti ed accidentali di esercizio. La sicurezza della struttura è garantita dai valori sufficientemente bassi delle tensioni massime ammissibili. Determinati con prove di laboratorio, oppure previsti in fase di progetto, il carico di rottura a compressione σr del conglomerato ed il carico di snervamento σs, del ferro, risultano individuati due distinti coefficienti di sicurezza
rispetto alla rottura del conglomerato ed allo snervamento del ferro. Tali coefficienti di sicurezza, normalmente diversi (circa 3 per il conglomerato e 2 per il ferro) consentono di asserire che sotto i carichi di esercizio la struttura è ancora sufficientemente lontana dalla rottura, ma nulla dicono sull'effettivo coefficiente di sicurezza della struttura presa nel suo complesso, coefficiente inteso come rapporto fra le caratteristiche di sollecitazione a rottura e quelle in esercizio.
Il valore convenzionale del rapporto n, così diverso nei regolamenti delle varie nazioni (da 6 a 25), la ricerca di un coefficiente unico di sicurezza a rottura, le discussioni sulle proprietà fisiche e meccaniche dei materiali, sull'inizio delle fessurazioni e sui procedimenti per cercare di ritardarle e soprattutto l'estendersi ed il perfezionarsi dell'indagine sperimentale, hanno dato origine a proposte di modifica e di sostituzione del metodo regolamentare.
Le numerose esperienze di laboratorio hanno chiarito sempre più l'effettivo comportamento di elementi strutturali di cemento armato sollecitato fino alla rottura, rendendo possibile in particolam la previsione, per mezzo di formule teorico-sperimentali, delle caratteristiche di sollecitazione a rottura di strutture analoghe a quelle sperimentate. Si fa qui riferimento specifico ai casi fondamentali della pressione semplice e della flessione.
Pressione semplice. - In un pilastro di cemento armato sollecitato a pressione semplice, in prossimità della rottura, se il conglomerato compresso raggiunge la tensione σr, mentre il ferro è ancora in regime di snervamento con tensione costante σs, il carico totale massimo che il pilastro può sopportare prima di rompersi è:
in cui
ed ωc, ωf, sono rispettivamente le aree del conglomerato ad e del ferro. Il carico che può applicarsi al pilastro con coefficiente di sicurezza s rispetto alla rottura risulta quindi:
Questa formula, già in uso in Germania fin dal 1932, è formalmente identica a quella dedotta col metodo regolamentare, salvo il diverso significato del coefficiente di equivalenza n̄ che qui è un rapporto di tensioni unitarie anziché di moduli di elasticità.
I valori
possono ancora considerarsi come tensioni ammissibili, ma non corrispondono affatto a quelle effettive sotto il carico di esercizio.
Flessione. - Il comportamento di una trave inflessa, in base a numerose esperienze, può essere schematizzato come segue:
I Stadio. - Sotto l'azione di un piccolo momento flettente la struttura si comporta come se fosse omogenea ed elastica: le sezioni si conservano piane; le deformazioni globali sono proporzionali al carico; le deformazioni locali del conglomerato e del ferro sono anch'esse proporzionali al carico ed in virtù dell'aderenza sono uguali alla stessa distanza dall'asse neutro. Gli sforzi unitari sia di trazione che di compressione nel conglomerato e nel ferro seguono le leggi di elasticità:
I moduli di elasticità sono costanti e così pure il coefficiente di equivalenza
Il diagramma delle tensioni in una sezione della trave è indicato in fig. 1a. Per il calcolo della posizione dell'asse neutro e delle tensioni unitarie basta considerare l'intera sezione resa omogenea tenendo conto del rapporto di equivalenza n.
II Stadio. - All'aumentare del momentc flettente il conglomerato teso si avvicina al carico di rottura a trazione σrt. Dopo una prima fase in cui il conglomerato teso si comporta plasticamente e il diagramma delle tensioni si può schematizzare come in fig. 1b, hanno inizio le fessurazioni che, partendo dal lembo teso, sempre più si allargano e si spingono verso l'asse neutro; contemporaneamente quest'ultimo va spostandosi verso il lembo compresso.
In questa seconda fase la sezione è ormai parzializzata e il diagramma delle tensioni può essere schematizzato come in fig. 1c. Le tensioni nel conglomerato compresso e nel ferro seguono ancora sufficientemente le leggi di elasticità; le sezioni continuano a conservarsi piane. Le deformazioni globali aumentano col carico molto più rapidamente che nel primo stadio, poiché la sezione parzializzata reagisce con momento d'inerzia molto più piccolo di quello della sezione integra; le deformazioni permanenti, rispetto alla posizione iniziale, sono ormai molto sensibili, tuttavia la struttura, dopo un certo numero di ripetizioni del carico, riprende a comportarsi quasi elasticamente rispetto ai nuovi carichi. Nel diagramma sperimentale riprodotto nella fig. 2 (e che si riferisce ad esperienza del Laboratorio di prova dei materiali di Zurigo-EMPA) si può vedere chiaramente come le frecce di inflessione seguano in un primo tempo l'andamento calcolato per la sezione integra (I Stadio); successivamente, dopo un periodo di transizione, assumono andamento sensibilmente parallelo a quello calcolato per la sezione parzializzata (II Stadio).
III Stadio. - In prossimità della rottura si possono distinguere due casi: per deboli percentuali di ferro, mentre nella zona compressa il diagramma delle tensioni è ancora pressoché lineare, la σf supera il limite di elasticità e si avvicina al carico di snervamento σs. Da questo istante in poi gli allungamenti del ferro aumentano rapidamente e così pure le fessurazioni; il comportamento globale della trave non è più elastico e le frecce crescono più che proporzionalmente al carico. Contemporaneamente la zona compressa si va restringendo con conseguente rapido aumento della tensione massima; il conglomerato entra in fase plastica, finché la tensione raggiunge il valore σr, determinando in tal modo la rottura della trave.
Nel caso meno frequente che la percentuale di ferro sia forte, la tensione unitaria nel conglomerato raggiunge il valore σr e determina la rottura della trave quando nel ferro si ha ancora σf 〈 σs.
Salvo il caso eccezionale di armatura fragile e in debolissima percentuale, la rottura è determinata sempre dallo schiacciamento del conglomerato compresso: nel primo caso indirettamente poiché è il ferro che raggiungendo lo snervamento provoca il restringersi rapido della zona compressa e quindi lo schiacciamento del conglomerato; nel secondo caso direttamente.
Al momento della rottura lo stato di tensione può essere schematizzato come in fig. 1d: la tensione σf può essere ≤ σs secondo la percentuale di ferro.
Nel caso di acciai privi di un limite di snervamento ben definito, per i quali tale limite si assume convenzionalmente in corrispondenza di un allungamento percentuale fissato, può darsi anche che si abbia alla rottura, per deboli percentuali, σf > σs.
Risultati sperimentali. - I risultati di un notevole numero di prove di laboratorio, condotte da varî sperimentatori, sono state riunite (Maillart) in un unico diagramma, sugli assi del quale sono state riportate le grandezze adimensionali (fig. 3):
nelle quali si ha:
Mr = momento flettente di rottura; σre = carico di rottura cubico del conglomerato; σs = carico di snervamento del ferro; d = distanza dei ferri dal lembo compresso; b = larghezza della trave; ωf = area dei ferri tesi;
In base a tali risultati Maillart propone, per la determinazione del momento flettente di rottura, la curva parabolica della fig. 3:
valevole fino al valore massimo:
che si verifica in corrispondenza dell'ascissa
Per
Maillart propone di assumere per m il valore costante dato dalla [6]: nel campo di γ forte il momento di rottura sarebbe quindi indipendente dalla percentuale di ferro.
Metodi a rottura che utilizzano il ropporto
- Metodo regolamentare. - Lo stato di tensione individuato con tale metodo è assai prossimo a quello che si verifica nel II Stadio e corrisponde al regime elastico della sezione parzializzata. Esso è indicato in fig. 4.
Con le note ipotesi, valgono le relazioni:
Ammettendo che tali relazioni possano valere fino alla rottura, dalla [7] si ricavano due diverse espressioni di Mr, secondo che si verifichi prima lo snervamento del ferro (γ debole) o lo schiacciamento del conglomerato (γ forte); si ha cioè nei due casi rispettivamente:
La completa utilizzazione dei due materiali e quindi l'uguaglianza delle due espressioni [9] si avrebbe in corrispondenza della percentuale critica di ferro (di separazione del campo di γ debole da quello di γ forte) e cioè per
in cui si è tenuto conto della [8] e si è posto: α = β/n.
Nel grafico in fig. 11 sono confrontati con la curva sperimentale di Maillart le espressioni [9] per due diversi valori di α: con α = 1 (cui corrisponde, per un valore medio β = 10, il valore n = 10 del regolamento italiano) la curva per γ deboli si avvicina sensibilmente a quella sperimentale, mentre la curva per γ forte se ne discosta molto; la percentuale critica risulta: γc = 2,5%, per β = 10. Con α = 0,2 (β = 10, n = 50), valore giustihcato in prossimità della rottura data la grande deformabiltà del conglomerato, la curva per γ forte approssima meglio i valori sperimentali; sempre per β = 10 la percentuale critica è in questo caso: γc = 4,17%.
Altri metodi. - Dai vari autori sono state proposte diverse modifiche al metodo regolamentare in prossimità della rottura.
F. von Emperger propone di modificare il metodo regolamentare assumendo nel campo di γ forte lo stato di tensione rappresentato in fig. 5.
Altri autori (Kazincki e Lyse), mantenendo invariata la posizione dell'asse neutro data dalla [8], assumono in compressione un diagramma rettangolare (perfetta plasticità) come in fig. 6. In questo caso si ricava per γ debole e per γ forte rispettivamente:
Con le solite notazioni, si deduce quindi per la percentuale critica:
Se si assume il diagramma triangolare (fig. 0) per γ debole e quello rettangolare per γ forte (fig. 6), valgono nei due campi la prima delle [9] e la seconda delle [11] dalle quali si deduce:
dove kc ha sempre l'espressione [8].
Alcuni altri autori tengono anche conto del conglomerato teso: A. Guerrin propone il diagramma in fig. 7. I risultati pratici di tali metodi non sono molto lontani da quelli del metodo regolamentare; la concordanza con i risultati sperimentali dipende in modo essenziale dalla scelta del valore di n.
Metodi di rottura che prescindono dal rapporto n. - Poiché n è costante solo nei limiti elastici, alcuni autori preferiscono prescinderne nella determinazione di Mr; è però necessario in tal caso fissare completarnente lo stato di tensione in vicinanza della rottura.
Bittner e Brandtzaeg propongono il diagramma in fig. 8: lo sforzo unitario di compressione al lembo si assume uguale al carico di rottura prismatico σrp e la tensione nel ferro uguale al carico di snervamento σs.
Si pone inoltre, con le notazioni in fig. 8:
Supposta la conservazione delle sezioni piane
si limita la zona rettangolare del diagramma di compressione al punto corrispondente all'allungamento unitario dell'1,5‰; sotto tale punto si assume un diagramma parabolico. Il momento di rottura risulta:
Assumendo come valore medio
e posto:
si ricava:
che fornisce nel diagramma in fig. 11 una curva sufficientemente approssimata ai valori sperimentali per γ debole, fino circa al valore βγ = 0,5 e cioè nel campo delle usuali applicazioni.
Il Laboratorio di prova dei materiali di Zurigo propone un diagramma parabolico in compressione con sforzo unitario massimo al lembo σc = σrp = 0,8 σrc (tale diagramma può essere anche sostituito nei calcoli da quello lineare equivalente, con σc = σrc al lembo compresso): assumendo per il ferro σf = σs si ricava anche in questo caso la formula [18].
R. Saliger propone il diagramma della fig. 9: in zona compressa max. σc = σrp, nel ferro σf = ν σs con ν poco differente da1; si pone inoltre con le notazioni in fig. 9:
e quindi si ricava:
Posto:
si ha:
e quindi:
che per ν = 1 fornisce valori assai prossimi a quelli dati dalla [18]. Sempre secondo Saliger il coefficiente ν, che può essere ⋛ 1, va assunto in base alla relazione:
in cui a e b sono dati in funzione della resistenzd a rottura del ferro.
Steuermann propone il diagramma della fig. 10 in cui si tien conto della resistenza a trazione del conglomerato. Posto, con le notazioni in fig. 10:
dall'equilibrio delle forze si ricava:
e quindi:
Ponendo in quest'ultima il valore di k dato dalla [25] si ricava m in funzione di α e di βγ. Fissando il valore α = 0,1 si ottiene la curva riportata nel diagramma in fig. 14 che approssima bene i valori sperimentali nel campo di γ debole.
Metodo Colonnetti. - Nei metodi che utilizzano il rapporto
non si tien conto soprattutto della variabilità nella zona compressa di Ec in prossimità della rottura. Nei metodi che prescindono dal rapporto n si fissa il valore delle tensioni al momemo della rottura; in conseguenza tali metodi perdono valore nel campo di γ forte, quando si ha lo schiacciamento del conglomerato prima che il ferro abbia raggiunto lo snervamento.
G. Colonnetti ha proposto, per la determinazione Mr, un metodo, recentemente rielaborato da F. Levi per le sezioni di cemento armato precompresso, ma applicabile, con lievi modifiche, anche al caso delle sezioni in cemento armato ordinario. In tale metodo, per tener conto con buona approssimazione della variabilità di Ec senza fissare preventivamente il valore delle tensioni, si schematizza l'effettivo diagramma sforzi-deformazioni del conglomerato in una spezzata bilatera (v. fig. 12) nella quale si stabilisce convenzionalmente il limite elastico del conglomerato σcc.
In base a tale schematizzazione e all'ipotesi della conservazione delle sezioni piane si determinano, con le condizioni di equilibrio, i diagrammi in fig. 13, valevoli il primo per γ debole ed il secondo per γ forte, dai quali si ricava il momento di rottura Mr nei due casi.
Momento flettente di rottura per fatica. - Nelle travi sollecitate a flessione da carichi ripetutamente variabili fra zero ed un valore massimo la rottura avviene per fatica nel ferro, o nel conglomerato o in entrambi: il momento flettente di rottura a fatica, notevolmente minore del corrispondente statico, è dato con sufficiente approssimazione, per γ debole, (vedi fig. 14) dalla formula del Laboratorio di prova dei materiali di Zurigo:
dove βfat è il rapporto fra il carico di rottura per fatica pulsante del ferro e il caríco di rottura cubico del conglomerato.
Fessurazione. - Oltre alla determinazione del momento di rottura è molto importante ed in alcuni casi essenziale (costruzioni che debbano risultare impermeabili ovvero siano esposte ad agenti chimici) la determinazione del momento flettente per il quale hanno inizio le fessurazioni. Per tale momento flettente si può assumere il valore:
in cui σrt è il carico di rottura a trazione del conglomerato e W il modulo di resistenza relativo al lembo teso dell'intera sezione omogeneizzata.
La coincidenza dei valori calcolati con le esperienze non è sempre soddisfacente, per la presenza di tensioni interne, difficilmente valutabili, dovute al ritiro del conglomerato.
È stata prospettata la possibilità di allontanare l'inizio delle fessurazioni con una armatura molto diffusa nella massa del conglomerato teso: recenti esperienze mostrano che, per i normali tipi di armature, una maggiore diffusione dei ferri dà luogo alla formazione di fessurazioni più piccole e numerose, seriza che il momento flettente MF aumenti.
Calcestruzzo precompresso.
Premesse teoriche. - Ad una razionale utilizzazione degli acciai da costruzione ad alto limite elastico nel campo delle costruzioni in cemento armato si oppone la debole resistenza dei calcestruzzi alla trazione e la loro tendenza a fessurarsi non appena vengano loro imposte dilatazioni oltrepassanti lo 0,5÷0,6 per mille; a questa dilatazione corrisponde, nell'acciaio, una tensinne unitaria di 1000÷1200 kg/cm2.
Si può discutere se, e fino a qual punto, le fessure nel calcestruzzo possano esser tollerate; si può anche, con qualche fondamento, sostenere che esse non menomino la resistenza della struttura, dato che questa vien notoriamente calcolata senza far assegnamento sulla resistenza del calcestruzzo alla trazione. Queste argomentazioni, se pur di un certo valore pratico, non conducono però ad una soluzione soddisfacente e definitiva del problema, la quale si può avere soltanto rendendo possibile l'utilizzazione integrale delle caratteristiche di resistenza dell'acciaio, senza che vengano oltrepassati i limiti di resistenza del calcestruzzo; vale a dire quando si sia trovato il modo di far lavorare l'acciaio al suo carico di sicurezza, senza che la massa del calcestruzzo circostante sia costretta a subire dilatazioni eccessive.
Se poi si vuol tener conto del fatto che la resistenza a trazione del calcestruzzo è sempre assai precaria, e che questo materiale resiste veramente bene soltanto alla compressione, si è addirittura indotti a pensare che una soluzione veramente soddisfacente non si possa avere se non quando si sia trovato il modo di far lavorare l'acciaio a trazione in una massa di calcestruzzo sollecitata ovunque ed esclusivamente a compressione.
Una tale impostazione del problema che può a prima vista parer paradossale a chi è avvezzo al modo abituale di concepire il connubio tra acciaio e cemento, diviene per altro perfettamente ragionevole se si ricorre all'impiego sistematico degli stati di coazione (v. elasticità, XIII, p. 614) che si possono determinare nella struttura mediante la messa in tensione preventiva delle armature.
Immaginiamo infatti che sulla sezione retta di una trave in calcestruzzo si sia, con questo mezzo, creata una distribuzione di tensioni negative (compressioni) del tipo di quella rappresentata nel primo diagramma della fig. 15b; ciò si ottiene se la risultante delle tensioni impresse alle armature ha per punto di applicazione il limite inferiore del nocciolo della sezione.
Supponiamo ora che il valore massimo della compressione nel calcestruzzo, che si verifica in corrispondenza del bordo inferiore della sezione, sia precisamente eguale al valore massimo della trazione che, sul medesimo bordo, potrà essere prodotta dall'azione del momento flettente (positivo), dovuto alle forze esterne; momento che dà notoriamente luogo ad una distribuzione di tensioni del tipo di quella rappresentata nella fig. 15c. Sovrapponendo i due diagrammi si otterrà la distribuzione delle tensioni risultanti; essa ha l'andamento indicato nella fig. 15d. Sotto l'azione del momento flettente dovuto alle forze esterne le tensioni del calcestruzzo cambiano dunque di valore, ma si mantengono sempre ed ovunque negative; la risultante delle tensioni, che era inizialmente applicata nel punto limite inferiore del nocciolo, si sposta fino a portarsi nel punto limite superiore, senza però uscire dal nocciolo stesso.
Lo stato di coazione determinato dalla messa in tensione preventiva delle armature ha dunque, per così dire, trasformato un caso di sollecitazione a flessione semplice in un caso di sollecitazione composta a pressoflessione, in cui ogni trazione nel calcestruzzo è definitivamente eliminata.
Nel tempo stesso, alla concezione tradizionale del cemento armato si è venuta a sostituire una concezione nuova, in cui la funzione delle armature è completamente e radicalmente mutata. Nella concezione tradizionale, questa funzione consisteva infatti in una specie di partecipazione dell'armatura alla resistenza della struttura: l'armatura prendeva su di sé una frazione ben determinata delle tensioni che il calcestruzzo da solo non sarebbe stato in grado di sopportare. Nella concezione nuova, la funzione dell'armatura diviene invece quella di creare lo stato di coazione che renderà il calcestruzzo atto a resistere, nelle condizioni più favorevoli, alla sollecitazione esterna.
Consideriamo infatti il diagramma tensioni-deformazioni in un calcestruzzo. Esso ha un andamento del genere di quello rappresentato nella fig. 16 in cui le deformazioni sono state portate come ascisse (positivamente verso destra) e le tensioni come ordinate (positivamente verso l'alto). Il ramo del diagramma che si riferisce alle tensioni negative può, con buona approssimazione ed entro limiti relativamente estesi, confondersi con una retta uscente dall'origine. Quello invece che corrisponde a tensioni positive, pur partendo dall'origine con la medesima inclinazione dell'altro, presenta ben presto, vale a dire per valori relativamente piccoli della sollecitazione, una deviazione brusca e prende un andamento sensibilmente parallelo all'asse delle deformazioni. In queste condizioni, creare uno stato di coazione in cui il calcestruzzo risulti compresso, vuol dire spostare il punto di partenza dei fenomeni successivi sul ramo negativo della curva.
Questo spostamento potrà essere più o meno grande a seconda dei casi; ed a seconda dei casi si otterrà un diverso risultato. Per esempio, se il punto di partenza si sposta da O in M, il calcestruzzo si verrà a trovare in grado di sopportare egualmente bene variazioni di tensione positive e negative, e disporrà, per le une come per le altre, di una porzione praticamente rettilinea del diagramma. Se invece lo spostamento è più grande, sì da far passare il punto di partenza da O in N, il calcestruzzo verrà a trovarsi in condizione di sopportare meglio le variazioni di tensione positive che non le negative, e disporrà, per le prime, di una porzione rettilinea del diagramma non meno estesa di quella che, in condizioni normali, esso possiede per le tensioni negative. Si potrà così in ogni caso ottenere che, sotto l'azione della sollecitazione esterna, il fenomeno della deformazione si svolga in modo praticamente conforme alle leggi della teoria classica dell'elasticità.
L'idea di creare uno stato di tensione nelle armature, capace di eliminare ogni eventuale sforzo di trazione nel calcestruzzo, onde sottrarre questo al pericolo di lesioni, non è nuova affatto. Essa venne prospettata dal Koenen fin dal 1907, cioè fin dai tempi in cui l'industria delle costruzioni in cemento armato era ancora ai suoi primi passi. Ma i tentativi del Koenen fallirono perché egli non disponeva che di acciai dolci, i cui allungamenti elastici erano dello stesso ordine di grandezza delle contrazioni per ritiro del calcestruzzo, epperò venivano praticamente annullati al verificarsi di queste. Solo il diffondersi degli acciai da costruzione ad alto limite elastico doveva rendere possibile la soluzione del problema; doveva anzi in un certo senso imporla, poiché, come abbiamo già detto, l'impiego di detti acciai nelle strutture in cemento armato - subito tentato in vista delle economie di materiale che esso poteva consentire - avrebbe, con la tecnica ordinaria, ulteriormente aggravato il pericolo delle lesioni nel calcestruzzo. Èal Freyssinet che si deve riconoscere il merito di aver affrontato il problema in tutta la sua complessità.
Acciai ad alta resistenza e calcestruzzi di elevata compattezza (v. calcestruzzo in questa App.) trovano possibilità di integrale utilizzazione nella tecnica del calcestruzzo precompresso, che riesce a far coesistere sforzi di trazione molto elevati nelle armature e forti compressioni nel circostante calcestruzzo.
In pratica ciò si può ottenere mettendo l'acciaio in tensione prima di eseguire il getto di calcestruzzo. A tal fine le armature metalliche vengono, alle loro estremità, fissate con ancoraggi provvisorî, e messe in tensione mediante apparecchi poggianti su appositi organi di contrasto o su masse di calcestruzzo gettate in precedenza. Poi si esegue il getto, e solo quando questo ha raggiunta una resistenza sufficiente a realizzare per conto suo l'ancoraggio delle armature, gli sforzi ad esse applicati vengono soppressi. Allora le armature, colla loro tendenza a riprendere le lunghezze primitive, creano nel calcestruzzo il voluto stato di compressione. Naturalmente occorre che gli allungamenti impressi all'acciaio siano tali che, rispetto ad essi, riescano poi trascurabili le contrazioni che si verificheranno per effetto del ritiro e della plasticità del calcestruzzo. Solo così infatti si potranno ottenere degli stati di coazione permanenti, sui quali cioè si possa far sicuro affidamento anche a distanza di tempti. Ma con gli acciai ad alta resistenza la soluzione del problema non presenta più alcuna difficoltà.
Per dare un'idea dei risultati che per questa via si possono raggiungere, consideriamo il problema tipico delle travi semplicemente inflesse: nel loro comportamento distinguiamo l'asse neutro propriamente detto, ossia il luogo dei punti di una sezione retta generica in cui le tensioni sono effettivamente nulle, da quello che si potrebbe chiamare l'asse neutro apparente, luogo dei punti in cui sono nulle le variazioni delle tensioni determinate dalla sollecitazione esterna. Si può facilmente dimostrare: 1) che, a sezione interamente reagente, la posizione dell'asse neutro apparente non dipende dal valore del momento flettente; 2) che, a sezione parzializzata, la posizione dell'asse neutro apparente varia invece col variare del valore del momenm flettente.
Ora la prima ipotesi - che cioè la sezione sia interamente reagente - deve ovviamente verificarsi, durante la prima applicazione della sollecitazione, fino a che questa non ha raggiunto un valore tale da determinare tensioni positive capaci di vincere la resistenza del calcestruzzo alla trazione. Quando ciò avviene, il calcestruzzo perde ogni attitudine a sopportare tensioni positive. A partire da quel momento la sezione si comporterà come interamente reagente, o come parzializzata, a seconda che il momento flettente sarà minore o maggiore di quel valore limite per cui l'asse neutro propriamente detto riesce tangente al contorno della sezione.
Consideriamo una trave sperimentale nella quale sia stato creato un determinato stato di coazione mediante la messa in tensione preventiva delle armature, e supponiamo che, mentre tale trave viene sollecitata a flessione, vengano su di essa eseguite misure di deformazione sulla faccia superiore e sulla faccia inferiore, le quali permettano di riconoscere l'invarianza o meno della posizione dell'asse neutro apparente. Si constata allora che, sotto l'azione di un momento flettente variabile con continuità la trave si comporta nel modo indicato nei diagrammi riprodotti nelle figg. 17 e 18, in ciascuna delle quali sono tracciate due curve: l'una si riferisce alla faccia superiore, l'altra alla faccia inferiore della trave. Le deformazioni (unitarie) ε vi sono riportate in valore assoluto sull'asse delle ascisse in corrispondenza ai valori del momento flettente M riportati sull'asse delle ordinate. La fig. 17 si riferisce alla prima applicazione della sollecitazione; in essa la divergenza tra le due curve - che è indizio di spostamento dell'asse neutro apparente e quindi di parzializzazione della sezione - si manifesta per quel valore del momento flettente che determina, sulla faccia inferiore della trave, una tensione unitaria positiva pari alla resistenza a trazione del calcestruzzo.
Nella fig. 18 si vedono invece disegnati i cicli stabilizzati dopo un piccolo numero di ripetizioni della sollecitazione. Qui la divergenza si manifesta per un momemo flettente appena sufficiente per determinare le prime tensioni positive sulla faccia inferiore della trave. Particolarmente degna di nota è la forma del ciclo che si riferisce alla faccia inferiore della trave. Nettamente piegato in due, in corrispondenza del sopra indicato valore del momento flettente, questo ciclo accusa nel modo più evidente l'esistenza delle due ben distinte fasi del fenomeno; e dimostra come lo stato di coazione assicuri, anche nella trave già lesionata, il funzionamento a sezione interamente reagente, ogni qualvolta il momento flettente non superi quel valore limite per cui l'asse neutro propriamente detto riesce tangente al contorno della sezione. In realtà, al di sotto di questo valore limite del momento, le lesioni si chiudono così perfettamente da divenire invisibili anche per un occhio armato di lente.
È interessante confrontare i risultati sopra riportati con quelli che si possono ottenere ripetendo le stesse misure su una trave, identica per forma e per materiale alla precedente, ma armata nel modo solito. Ne risultano i diagrammi riprodotti nelle figg. 19 e 20, dal cui esame si deduce: 1) che all'atto della prima applicazione della sollecitazione, la divergenza delle due curve - e pertanto la parzializzazione della sezione - ha inizio sotto l'azione di un momento flettente che risulta all'incirca pari alla terza parte soltanto di quello che era occorso per determinare lo stesso fatto nella trave con armature preventivamente tese; 2) che la trave, una volta lesionata, non è più suscettibile di funzionare a sezione interamente reagente neppure per valori piccolissimi del momento flettente, ma assume stabilmente e definitivamente il comportamento a sezione parzializzata.
Il raffronto fra i risultati ottenuti tra una trave in calcestruzzo precompresso ed una in calcestruzzo ordinario, e documentati nei diagrammi delle figg. 17, 18, 19 e 20, dimostra come, con la messa in tensione preventiva delle armature, si venga a conferire alla trave: a) una più perfetta elasticità; b) una minore deformabilità; c) una maggior resistenza.
Resta pertanto confermata la possibilità di realizzare, a pari margini di sicurezza, una cospicua economia di materiali.
A questa economia di materiali deve far riscontro una economia di prezzo tanto più sensibile quanto minore sarà il costo delle speciali attrezzature occorrenti per la messa in tensione preventiva delle armature e per la più accurata confezione e per il più rapido indurimento dei calcestruzzi. Ora le spese inerenti alla messa in tensione delle armature aumentano bensì con gli sforzi ad esse applicati, ma meno rapidamente di questi, e sono pressoché indipendenti dalla lunghezza nei ferri; mentre l'economia dei materiali che ne deriva cresce proporzionalmente al cubo delle dimensioni lineari della costruzione. Ne segue che - contrariamente a quel che a tutta prima si sarebbe potuto supporre - i problemi pratici della messa in tensione delle armature sono tanto più facili a risolversi quanto più grandi sono le masse su cui si opera. (Per un'applicazione specifica, v. ponte, in questa App.).
La nuova tecnica ha dunque senz'altro aperto innanzi a sé il campo delle grandi costruzioni. Nel caso poi delle strutture di piccole dimensioni essa trova vantaggiosa applicazione in tutti i casi in cui è possibile la produzione in grandi serie. Nell'un caso come nell'altro, vaste prospettive si offrono all'industria delle costruzioni in cemento armato, sol che essa sappia evolversi verso la nuova tecnica. Ciò vuol dire impiegare solamente materiali di qualità, e impiegarli in condizioni e con modalità tecniche del tutto nuove, in modo da sfruttarne appieno le elevate caratteristiche. Vuol dire addossare nuove e più gravi responsabilità così al progettista come agli esecutoli, i quali dovranno essere veri e proprî specialisti. Vuol dire, per l'industria, affrontare una evoluzione non dissimile da quella che ha dovuto superare l'industria meccanica per divenire quella che essa è oggi: un'industria di precisione.
Procedimenti di precompressione e metodi di calcolo. - I sistemi di precompressione si possono distinguere in due tipi, a seconda del procedimento costruttivo: a) ad armatura inizialmente non aderente al conglomerato e quindi con ancoraggi terminali; b) ad armatura aderente, con eventuale abolizione degli ancoraggi terminali.
Con il primo, si getta il conglomerato impedendo ad esso di aderire alle armature coll'avvolgere queste ultime con materie plastiche o inserendole addirittura in tubi di protezione. Quando poi il conglomerato ha fatto presa, le armature, che possono scorrere liberamente, vengono tese cosicché, dopo fissate alla estremità della trave e tolta la forza esterna, permane uno stato di coazione. La tensione preliminare può essere prodotta con martinetti direttamente contrastanti sulle faccie terminali della trave e quindi contemporaneamente viene compresso il conglomerato. Allora fissate le estremità delle armature e rimosso il martinetto permane lo stato di tensione senza alcuna variazione nelle armature. La fig. 21 indica un apparecchio di messa in tensione e fissaggio usato da Freyssinet.
Con il secondo procedimento i fili vengono messi preliminarmente in tensione dopo di che si getta il conglomerato facendolo aderire ad essi. Avvenuta la presa si toglie gradualmente la forza esterna e l'armatura trasmette allora al conglomerato per aderenza la forza di precompressione.
Se le armature hanno piccola sezione si rendono in generale superflui gli ancoraggi terminali. Anche per un effetto di cuneo che si verifica alla estremità della trave, là dove la tensione nelle armatute si annulla. Le travi vengono gettate su forti lunghezze e poi tagliate nelle misure volute, previa interposizione di diaframmi.
Anche agli effetti del calcolo sussistono delle differenze fra i due sistemi e quindi li consideriamo separatamente.
a) Sistemi a cavi non aderenti. - Sia in fig. 22 la sezione di una trave con armatura distribuita in modo che il baricentro disti di eA da quello della sezione in conglomerato. Si indichi con ωf l'area del conglomerato, con σf quelle dell'armatura, con o/ la tensione preliminare nell'armatura e con Ic il momento d'inerzia della sezione in conglomerato.
Lo sforzo totale di precompressione è allora:
che agli effetti del calcolo delle σc può considerarsi come forza esterna (caso di pressione e flessione) e quindi in una fibra generica distante y dall'asse neutro:
che definisce il diagramma di precompressione.
Per effetto poi di un momento esterno M si hanno approssimativamente le tensioni:
che possono sovrapporsi alle precedenti finché la sezione è tutta reagente (assenza di sforzi di trazione).
Il problema di progettare la trave si presenta allora nel seguente modo. Dato il momento M esterno, totale, occorre determinare la sezione (conglomerato e armatura), in modo che sotto carico non si producano in essa sforzi di trazione.
Fissate che siano le sollecitazioni limiti a vuoto (assenza di forze esterne) ossia la massima e la minima ai lembi inferiore e superiore della sezione (fig. 23):
e le corrispondenti sotto carico (la minima e la massima):
si ottengono la distanza y1 dell'asse neutro dal lembo maggiormente compresso:
e il momento di inerzia:
le quali consentono di determinare un profilo che risponda alla condizione voluta.
L'armatura risulta poi stabilita in entità e posizione dalle formule:
L'armatura può essere concentrata in due gruppi, uno superiore e l'altro inferiore, come nel normale cemento armato, oppure distribuita lungo tutta la sezione.
Una interessante particolarità delle travi precompresse inflesse è che può annullarsi l'effetto del carico permanente. Se Mp è il momento del carico permanente questo produce uno spostamento della risultante di precompressione N*. (in generale verso l'alto):
ma, ove si ponga il baricentro delle armature ad una distanza (verso il basso) ep dal punto trovato con la [7], si ottiene un diagrarnma intrecciato (fig. 24) con sforzi di trazione. Quando entra in azione il peso proprio il centro di pressione assume l'eccentricità ep e quindi tutto resta come se il carico permanente non fosse intervenuto affatto e tutto il momento utile della sezione può essere utilizzato per il sovraccarico. Ad evitare che si producano in pratica quegli sforzi di trazione (di cui alla fig. 24) della fase iniziale, si fa entrare in azione il peso proprio contemporaneamente alla precompressione. Ove si usi tale accorgimento l'armatura non può più essere rettilinea poiché il momento per il peso proprio non è costante lungo la trave.
In fig. 25 è indicata la sezione longitudinale di una trave appoggiata agli estremi e le tratteggiate i-i; s-s rappresentano i luoghi dei punti limiti del centro di pressione, definiti, come si è detto, dalla condizione che a trave scarica e sotto carico le tensioni non scendano al disotto di un determinato valore.
Resta allora individuata una zona entro la quale deve trovarsi la linea baricentriea dell'armatura limitata inferiormente da una curva che in ogni punto dista di
dalla retta s-s e di
dalla retta i-i. La linea baricentrica delle armature passerà allora per i baricentri delle sezioni terminali della trave e nella sezione di mezzo disterà dalle due linee limiti superiore ed inferiore rispettivamente per i valori dei momenti massimo e minimo. Per un carico ripartito esso avrà andamento parabolico.
b) Sistemi a cavi aderenti. - Sostanzialmente diverso è il comportamento statico di questi sistemi rispetto a quello descritto in a). Infatti lo stato di coazione nel conglomerato e nel ferro non è più quello dovuto allo sforzo di pretensione, avendosi all'atto della distensione una caduta di tensione per il raccorciamento del beton. Per quanto poi riguarda l'azione dei carichi esterni si ha che, non essendo più scorrevole l'armatura entro le proprie sedi, la tensione non è più costante lungo di essa ma varia con il momento come varia la sollecitazione nel calcestruzro. Nei calcoli va a pertanto considerata, come nel cemento armato, non la sola sezione di conglomerato, ma quella omogeneizzata:
Se si indica con N̄ lo sforzo di pretensione applicato alle armature (sforzo maggiore della N* definitiva alla quale si perviene dopo la deformazione elastica) la [2] diviene:
mentre la tensione nell'armatura scende dal valore di pretensione σ???f a:
Anche qui un momento esterno produce sollecitazioni che si ottengono dalla [3] sostituendo i valori della sezione omogeneizzata.
Per il progetto della sezione e dell'armatura si trovavano espressioni analoghe alla [4], [5], [6], [7], per la cui applicazione si presenta però la difficoltà di dover conoscere a priori l'influenza dell'armatnra sulle caratteristiche della sezione. Si può però con sufficiente approssimazione considerare le caratteristiche del solo conglomerato.
Deformazioni lente. - Fin qui si è fatta astrazione dalla variazione dello stato di coazione dovuto alle deformazioni lente dell'armatura e del conglomerato. Per la prima si ha che quando la tensione supera il 0,45 del carico di snervamento σs si producono, oltre alle deformazioni elastiche, deformazioni viscose che possono valutarsi colla formula:
dove σ1 è la tensione nell'armatura. Poiché in generale è σ1 = 0,8 σs, risulta una caduta di tensione:
Va poi eonsiderata la variazione di tensione dovuta al ritiro del conglomerato, che è sensibilmente variabile colle caratteristiche dei materiali, ambiente di stagionatura, ecc. e che può produrre in media una media di tensione:
In fine va considerata la deformazione viscosa del conglomerato che può porsi nella forma:
dove σc è la sollecitazione nel conglomerato ed Ec un modulo di viscosità pari a circa la metà di quello elastico e quindi:
Avendosi in media σc = 80 kg/cm2 risulta:
Pertanto se σ*f è la tensione che deve conservare l'armatura dopo tutte le cadute per deformazioni lente, occorre applicare ad essa una tensione iniziale
Con i dati sopra indicati ΣΔσf = 2900 kg/cm2 e poìché la pretensione che si richiede alle armature dei migliori acciai è dell'ordine di − 12.0000 kg/cm2 occorre, nell'applicare la tensione iniziale, prevedere una maggiorazione di circa il 25%.
È naturale che i materiali andranno verificati anche per queste condizioni iniziali di sollecitazione.
Coefficienti di sicurezza. - Coi procedimenti indicati le sezioni delle travi precompresse vengono progettate in base alla condizione che a vuoto e sotto carico, non siano superati determinati valori delle sollecitazioni. Ciò non è però sufficiente a garantire un congruo coefficiente di sicurezza delle strutture poiché, a differenza di quanto avviene in quelle inflesse in cemento armato, le tensioni crescono più rapidamente dei carichi esterni.
Una prima verifica richiesta è quella della sicurezza alla fessurazione, che si esegue con le normali formule della sezione omogenea, tenuto conto che le lesioni si producono quando la trazione nel conglomerato è pari a circa 0,12 della resistenza a compressione. Detto Mf il momento di fessurazione così calcolato ed M il momento di esercizio, si richiede un coefficiente di sicurezza
Crescendo i carichi applicati oltre lo stato di fessurazione si perviene alla rottura. Per la valutazione del momento di rottura M, possono usarsi le normali formule del cemento armato (caso della pressione eccentrica) considerando la forza di pretensione come forza esterna, applicata ad una distanza dal baricentro delle armature pari al momento di rottura diviso per lo sforzo normale.
Poiché si richiede:
la verifica della sezione viene eseguita per un momento pari al doppio di quello d'esercizio, controllando che non siano superati i carichi di rottura dei materiali.
Sollecitazioni di taglio. - La precompressione migliora il comportamento del conglomerato anche alle sollecitazioni di taglio. Si vede infatti dalle rappresentazioni di Mohr che mentre in una normale trave in cemento armato (fig. 26a) in corrispondenza dell'asse neutro il σmin è uguale in valore assoluto alla sollecitazione di taglio, in una trave precompressa (fig. 26b) per la presenza della precompressione σ*c, a parità di τ, la σmin è, in valore assoluto, minore.
Inoltre i piani di fessurazione risultano inclinati di un angolo β 〈 45° e quindi essendo il numero delle staffe, tagliate da un piano, maggiore che in assenza di precompressione si può adottare per esse un maggiore interasse che nel cemento armato.
Anche adottando elevate precompressioni non si riesce però ad annullare la trazione principale mentre ciò è possibile provocando una precompressione trasversale σ*v, mediante una pretensione applicata alle staffe. Ricordando l'espressione:
si ottiene σmin = 0 per
Un ulteriore beneficio si consegue con le armature curve precedentemente viste. Indicando con α l'inclinazione della linea baricentrica delle armature in una sezione, lo sforzo totale N* ha una componente verticale:
di senso opposto a quello del taglio. Se Tp e Ta sono rispettivamente il taglio per il carico permanente e per il sovraccarico e si pone la condizione:
restano per il carico permanente e per il sovraccarico i due valori minimo e massimo del taglio:
e quindi, come per la flessione, è annullato l'effetto del carico permanente. La condizione espressa dalla [19] fornisce un andamento parabolico della linea baricentrica delle armature (trave appoggiata agli estremi caricata uniformemente) che passa per il baricentro delle sezioni terminali.
Strutture miste. - Gli elementi precompressi vengono frequentemente impiegati insieme ad altri non precompressi resi con essi solidali. Una applicazione è quella dei solai costituiti da nervatura precompressa con sovrastante soletta non precompressa come indicato nella fig. 27. Il diagramma a) è quello di precompressione della trave a T rovescia; la soletia essendo gettata in un secondo tempo sulla trave risulta priva di tensione in assenza di carichi. Il diagramma b) è quello di flessione prodotto dai carichi (peso proprio + sovraccarico) agenti sul sistema misto solidale composto dalla trave e dalla soletta e il c) risulta dalla sovrapposizione dei due diagrammi, sovrapposizione che è valida fintantoché la sezione è tutta compressa. La sollecitazione in una fibra distante y dall'asse neutro di flessione è pertanto:
e nell'armatura:
dove σ*c e σ*f sono i valori di precompressione presenti solo nella trave e I è il momento d'inerzia dell'intera sezione, ossia della trave e soletta. Il progetto di questi sistemi misti risulta semplificato dall'uso di tabelle fornite dalle case costruttrici delle travi nelle quali sono segnate le caratteristiche dei tipi prodotti.
Fissato pertanto l'interasse delle nervature in base a criterî costruttivi e lo spessore della soletta, si sceglie il tipo di trave necessario in relazione alla luce ed al sovraccarico. Più semplicemente il collegamento delle travi può però ottenersi con foratoni in cotto o conglomerato e sovrastante soletta. Una analoga applicazione è quella dei solettoni ottenuti con un piano inferiore di travi precompresse accostate e sovrastante getto come si vede nella fig. 28. Fissata l'altezza h del solettone in base al momento agente, e scelto un opportuno profilo di trave, queste vengono precompresse in modo che il loro diagramma di precompressione sia uguale ed oppostti a quello di flessione del solettone. Pertanto sotto carico le travi verrebbero ad essere scariche. L'armatura di queste si calcola colle [6] e [7]. Le travi possono allora essere considerate come una vera armatura e quindi il calcolo del solettone non differisce da quello delle normali strutture in cemento armato.
Collo stesso sistema possono formarsi delle travi rettangolari per le quali anzi l'armatura può essere costituita, anziché da travi a T, da listelli in conglomerato precompresso che vengono annegati nella trave come normali armature metalliche. In un tipo di struttura mista ideata dagli ingegneri Noli e Marioni, gli elementi precompressi risultano costituiti da travetti di laterizi forati con sottostante fondello, fra i quali trovano posto i tondini pretesi; fra i travetti precompressi vengono posti dei forati non precompressi.
La verifica a fessurazione delle strutture miste si esegue, come già detto per quelle omogenee, tenendo conto della resistenza a trazione del conglomerato. Meno semplice risulta invece la verifica a rottura poiché i diagrammi di sollecitazione dei sistemi misti non sono più lineari e continui, come si vede nella fig. 27, cosicché non può seguirsi il normale procedimemo delle sezioni pressoinflesse indicato precedentemente.
Si può però ancora seguire questo procedimento ove si usi l'artificio d'introdurre una precompressione fittizia nella zona non precompressa, tale da riportare il diagramma di sollecitazione ad essere lineare e continuo.
Nella fig. 29a è indicato il diagranmia di precompressione della trave a T rovescia. La soletta è in effetti priva di tensioni in assenza di carichi esterni, ma nulla vieta di supporre che in essa sia stata prodotta la precompressione fittizia segnata nel diagramma 29b le cui ascisse, per la condizione detta sono:
essendo σ*cs la precompressione al lembo superiore della trave, distante y0 dall'asse neutro del diagramma di precompressione.
Lo sforzo totale di precompressione fittizia è:
dove ω′c, rappresenta l'area della soletta ed S′ il momento statico di questa rispetto all'asse x-x. Ciò posto si può considerare la trave mista come sottoposta ad un unico diagramma di precompressione (fig. 30c) prodotto della forza mista:
che risponde alla condizione voluta d'essere lineare e continuo e pertanto su di esso può operarsi come visto per le travi omogenee, con l'avvertenza però che dai risultati finali delle sollecitazioni ottenute per la soletta vanno detratte le sollecitazioni fittizie.
Risultati sperimentali. - Numerose sono le esperienze già eseguite su strutture precompresse ed in generale sempre con risultati soddisfacenti. Elementi isolati di travi e solai sono stati sottoposti all'azione di carichi statici e dinamici rilevando le deformazioni. Le prove avevano lo scopo principale di indagare su: 1) l'aderenza delle armature al conglomerato quando non si adottano ancoraggi terminali; 2) la conservazione nel tempo dello stato di coazione prodotto dalla precompressione, con particolare riguardo alle deformazioni lente dell'acciaio e del conglomerato; 3) la rispondenza del calcolo non solo per le normali condizioni di carico ma anche in fase di fessurazione e di rottura; 4) il comportamento alle sollecitazioni ripetute e invertite.
L'aderenza della armatura senza ancoraggi terminali è risultata ottima per fili d'acciaio fino a 2,5 mm. di diametro, non verificandosi scorrimenti anche lasciando per notevole tempo la trave sotto carico in prossimità della rottura. Occorre però che il conglomerato sia di ottima qualità (resistenza cubica superiore ai 400 kg/cm2). Migliori risultati comunque si ottengono usando ferri scabrosi o trecce di fili. Le deformazioni lente dell'acciaio e del calcestruzzo sono sensibili tanto da far variare notevolmente nel tempo lo stato di coazione della trave in misura non inferiore di quanto detto precedentemente. Nelle travi con armatura aderente si hanno deformazioni ancora maggiori quando il conglomerato non è di ottima qualità, il che conferma la necessità di adottare in queste strutture cemento di elevate caratteristiche e inerti accuratamente scelti. Anche con questi sistemi non conviene adottare dosaggi di cemento troppo elevati che producono forti ritiri.
Le prove di carico nel tempo hanno posto in rilievo il protrarsi delle deformazioni e ciò analogamente a quanto risulta colle normali strutture in cemento armato. Le frecce definitive in varie strutture sono risultate del 50% superiori a quelle iniziali. L'incremento di freccia si riduce però sensibilmente quando le travi vengono messe sotto carico dopo un notevole periodo di stagionatura.
La rispondenza col calcolo, a differenza di quanto si constata colle strutture in cemento armato inflesse, è ottima. Fintantoché la sezione è tutta compressa, ossia in fase di esercizio, le misure cogli estensimetri hanno posto in rilievo la perfetta conservazione delle sezioni piane e tensioni in accordo con quelle del calcolo. Le prime lesioni appaiono quando la trazione nel conglomerato raggiunge circa 1/8 del carico di rottura a compressione. Le lesioni si presentano al principio capillari e diffuse con forti freccie e scompaiono completamente riducendo il sovraccarico. La rottura, con un normale proporzionamento avviene in generale per cedimento del conglomerato nella zona compressa. Non si sono mai prodotte lesioni per taglio nonostante le tensioni superassero i 25 kg/cm2. Ottimi risultati si sono avuti con prove dinamiche, sottoponendo travi ad un elevato numero di alternanze.
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